Gennaio 26th, 2013 Riccardo Fucile
L’INTERROGATORIO DEL FACCENDIERE D’INCA’ LEVIS: “CERAUDO MI DISSE CHE LA POLITICA VOLEVA ANCORA SOLDI E CHE ERANO DESTINATI ALLA SEGRETERIA DI ALEMANNO”
Appalto dei bus sotto inchiesta. Nell’affaire entra anche il sindaco Alemanno.
Interrogato il faccendiere D’Incà Levis che al gip Stefano Aprile ha parlato di una “lobby Rome”, dicendo tra l’altro: “Ceraudo mi disse che la politica voleva ancora soldi e che erano destinati alla segreteria di Alemanno. Non precisò nè io chiesi se la segreteria di Alemanno fosse destinataria di tutto o di parte delle risorse”.
E Ceraudo ha parlato: per cinque ore ha risposto alle domande del pm Paolo Lelo.
Il denaro destinato a Ceraudo per la formazione della tangente – spiega D’Incà Levis, nel frattempo tornato in libertà , è “stato consegnato allo stesso da una persona indicata da un amico: io materialmente ho dato ordine alla banca di consegnare a quest’uomo la somma di 233.360,00 euro in data 16 marzo 2009 e la somma di 312 mila euro in data 24 settembre 2009, somme che Ceraudo mi ha confermato di avere ricevuto.
La terza tranche pari ad euro 204.100,00 è stata da me bonificata in data 17 luglio 2009 su un conto presso Bsi Sa Lugano indicatomi da Ceraudo.
In seguito, nonostante già la stampa si fosse occupata della questione, sotto le pressioni di Ceraudo emisi tramite la società inglese Rail & Traction le altre fatture”.
Replica Alemanno: “Non ho idea di chi sia il signor D’Incà Levis e nè il sottoscritto nè la mia segreteria si sono mai occupati di interferire nelle assegnazioni di appalti di qualsiasi genere, compreso ovviamente quello riguardante l’inchiesta in questione. Escludo nella maniera più categorica che membri della mia segreteria possano essere tra i destinatari di somme in denaro per questo o per qualsiasi altro affare”.
E poi cinque ore di interrogatorio con il pm Paolo Ielo per l’amministratore di Breda Menarini, Roberto Ceraudo, accusato di corruzione e frode fiscale: sarebbe stato lui a pagare una mazzetta all’ormai ex ad di Eur Spa, Riccardo Mancini, per propiziare il subappalto per la fornitura dei filobus del corridoio della mobilità .
Un affare per cui Mancini, vicinissimo ad Alemanno, è indagato e Ceraudo è in carcere da lunedì.
La Breda Menarini è una delle società , del gruppo Finmeccanica, fornitrici dei 45 bus del comune di Roma.
Per la commessa da 20 milioni di euro di bus, mai utilizzati e destinati ad essere utilizzati nel cosiddetto “corridoio della mobilità Laurentina”, nel 2009 sarebbe stata pagata una tangente frutto del meccanismo delle sovrafatturazioni.
E ieri il manager Ceraudo al magistrato che ha chiesto il suo arresto ha spiegato la provenienza dei 200mila euro in contanti che i finanzieri hanno trovato nella cassetta di sicurezza intestata a suo figlio: Ceraudo aveva cercato di nasconderli.
Per gli inquirenti quel denaro in contanti è parte della mazzetta da 600mila euro messa da parte, grazie a un giro di false fatture, per la “lobby Roma”.
Anche perchè le banconote che Ceraudo ha cercato di nascondere alla Fiamme Gialle sono tutte in sequenza: soldi provenienti dalla svizzera con cui il manager ha pagato se stesso e Mancini.
Maria Elena Vincenzi
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 26th, 2013 Riccardo Fucile
L’INCUBO DELLE FUGHE VERSO IL CENTRO IN CASO DI SCONFITTA ELETTORALE
Puntare all’elettorato berlusconiano prima del voto, ma soprattutto «gettare scompiglio»
in un Pdl che già dall’indomani rischia di deflagrare sotto il peso e la prospettiva dei cinque anni di opposizione.
