LA LEGGE DELLA STRADA
TRA ESALTATI E MANGANELLATORI
1 – Non si attaccano poliziotti e carabinieri. Sono persone al servizio della comunità. Nessun Paese, anche ad alto tasso di democrazia, può tollerare che avvenga. 2 – Non si colpiscono a manganellate, né in altro modo, i manifestanti inermi, tanto più se minorenni. Solo un Paese a basso tasso di democrazia può permettere che questo avvenga.
Non mi sembra che il punto 1 escluda il punto 2, e viceversa. Entrambe le affermazioni dovrebbero e potrebbero essere sottoscritte da chiunque – esclusi gli esaltati e i manganellatori. Ed è entro gli argini del punto 1 e del punto 2 che ogni discussione sensata dovrebbe avvenire. Ma non avviene. Quasi tutte le dichiarazioni politiche nel merito (le parole di Schlein di ieri tra le poche eccezioni) vedono solo il punto 1 oppure solo il punto 2. Come se non esistesse, nel mezzo, una zona grigia dentro la quale, anche se non è semplice, tocca fare i conti con entrambi i princìpi (rispetto della polizia, incolumità dei manifestanti e loro diritto di manifestare). Eppure questa zona grigia esiste, e si chiama realtà. Si chiama strada.
È ciò che si verifica – la realtà – ogni volta che un cordone di polizia fronteggia un gruppo di manifestanti, e nel corpo a corpo qualcuno, da entrambe le parti, cerca le parole e i gesti utili per non fare degenerare la situazione; mentre altri, da entrambe le parti, cercano un pretesto per menare. Chi si limita a esaltare il diritto di manifestare, o si accontenta di dire che la polizia ha sempre ragione, apre bocca solo per far contenta la sua claque (come Tajani, buon ultimo, che riciccia la storia dei “figli di papà contro i figli del popolo”, per la serie “i cavoli a merenda”). Ma non dice niente di nuovo. E dice molto di vecchio.
(da repubblica.it)
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