Ottobre 23rd, 2014 Riccardo Fucile
SEQUESTRI IN SARDEGNA CONTRO IL CLAN DEI CASALESI… L’EUROPARLAMENTARE SARDO, SOTTOSEGRETARIO DEL GOVERNO BERLUSCONI E IL CONSIGLIERE REGIONALE CAMPANO INDAGATI PER RICICLAGGIO
Un europarlamentare sardo, già sottosegretario del governo Berlusconi bis, Salvatore Cicu, e un consigliere regionale della Campania, Luciano Passariello.
Sono i nomi dei politici finiti in una inchiesta che ha portato il sequestro di beni e terreni a due potentissimi clan della camorra nelle province di Cagliari, Napoli e Caserta per 20 milioni di beni.
Indagine che coinvolge in totale diciassette persone e amministratori locali.
Cicu deve rispondere di riciclaggio: secondo la tesi della Dda di Cagliari sarebbe stato socio occulto della Tu.ri.cost. srl, proprietaria dell’hotel S’incantu di Villasimius sequestrato dalla Finanza e acquisito, secondo l’accusa, dai Casalesi.
Con l’europarlamentare forzista, cui è stato sequestrato anche un immobile a Cagliari, sono indagati anche l’ex sindaco di Sestu Luciano Taccori (Fi) e l’attuale consigliere comunale Paolo Cau, anche lui di Forza Italia.
Passariello, esponente Fdi, avrebbe contattato la società sarda Tu.ri.cost, poi rilevata dai clan camorristici, per farne parte dopo che uno dei soci isolani aveva deciso di uscire dal sodalizio.
Passariello avrebbe pagato una prima tranche per l’ingresso, decidendo poi di non completare l’operazione.
Al passaggio societario nelle mani dei Casalesi, il consigliere regionale sarebbe stato rimborsato dai clan, così come avvenuto per gli altri tre soci sardi, Cicu, Taccori e Cau.
Secondo le indagini della Guardia di Finanza, il giro di denaro per l’uscita dei quattro soci ammonta a 400 mila euro in contanti, di cui 130 mila a Passariello e 270 mila complessivi agli altri tre.
In totale l’operazione di subentro dei Casalesi nella Tu.ri.cost è costata un milione e 30mila euro, contro un investimento iniziale di 600 mila euro.
Tutto questo, per la Dda, configura il reato di riciclaggio contestato ai 17 indagati.
La società sarda, secondo gli inquirenti, viene creata nel 2001 e vede come amministratore Cau, mentre Cicu e l’allora sindaco di Sestu figurano come finanziatori occulti.
È in questa fase che il “sodalizio” individua dei terreni a Villasimius dove poi verrà costruito il complesso turistico S’incantu, sequestrato ora dalle Fiamme Gialle.
I Casalesi, secondo la ricostruzione delle Finanza, “mettono le mani sulla società nel 2003 acquisendo tutte le quote e i sardi le cedono consapevoli che il denaro proveniva in parte dalla Camorra”.
“Nessun atto mi è stato notificato. Sono stato ascoltato nel 2010 dalla Procura di Cagliari in qualità di persona informata sui fatti quando mi era stato proposto un affare immobiliare su un terreno con licenza edilizia per la costruzione di un villaggio turistico. Una volta venuto a conoscenza dei soci che sarebbero dovuti intervenire, chiesi al notaio responsabile dell’operazione di riavere la caparra versata”
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 23rd, 2014 Riccardo Fucile
LA LEGGE DI STABILITA’ NON AFFRONTA IL PROBLEMA DELLA CARENZA DELLA DOMANDA: I CONSUMI E GLI INVESTIMENTI COSI’ NON CRESCONO
La poli tica eco no mica dell’illusionismo pra ti cata dal governo Renzi fin dal suo insedia mento viene con fer mata e accen tuata dalla legge di sta bi lità .
L’evoluzione della crisi glo bale – e specifica mente di quella euro pea – dà conto di un con te sto niente affatto favo re vole a ten ta tivi appros si mati come quelli messi in opera dal nostro per curare la grave situa zione italiana.
L’errore di fondo della mano vra sta nel rei te rare un approc cio ina de guato alla natura della crisi.
Che tende a miglio rare solo alcune con di zioni d’offerta del set tore pro dut tivo (ridurre il costo del lavoro e aumen tarne la flessibilità ).
Senza curarsi della decre scente capa cità inno va tiva alla base del nostro declino; ma non affronta in modo effi cace il pro blema più urgente, le carenze della domanda.
Renzi ha detto agli indu striali «vi tolgo l’art. 18 e i con tri buti, vi abbasso l’Irap, ora assu mete»; ma la mano vra riduce i costi (e aumenta i pro fitti) per le imprese che già dispon gono di una domanda che, tut ta via, è insuf fi ciente a impe gnare le risorse produt tive esi stenti e non aumen terà signi fi ca ti va mente con la ridu zione di impo ste e con tri buti.
