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“IL NASTRO NON CONTIENE AFFATTO QUELLO CHE I BERLUSCONIANI VORREBBERO”: DAL “MATTINO” SECCHIATA D’ACQUA GELIDA SUGLI ASPIRANTI BOIA DI ESPOSITO

Agosto 12th, 2013 Riccardo Fucile

I BERLUSCONES VOGLIONO PROCESSARE ESPOSITO, VOGLIONO IL NASTRO COMPLETO DELL’INTERVISTA MA RISCHIANO DI SFRACELLARSI…DAL MATTINO: “E’ STATA MONTATA UNA CANIZZA INUTILE, NON CI PRESTIAMO AI GIOCHI DI NESSUNO”

“Processare” subito Antonio Esposito al Csm. Già  dalla prossima settimana. Anticipare l’anticipazione.
Alla pattuglia dei berlusconiani — Zanon, Palumbo, Romano — cui si associa anche il leghista Albertoni, non basta la già  anticipata data del 5 settembre. I tempi stringono, bisogna colpire immediatamente il giudice che ha presieduto il collegio del processo Mediaset in Cassazione e che ha condannato l’ex premier a 4 anni per frode fiscale. Per questo i quattro vogliono che la prima commissione, incaricata dei trasferimenti d’ufficio, cominci a lavorare al più presto.
Addirittura prima di Ferragosto. La richiesta è già  stata rivolta, se pur in maniera informale, ad Annibale Marini, il quinto laico del centrodestra al vertice della commissione, che non sembra però “in sintonia” con gli altri quattro.
Al momento, dal suo rifugio in montagna, Marini è tassativo: «Su una questione così delicata io rispondo solo a richieste formali e mi adeguo in presenza di una volontà  collegiale della commissione».
L’obiettivo dichiarato dei laici più oltranzisti — il costituzionalista Nicolò Zanon, che fa parte anche del gruppo dei 40 saggi chiamati a riscrivere la Carta, gli avvocati Filiberto Palumbo, Bartolomeo Romano, tutti per il Pdl, ed Ettore Adalberto Albertoni in quota Lega — è quello di acquisire al più presto il nastro dell’intervista di Esposito al Mattino, pubblicata nel numero del 6 agosto.
Lì sono convinti di trovare la “prova” non solo per chiedere il trasferimento di Esposito dalla Cassazione in altro ufficio, ma soprattutto per mettere in crisi il processo Mediaset magari prima delle motivazioni.
Dice ancora Marini, che è stato presidente della Consulta, dov’era entrato in quota An: «Fino a questo momento io non ho chiesto alcun documento relativo al caso Esposito, come questa cassetta, nè avrei potuto farlo perchè si tratta di un atto istruttorio che può essere compiuto solo dopo che la commissione ha cominciato il suo lavoro, mentre prima qualsiasi passo è impossibile».
Ma l’occasione di ascoltare il nastro è troppo ghiotta e a questo punto i berlusconiani del Csm non stanno più nella pelle.
Sono convinti che lì, in quei 34 minuti di conversazione, ci siano elementi sufficienti per “salvare” Berlusconi dalla condanna e quindi per garantirgli anche la sua sopravvivenza parlamentare.
Nella vita di questo Csm, giunto agli ultimi 12 mesi del suo mandato, il caso Mediaset rischia davvero di arroventare il clima.
Il Pdl è deciso a fare la voce grossa, Marini è prudente e pretende la collegialità .
Il prossimo passo formale sarà  un’espressa richiesta al vice presidente Michele Vietti perchè trasmetta a Marini la richiesta.
Ma il Pdl cosa si aspetta di trovare nella cassetta del Mattino?
Piccanti rivelazioni di Esposito sul processo o peggio sue considerazioni più che osè su Berlusconi?
La cassetta — 34 minuti registrati dal giornalista Antonio Manzo, il giorno dell’intervista con il suo amico Esposito — per ora è solo nelle mani del direttore Alessandro Barbano, salito al vertice del quotidiano a dicembre 2012 dalla vice direzione del Messaggero.
Ancora nessuno ha chiesto il nastro. Dal Csm non è partito nulla. Ma neppure la procura generale della Cassazione, nè tantomeno gli ispettori di via Arenula, si sono mossi.
Per certo la cassetta può costituire un elemento importante di prova per agire contro Esposito.
Ma essa — dicono al Mattino — non contiene affatto quello che i berlusconiani vorrebbero. Esposito non pronuncia frasi in libertà  contro Berlusconi.
«Su questa registrazione si sta montando una “canizza” inutile» dice chi l’ha ascoltato. In stretto napoletano e senza che Esposito ne fosse al corrente, essa prova soltanto — spiegano al Mattino — che il magistrato era perfettamente consapevole di star rilasciando un’intervista e ugualmente sapeva che l’intervista riguardava il processo Mediaset.
Al Mattino la cassetta è stata sentita e risentita molte volte, ne sono stati chiariti punti oscuri, proprio per via del dialetto.
Tra questi uno riguarda il famoso passaggio del “non poteva non sapere”, nel quale Esposito direbbe una frase del tipo «potremo dire che…».
Alla domanda se la cassetta sarà  consegnata in caso di richiesta ufficiale la risposta per ora è la seguente: «Vedremo. Noi abbiamo fatto uno scoop e basta, non facciamo il gioco di nessuno. Vedremo da chi verrà  la richiesta ufficiale e valuteremo».
Ma per quello che si può capire l’affanno improvviso dei berlusconiani dietro il nastro è mal riposto.
Di certo non sarà  quello a mettere nel nulla il processo Mediaset.

