LA PAURA DI BERLUSCONI PER IL DOPO-VOTO
L’INCUBO DELLE FUGHE VERSO IL CENTRO IN CASO DI SCONFITTA ELETTORALE
Puntare all’elettorato berlusconiano prima del voto, ma soprattutto «gettare scompiglio» in un Pdl che già dall’indomani rischia di deflagrare sotto il peso e la prospettiva dei cinque anni di opposizione.
Mario Monti lavora fin d’ora alla costruzione di un ponte coi moderati di quel partito, destinato a tornare utile dal 26 febbraio.
È l’incubo segreto, e confessato a pochi, del Cavaliere, a capo di un partito ormai sempre più sulla scia della Dc del ’92: «Il Professore vuole scardinarci, provocare la scissione». Certo è che nel Popolo della libertà – dietro gli entusiasmi da «rincorsa miracolosa» che sprizzavano ieri dalla kermesse al Teatro Capranica – è già incubo da flop elettorale.
La rincorsa è partita, «ma se andiamo bene raggiungiamo il 21-22 per cento», raccontava disilluso più di un dirigente, mentre Silvio Berlusconi arringava i suoi per oltre 90 minuti. E a quel punto, il dopo voto aprirà scenari inediti.
Proprio quelli ai quali il presidente del Consiglio sta già lavorando.
«Rischiamo di restare schiacciati a sinistra, la gente ha fiducia in noi ma teme l’inciucio» va ripetendo da giorni Mario Monti.
Tuttavia, non risponde solo a logiche da strategia elettorale l’apertura a sorpresa di ieri a un fronte di centrodestra “deberlusconizzato”.
Certo, glielo hanno quasi imposto gli uomini dello staff che lo sta affiancando in questa campagna.
Lo stesso David Axelrod – il guru di Obama che lo ha raggiunto a Palazzo Chigi nei giorni scorsi per avviare il rapporto di collaborazione – gli ha suggerito di iniziare ad «aggredire» destra e sinistra alla stessa maniera.
Senza bisogno degli esperti della Casa Bianca, lo stesso eurodeputato Mario Mauro, prendendo la parola in uno degli incontri a porte chiuse della scorsa settimana, lo ha intimato al gruppo ristretto: «Dobbiamo aprire a destra. E deve farlo personalmente Monti. Se vogliamo puntare al 25 per cento, a sfondare al centro e a non apparire come la stampella di Bersani, è inevitabile».
A ringalluzzire il Professore, l’ultimo sondaggio riservato planato sulla sua scrivania, che darebbe la “Scelta civica” vicina al 18, ma con ampi margini di crescita: un terzo dei 7-8 milioni di indecisi – la gran parte delusi dal centrodestra – sarebbe disponibile ad un’apertura di credito nei suoi confronti.
Nasce da quei numeri l’ambizione più ardita di Mario Monti, quella cioè di un inatteso sorpasso sul Pdl berlusconiano.
Sarebbe la sua suprema «vendetta».
Ma ipotesi ardita per davvero, dato che Udc e Fli non sembrano decollare.
E allora ecco che si apre il secondo scenario. Quello di un dopo voto in cui comunque Bersani si affermerebbe sì alla Camera, ma non al Senato. Con conseguente accordo dei democrat con il centro di Monti per dar vita all’esecutivo.
Ecco, a quell’appuntamento l’attuale premier conta di presentarsi però con truppe ben più consistenti rispetto a quelle che potranno garantirgli le “liste per Monti”.
Lui, come Montezemolo, Casini e Fini scommettono fin d’ora sull’esplosione dell’esercito berlusconiano nel day after.
Un Pdl che non raggiungerà l’agognata soglia del 25 rischia di essere fuori da tutti i giochi.
Guidato per di più da un leader che a settembre compirà 77 anni e a fine legislatura 82. Un’intera classe dirigente, quella più rampante di quarantacinquantenni, con difficoltà accetterebbe di inabissarsi per un lustro col suo leader.
A dicembre, moderati come Sacconi, Lupi, Augello e tanti altri sono sembrati sul punto di stringere un patto con Monti all’insegna del Ppe.
Poi, tutti – con l’eccezione di Frattini e Mauro – sono tornati nel recinto berlusconiano. Il Professore ha munizioni in canna per conquistare ancora quell’ala moderata.
Governo e maggioranza vorrebbero dire poltrone anche di peso, dai sottosegretariati alle presidenze di commissione, da garantire.
Fughe e scissioni potrebbero essere facilitate.
Uno scenario che quegli stessi moderati in questo momento scongiurano, leali al Cavaliere. «L’apertura di Monti è tardiva e ingiustificata, anche un po’ cinica – ragiona Gaetano Quagliariello – Pensi piuttosto a prendere voti, se riuscirà a farlo, e non avanzi proposte irricevibili».
Nella squadra del Professore contano già i giorni.
Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica“)
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