Mario Monti lavora fin d’ora alla costruzione di un ponte coi moderati di quel partito, destinato a tornare utile dal 26 febbraio.
È l’incubo segreto, e confessato a pochi, del Cavaliere, a capo di un partito ormai sempre più sulla scia della Dc del ’92: «Il Professore vuole scardinarci, provocare la scissione». Certo è che nel Popolo della libertà – dietro gli entusiasmi da «rincorsa miracolosa» che sprizzavano ieri dalla kermesse al Teatro Capranica – è già incubo da flop elettorale.
La rincorsa è partita, «ma se andiamo bene raggiungiamo il 21-22 per cento», raccontava disilluso più di un dirigente, mentre Silvio Berlusconi arringava i suoi per oltre 90 minuti. E a quel punto, il dopo voto aprirà scenari inediti.
Proprio quelli ai quali il presidente del Consiglio sta già lavorando.
«Rischiamo di restare schiacciati a sinistra, la gente ha fiducia in noi ma teme l’inciucio» va ripetendo da giorni Mario Monti.
Tuttavia, non risponde solo a logiche da strategia elettorale l’apertura a sorpresa di ieri a un fronte di centrodestra “deberlusconizzato”.
Certo, glielo hanno quasi imposto gli uomini dello staff che lo sta affiancando in questa campagna.
Lo stesso David Axelrod – il guru di Obama che lo ha raggiunto a Palazzo Chigi nei giorni scorsi per avviare il rapporto di collaborazione – gli ha suggerito di iniziare ad «aggredire» destra e sinistra alla stessa maniera.
Senza bisogno degli esperti della Casa Bianca, lo stesso eurodeputato Mario Mauro, prendendo la parola in uno degli incontri a porte chiuse della scorsa settimana, lo ha intimato al gruppo ristretto: «Dobbiamo aprire a destra. E deve farlo personalmente Monti. Se vogliamo puntare al 25 per cento, a sfondare al centro e a non apparire come la stampella di Bersani, è inevitabile».
A ringalluzzire il Professore, l’ultimo sondaggio riservato planato sulla sua scrivania, che darebbe la “Scelta civica” vicina al 18, ma con ampi margini di crescita: un terzo dei 7-8 milioni di indecisi – la gran parte delusi dal centrodestra – sarebbe disponibile ad un’apertura di credito nei suoi confronti.
Nasce da quei numeri l’ambizione più ardita di Mario Monti, quella cioè di un inatteso sorpasso sul Pdl berlusconiano.
Sarebbe la sua suprema «vendetta».
Ma ipotesi ardita per davvero, dato che Udc e Fli non sembrano decollare.
E allora ecco che si apre il secondo scenario. Quello di un dopo voto in cui comunque Bersani si affermerebbe sì alla Camera, ma non al Senato. Con conseguente accordo dei democrat con il centro di Monti per dar vita all’esecutivo.
Ecco, a quell’appuntamento l’attuale premier conta di presentarsi però con truppe ben più consistenti rispetto a quelle che potranno garantirgli le “liste per Monti”.
Lui, come Montezemolo, Casini e Fini scommettono fin d’ora sull’esplosione dell’esercito berlusconiano nel day after.
Un Pdl che non raggiungerà l’agognata soglia del 25 rischia di essere fuori da tutti i giochi.
Guidato per di più da un leader che a settembre compirà 77 anni e a fine legislatura 82. Un’intera classe dirigente, quella più rampante di quarantacinquantenni, con difficoltà accetterebbe di inabissarsi per un lustro col suo leader.
A dicembre, moderati come Sacconi, Lupi, Augello e tanti altri sono sembrati sul punto di stringere un patto con Monti all’insegna del Ppe.
