MARTINA ROSSI, LA CASSAZIONE ANNULLA IL VERDETTO DI ASSOLUZIONE
NUOVO PROCESSO PER I DUE GIOVANI CONDANNATI IN PRIMO GRADO PER TENTATO STUPRO DELLA RAGAZZA PRECIPITATA DAL SESTO PIANO DI UN ALBERGO DI PALMA DI MAIORCA… MA LA PRESCRIZIONE SALVERA’ GLI IMPUTATI IN OGNI CASO
Quasi dieci anni dopo, i giudici della Corte di Cassazione hanno scritto la parola fine sulla morte di Martina Rossi ed escluso un nuovo inizio di dibattimenti, udienze, testimonianze. Il verdetto con cui hanno annullato la sentenza di assoluzione rimette al centro del processo i due 28enni di Castiglion Fibocchi che quel 3 agosto 2011 erano nella stanza 609 dell’hotel Santa Ana di Palma di Maiorca insieme a Martina: in primo grado ad Arezzo Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi erano stati condannati a sei anni per tentato stupro e per aver causato la morte, nella fuga, di Martina.
La studentessa
Martina Rossi il 3 agosto del 2011 aveva vent’anni, studiava architettura a Milano ed era alla sua prima vacanza da sola, a Palma di Maiorca con due amiche. Cadde dal balcone di un albergo e la polizia spagnola archiviò frettolosamente come suicidio.
Gli imputati
Per questo fatto in primo grado erano stati condannati a sei anni di reclusione i due giovani aretini, Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, entrambi di Castiglion Fibocchi, accusati di tentata violenza di gruppo e morte come conseguenza di altro reato. Secondo il Tribunale di Arezzo, Martina precipitò dal balcone della camera dove alloggiavano i due ragazzi – nello stesso hotel della studentessa genovese – per fuggire a un tentativo di stupro.
In appello invece, lo scorso 9 giugno, Albertoni e Vanneschi sono stati assolti dall’accusa di tentata violenza sessuale mentre è stata dichiarata prescritta l’imputazione di morte come conseguenza di altro reato. i giudici non avevano saputo dare un perchè alla tragedia, ma avevano parlato di “un litigio, un malore, un approccio di natura sessuale o anche un tentativo di violenza che potesse aver innescato in lei la spinta a un gesto autolesivo o comunque uno stato psicologico di non pieno controllo di sè”.
La sentenza della Corte di appello di Firenze è stata impugnata dalla procura generale di Firenze per “indizi non valutati”, per “motivazione contraddittoria” e per una “valutazione frazionata e priva di logica degli indizi”.
La battaglia dei genitori
I due imputati oggi non sono venuti in Cassazione, sono rimasti a casa in contatto con i loro avvocati. In udienza c’erano, invece, come del resto ci sono sempre stati, i genitori di Martina. Bruno Rossi, una vita da camallo nel porto di Genova a lavorare e lottare per i diritti dei lavoratori, e Franca Murialdo, insegante. Entrambi in pensione, hanno passato gli ultimi due lustri della loro vita a “ricercare la verità per Martina e a ridarle dignità “.
Anche questa mattina, aveva detto Bruno mentre rientrava nel suo albergo della Capitale dove aspettava notizie, “abbiamo sentito dire delle enormi falsità sul nostra figlia. Che era drogata, che era depressa, che si era buttata giù per una delusione d’amore. Ma continuiamo a sperare”.
Il pg e gli errori
Il sostituto procuratore generale, del resto, come annunciato è stato molto duro, e ha chiesto di annullare le assoluzioni di Albertoni e Vanneschi. Nel ricorso depositato nei giorni ha scorsi ha messo nero su bianco, a proposito della sentenza di Appello, una “motivazione contraddittoria”, una “valutazione frazionata e priva di logica degli indizi”, un “travisamento di circostanze decisive”.
E ancora: “E’ stato commesso un evidente errore sul punto di caduta della Rossi che ha inficiato tutto il ragionamento probatorio, Nessuna certezza sugli esami tossicologici: collegare una sigaretta di hashish, fumata in due, al comportamento di Martina sembra esagerato”.
(da agenzie)
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