Liana Milella
(da “La Repubblica”)

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SILVIO GRIDA AL RICATTO: “VOGLIONO IL PASSO INDIETRO, MA SENZA DI ME NON C’E’ PIU’ LA MAGGIORANZA”

Agosto 12th, 2013 Riccardo Fucile

IL PREMIER E I MINISTRI PD: “NON ESISTE UNA SOLUZIONE POLITICA PER LA CONDANNA”

Sotto «ricatto». Silvio Berlusconi avverte in queste ore di essere finito all’angolo, sotto scopa, in una condizione di estrema debolezza politica, figlia della condanna definitiva.
Perfino sotto «ricatto», appunto, come ormai vanno ripetendo nell’entourage del Cavaliere dopo la sortita da Baku del premier.
Enrico Letta lascia intendere che la responsabilità  di una crisi e il pagamento della doppia rata Imu ricadrebbe per intero su di loro, se il Pdl pensasse davvero di rovesciare il tavolo.
E su Letta e sul governo, la nascitura Forza Italia fa scendere il gelo.
Berlusconi annulla lo spostamento previsto ieri a Villa Campari, a Lesa, sulla sponda piemontese del lago Maggiore.
Le frasi del presidente del Consiglio hanno contribuito a rendere ancora più amara una giornata già  nera trascorsa ancora ad Arcore, stando a chi lo ha sentito.
«Nel Pd ormai c’è la corsa a chi la spara più grossa per metterci in difficoltà  – è stato il ragionamento a caldo del leader – ma Enrico ricordi che è lì anche coi nostri voti». A fargli perdere la pazienza è la percezione crescente che una via d’uscita immediata per lui non c’è.
Il Colle si è trincerato dietro un «riflessivo» silenzio, comunque per nulla intenzionato a forzare le regole pur di salvarlo.
Gianni Letta con molta probabilità  cercherà  di incontrare per gli auguri il presidente Napolitano nel suo ritiro a Castel Porziano, forse anche prima di Ferragosto, ma a ieri non si aveva conferma di un incontro in agenda.
Difficile che un responso dal Quirinale comunque maturi a breve, come sognano i falchi pidiellini.
«Continuano propormi di lasciare il seggio e di accettare la condanna – ripete un Berlusconi sempre più irritato – con la prospettiva di un salvataggio a patto che inizi a scontare la pena. Ma non accetterò mai. E soprattutto dimenticano che il problema sarà  pure mio, ma rischiano di trovarsi senza rappresentanza dieci milioni di italiani e senza leader un partito che sostiene il governo ».
Il messaggio è chiaro: se cado io, resta acefala Forza Italia e viene meno il patto che regge l’esecutivo.
Il clima è quello che è, se un senatore che ha un filo diretto col capo, come Augusto Minzolini, si lascia andare senza peli sulla lingua: «Come previsto, Letta ricatta, senza governo si paga l’Imu. Rinvierà  a dicembre, allungherà  il ricatto».
