PARLA IL PENTITO DELLE QUOTE LATTE: “COSI’ GLI ALLEVATORI PAGAVANO LE CAMPAGNE ELETTORALI LEGHISTE”
L’EX DIRIGENTE LUSETTI: “ALLE RIUNIONI ANCHE BOSSI E ZAIA”… “AGLI INCONTRI CON IL SENATUR SI DECIDEVA COSA DOVEVA FARE IL MINISTRO PER RITARDARE ILL PAGAMENTO DELLE MULTE”… “IMPRENDITORI VERSAVANO IN NERO SOLDI ALLA LEGA”
È il testimone chiave di tre procure: Milano, Reggio Emilia, Bologna.
Ha denunciato i misfatti della Lega ben prima che il “cerchio magico” cadesse in disgrazia ed emergesse il “sistema Belsito”.
E nel capoluogo lombardo, dove la procura ritiene infondate le accuse del Carroccio contro di lui, Marco Lusetti, ex vicesegretario emiliano del partito, ha raccontato al pm Maurizio Ascione e alla Guardia di finanza tutto quel che sa sui soldi che arrivavano ai Lumbard, dando sostanza all’inchiesta sullo scandalo delle quote latte.
È vero che esponenti della Lega Nord hanno favorito i Cobas, aiutandoli a non pagare le multe per gli splafonamenti, in cambio di finanziamenti al partito?
«Io non mi occupavo di questo. Ma ho assistito ad alcuni incontri in cui si parlava anche di quote latte con Umberto Bossi, Luca Zaia, Giancarlo Giorgetti. Gli incontri erano finalizzati a mettere in condizione gli allevatori di pagare sempre più tardi, sempre più in modo dilazionato rispetto alle scadenze: quale intervento legislativo fare, come far pressione sull’Unione europea, cosa poteva fare Zaia, all’epoca ministro. Ricordo per esempio un’occasione a casa di Fabio Rainieri, l’allevatore di Ponte Taro che poi è stato eletto deputato. C’ero anch’io e c’era anche Roberto Corradi, l’avvocato dei Cobas, eletto poi consigliere regionale »
Che ruolo aveva?
«Corradi si dava da fare per far inserire dei provvedimenti favorevoli alla Lega nella finanziaria o nel milleproroghe. Ricordo, per esempio, una riga inviata di notte da Corradi perchè fossero posticipate le multe…».
Non è una normale attività di lobby? Ha visto tangenti?
«In questo caso no. So per certo, però che i Cobas del latte finanziavano le campagne elettorali della Lega Nord. La campagna di Corradi, per esempio, è stata pagata in toto dai soci di un’associazione produttori latte».
In chiaro o in scuro?
«Io avevo visione dei bilanci della Lega Nord e non ho trovato questa entrata nè la dichiarazione congiunta che fa per legge chi versa e chi riceve finanziamenti. Loro si sono occupati di tutto: le spedizioni in tutta la provincia, la stampa delle buste, i manifesti, le affissioni. Non so quantificare ma sono parecchi soldi»
Roberto Maroni sapeva?
«Lui non partecipava a quel tipo di riunioni, in quel periodo era defilato. Ritengo fosse a conoscenza del sistema. A lui, come a molti altri dirigenti, provai ad accennare di finanziamenti in nero da imprenditori. Mi chiamò il suo segretario chiedendomi se fossi in grado di provare quel che dicevo. Io risposi di sì ma poi non seppi più nulla. Stesso comportamento da parte di Bossi. M’illudevo che a Milano, una volta a conoscenza delle mie denunce, mi premiassero. Invece mi chiamò Belsito e mi licenziò».
E in cosa consistevano queste elargizioni?
«Soldi in contanti di imprenditori, metalmeccanici o edili a favore della Lega Nord. Di un caso ha anche parlato, in un incontro, il vice sindaco di Sassuolo: il compenso offerto dalla Siram per il rinnovo di un contratto di global service da un milione e mezzo di euro».
Queste accuse potrebbero essere dettate dal risentimento: è stato espulso per una storia di consulenze facili quando era presidente dell’ente nazionale della cinofilia.
«Il pm ha appena chiesto l’archiviazione dell’indagine. Inoltre, quell’esposto nei miei confronti viene due anni dopo le mie denunce interne inviate ai vertici del partito ».
Quali accuse?
«A novembre del 2008 cominciai a segnalare, in Emilia, la “mala gestio” dei soldi della Regione. Portando ricevute, fatture e conti correnti».
Se ne sta occupando il pm di Bologna Morena Plazzi, che indaga sul consigliere Maurizio Parma.
«Io portai il caso all’attenzione dei vertici. Ma il segretario regionale, Angelo Alessandri, bloccò la mia istanza. Tentai di parlarne con Roberto Calderoli, ma anzichè da lui fui chiamato da Alessandri. Mi disse – la telefonata è registrata – che Calderoli gli aveva chiesto, a suo dire, di coprire la questione e che dovevo firmare un documento in cui c’era scritto che non c’era alcun problema. Ovviamente non lo firmai. Da allora sono cominciati i miei guai».
( da “La Repubblica”“)
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