Poi, tutti – con l’eccezione di Frattini e Mauro – sono tornati nel recinto berlusconiano. Il Professore ha munizioni in canna per conquistare ancora quell’ala moderata.
Governo e maggioranza vorrebbero dire poltrone anche di peso, dai sottosegretariati alle presidenze di commissione, da garantire.
Fughe e scissioni potrebbero essere facilitate.
Uno scenario che quegli stessi moderati in questo momento scongiurano, leali al Cavaliere. «L’apertura di Monti è tardiva e ingiustificata, anche un po’ cinica – ragiona Gaetano Quagliariello – Pensi piuttosto a prendere voti, se riuscirà a farlo, e non avanzi proposte irricevibili».
Nella squadra del Professore contano già i giorni.
Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica“)
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Gennaio 26th, 2013 Riccardo Fucile
LISTE PULITE E LISTE CANDEGGIATE: BOCCHINO CAPOLISTA IN CAMPANIA PRESENTA LA LISTA FLI CON UN CONDANNATO, GIA’ FATTO DECADERE PER QUESTO MOTIVO DAL CONSIGLIO REGIONALE
Presentati a Napoli i candidati del collegio Campania 1 di Futuro e Libertà per l’Italia alla presenza del vicepresidente nazionale Italo Bocchino.
“ Siamo tutti candidati napoletani — spiega il politico — e puntiamo ad un ottimo risultato. Sfrutteremo la crisi del Pdl, partito imploso sulle due questioni che noi per primi abbiamo sollevato: rapporto con la Lega e caso Cosentino”.
Liste pulite?
Non proprio dato che nella compagine di aspiranti parlamentari c’è anche Pietro Diodato, condannato per il reato di turbativa elettorale a un anno e 6 mesi con sospensione condizionale della pena.
“Il mio caso è stato vagliato — spiega il protagonista — da un tagliatore di teste come Enrico Bondi”.
Diodato era stato eletto in consiglio regionale nel 2010, ma poi era stato dichiarato decaduto dall’Assemblea regionale in virtù di quella condanna.
“Sono stato vittima di un complotto degli uomini di Cosentino”, accusa.
Ma c’è anche un altro caso che scuote la formazione guidata da Gianfranco Fini: l’esclusione dalle liste della deputata calabrese Angela Napoli, sotto scorta per le minacce della ‘ndrangheta a causa del suo impegno antimafia.
“ Non è colpa mia — si giustifica Bocchino — Monti ha imposto il massimo di 3 legislature e Angela Napoli ne ha fatte di più”.
Peccato che lo stesso Bocchino ne abbia fatte 4, per non parlare di Fini che all’attivo ne ha addirittura otto
Nello Trocchia
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 26th, 2013 Riccardo Fucile
LA STRATEGIA DEL PREMIER: PRENDERE LE DISTANZE DALLE DUE COALIZIONI RIVALI… “IO IN POLITICA NON PER ANDARE AL GOVERNO MA PER ESSERE UTILE AL PAESE”
“Solo i centristi possono garantire un futuro di riforme al Paese”. Mario Monti torna oggi
ad attaccare sia la coalzione di centrodestra che quella di centrosinistra presentandosi come l’unico in grado di introdurre le novità di chi a suo avviso l’Italia ha un disperato bisogno.
Una certezza, dice il Professore, che lo ha convinto ad impegnarsi in politica, malgrado la sua ritrosia.
“Perchè mi sono convinto violando tutte le mie convinzioni precedenti, che fosse mio dovere cercare di muovere uno sforzo come questo?”, si chiede il presidente del Cosiglio.
“Perchè – spiega – ho visto i due grandi partiti che componevano la maggioranza, con quello più centrale, muoversi in direzioni già viste in passato”.
