LA PARABOLA DI MARINELLA SOLDI: DA DRAGHI A MELONI, PASSANDO PER RENZI… LA PRESIDENTE DELLA RAI, NOMINATA DAL GOVERNO DI “MARIOPIO” COME “SUPER PARTES”, È STATA DETERMINANTE PER ELEGGERE ROBERTO SERGIO COME AD
È STATO IL SUO VOTO, CHE VALEVA DOPPIO, A GARANTIRE L’AVVENTO DEL NUOVO CORSO MELONIANO A VIALE MAZZINI
La batteria delle dichiarazioni nel centrodestra è partita appena il Consiglio di amministrazione della Rai ha votato Roberto Sergio come amministratore delegato (Sergio ha poi indicato Giampaolo Rossi come direttore generale).
Da Fratelli d’Italia a Forza Italia tutti uniti a celebrare una nomina che non è stata affatto unanime. Il cda si è spaccato ed è stato decisivo il voto della presidente Marinella Soldi, che ha rinunciato al suo ruolo super partes per schierarsi apertamente con la maggioranza.
È stata lei a blindare a correre in soccorso della destra, che ha trovato così un alleato prezioso nella campagna di riconquista della Rai. A favore della nomina di Sergio si sono infatti espressi i consiglieri Simona Agnes, in quota Forza Italia, e Igor De Biasio, per la Lega, più la presidente Soldi. Contraria Francesca Bria, nominata dal Pd, mentre si sono astenuti Alessandro Di Majo, in quota M5s, e il consigliere Riccardo Laganà, rappresentante dei dipendenti.
È finita tre pari, dunque, visto che l’astensione vale come voto contrario. Ma è proprio nei casi di parità che il voto della presidente vale doppio e così Soldi è risultata decisiva.
Sarebbe stata sufficiente la sua astensione per stoppare l’operazione di Giorgia Meloni. Invece la manager prestata al servizio pubblico ha scelto di appoggiare Sergio, nonostante finora non abbia mai avuto legami con il mondo di FdI.
La sua nomina risale infatti all’esecutivo presieduto da Mario Draghi, che l’aveva voluta alla presidenza dell’azienda proprio in virtù della sua caratura super partes. Certo, c’era stato un corteggiamento politico da parte di Matteo Renzi, ma Soldi non ha mai ceduto alle lusinghe. Il voto rappresenta uno strappo che potrebbe diventare norma nei prossimi mesi: la destra ha bisogno di una stampella nel cda Rai e Soldi ha di fatto manifestato questa disponibilità.
Al Partito democratico la cosa non è piaciuta. «Non so quali siano le motivazioni di questo voto, quello che invece so è che la presidente Rai ha il compito e il dovere di esercitare un effettivo ruolo di garanzia a salvaguardia dell’autonomia e del pluralismo della Rai», ha detto il senatore del Pd, Francesco Verducci, componente della commissione di Vigilanza Rai. In privato i dem hanno usato toni molto meno istituzionali, etichettando come «osceno» quanto accaduto nel cda.
Per altri casi sono state necessarie delle forzature del governo, come il siluramento di Carlo Fuortes, mentre per la “melonizzazione” della presidente Rai è bastato mettere in campo la candidatura di Sergio e Rossi. Lo spostamento a destra è avvenuto, assecondando l’onda lunga del potere.
Ma per evitare di dover ricorrere sistematicamente al voto di Soldi, fino alla scadenza del cda (nel 2024), FdI ha elaborato un piano B: attirare a sé Movimento 5 stelle.
Con il voto sull’ad si è palesato il dialogo in corso tra Giuseppe Conte e Giorgia Meloni. L’astensione di Di Majo non è stata una sorpresa, viste le anticipazioni dei giorni scorsi. La regia del confronto è nelle mani di Conte: sta seguendo la vicenda in prima persona.
Non è un mistero che voglia garantire una buona posizione a Giuseppe Carboni, ex direttore del Tg1, con buona pace degli strali contro i partiti che occupano la Rai. Non è passato inosservato il silenzio sulla forzatura della presidente Soldi nel cda.
Il M5s si è limitato a commentare in maniera positiva la riconferma del programma Report nel palinsesto di Rai 3. Niente barricate, dunque. «Trovo singolare che nessuno metta pubblicamente pressione a Conte su questa partita», ha osservato Michele Anzaldi, segretario della Vigilanza Rai nella scorsa legislatura.
(da agenzie)
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