Anzi, i dati con fer mano che, pur ridu cendo il cuneo fiscale e aggiun gendo 80 euro in busta paga – ma aumen tando la pre ca rietà dei posti di lavoro – i con sumi e gli investi menti non crescono.
Dal punto di vista dello sti molo alla cre scita, tagliare (spen ding review) di 15 miliardi la spesa pub blica e pen sare di com pen sarne gli effetti ridu cendo di 9,5 miliardi i contri buti a carico dei lavo ra tori (per tra mu tarli negli 80 euro in busta paga), di 5 miliardi l’Irap e di 1,9 miliardi i con tri buti a carico delle imprese per incen ti vare i con tratti a tempo inde ter mi nato, è un’operazione con effetto com ples sivo nega tivo per chè riduce la domanda effet tiva.
I tagli di spesa si tra du cono in calo della domanda, che è accre sciuta solo in pic cola parte dalla ridu zione dei con tri buti.
In più con i tagli ai beni e ser vizi pri mari, una loro con ser va zione almeno par ziale richie derà un aumento della tas sa zione locale.
Dal punto di vista distri bu tivo, la mano vra bene fi cia le imprese, soprat tutto dei set tori meno dina mici (su 36 miliardi, solo 300 milioni a ricerca e svi luppo); in via diretta (ridu cendo impo ste e con tri buti e con ce dendo nuovi incen tivi) e indi retta per gli effetti di tra sla zione sia degli sgravi con tri bu tivi sia dell’eventuale tra sfe ri mento in busta paga del Tfr.
L’aspetto deter mi nante è la debo lezza con trat tuale dei lavo ra tori.
Que ste «riforme» hanno accor ciato i tempi di rin novo dei con tratti a tempo deter minato; ora eli mi nano l’art. 18 nei con tratti a tempo inde ter mi nato; que sti ultimi parados sal mente garan ti ranno minori cer tezze tem po rali dei primi.
In que sto con te sto tutti gli inter venti di ridu zione del cuneo fiscale, anche quelli imma gi nati per aumen tare la busta paga (80 euro e Tfr), saranno rias sor biti a van taggio delle aziende.
Suc cede sem pre di più che i lavo ra tori siano costretti a fir mare buste paga supe riori a quelle effet tive.
E que sto fa capire quanto le imprese, spe cie quelle pic cole, pos sano uti liz zare la normale con trat ta zione per dirot tare a loro van tag gio le misure che dovreb bero aumen tare le buste paga.
E tutto ciò è accompa gnato dalla truffa ideo lo gica secondo cui il «nuovo verso» renziano aumen te rebbe la libertà di scelta dei lavo ra tori, ad esem pio sul Tfr; tralasciando che certi biso gni, come quelli di tipo pre vi den ziale, sono meglio per ce piti e cor ri spo sti se orga niz zati in modo col let tivo e con obbligo assicurativo.
Pre sto la «moder nità » libe ri sta (e ren ziana) vorrà con vin cerci ad eli mi nare il sistema pen sio ni stico pub blico, quello sani ta rio, le norme per la sicu rezza nei luo ghi di lavoro e tutte le norme che hanno segnato l’avanzamento civile.
La legge di sta bi lità , nono stante i suoi scarsi effetti espan sivi e le nega tive conseguenze distri bu tive (ini que e ulte rior mente depres sive sulla cre scita), crea anche motivi di con tra sto con Bru xel les che potreb bero risol versi in misure penalizzanti. Quando, nel luglio 2012, Mario Dra ghi, disse in un famoso inter vento rivolto ai mercati finan ziari, che la Bce avrebbe difeso l’Euro con tutte le sue forze, la speculazione inter na zio nale si fermò, com pren dendo che era troppo rischioso andare oltre se la Bce si com por tava come una banca cen trale nor mal mente deve fare, cioè difen dere l’intera eco no mia di cui è uno stru mento di politica eco no mica.
I tede schi e i loro soli dali del rigore «stu pido» non ne furono lieti, ma dovet tero consta tare che que sto ridava fiato all’intera Ue.
Per oltre due anni l’avvertimento di Draghi ha retto.
Nel frat tempo è aumen tata l’offerta di moneta sia della Fed sta tu ni tense sia della Bce; l’economia reale non ne ha bene fi ciato ma sono aumen tate le muni zioni della speculazione finan zia ria.
Se que sta si con vin cerà che l’opposizione tede sca alla linea della Bce arri verà a bloccarne l’attuazione, l’attacco alle eco no mie più deboli ripar ti rebbe alla grande. Quella ita liana sarebbe tra le prime a farne le spese.
Dun que, anche per que sta eve nienza, l’Italia dovrebbe mas si miz zare l’effetto espansivo delle poli ti che: solo una mag giore cre scita del Pil può miglio rare i nostri indi ca tori finan ziari.