“Ho visto il Pdl ricomporre un polo di destra con la Lega – sottolinea Monti – il Pd ricomporre un polo con l’estrema sinistra e nessuno dei due poli così ricostituiti dà la garanzia di volere o di riuscire ad andare avanti con le riforme che servono per scrostare dall’Italia gli interessi corportivi e la mentalità per cui nessuno rappresenta i nostri interessi ci rifugiamo negli interessi particolari e difendiamo con i pugnali gli interessi della nostra categoria”.
“Siamo elettoralmente avversari della sinistra, a maggior ragione della sinistra di Vendola, e ci preoccupa l’influenza della Cgil su Bersani”, avverte il Professore riaccendendo lo scontro con i leader di Pd e Sel, che sembra però chiudere anche a possibili intese con Berlusconi.
L’apertura fatta ieri, precisa, “non è un disegno di alleanza con il Pdl”.
Anche perchè “non vorremmo partecipare a nessun governo della Repubblica italiana che non avesse una forta impronta riformista o nel quale fossero presenti o influenti forze con intonazione populista o antieuropea”.
Poi, un po’ paradossalmente, Monti aggiunge che “non siamo entrati (in politica, ndr) per andare al governo, sto facendo la cosa che più di altre allontana un mio futuro coinvolgimento nella vita pubblica, ma coglie l’unica possibilità utile per il Paese”. “Sarebbe un’usanza da vecchia politica – aggiunge – dichiarare adesso le alleanze. Il nostro obiettivo è raccogliere i voti. Noi abbiamo una vocazione maggioritaria”.
Sulla vicenda Mps, il premier, dopo lo scambio infuocato di accuse con il Pd, oggi rettifica in parte il tiro.
“Ho detto che le commistioni tra banche e politica sono molto pericolose sia in Italia che altrove – puntualizza – e che il Pd ha sempre avuto molta influenza su Siena e sulla fondazione, non facendo però alcuna considerazione specifica”.
Poi torna a duellare con il Pdl.
“Il mio orgoglio professionale e umano – dice – è ferito quando chi quattordici mesi fa mi ha lasciato il posto dice che l’economia andava bene e ora si è creato un disastro”. “Vengo un pochino provocato da chi 14 mesi fa non riusciva più a gestire la situazione – prosegue Monti – e ora dice che l’economia andava bene e che io ho rovinato tutto”.
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 26th, 2013 Riccardo Fucile
PIU’ DELLA META’ DEI FONDI DESTINATI RESTANNO INTATTI PER MANCANZA DI PROGETTI PADANI
La buona notizia è che la Lombardia, rispetto alle altre regioni italiane, è una di quelle che ne ha spesi di più.
Ma la cattiva è che, arrivati all’ultimo anno di programmazione dei fondi europei (2007-2013), degli oltre 1,3 miliardi di euro a disposizione ne sono stati spesi, finora, poco meno della metà .
Sarà una corsa contro il tempo riuscire a portare a termine le migliaia di progetti messi in cantiere, anche se per farlo l’Unione Europea mette a disposizione tutto il 2014 e il 2015; ma c’è un’altra sfida che la macchina regionale e la futura nuova amministrazione hanno davanti, e qui i tempi sono davvero strettissimi: entro giugno si dovrà convincere l’Europa a rifinanziare con gli stessi soldi (o magari di più) la programmazione 2014-2020.
Dice a microfoni spenti uno degli alti funzionari della Regione che proprio dei fondi europei si occupa: «I soldi veri, ormai, arrivano solo da Bruxelles»: già , perchè mentre lo Stato tende a tagliare ovunque possa, di spending review in spending review, i finanziamenti europei sono lì, già stanziati, che aspettano solo di essere spesi.
E magari bene.
Sono di due tipi: l’Fse, per prevenire e combattere la disoccupazione e sviluppare risorse umane e integrazione sociale nel mercato del lavoro, e il Fesr, per promuovere la coesione economica e sociale correggendo i principali squilibri regionali nell’Ue.
In Lombardia 798 milioni sono stati stanziati per il primo fondo e 532 per il secondo.
