RENZI PRONTO AL DIALOGO CON GRILLO: “MA LA VIA MAESTRA RESTA IL PATTO DEL NAZARENO”
TRA UNA SETTIMANA L’INCONTRO COL M5S
Al momento «il “contratto” con Berlusconi resta in vigore ».
Per Renzi è ancora quella «la via maestra» per le riforme, nonostante l’improvvisa inversione a U dei 5Stelle.
Certo, complice anche il colloquio mattutino con il capo dello Stato, il premier non può chiudere la porta a chi si offre di dialogare. Per questo da palazzo Chigi filtra una valutazione di Renzi che non collima con quella maggioritaria nel Pd.
Nel senso che il presidente del Consiglio semmai proverà a ingaggiare i grillini, senza considerare preventivamente «un bluff» o «un espediente per uscire dall’angolo » la richiesta di un incontro sulla legge elettorale.
Ma da qui a mollare l’accordo con Forza Italia sull’Italicum ce ne corre.
Anzi, benchè non ancora fissato, sembra che l’ora di un nuovo faccia a faccia con Berlusconi stia per scoccare.
Ci sono infatti alcune cose da mettere definitivamente a punto, prima tra tutte il nuovo sistema di elezione/ designazione dei futuri senatori.
Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli ci hanno lavorato, hanno buttato giù un ventaglio di soluzioni possibili in vista dell’inizio delle votazioni in commissione. «Ferma restando l’elezione di secondo grado – spiega il senatore renziano Andrea Marcucci – c’è da parte del governo e del Pd un’ampia disponibilità a trovare la formula che raccolga la maggiore adesione tra le forze politiche».
Insomma, a Renzi basta che sia scritta la parola «fine» sul Senato elettivo, i dettagli tecnici contano meno. «Però è giunta l’ora che Berlusconi si decida», ammoniscono i renziani, forti dell’accordo con la Lega.
In effetti, trovata l’intesa con il Carroccio sul Titolo V e sostituiti i senatori recalcitranti della maggioranza, Renzi oggi si gode «il clima mutato dopo aver spianato la strada in commissione».
Il patto con la Lega regge, a Vicenza lo stesso governatore Zaia l’ha confermato al premier a margine dell’assemblea di Confindustria, ma anche per il Carroccio molto dipende dall’atteggiamento di Berlusconi.
Il problema è che il leader forzista appare una sfinge impenetrabile da giorni, mentre i suoi spaziano tra i guastatori che vorrebbero far saltare tutto e chi scommette su un ingresso di Forza Italia nella maggioranza.
La gestione dell’incontro con i Cinquestelle è comunque la partita più delicata. Renzi, come anticipato ieri da Repubblica, non prenderà parte alla riunione che potrebbe tenersi la prossima settimana, forse mercoledì.
Il format è ancora da decidere, ma sembra che il quartetto designato sarà composto dal ministro Maria Elena Boschi, dal vicesegretario Guerini e dai capigruppo Zanda e Speranza.
Da parte grillina l’investimento politico è enorme: «Noi – confida Carlo Sibilia, un deputato tra i più ascoltati del gruppo – abbiamo preso atto del 40% conquistato da Renzi e quindi vogliamo entrare nel merito. Mi auguro comprendano tutti, renziani compresi, l’importanza della cosa».
E tuttavia, nonostante il premier voglia incoraggiare con il suo atteggiamento quella parte dei grillini che si spendono per il dialogo con il governo, il timore di un «trappolone» è forte.
La guardia resta alta. «Se la loro fosse un’effettiva volontà di concorrere alle riforme – riflette a voce alta il sottosegretario Angelo Rughetti, renziano di ferro – si sarebbero presentati dicendo: ecco le nostre proposte di modifica all’Italicum, discutiamone. Invece arrivano con un proporzionale puro con le preferenze, che è l’opposto della legge già approvata dalla Camera, e pretendono che sul tavolo ci sia solo la loro proposta».
E se invece fosse soltanto tattica? Se cioè la proposta del “democratellum” nascondesse la vera mossa da scacco matto?
Il sospetto che si sta facendo strada in queste ore tra i renziani è infatti quello di una manovra a sorpresa dei cinque stelle. Che una volta incassato il prevedibile rifiuto del Pd sul “democratellum”, sarebbero pronti a gettare sul tavolo la vera proposta avvelenata: il ritorno al Mattarellum.
«E a quel punto – ammette un renziano – per noi potrebbero essere dolori ».
La vecchia legge Mattarella – 75% maggioritario uninominale, 25% di proporzionale – è infatti molto rimpianta dai nostalgici dell’Ulivo e dalla stessa nuova leva renziana.
Nell’assemblea del gruppo Pd della Camera, al tempo della discussione sulla mozione Giachetti (che appunto prevedeva il Mattarellum come legge di salvaguardia nel caso si fosse tornati al voto anticipato), tutti i renziani si schierarono a favore, salvo poi votare “no” in aula in obbedienza all’ordine impartito dal governo Letta.
Cosa accadrebbe domani se Grillo e Casaleggio riesumassero il Mattarellum?
Il timore degli uomini del premier è che non solo potrebbe saltare l’Italicum, ma si riprodurrebbe una spaccatura interna alla maggioranza e allo stesso Pd.
Come avvenne appunto sulla mozione Giachetti. Per questo la regia della trattativa con i grillini è stata avocata dal premier in prima persona.
Non sono ammessi errori.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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