VERGOGNA E PREGIUDIZIO
CHI PROMUOVE L’ODIO VERSO IL DIVERSO (IL NON BIANCO, IL NON CRISTIANO, IL NON ETERO) E’ SEMPLICEMENTE UN RAZZISTA
Negli anni mi è successo di vergognarmi di essere italiano. Capitava di solito quando Silvio Berlusconi faceva una delle sue gaffe o i parlamentari abbassavano la testa al volere del loro capo e, probabilmente, unico datore di lavoro.
All’epoca ero circondato da tanti altri connazionali espatriati che, in maniera simile, si sconsolavano guardando il teatrino della politica nazionale.
Oggi, purtroppo, tanti amici inglesi, americani, austriaci, polacchi, ungheresi e così via, provano imbarazzo nel leggere quello che succede nel proprio paese e il risalto che ne viene dato dai media internazionali
Non mi sento meglio, nè sollevato, da questo imbarazzo diffuso.
Vedo un futuro difficile, dove potremmo imbatterci in un mondo ancora più complicato rispetto a quello che conosciamo. E ho ripreso a vergognarmi. Ancora una volta non sono solo. Lo faccio insieme a tanti altri che all’estero parlano la lingua di Dante.
Questi decenni verranno studiati come quelli di una rivoluzione che, dopo quella industriale, ha cambiato il globo o almeno parte di esso: internet e l’avanzamento della tecnologia hanno rivoluzionato i modi di vivere, viaggiare, corteggiare, comunicare, fare politica, diffondere la cultura, l’attivismo, permesso canali orizzontali di trasmissione dell’informazione.
Eppure la nuova rivoluzione ha contribuito ad agitare una bottiglia e fare esplodere un tappo.
Il contenuto versato è la rabbia, l’odio e la violenza verbale “protetta” da uno schermo e dalla postazione in salotto. Il web è un vettore, ma i contenuti sono nostri.
I messaggi che mi fanno vergognare oggi sono quelli del ministro dell’Interno e dei suoi seguaci (che, come a volte succede, magari commenteranno queste righe, suggerendo, senza conoscermi, che sono un privilegiato e parte dell’establishment)Salvini oggi è uno dei maggiori esempi mondiali di populismo e demagogia al potere. È l’autoproclamato tribuno di un popolo di minoranza che si atteggia a maggioritario e con il quale lui pensa di interagire direttamente.
Questo pregiudizio razziale si è rinvigorito grazie a media disattenti e quasi privi di conoscenze storiche che legittimavano i comizi senza contraddittorio dei leghisti.
Salvini e simili diventano il megafono di un’entità nazionale e nazionalista nebulosa e disomogenea che è muta con i cattivi e i furbi (mafia, evasori) ma mostra muscoli dopati dai gigabyte dell’ultima promozione internet e imbelliti da selfie taroccati con quelli più deboli e poveri — guardando, tuttavia, questi ultimi sempre dal famoso schermo del telefonino e senza mai incrociare lo sguardo di un bambino africano.
In effetti, per chi predica il pregiudizio xenofobo i migranti sono essenzialmente questo: immagini di sfigati provenienti da un mare apparentemente lontanissimo, fotografie da un set cinematografico di un film surreale.
In sintesi, chi fugge da guerre e fame viene deumanizzato e non più percepito come un essere di pari dignità e valore.
Questa è una strategia per non ascoltare le grida di aiuto e allontanare le responsabilità .
Guardare il mondo dritto negli occhi significa invece fare i conti con la paura e la sofferenza. Più che percepire il dolore altrui è conseguentemente meglio rifugiarsi nelle favole e credere alla “pacchia”, alle vacanze dei migranti o alle facili cospirazioni.
Poco tempo fa mi sono trovato a dibattere in televisione con Diego Fusaro, un filosofo, marxista sulla carta, etnonazionalista reazionario nella vita giornaliera, che mi ha fatto dubitare del valore di un dottorato di ricerca (che dovrebbe avere anche lui): zero dati, zero conoscenza del dibattito internazionale e delle dinamiche socioeconomiche e politiche di altri paesi.
Il tutto era un festival di affermazioni e concetti astratti: signori del mondialismo-deportazioni di massa-imperialismo interventistico.
Non pretendo empirismo scientifico da tutti e nemmeno empatia totale, mi accontenterei di un po di logica e del ritorno della ragione. Se il Fusaro di turno considera i migranti come dei “non cittadini” in relazione ai benefici del welfare, bisogna riappropriarsi del (buon) senso e del linguaggio: questa è già una trasfigurazione dell’uomo-migrante.
Questo è il contesto che genera o legittima la xenofobia.
Il “non” diventa, un soggetto, se non addirittura oggetto, inferiore.
Alla stessa maniera il tono amichevole di alcuni tweet di Salvini (“Buona serata amici. Che fate?”, “Vi tengo aggiornati!”, “buon sabato Amici, vi voglio bene”) stride con le politiche xenofobe proposte in nome di un’entità superiore (gli Italiani del nord fino a qualche tempo fa) e con l’odissea di chi attraversa il mediterraneo.
Un’emoticon con un cuore non ha alcun valore quando si chiude un porto a un minore. All’irrazionalità rispondiamo con i dati e con la riflessione e al pregiudizio etnico con l’etimologia e la semantica, con il senso delle parole e il loro significato.
Chi promuove l’odio o il disprezzo verso il diverso (il “non” cittadino, il “non” bianco, il “non” cristiano, il “non” etero), non è un populista e neanche un sovranista. È semplicemente un razzista.
Non siamo noi a dovercene vergognare.
Basta riflettere offline per qualche minuto per capirlo.
Andrea Mammone
Storico Royal Holloway, University of London
(da “Huffingtonpost”)
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