Per il Fse – seguito a livello governativo dai tecnici del ministero del Lavoro – si sono spesi ad oggi 411,6 milioni.
Ha dato una mano l’accordo nazionale nel 2009, quando la crisi cominciò a farsi sentire: parte dei soldi andò a finanziare la cassa integrazione.
Utilizzata, cioè, in stato di emergenza. Per questo motivo, se si scorre la lista dei beneficiari dal 2010 in poi, quasi tutti hanno tra le varie voci, ben nutrita, la «dote ammortizzatori sociali»: i percorsi formativi, di specializzazione e sperimentali hanno così lasciato il posto alle misure di sostegno.
Ma, nonostante questo, un quarto dei quasi 800 milioni deve essere ancora impegnato entro la fine dell’anno.
Del poco più di mezzo miliardo di euro del Fesr, invece, sono state certificate spese per 230 milioni (il 43 per cento) ma ad essere vincolati in progetti approvati dagli uffici regionali ce ne sono 496.
Quasi tutti, insomma.
Le voci del fondo sono cinque: innovazione, energia, mobilità sostenibile, tutela del patrimonio ambientale e assistenza tecnica (questa voce si riferisce agli strumenti affidati alla Regione per rendere operativo il fondo: soldi, cioè, spesi per riuscire a spendere i soldi).
I ritardi maggiori sono proprio sulla mobilità sostenibile, a favore della quale erano stati stanziati 139 milioni: solo il 3,7 per cento della somma (5,15 milioni) è stata pagata. «Tutte le attività previste risultano attivate – spiega un documento del ministero dello Sviluppo economico, che segue i fondi Fesr – anche se è basso il livello di attuazione principalmente a causa di criticità tipiche delle misure infrastrutturali».
Ma perchè è così difficile spendere i soldi che vengono dall’Europa?
I motivi sono principalmente due: primo, «la complessità delle procedure burocratiche necessarie per mettere in piedi i progetti» spiega Luigi Reggi, uno degli economisti più esperti del settore; e poi, anche se sembra un controsenso, l’arrivo della crisi: «Quando si pensarono le linee guida operative le imprese potevano permettersi di investire in innovazione – dice Giorgio Martini, dirigente del ministero dello Sviluppo e responsabile dei programmi comunitari per le Regioni del centronord – ora invece le aziende non ricevono più dalle banche il credito necessario per accedere ai fondi, che finanziano solo una parte delle spese».
Altra nota dolente: chi controllerà l’efficacia della spesa, terminato il ciclo 2007-2013?
«La regione non ha gli strumenti per valutare se gli interventi finanziati serviranno oppure no – evidenzia Fulvia Colombini, esperta della Cgil – insomma non basta spendere, serve saper spendere».
Matteo Pucciarelli
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Gennaio 26th, 2013 Riccardo Fucile
MARONI AVEVA GIURATO: “NESSUN SARA’ RIPRESENTATO, MAI PIU’ INDAGATI DA NOI”… IL GIULLARE DELLE RAMAZZE ORA DICE: “CRITERI DI MERITO, NON SI PUO’ PUNIRE PER UN AVVISO DI GARANZIA”….E C’E’ PURE CIOCCA, FOTOGRAFATO CON UN BOSS DELLA ‘NDRANGHETA
Mentre persino il Pdl di Silvio Berlusconi pulisce parzialmente le liste elettorali, la Lega
nord fa una scelta decisamente controcorrente.
Dei venti consiglieri uscenti in Regione Lombardia ne ripresenta solo sette, ma ben cinque di questi sono indagati.
L’elenco dei candidati alle elezioni di febbraio, indette dopo la caduta della giunta Formigoni, è stato depositato oggi.
“Come abbiamo fatto per le liste nazionali, anche per quanto riguarda per Regione Lombardia queste sono state dettate da criteri di merito e opportunità , con un processo si selezione dal basso”, ha spiegato il segretario federale Roberto Maroni.
Roba da scompisciarsi dalle risate.
