L’AMORE ENTRA IN POLITICA: TUTTI DICONO “I LOVE YOU”
ANCHE NELLA CORSA A SINDACO E’ STATA RISPOLVERATA LA CATEGORIA POLITICA DELL’AMORE
Da un sentimento indomabile, ecco da che cosa sono mossi.
Non è l’ambizione nè la smania di potere e non il senso del dovere o la disciplina di partito: è l’amore.
«L’ho fatto per un gesto d’amore», ha detto pochi giorni fa il candidato del Pd a sindaco di Roma, Roberto Giachetti.
«E’ stata una scelta d’amore», aveva spiegato un paio d’ore prima Giorgia Meloni, rivale di destra.
E l’amore non è una deliberazione, è l’irresistibile.
E si direbbe un’epidemia, un virus davanti a cui non c’è rimedio: Guido Bertolaso, concorrente di Forza Italia, ha accettato la sfida «per amore».
Ecco che cos’è il fermento di cui è percorsa la capitale, un’effervescenza litigarella più che scissionista, sono farfalle nella pancia, disperati ardori quartoginnasiali, e l’indizio non mancava: il simbolo di Alfio Marchini, il cuore rosso, e il suo insistere con messaggi Baci Perugina: «Insieme, uniti dall’amore per la città », «non abbiamo puntato sulla demagogia ma sull’amore», e soprattutto «l’amore è una cosa seria».
Si sa, muove le montagne, e Francesco Storace in nome dell’amore prova a riunificare tutta la destra: guardiamoci in faccia, ha detto, «serve un atto d’amore».
Bisogna sfogliarlo questo diario segreto della politica italiana, guardare i cuoricini al posto dei punti sulle “i”, trovare le febbrili dichiarazioni d’amore eterno. Giuseppe Sala si è candidato «per amore di Milano».
Antonio Bassolino per un «atto d’amore verso la città ». Luigi De Magistris si ripresenta molto virilmente a Napoli spinto da «coraggio e amore per questa terra». Amore, amore, ancora amore, come da qualche tempo succede nelle cene in terrazza, in cui ci si chiama amore l’uno con l’altro, «amore mio», «amore bello», un amore comunitario dove «amore» è la moglie dell’amico, «amore» è l’amico stesso detto «amore» per disinteressato amore: «Amore mi passi il vino?», e mille braccia saranno protese verso la bottiglia.
Non sappiamo se avesse ragione Silvio Berlusconi quando diceva che «Forza Italia è l’amore e la sinistra è l’odio» ma di sicuro l’aveva quando ha avvertito che «l’amore è più forte dell’odio».
Eccolo il trionfo imprevedibile dell’amore. «Rischiamo per amore dell’Italia» ha detto Matteo Renzi dopo aver preso il posto di Enrico Letta, probabilmente anche per amore di Enrico Letta.
«Il nostro messaggio è l’amore per la politica della propria città », ha precisato Beppe Grillo, i cui mille vaffa erano i vaffa dell’amore deluso.
Gianfranco Fini nel 2007 sfilava contro Romano Prodi non in corteo, ma in «un enorme atto d’amore di un popolo che ama la sua patria, un popolo che possiamo chiamare il Popolo delle libertà ». Eppure Prodi aveva vinto per amore, solo «per amore dell’Italia».
Per amore si vince e si perde: «Mi sono dimesso per amore», diceva Walter Veltroni rinunciando alla guida del Pd.
«Lasceremo il governo per amore di Berlusconi», sosteneva Micaela Biancofiore dopo la condanna del capo in Cassazione, e ci ripenserà ora che l’amore tradito la porta ad abbandonare Forza Italia.
Non c’è immunità , l’amore è cieco, l’amore è pazzo, e infatti Nichi Vendola ha organizzato una mostra sul lavoro come «atto d’amore per l’art. 18».
Per Paolo Ferrero di Rifondazione il comunismo è «un atto d’amore verso l’umanità ». Più localmente, le manifestazioni di Pontida erano un «atto d’amore per la Padania», e questo era l’Umberto Bossi che non aveva paura d’amare.
Gesto d’amore l’utero in affitto, gesto d’amore il sottosegretariato, gesto d’amore le larghe intese, amore purissimo, prepotente amore adolescenziale che è un amore senza conseguenze, che ha soltanto bisogno di essere dichiarato, magari con gli emoticon, con gli occhietti a cuoricino, con i cuoricini pulsanti, con la profusione di punti esclamativi perchè un «ti amo» sarà sempre meno di un «ti amo!» e sempre meno di un «ti amo!!» fino ai «ti amo!!!!!!!!!» di Facebook, cioè l’amore a portata di mano. Che poi, chissà perchè, ci stiamo tutti sullo stomaco.
Mattia Feltri
(da “La Stampa”)
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