LA GUERRA DI USTICA: “È STATO UN MISSILE, RISARCIRE LE FAMIGLIE”
LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE PREVEDE 1.240.000 EURO PER LE VITTIME DIODATO, VIOLANTI E PARRINELLO… SCONOSCIUTI I RESPONSABILI, NUOVE OMBRE SULLA FRANCIA
Trentadue anni, sei mesi e un giorno. Tanto tempo ci è voluto perchè sulla strage di Ustica di quel famigerato 27 giugno 1980 e costata la vita a ottantuno persone, ci fosse una sentenza definita e definitiva.
Una sentenza che spazzasse via anni di menzogne, e parlasse di quello che fu: un missile.
Non fu un cedimento strutturale nè una bomba esplosa nella toilette di coda.
Ma un attacco militare contro il Dc-9 I-Tigi Itavia, decollato dall’aeroporto di Bologna per raggiungere Palermo e scomparso dai radar alle 20.59 mentre a 7.500 metri di quota si trovava tra Ponza e Ustica.
La Cassazione è andata anche oltre: ha stabilito che lo Stato deve risarcire i familiari delle vittime perchè ministero dell’Interno, della Difesa e dei Trasporti non seppero garantire la sicurezza di quell’aereo.
Questi sono i contenuti della sentenza 1871 depositata ieri dalla terza sezione civile della Suprema Corte.
Una sentenza che respinge i ricorsi presentati dai tre dicasteri, rappresentati dall’avvocatura di Stato, contro il pronunciamento d’appello della prima sezione civile di Palermo, presieduta dal giudice Alfredo Laurino.
Allora per la prima volta — era il 14 giugno 2010, dopo che il 30 giugno 2007 era terminato il primo grado — venivano condannati i ministeri al risarcimento di un milione e 240 mila euro a tre famiglie (quella di Marco Volanti, di Antonalla, Vincenzo e Giuseppe Diodato e a quella di Carlo Parrinello) che per prime si sono rivolte alla giustizia civile.
Adesso occorrerà stabilire se quell’importo è adeguato, dato che la Cassazione ha deciso pure che la Corte d’Appello di Palermo verifichi in un nuovo processo l’effettiva congruità della somma.
Omissioni e negligenze
E questa sentenza potrebbe costituire un precedente per due questioni aperte. La prima riguarda il maxi risarcimento deciso il 12 settembre 2011, quando la terza sezione civile di Palermo, presieduta dal giudice Paola Protopisani, condannò il ministero dei Trasporti e della Difesa per ragione analoghe.
Straordinario l’importo: più di 100 milioni di euro alla maggior parte delle famiglie perchè, oltre a non garantire la sicurezza del volo soprattutto nel famigerato Punto Condor, si erano macchiati di “omissioni e negligenze” che non avevano consentito di raggiungere la verità sui fatti del 27 giugno 1980.
In altre parole avevano depistato sottoponendo per oltre trent’anni i parenti delle vittime a una “tortura della goccia cinese”. Anche in questo caso lo Stato ha presentato ricorso e il processo d’appello inizierà solo nell’aprile 2014.
La seconda questione è invece politica e riguarda questa volta il Parlamento europeo.
Dove, da mesi, la commissione petizioni ha bloccato la possibilità di indagare in sede comunitaria sulla strage perchè mancava una sentenza definitiva che parlasse di un missile ed escludesse una volta per tutte altre cause.
Questo passaggio potrebbe contribuire ad aggiungere un pezzo di verità ancora mancante: la nazionalità dell’aereo che ha sparato contro il volo dell’Itavia.
Che si trattasse di un’azione di guerra nei cieli sul Tirreno si sapeva infatti da molti anni. Si sapeva da quando, il 31 agosto 1999, il giudice istruttore Rosario Priore aveva depositato la sua sentenza.
Un documento che, se dal punto di vista penale non si è tramutato in condanne, ha comunque ricostruito lo scenario politico e militare in cui era avvenuta la sciagura di Ustica.
In quelle migliaia di pagine, infatti, si dava conto delle prime ipotesi che parlavano di un missile fin dalla fine degli anni Ottanta.
Ma soprattutto c’erano altri documenti, come la perizia radaristica consegnata a Priore, in cui emergevano le tracce di altri aerei — tutti militari — in volo con il Dc9.
Il decollo dalla Corsica
La Francia rimane la nazione sulla quale grava il maggior numero di sospetti. Suoi, si ipotizza, erano i velivoli che aprirono il fuoco. Si deduce dalla documentazione Nato consegnata alla magistratura italiana.
Con un ulteriore particolare: il decollo dei caccia sarebbe avvenuto dalla base aerea di Solenzara, in Corsica. Parigi, dal canto suo, ha sempre negato che sia mai accaduto qualcosa del genere sostenendo che le operazioni in quella base si erano concluse alle 17 del 27 giugno 1980.
Falso, hanno invece sostenuto testimoni oculari che videro aerei alzarsi ancora per molto tempo, dopo l’ora dichiarata.
Un’ulteriore smentita all’Eliseo arrivò dal presidente emerito Francesco Cossiga, che aveva parlato di un missile “a risonanza e non a impatto” sparato da un mezzo della Marina militare francese.
Dopo queste parole, il 21 giugno 2008 la magistratura romana aveva aperto un nuovo fascicolo ed era partita una serie di rogatorie a Paesi che operavano nel Mediterraneo nel 1980. Dopo anni Francia e Stati Uniti non hanno risposto.
A fronte di quest’ennesimo muro di gomma dall’estero Andrea Purgatori, il giornalista del Corriere della Sera che primo scrisse del missile, sostiene: “In Italia occorre un governo politicamente determinato a chiudere questa vicenda. Solo così si può avere la forza di chiedere a un Paese vicino, se non confinante e di certo alleato, di raccontarci la verità . Quello è stato un episodio di guerra che ha riguardato anche Gheddafi, i cui caccia sono sicuramente stati coinvolti e che ai tempi era considerato il primo nemico dell’Occidente”.
Antonella Beccaria e Emiliano Liuzzi
(da Il Fatto Quotidiano“)
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