E gli indagati?
Secondo Maroni “non è giusto punirli solo sulla base di un semplice avviso di garanzia”.
Ma come, se fino a ieri era l’addetto alle pulizie, con la ramazza in mano e aveva giurato che nessun indagato sarebbe stato piu’ ripresentato.
Il riferimento è appunto ai cinque riconfermati, attualmente indagati dalla Procura della Repubblica di Milano nell’inchiesta sui rimborsi spese dei gruppi consiliari. Un’inchiesta che ha coinvolto quasi per intero l’ex maggioranza di centrodestra.
Si tratta di Dario Bianchi (Como), Giulio De Capitani (Lecco), Fabrizio Cecchetti (Milano), Angelo Ciocca (Pavia) e Ugo Parolo (Sondrio).
Il pavese Ciocca era finito al centro delle polemiche per una foto che lo ritraeva con il presunto padrino della ‘ndrangheta lombarda Pino Neri, recentemente condannato in primo grado al maxiprocesso Criminine-Infinito.
Per quella vicenda Ciocca non è stato indagato e si è sempre difeso affermando di aver incontrato Neri per caso, per una compravendita immobiliare, senza sapere nulla dei suoi legami con la criminalità .
I due consiglieri leghiti confermati e non indagati sono Iari Colla di Milano e Massimiliano Romeo di Monza.
In lista anche due parlamentari uscenti: Pietro Foroni, presidente della Provincia di Lodi,e Laura Molteni.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 26th, 2013 Riccardo Fucile
UN ELENCO DI 500 SOTTOSCRITTORI DEL PARTITO DI STORACE A LODI RISULTA FIRMATO DA UN GIUDICE DI PACE CHE IN REALTA’ NON L’HA MAI FIRMATO…SEQUESTRATI TIMBRI DI COMUNI E TRIBUNALI
Un’indagine della Procura di Lodi ha portato alla scoperta di una rete specializzata nel fornire firme false ai movimenti politici intenzionati a presentarsi alle elezioni regionali e politiche.
In diversi appartamenti e in uno studio legale di Milano sono stati trovati 83 timbri con i nomi di giudici di pace di diverse regioni (Lombardia, Liguria, Piemonte, Molise e Lazio), timbri dei Comuni di Monza e Pavia e del tribunale di Milano, elenchi di firme e moduli in bianco.
Tutto materiale necessario per produrre la documentazione richiesta per presentare le liste.
L’indagine è partita dalla scoperta, il 22 gennaio a Lodi, di un elenco di 500 sottoscrittori di La Destra, per il collegio Camera 3 e per le regionali della Lombardia, controfirmato da un giudice di pace che in realtà non lo aveva mai neppure visto.
Per questo la lista di la Destra è al momento esclusa dalla corsa elettorale nella circoscrizione che comprende le province di Mantova, Lodi, Pavia e Cremona.
“Pensiamo di aver scoperto una ‘cartiera’ che, analogamente a quell che realizzano fatture false per le aziende, in questo caso sembra realizzasse falsi elenchi di sottoscrittori per le liste elettorali”, ha spiegato il procuratore di Lodi Vincenzo Russo, secondo quanto riporta il giornale locale “Il Cittadino”.
Nell’inchiesta sono emersi anche i nomi della “Lega lombardo-veneta” e del “Movimento Italia Giusta“.
Richieste di chiarimento arrivate, tra gli altri, dal Pd: “Presenteremo immediatamente un’interrogazione parlamentare al ministro Cancellieri per fare luce sull’intera vicenda”, ha annunciato la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, capolista in Lazio 2.
“Certamente, apprendere questa notizia proprio nel giorno in cui vengono depositate le liste per il Lazio, getta ombra sulla regolarità delle liste che fanno capo a Francesco Storace”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 26th, 2013 Riccardo Fucile
UN EX MANAGER ARRESTATO: “TANGENTE RIFERIBILE ALLO STAFF DEL SINDACO”…ALEMANNO SE NE TIRA FUORI: “DA ESCLUDERE”
Scuote i piani alti del Campidoglio l’inchiesta del pm romano Paolo Ielo su una commessa
da 20 milioni di euro del 2009 per l’acquisto di 45 bus da parte di Roma Metropolitane, società del Comune di Roma.
