PER PD E M5S C’E’ SOLO CONTE: SI VA ALLA CONTA IN PARLAMENTO
FINE DI OGNI TRATTATIVA CON RENZI
Il secondo colloquio di Giuseppe Conte con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, tenutosi pochi minuti fa, è innegabilmente il punto di svolta della crisi politica apertasi con le dimissioni delle ministre Elena Bonetti e Teresa Bellanova.
In poche ore, infatti, il vento sembra essere girato e il Presidente del Consiglio è nelle condizioni di presentarsi al Colle con più risposte da dare che consigli da accettare. La scelta di Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali di stringersi intorno a lui subito dopo lo strappo renziano, infatti, non solo lo blinda politicamente, ma esclude la quasi totalità delle altre opzioni di uscita dalla crisi che erano ancora sul tavolo.
Le soluzioni alla crisi di governo
Con una serie di tweet praticamente identici, i maggiori esponenti di PD e M5s hanno ribadito la volontà di andare “Avanti Con Conte”, abbandonando la prudenza e stoppando ogni possibilità di andare avanti con la stessa maggioranza ma con un altro nome. Particolarmente significativo il sostegno del ministro della Salute Roberto Speranza (che ribadisce la condivisione totale delle scelte in materia di pandemia), del ministro Franceschini (il cui nome circola praticamente sempre ogni qual volta traballa la poltrona di Palazzo Chigi), dell’ex capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio (un altro potenzialmente interessato dal valzer degli incarichi) e di Beppe Grillo, il cui sostegno incondizionato a Conte significa molto anche in ottica di alleanze future.
Se i renziani fanno sapere di essere ancora disposti a trattare, allo stesso tempo la rottura appare insanabile e la durezza delle reazioni di ieri sera indica che nella lettura di PD e M5s questa volta si sia andati troppo oltre per poter tornare indietro.
Insomma, Italia Viva è fuori dall’attuale maggioranza
Un’altra delle soluzioni di cui si era parlato in queste ore rispondeva alla formula “esecutivo di responsabilità nazionale” e si traduceva in un’ammucchiata con la quasi totalità delle forze politiche e la guida affidata a un nome di altissimo profilo.
A smontarla, ci ha pensato in parte Zingaretti, spiegando di considerare “impensabile e inaccettabile qualsiasi operazione di governo con la destra sovranista e nazionalista”, dunque chiudendo alla Lega, i cui voti potrebbero essere determinanti stante l’indisponibilità dei 5 Stelle a silurare Conte.
Crisi di governo, cosa succede ora
Di tornare alle urne non se ne parla proprio, almeno non a breve, dunque resta una sola strada per risolvere velocemente questo pasticcio. Andare in Parlamento e rendere chiaro al Paese quali sono le forze in campo: così farà Conte, per disegnare nel frattempo la soluzione alla crisi.
Quella che porta alla formazione di un gruppo di “Responsabili” al Senato (in cui troverebbero posto anche i transfughi di IV), magari con il via libera di Silvio Berlusconi, cui strizza l’occhio addirittura Luigi Di Maio, richiamando l’intesa che ha permesso l’elezione di Ursula von der Leyen alla Commissione Europea.
A quanto ci risulta, lo scouting dei Responsabili sarebbe andato a buon fine già da qualche giorno, ma l’idea della sostituzione dei renziani con una pattuglia disomogenea e per nulla disinteressata di senatori provenienti da diverse formazioni politiche non aveva entusiasmato il Capo dello Stato.
Nella lettura di Mattarella, infatti, un governo che si regga su operazioni e intrighi di palazzo non è la soluzione migliore per gestire un periodo così complesso, con la probabilissima escalation di contagi dovuta alla variante B117 e le difficoltà inevitabili di una campagna vaccinale a tappeto.
Una preoccupazione in parte condivisa anche dai democratici, che vorrebbero maggiori garanzie e soprattutto che sia chiara e netta la piattaforma programmatica di governo (e la nuova squadra da affiancare a Conte, che deve essere rinnovata anche in caselle chiave).
Realisticamente, però, Mattarella non ha moltissimi margini di manovra, non potendo agitare nè l’opzione ritorno al voto nè la formazione di un esecutivo allargato, operazione che richiederebbe un tempo che non c’è.
Il capo dello Stato potrebbe rassegnarsi ad avallare il piano di Conte, chiedendo magari garanzie sullo stop a ulteriori forzature.
(da agenzie)
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