LA PROCURA CONTESTA (GIUSTAMENTE) IL GIP: “I FERMI DEI TRE ERANO NECESSARI PER EVITARE CHE CONCORDASSERO UNA VERSIONE”
“CI SONO DUE VERSIONI, LE INDAGINI DIRANNO CHI HA RAGIONE”… “MA VI SEMBRA POSSIBILE CHE IL TITOLARE NON SAPESSE NULLA DI QUELLO CHE SUCCEDEVA ALLA FUNIVIA?”
Il gip di Verbania non ha convalidato il fermo di Gabriele Tadini, Luigi Nerini ed Enrico Perocchio, i tre indagati per la tragedia del Mottarone, che ha causato la morte di 14 persone il 23 maggio. Nella sua ordinanza il giudice di fatto smonta il modus operandi della procura, criticando duramente la decisione della procuratrice Olimpia Bossi di fermare, e quindi mandare in carcere, il direttore del servizio, il gestore dell’impianto sul Lago Maggiore e il dipendente dell’azienda che si occupava di sicurezza.
Secondo il gip non c’era alcun pericolo di fuga e nessuna certezza che Nerini e Perocchio sapessero che Tadini lasciasse i forchettoni a disattivare il freno di emergenza anche quando nella cabina c’erano i passeggeri.
Tadini ha ammesso di aver tenuto questo comportamento, di averlo fatto più volte, ma di aver avvertito gli altri. La sua posizione, dopo l’ordinanza del gip, sembra essersi aggravata. Mentre quella degli altri due sembra ancora poco chiara.
Ma la pm non rinnega nulla del suo operato, a partire dai fermi. In un’intervista a Repubblica dice:
“Ci viene detto di aver dato peso esclusivamente alle accuse che muove Tadini, che invece vengono ritenute non credibili, ma noi possiamo dire che la giudice ha creduto solo alle dichiarazioni degli altri due, sostenendo che non avessero interesse a trascurare la sicurezza. Secondo noi non è così. Ed è stata criticata la frase troppo generica del “tutti sapevano” che ha detto Tadini. Ma secondo lei è possibile che Nerini, titolare della società, peraltro società di famiglia da generazioni, davvero fosse all’oscuro di quello che succedeva alla funivia?
Sui fermi, che per il gip sono stati fatti “al di fuori dei casi previsti dalla legge”, Olimpia Bossi dice ancora:
“Il pomeriggio di martedì ci siamo trovati di fronte a una persona che ha reso piena confessione con dichiarazioni attendibili che parlavano di un gesto, quello di mettere i forchettoni ai freni, che era frutto di una scelta volontaria, deliberata e reiterata che andava avanti da oltre un mese ma secondo i nostri riscontri anche da più tempo. Una persona che ha detto che altre persone sapevano. A quel punto abbiamo avuto la necessità di impedire che quelle persone si potessero mettere d’accordo per concordare una versione dei fatti.”
(da agenzie)
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