Appalto che sarebbe stato subordinato, secondo la procura, ad una maxi tangente da 600mila euro realizzato tramite il meccanismo delle sovraffatturazioni.
I mezzi, mai entrati in circolazione, sono destinati al corridoio della mobilità Laurentina.
I soldi di una tangente erano “destinati alla segreteria di Alemanno” ha detto un manager (arrestato e ora di nuovo libero) durante un interrogatorio.
“Ceraudo fece riferimento alla ‘segreteria di Alemanno’ come destinataria delle risorse finanziarie. Non precisò nè io chiesi se la segreteria di Alemanno fosse destinataria di tutto o di parte delle risorse” ha affermato nel corso dell’interrogatorio davanti al gip Stefano Aprile, l’8 gennaio scorso, Edoardo D’Incà Levis, imprenditore di 59 anni, originario di Verona ma residente a Praga, indagato nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma sugli appalti per una commessa di 20 milioni di euro per la fornitura di 45 bus destinati al Comune di Roma.
Il sindaco Gianni Alemanno se ne tira fuori: “Escludo nella maniera più categorica che membri della mia segreteria possano essere tra i destinatari di somme in denaro per questo o per qualsiasi altro affare. Non ho idea di chi sia il signor D’Incà Levis e nè il sottoscritto nè la mia segreteria si sono mai occupati di interferire nelle assegnazioni di appalti di qualsiasi genere, compreso ovviamente quello riguardante l’inchiesta in questione”.
Ma la polemica politica esplode.
L’inchiesta ha portato all’arresto di Roberto Ceraudo, l’ex amministratore della Breda Menarinibus e alle dimissioni dell’ex amministratore dell’Ente Eur, Riccardo Mancini. “Ceraudo mi disse — dice nel corso dell’interrogatorio D’Incà Levis — che la politica voleva ancora soldi; io, stupito, gli chiesi se era De Santis ed egli disse no, la politica, senza aggiungere nomi o sigle”.
“Gli accordi preliminari non scritti con Ceraudo — dice l’imprenditore al gip — erano nel senso che il compenso di tutto il lavoro da me svolto per la fornitura dei 45 filobus ammontava all’1% della fornitura di competenza della Breda Menarini. Poco dopo, sempre nel 2008, Ceraudo mi manifestò la necessita’ di ‘aiutare’ la commessa nel senso che andavano reperite risorse per un milione 200mila euro da destinare a persone della De Santis Costruzioni in grado di influire sull’assegnazione dell’appalto”.
Ed oggi Ceraudo è stato interrogato dal pm Ielo per cinque ore a Regina Coeli.
L’atto istruttorio si è tenuto a due giorni di distanza dall’interrogatorio di garanzia, avvenuto a Napoli, durante il quale il manager si era avvalso della facoltà di non rispondere.
Oggi Ceraudo, invece, ha risposto, ma sull’esito c’è grande riserbo.
Lo stesso Mancini, all’indomani delle dimissioni dalla carica più alta dell’Ente Eur ha parlato oggi della sua gestione e ribadito la piena “fiducia nell’operato della magistratura”.
“L’anno 2009 — ha aggiunto — è stato chiuso con una perdita di 12,6 mln di euro; il bilancio dell’anno 2010, di mia piena competenza, è stato chiuso con un utile netto di 8,2 mln di euro; il bilancio dell’anno 2011 riportava un utile netto di 9,4 mln di euro mentre il bilancio del 2012 chiude con un utile previsto che sfiora i 10 mln di euro, con un incremento continuo dei ricavi e soprattutto del Margine Operativo Lordo”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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