SALVINI ORA ANNASPA: SCONFITTO SUL CASO SIRI, PROVA A CAMBIARE AGENDA MA FATICA NEL RILANCIO COMUNICATIVO SU DROGA, TASSE ED AUTONOMIA
E NON METTE PIU’ IN DISCUSSIONE IL GOVERNO PERCHE’ I SONDAGGI VEDONO LA LEGA IN DISCESA COSTANTE
Perchè è stata la prima, vera, sconfitta proprio sul suo terreno, del corpo a corpo muscolare, la sua “Diciotti” rovesciata, in cui al bivio tra sacrificare il governo e sacrificare Siri, è stato costretto a bere l’amaro calice.
Perchè questa sconfitta è avvenuta in un clima assai sfavorevole, con l’inchiesta lombarda che tocca anche il governatore della Regione modello, indagato per abuso di ufficio, ed è solo all’inizio.
È per questo che Matteo Salvini è nervoso, provato, a stento riesce a mascherare dietro un sorriso di ordinanza una campagna elettorale immaginata come una marcia trionfale e trasformatasi in una partita confusa, poco brillante per l’uomo che, in questo anno, ha dettato l’agenda pressochè su tutto, imprevedibile e brillante nella comunicazione, capace di repentini cambi di passo.Lui, il dominus, gli altri costretti a subire.
Anche il rilancio comunicativo, pensato e studiato, per chiudere il caso, mascherare la sconfitta e, come si dice in questi casi, cambiare agenda, è poco brillante, come se avesse perso il suo tocco magico. L’ombra del logoramento lo avvolge, in un clima di preoccupazione crescente dei suoi che, da mesi, lo avevano spinto al redde rationem perchè con questi non si va avanti.
Ospite di Otto Mezzo, il leader leghista è costretto in un ruolo che non è il suo, se la frase più ad effetto è sulla cannabis perchè “sulla salute non negozio e su questo il governo può anche andare a casa”. Costretto a porgere l’altra guancia, perchè una crisi di governo di Siri sarebbe stata impensabile, regalando ai Cinque Stelle il perfetto terreno della questione morale.
Anche l’atteggiamento “buono” su una vicenda che è stata subita, ingiusta è un modo per fare di necessità virtù, offrendo un po’ di vittimismo garantista a un elettorato sensibile al tema.
Ripete il solito spartito del “siamo qui per fare le cose”, “per lavorare”, non le polemiche, parole rese meno credibili da queste settimane di un governo paralizzato dai veti, in cui oggi dossier è diventato oggetto di una competizione dei due soci di governo, nei panni di avversari impegnati a gasare le curve. Però quel che resta è una pistola scarica, dopo le parole sparate a salve nei giorni scorsi come adesso. Quel “mi fido di Conte”, poco convinto, assai meno sincero, anche se i rapporti umani sono devastati e pressochè inesistenti, e anche se in privato sostiene l’opposto, è una formula pressochè obbligata perchè il “non mi fido” sarebbe stato contradditorio rispetto alla necessità di andare avanti almeno per ora perchè un piano alternativo non c’è.
Parliamoci chiaro, il governo è e resterà chiuso per campagna elettorale, anche nelle prossime settimane, con sulla porta un cartello dove è scritto “arrivederci al 27 maggio”, giorno in cui la verifica è affidata ai rapporti di forza che usciranno dalle urne.
Salvini rilancia su flat tax, chissà per quando e chissà con quali coperture, l’autonomia già al prossimo cdm, con i soliti spifferi belligeranti dei comunicatori che paventano la crisi se non dovesse passare, così come i Cinque Stelle annunciano i loro, di provvedimenti, chissà per quando.
È una linea politica di corto respiro, senza un grande disegno politico, che evoca quel che dicevano gli allenatori alle squadrette dell’oratorio, “palla lunga e pedalare”, separando che qualcuno la butti dentro.
In questo caso, “facciamo voti e poi si vede”.
La sconfitta è di quelle che bruciano. Un consiglio dei ministri in cui il premier si è trasformato da avvocato del popolo in un pm del popolo, il clima di gelo tra le delegazioni, le stanze con le riunioni separate dei ministri dei due partiti. I leghisti assai meno ciarlieri del solito.
Ha vinto Conte e adesso, come sempre da settimane, a microfoni spenti i leghisti spiegano che “dopo le Europee faremo i conti”. Però, quando si presenta in tv, nel giorno in cui avrebbe potuto intestarsi una svolta, Salvini, ancora una volta, non ha mandato un solo messaggio ai potenziali alleati di centrodestra, ricollocandosi nell’ambito del perimetro di questo governo, proprio nel giorno in cui il centrodestra che fu, in Lombardia, è sinonimo di questione giudiziaria.
Ecco, il governo è chiuso per campagna elettorale, ma la sua dinamica, ancora una volta, ne esce confermata.
La dinamica di una competizione gestita fino alle estreme conseguenze, da parte di due giovani leader che si giocano un pezzo della loro vita politica, che non diventa mai dissoluzione del percorso comune, per cui secondo una spietata logica identitaria tutto è lecito contro l’altro, ma non si rompe mai, nella reciproca consapevolezza che simul stabunt simul cadent.
E lo stesso Salvini, per quanto possa onnivoro, mantiene al fondo la consapevolezza che, oltre un certo limite, estremo ma comunque un limite, si entra in un terreno che fa male a se stesso.
E infatti quel limite, neanche nel giorno più difficile, lo ha superato.
(da “Huffingtonpost”)
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