TRIA ALZA LA TESTA
DOPO LA SCONFITTA DEI GRILLINI, IL MINISTRO RIPRENDE IN MANO I CONTI E PREPARA LA MANOVRA BIS, CON UN TAGLIO AL REDDITO DI CITTADINANZA
Nei corridoi dei ministeri vengono definiti “quelli del 10%”.
A via XX settembre, in particolare l’aria dopo l’uno-due Abruzzo Sardegna è iniziata a spirare in senso ostinato e contrario. Il Movimento 5 stelle è in un momento particolare nella sua gestione interna.
Ma le prime difficoltà tangibili per gli uomini di Luigi Di Maio si stanno verificando nel corpaccione dell’esecutivo.
“Sono come api impazzite”, commenta uno dei famigerati tecnici del ministero dell’Economia, riferendosi all’attivismo di chi un po’ sa di essere sotto schiaffo e un po’ non vuole essere tenuto fuori dai tavoli che contano.
Sono alcuni giorni che Giovanni Tria e i suoi più stretti collaboratori si sono iniziati a riunire. Perchè riparte il grande circo del Def, e il ministro vuole arrivarci non da spettatore pagante e adeguatamente preparato.
Così le prime riunioni tecniche sul Documento di programmazione economica e finanziaria che dovrà essere presentato il prossimo 10 aprile si stanno svolgendo senza le controparti politiche. Tutto sotto la supervisione del titolare designato, vero, ma senza nessuna camicia gialla o verde al tavolo.
Il racconto di queste ore sul mite professore di Tor Vergata lo vuole rianimato dalla concomitante difficoltà dei 5 stelle. Perchè, come ha spesso sottolineato la loro comunicazione, è stato Di Maio il vero artefice dell’innalzamento dell’asticella del deficit al 2,4% (poi rivista al 2,04%). E alla luce dei dati sulla crescita rivisti al ribasso, è tempo che Tria va dicendo che la sua prudenza di settembre, il cui argine cadde sotto i colpi dei due vicepremier, era la strada giusta da seguire.
È in quest’ottica che, nonostante abbia sempre centellinato le sue presenze televisive, lunedì ha accettato di partecipare alla trasmissione Quarta repubblica su Rete4, tirando bordate a destra e a manca (ma più a manca dell’attuale governo, vedi parole sul Tav), con un piglio molto più acceso rispetto al consueto.
Perchè i suoi collaboratori spiegano che numeri alla mano il ministro non accetterà più una gestione “allegra” dei numeri e dei capitoli di spesa.
La traduzione è molto semplice: il 2,04%, considerando le previsioni di crescita, dovrà essere rivisto al ribasso.
E al Mef si mette in conto che una mini manovra correttiva dovrà necessariamente essere fatta. È qui che casca l’asino.
Perchè a meno di fare spallucce e consentire che l’Iva aumenti, entrando direttamente nella storia come il governo più impopolare della storia, i soldi in meno da qualche parte dovranno essere recuperati.
E il principale indiziato ad essere sforbiciato è il reddito di cittadinanza. “Rientrerebbe nelle normali conseguenze del tagliando trimestrale che ci siamo imposti come timing”, spiega una fonte del Tesoro.
Argomento di cui la pattuglia 5 stelle del governo non vuole nemmeno sentir parlare. Irritata dalla melina messa in atto sulla nomina di Pasquale Tridico al vertice dell’Inps, con il paradossale risultato di un braccio di ferro dove sono i 5 stelle a passare per quelli che vogliono tutelare il tetto stipendiale dei dirigenti pubblici.
Alle porte si prospettano mesi caldi.
(da “Huffingtonpost“)
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