LO SCETTICISMO DEL PD RIFLETTE IL TIMORE DI UNA MELINA DI GRILLO
TUTTI DISPOSTI A TRATTARE MA OGNUNO COI SUOI FINI PIU’ O MENO NON DICHIARATI
Bisogna vedere se andrà a buon fine; e i dubbi già crescono. Ma sarebbe riduttivo considerare l’apertura del Movimento 5 stelle un’iniziativa limitata alla riforma elettorale. Se, come pare, Beppe Grillo ha capito che lo splendido isolamento dell’ultimo anno alla fine si è rivelato sterile e controproducente, c’è da aspettarsi altre mosse in direzione della maggioranza di governo; e soprattutto di Matteo Renzi, visto come un vincente col quale trattare: sebbene sia difficile pensare che l’obiettivo finale di Grillo sia diverso da quelle di sempre, e cioè la destabilizzazione del sistema o almeno dell’asse Pd-FI.
Per questo, lo scetticismo per il momento prevale sulla voglia di accettare l’offerta.
E, al di là di una trattativa sul cosiddetto Italicum, si intravede l’elezione per il nuovo presidente della Repubblica.
Probabilmente non ci sarà prima di un anno o giù di lì. Giorgio Napolitano ha fatto capire più volte di voler lasciare prima del termine naturale del settennato.
E la fine del semestre di presidenza europea dell’Italia, a dicembre, lascia pensare che nei mesi successivi il Quirinale possa cambiare inquilino.
Il tentativo grillino sembra quello di riproporre il sistema proporzionale contro l’ipotesi maggioritaria del governo, per calamitare gli scontenti del Pd e del centrodestra; e per giocare di sponda in Parlamento adesso su legge elettorale e riforma del Senato, domani sul prossimo presidente della Repubblica.
La cautela renziana e l’ostilità del Nuovo centrodestra e dei berlusconiani nascono da questa sensazione.
Che Grillo abbia bisogno dell’incontro col Pd molto più che il contrario, è dimostrato dalla disponibilità a incontrare una delegazione del partito con o senza il premier. «Non ci impicchiamo alle persone», assicura Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e volto istituzionale del movimento.
«La nostra non è una proposta a scatola chiusa». «Prima eravamo convinti di far cadere il governo. Ora vogliamo evitare il limbo», dialogando su legge elettorale e giustizia. Il cambio di tono di un partito solitamente sprezzante con gli avversari, è significativo.
È legittimo chiedersi se dipenda dall’esigenza di tacitare quanti, nel M5S, disapprovano l’autoesclusione decisa dal vertice.
Ma anche rientrare in gioco comporta dei rischi. Gli ex grillini espulsi mesi fa proprio per avere accettato di discutere col Pd si offrono loro, come interlocutori.
E puntano il dito contro Grillo e Gian Roberto Casaleggio che allora li inchiodarono a una sorta di gogna politica.
Ma proprio per questo è palpabile il timore di una strategia tesa, all’interno del movimento, solo a dimostrare disponibilità ; e all’esterno, a fare una «melina» al solo scopo di allungare i tempi in Parlamento nella speranza di vedere emergere la fronda antigovernativa.
Simona Bonafè, neoeletta del Pd alle europee, lo dice apertamente.
«Non mollo di mezzo centimetro. Andiamo avanti a testa alta», ha detto ieri il presidente del Consiglio. Parlava di riforme. E si rivolgeva naturalmente in primo luogo alla sua coalizione. Ma il messaggio è anche per Grillo.
Si avverte una evidente soddisfazione, nella corsa alle riforme che sia Grillo, sia la Lega di Matteo Salvini adesso hanno deciso.
E pensare che «un mese fa sembrava io avessi la peste», sottolinea Renzi.
Si tratta di una corsa che le opposizioni scelgono per difendere se stesse e creare problemi al governo, sapendo quanto sia l’Italicum, sia il nuovo Senato incontrino resistenze trasversali.
Lorenzo Guerrini, vicesegretario del Pd, anticipa che il proporzionale «non dà governabilità ».
E il coordinatore del Ncd, Gaetano Quagliariello, pone la questione di metodo di sempre. «Le decisioni», avverte, «vanno prese prima nella maggioranza».
Per il premier, che ieri è stato ricevuto dal capo dello Stato alla vigilia del semestre italiano al vertice dell’Ue, i segnali positivi prevalgono.
Massimo Franco
(da “il Corriere della Sera“)
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