Per chiudere la finestra elettorale, sottinteso.
Ma sono giorni in cui ormai nel partito non c’è più distinzione tra colombe alla Cicchitto e falchi alla Santanchè, tutti avvertono Letta a stare «attento a non andare a sbattere »
Quel che è certo è che premier e ministri Pd non hanno alcuna intenzione di togliere le castagne dal fuoco a Berlusconi. L’uno e gli altri considerano impraticabile qualsiasi soluzione politica per garantire una exit strategy al leader condannato. Il ministro per i rapporti col Parlamento, Dario Franceschini, lo ripete da giorni a suoi colleghi di partito: «Ci mancherebbe altro, per quanto ci riguarda, non imboccheremo mai quella strada».
Il presidente del Consiglio Letta, nei colloqui avuti a margine della visita di ieri a Baku non è da meno: «Di queste cose io non intendo occuparmi, se lo facessi poi dovrei rimanere in Azerbaigian».
Che poi è il concetto che, pur con toni più diplomatici, ha ribadito in conferenza stampa («Pensiamo al Paese»). Nelle ultime 24 ore è circolata voce che lo staff legale del leader forzista sia al lavoro sulla richiesta di grazia.
«Non è affatto vero» smentisce in serata l’avvocato Niccolò Ghedini. Per concederla, legge alla mano, occorrerebbe che la condanna fosse comminata integralmente, mentre deve essere ancora rideterminata in appello l’interdizione.
E il condannato dovrebbe aver iniziato a scontare la pena, ma per Berlusconi domiciliari o servizi sociali scatteranno solo dopo dal 15 ottobre e lui non intende accettare nè gli uni nè gli altri.
Mancherebbero perfino i presupposti, ma il Cavaliere pretende un salvataggio qualunque sia.
Un quadro assai complicato, in cui ai vertici berlusconiani iniziano a saltare i nervi. Stato d’animo diametralmente opposto nella segreteria Epifani e nella squadra democratica di governo.
«Loro non hanno via d’uscita, mentre noi, due o tre carte da giocare le abbiamo, anche se si precipitasse verso elezioni anticipate», ragionano tra Palazzo Chigi e Largo del Nazareno.
Letta potrebbe prendere atto dello stallo e staccare lui la spina e ricandidarsi in autunno, se la situazione precipitasse.
Ma il Pd potrebbe anche puntare su Matteo Renzi.
In ogni caso, Forza Italia in questo momento sarebbe senza leader eleggibile, senza un candidato premier, all’angolo, appunto.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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“IL CAVALIERE NON SI PUO’ CANDIDARE, LA LEGGE SEVERINO HA CAMBIATO TUTTO”: INTERVISTA AL COSTITUZIONALISTA CECCANTI, RELATORE DELLA NORMA

