LA FALLIMENTARE ESPERIENZA DEL TERZO POLO È GIÀ AI TITOLI DI CODA…A DUE GIORNI DALLA DEBACLE DEL TERZO POLO ALLE REGIONALI, RENZI E CALENDA SI SONO FINALMENTE PARLATI. ED È STATA SUBITO BURRASCA
LA DIVERSA ANALISI DELLA SCONFITTA: CALENDA HA DATO LA COLPA AGLI ELETTORI IGNORANTI, IL SENATORE SEMPLICE DI RIAD CERCA DI SCARICARE LA RESPONSABILITÀ
Più che Terzo polo, Polo nord. Gli elettori di Lombardia e Lazio hanno letteralmente gelato i sogni di gloria di Carlo Calenda e Matteo Renzi, con Letizia Moratti che non è neppure entrata in consiglio regionale. Una disfatta oltre le aspettative che è stata presa dai protagonisti con scarsa sportività.
La Moratti ha dato la colpa al «freddo terrificante». Insomma, a giugno l’ex presidente della Rai avrebbe vinto sicuro sul riconfermatissimo Attilio Fontana. Calenda invece, professorale come sempre, ha serenamente spiegato che «hanno sbagliato gli elettori».
Quanto all’ex statista di Rignano, è sparito dai radar fino all’ora di cena per poi scrivere online che il risultato «è fisiologico». Per una serena e matura disamina degli errori commessi in campagna elettorale si aspetta la prossima volta. Se ci sarà. In fondo poteva andare peggio, magari incolpando degli insuccessi i palloni-spia di Pechino.
Alla dura prova delle urne i numeri del Terzo polo sono risultati davvero bassi e inversamente proporzionali all’ego social dei suoi profeti. L’analisi complessiva del voto dice poche cose ma abbastanza chiare: il Terzo polo non riesce a rubare voti al centrodestra neppure se gli soffia un assessore e, dall’altra parte, non sa approfittare dello sbandamento infinito del Partito democratico. E con numeri del genere, al di là del rilancio del solito progetto del «grande centro», viene il sospetto che uno spazio autonomo, semplicemente, non ci sia perché ormai gli italiani votano o a destra o a sinistra.
Meno fantasioso, va detto, il Calenda, con i suoi pesanti giacconi inglesi anche nel dolce clima della capitale. Non se l’è presa con le condizioni meteorologiche, ma direttamente con gli elettori. E non è che gli sia scappata una battuta infelice. No, ha proprio preso la rincorsa, ha sviluppato tutto un ragionamento e ha trovato i colpevoli.
Intervistato dal Corriere della Sera, ha cominciato facendo notare stizzito che «le preferenze pesano e noi invece dipendiamo da un voto di opinione. La peggiore condizione possibile per chi vuole spezzare il bipolarismo». Le preferenze sono quella cosa che quando le prendi tu sono buone, sane e democratiche, ma quando vanno ai tuoi avversari puzzano di voto di scambio. Nulla a che spartire con il «voto di opinione», casto, elevato e superiore in tutto e per tutto.
A Calenda è stato quindi chiesto se per caso fossero sbagliati i candidati, ma no, erano perfetti. E sapete perché? Perché Moratti e D’Amato «sono i due assessori regionali che meglio hanno gestito il Covid». Ottima idea, puntare su simili eroi. Forse è per questo che non ce l’hanno fatta. Ma poi la colpa è del fatto, prosegue Calenda, che «si vota come al Palio di Siena, con un voto fideistico».
Chi invece non ci ha quasi messo la faccia è stato Matteo Renzi, letteralmente sparito per 48 ore, anche dagli amati social. […] Il leader si è effettivamente fatto vivo poco prima di cena con una nota online del suo partito nella quale si fa un rapido cenno a «un risultato peggio delle aspettative», ma sostenendo che «è fisiologico per consultazioni come quelle regionali». Poi si è messo a parlare di Sanremo e canone Rai. Tanto se la sconfitta è colpa del freddo, degli elettori ed è fisiologica, che altro c’è da dire?
(da agenzie)
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