L’APPLAUSO GENERALISTA
AL MEETING DI RIMINI DA ANNI , I CIELLINI APPLAUDONO CHIUNQUE GOVERNI… L’IMPORTANZA POCO ECUMENICA DI ESSERE VICINI AL POTERE
Mi chiedo sempre, ogni anno da molti anni, da cosa dipende l’applauso indiscriminato che il Meeting di Rimini riserva a chiunque governi (avrebbe una cordiale accoglienza anche Gengis Khan). C’è un’ipotesi fausta: quell’applauso dipende da un lodevole sentimento di ascolto, molto cristiano, che in politica genera un atteggiamento super partes decisamente anticonformista in tempi di faziosità spinta.
Ma c’è un’ipotesi infausta: è che tutto fa brodo purché il sapore sia quello del potere, e dunque non contano le idee e le posizioni politiche, conta quella sorta di “centralità” inamovibile, ecumenica e un poco ipocrita che un tempo fu della Dc, oggi è di Cl. In questo senso, applaudendo tutti, quell’assemblea applaude se stessa, la propria eternità, la certezza di esserci sempre e per sempre perché a riunirla non è il tifo per questo o per quel politico, è sentirsi arbitro della partita. E l’arbitro non vince e non perde: arbitra.
Dev’essere una bella sensazione, sentirsi a proprio agio dentro qualunque temperie politica e di fronte a qualunque bandiera. Però quelli non super partes (mi metto nel novero), oltre allo svantaggio di patire per le sconfitte fino a guastarsi l’umore, hanno anche il vantaggio di vivere le vittorie come se li riguardassero personalmente, come se fossero anche il frutto del proprio impegno — benché non sia un impegno, come dire, di tipo generalista.
Per i super partes non ci sono i gol fatti e quelli subiti, i gol sono tutti uguali e tutti meritevoli di esultanza, chiunque li abbia fatti. Dev’essere anche piacevole, perché mette al riparo dal senso di sconfitta. Però, non è un po’ comodo?
(da repubblica.it)
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