Agosto 12th, 2013 Riccardo Fucile

LA DECISIONE SPETTA AI MAGISTRATI DELL’UFFICIO ELETTORALE CIRCOSCRIZIONALE

«Berlusconi non è più eleggibile ». Dice così il costituzionalista Stefano Ceccanti, relatore della legge Severino al Senato
Lei è proprio sicuro di questo?
«La risposta è chiara ed è sì. La si ricava con certezza dall’articolo 2 del decreto legislativo 235/2012 che attua la legge Severino. Lì è scritto che, in caso di condanna oltre i due anni, sei incandidabile per sei anni. Ciò vuol dire che non puoi stare in lista»
Ma chi stoppa una candidatura “sporca”?
«Il cosiddetto ufficio elettorale circoscrizionale, organismo composto da magistrati e previsto dalle legge elettorale. Tu puoi fare ricorso all’ufficio elettorale centrale, a livello superiore, che decide rapidamente. Si fa fatica a capire questo meccanismo perchè fin qui era previsto solo per le elezioni amministrative e non per quelle politiche».
La legge Severino innova il sistema e crea uno sbarramento definitivo per chi è stato condannato, togliendo l’ultima parola al Parlamento?
«Esattamente. È uno sbarramento rafforzato. Perchè fin qui, se eri ineleggibile, in lista ci potevi anche andare, e poi era la Camera di appartenenza che, a proclamazione avvenuta, decideva a maggioranza se eri ineleggibile o no. L’incandidabilità , invece, è un’ineleggibilità  rinforzata. Il problema del voto del Parlamento si pone solo quando l’incandidabilità  è scoperta o matura dopo che sei già  stato eletto, come sta avvenendo per Berlusconi».
Questa è la sua opinione, ma tra i costituzionalisti, come nel caso di Piero Alberto Capotosti, c’è chi ritiene che la parola definitiva spetti alle Camere.
«Qui dobbiamo stare alla legge Severino. L’articolo 2 è chiarissimo ed è stato scritto proprio per riproporre pari pari il meccanismo dell’incandidabilità  prevista per le amministrative anche per le politiche. In sede di legge e di parere sul decreto nessuno ha sostenuto che violasse l’articolo 66 della Costituzione. Peraltro l’articolo 51 consente al legislatore di porre limiti significativi all’elettorato passivo».
Facciamo il caso di Berlusconi. Se si votasse in autunno, non fosse ancora matura l’interdizione dai pubblici uffici e il Senato lo avesse mantenuto al suo posto, che cosa accadrebbe?
«Sarebbe incandidabile perchè per la legge Severino la sanzione scatta a prescindere dall’interdizione e perchè il voto del Parlamento attuale si riferisce al problema dell’incandidabilità  sopravvenuta e non a quella futura»
Potrebbe fare di nuovo il premier o il ministro?
«No, questo è esplicitamente escluso dall’articolo 6 della stessa legge».
Nessun dubbio che la Severino copra anche i vecchi reati?
«Assolutamente no, perchè non si tratta di una sanzione penale per cui vale l’irretroattività , ma una norma che limita il diritto di elettorato passivo, tanto più che abbiamo fatto una corsa contro il tempo per far entrare in vigore le norme pochi giorni prima della chiusura delle liste. Se fosse vera la tesi che la legge non si applica ai vecchi reati, vorrebbe dire che la nostra sarebbe stata una gigantesca manfrina perchè la legge non si sarebbe potuta applicare a nessuno».
E che pensa sull’indulto che ha ridotto la pena di Berlusconi a un solo anno?
«La ratio della legge è legata alla pericolosità  del condannato che si riferisce alla sentenza di condanna. Che poi sconti meno anni di quelli inflitti non è rilevante».

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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MARCO TRAVAGLIO: MA MI FACCIA IL PIACERE

