“SIGNOR GIUDICE, CI LIBERI DALLE DONNE”: IL RICORSO DEI SOCI DELL’ESCLUSIVO CIRCOLO ANIENE
LA MAGISTRATA RESPINGE L’ISTANZA: “ANCHE LE DONNE POSSONO ISCRIVERSI”
Il primo agosto una giudice del tribunale civile di Roma ha dovuto occuparsi di una vicenda particolarmente, vista anche la sezione feriale, urgente: un socio del Circolo canottieri Aniene di Roma si sentiva turbato, ferito e leso nei suoi diritti dalla delibera assembleare del 4 aprile del 2022. Quella con la quale nel circolo del numero 1 dello sport italiano, Giovanni Malagò, veniva consentito alle donne di iscriversi.
Insomma, quella con la quale si cancellava una vergogna dallo statuto di uno dei luoghi più importanti, perché influenti, di Roma.
Il socio, si diceva, era però rimasto turbato dalla variazione e per questo aveva chiesto l’intervento immediato di un giudice. “Affinché venga sospesa subito la deliberazione sussistendo gravi motivi” si legge nell’ultima delle 20 pagine del ricorso firmate dall’avvocato Vincenzo Ioffredi.
Ora, chiaramente, la vicenda è finita ( per il momento) con una pernacchia: nessuna urgenza, nessun motivo per annullare la delibera, le cose restano così ha scritto la giudice, anzi ” il giudice” come si firma, Daniela Gaetano. Ma l’angolo giudiziario è forse il più interessante per guardare la vicenda delle donne all’Aniene.
Un po’ Vanzina, un po’ gerontoburocrazia romana che si sente così lesa in un privilegio arcaico da sentirsi in diritto di rivolgersi a un tribunale. A presentare il ricorso è stato un architetto 82enne, sospeso dal suo ordine professionale per motivi disciplinari. Chiaramente nella sua lunga memoria con cui chiama in giudizio il circolo, da nessuna parte è scritto che la cosa che proprio non mandava giù era di avere una socia come collega.
Il ricorso è tutto scritto in punta di diritto, sollevando alcune accezioni formali, involontariamente e irresistibilmente comiche.
“L’assemblea – si legge – si è svolta il 4 aprile presso la sede del Circolo come risulta dal verbale, che indica l’intervento personale di 397 associati, portatori di novantanove deleghe ” .
Secondo l’architetto, la location non era adatta: “I locali erano inidonei sia al chiuso si all’aperto, per prevenire la diffusione del Covid, per la manifestazione di voto dei partecipanti”. Dunque: per fare entrare una donna, si è rischiata un’epidemia.
Ma quello che proprio non va giù al socio, che durante l’assemblea aveva chiesto di posticipare a un mese la decisione, sono state le modalità del voto. Il presidente dell’assemblea aveva optato per l’alzata di mano, trattandosi verosimilmente di un plebiscito. E invece no: all’Aniene – evidentementeancora scottati dalle truffe, giusto per dirne una, di Massimo Bochicchio che raccoglieva clienti ai tavoli del circolo, dopo le partite di tennis, e mai nessuno si era accorto che stava andando in scena la truffa del secolo – i soci ci tengono a fare le cose per bene.
Precise. ” Il Presidente – si legge nel ricorso – ha invitato i soci a rialzare le mani e a richiamare l’attenzione anche di quanto stava avvenendo nella sala adiacente e negli spazi esterni… L’assemblea – continua il socio – si è tenuta in un clima di spaccatura tra i soci e in un contesto confusionario registrato soprattutto al momento della votazione”.
Nonostante però l’indignazione dell’architetto, come si diceva, la giudice non ha ritenuto che ci fossero gli estremi per annullare l’assemblea. Nel merito perché, come tra l’altro ha scritto lo stesso Circolo nella memoria che è stato costretto a presentare, quello di aprire alle donne è un dovere Costituzionale. E poi nella forma: l’assemblea è stata convocata correttamente, tanto che lo stesso architetto ha potuto partecipare.
E dai documenti presentati, nessuna anomalia si intravede nelle modalità di voto. ” Famo una scommessa: qui una donna non la vedremo mai… ” , ha commentato un vecchio socio del Circolo qualche giorno fa, discutendo proprio del ricorso in tribunale.
Come a dire che c’è qualcosa di più forte della legge: la legge dell’Aniene
(da agenzie)
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