Agosto 12th, 2013 Riccardo Fucile

RENZI DISSE “LE SENTENZE VANNO RISPETTATE” E PER BATTISTA DEL “CORRIERE” ANCHE LUI DIVENTA UN ESTREMISTA

Odo Augelli far festa. “Se stiamo facendo melina? Mi sento di escluderlo. Ieri sera abbiamo iniziato la discussione alle 20.15 e alle 21.45 era già  chiusa”
Andrea Augello, Pdl, relatore sulla decadenza e l’incandidabilità  di Berlusconi nella giunta per le elezioni del Senato, il Messaggero, 9-8).
Beh in effetti, con ben un’ora e mezza di discussione al giorno, melina è la parola sbagliata. Quella giusta è parèsi.
Stefano 1 a Stefano 2. “Nessun rinvio per favorire il Cavaliere” (Dario Stefano, Sel, presidente della giunta per le elezioni del Senato, la Repubblica, 9-8).
“In giunta non faremo gli ultrà ” (Dario Stefano, Sel, presidente della giunta per le elezioni del Senato, Corriere della sera, 9-8).
Chissà  che dirà  quando lo intervisterà  il Giornale.
Samsonite. “I giudici di Cassazione hanno violato tutti i protocolli, hanno chiamato i giornalisti ad assistere allo show, per spettacolarizzare la sentenza e la propria affermazione di potere… La condanna di Berlusconi — assolutamente discutibile sul piano giuridico — rappresenta anche sul piano simbolico la sconfitta e l’umiliazione della politica. Da oggi il potere della magistratura non ha più nemici. Nella magistratura è la completa vittoria della componente — come dire — ‘religiosa’. Composta da quei magistrati che profondamente e in buona fede ritengono di avere avuto un mandato da Dio: punire Berlusconi. L’errore di Berlusconi è stato fatale: non c’è dubbio che è lui, molto più della sinistra, il responsabile della mancata riforma della Giustizia. Nel ’97 la riforma era pronta, elaborata dalla bicamerale di D’Alema: Berlusconi la fece saltare per miope calcolo politico. E commise lo stesso errore nel 2008, quando lasciò che De Magistris silurasse il governo Prodi affondando il ministro Mastella” (Piero Sansonetti, 1-8).
A parte il fatto che Mastella nel 2008 fu inquisito dalla procura di Santa Maria Capua Vetere e non da De Magistris, che stava a Catanzaro, il compagno San-sonetti ci dà  una notizia preziosa: la riforma della giustizia della Bicamerale di D’Alema vietava ai giudici di condannare i politici colpevoli di frode fiscale.
Non è meraviglioso?
Accanimento. “Un piano per il Fisco: dichiarazioni dei redditi a domicilio” (Corriere della sera, 9-8).
Oh no, proprio adesso che B. va ai domiciliari! Non gliene va più bene una.
L’estremista. “Renzi sfodera un linguaggio (‘le sentenze vanno rispettate’) che assomiglia molto a quella parte della sinistra contro cui ha combattuto e che ha sempre auspicato la soluzione per via giudiziaria del problema berlusconiano” (Pierluigi Battista, Corriere, 9-8).
In effetti la frase “le sentenze vanno rispettate” è un po’ fortina.
Nemmeno Che Guevara avrebbe osato tanto.

Veda Renzi di temperarla aggiungendovi un’espressione a caso fra le seguenti: “quasi”, “per così dire”, “talvolta”, “forse”, “eventualmente”, “si fa per dire”, “con rispetto parlando”, “stavo scherzando”, “se Battista è d’accordo”.
Il moderato. “Berlusconi attacca la magistratura: ‘Regime’” (la Repubblica, pag. 1, 5-8). “Napolitano apprezza il sostegno” (la Repubblica, pag. 7, 5-8). Basta così poco per farlo contento.
Ponzio Pelato. “Sull’agibilità  politica di Berlusconi non ho preso alcuna posizione” (Giorgio Napolitano, la Repubblica, 7-8). E se ne vanta pure.
Top secret. “Da Craxi a Berlusconi… Vorrei conoscere la segreta legge in base alla quale chi si oppone alla sinistra è sempre un delinquente” (Marcello Veneziani, il Giornale, 5-8).
Magari si potrebbe provare a opporre alla sinistra uno che non rubi.
L’equivoco. “Gli amici del Fatto, dell’Unità , dell’Espresso e di Repubblica sembrano terrorizzati all’idea che Silvio possa solo mettere un piedino dentro una cella… Perdonate la volgarità  della questione, cari amici del Fatto: lo volete dentro o fuori?” (Francesco Borgonovo, Libero, 7-8).
La prima che hai detto Borgonovo. Ma, se possibile, non chiamarci amici: l’idea che qualcuno ti creda è l’unica che ci terrorizza più di Silvio in cella.
Sing-Sing. “Silvio prepara il tour delle spiagge” (Libero, 7-8).
Ecco perchè il governo vuole riaprire l’Asinara.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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