Ma Renzi fa scelte eco no mi ca mente e social mente omo ge nee agli inte ressi dei set tori del Paese meno dina mici (le imprese non inno va tive), poli ti ca mente fun zio nali ai suoi obiet tivi di sfon da mento nel cen tro de stra e di emar gi na zione dei suoi oppo si tori di sini stra.
I quali, peral tro, anche cri ti cando que ste poli ti che, non hanno la capa cità di unire le loro forze per difen dere gli inte ressi e le pro spet tive che pure riguar dano l’intero Paese.
La distra zione di massa dai pro blemi effet tivi pra ti cata dalle poli ti che di Renzi, il suo illu sio ni smo, si acco moda alla poli tica tede sca che frena l’economia e il pro cesso unita rio dell’Ue.
Que sto è l’appuntamento che la sini stra sta mancando.
Felice Roberto Pizzuti
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Ottobre 23rd, 2014 Riccardo Fucile
IL NUOVO EDITORE: “IL DIRETTORE DOVRA’ ESSERE UN GIOVANE”
Cosa hanno in comune «Vero», «Stop», «Miracoli», «Rakam» e «l’Unità »?
Il proprietario. Guido Veneziani è l’uomo che riporterà in edicola il quotidiano fondato da Antonio Gramsci e affondato dal Pd.
Torinese trapiantato a Milano, 41 anni, Veneziani ha costruito un imperino editoriale (cinque settimanali, quindici mensili, un canale satellitare, 75 milioni di fatturato) basato sul gossip, i soliti noti della tivù, Padre Pio, Al Bano, l’uncinetto, insomma sul nazionalpopolare, per usare un termine, guarda caso, gramsciano.
Che c’azzecchi con l’ex giornalone del Pci, Veneziani lo spiega in questa intervista.
Intanto, la notizia. Conferma che l’accordo con il Pd è fatto?
«Certo. Ma sarà concretizzato solo all’inizio del mese prossimo».
Però è deciso? E lei sarà il socio di maggioranza?
«La risposta è sì in entrambi i casi».
Quindi è lei il nuovo padrone dell’«Unità ».
«Visto che l’affare deve ancora essere chiuso, lo prendo come un augurio».
Cosa se ne fa dell’«Unità »?
«Io sono un editore puro. Se voglio “l’Unità ” è perchè credo che sia un affare».
Un giornale di carta? E per di più fallito?
«Da rilanciare con le opportune operazioni di marketing, d’accordo. Ma con un marchio ancora forte e un bacino di lettori veramente ampio. Specie adesso, con il segretario del Pd che è il primo ministro e un comunicatore perfino più efficace di Berlusconi».
I lettori dell’«Unità » hanno traslocato a «Repubblica» e al «Fatto quotidiano» da quel dì…
«A “Repubblica” può darsi, al “Fatto” non credo. Ma il punto non è questo».
E qual è?
«Io vorrei che “l’Unità ” diventasse un grande quotidiano popolare, che spieghi quel che succede nel mondo con un linguaggio semplice».
Oddio, «l’Unità » come «Vero»?
«Guardi che popolare non vuol dire nè povero nè gossipparo. È vero che “Vero” ha molto intrattenimento, ma tratta anche dei temi che sono culturali in senso lato. Io voglio dei giornali che usino un linguaggio accessibile a tutti».
E i contenuti?
«Diversi da quelli degli altri quotidiani, che o raccontano quello che la gente ha già visto in tivù o su Internet oppure ospitano le pompose opinioni di gente che si parla addosso. E infatti sono noiosissimi».
«L’Unità » dei bei tempi non era esattamente briosa…
«Infatti non la rifaremo così. Ma mi ricordo di quando andavo in edicola a comprare “Topolino” e c’era la gente che faceva la fila per “l’Unità ”. Ecco, bisogna recuperare la storia popolare del giornale».
Dica chi le piacerebbe come direttore.
«Nemmeno sotto tortura. Però io di direttori ne ho sei, il più vecchio ha 34 anni e sono tutti dinamici e innovativi. Lo vorrei così anche per “l’Unità ”».
Sta dicendo che darà «l’Unità » a un direttore del suo gruppo?
«Sto dicendo che non lo escludo. E che di certo sarà un giovane».
Ma «l’Unità » resterà il giornale del Pd?
«Certamente».
Lei è iscritto, simpatizzante o semplice elettore?
«Io non sono mai stato iscritto a un partito e li ho votati quasi tutti. Alle ultime elezioni, in effetti, il Pd».
Piddino forse no, ma renziano sicuramente sì.
«Esatto. Mi piace chi è giovane, energico e prova a fare quel che tutti non considerano fattibile».
E allora faccia fare il direttore a Renzi. Tanto ormai in Italia fa tutto lui…
«Magari! Venderei una montagna di copie».
Alberto Mattioli
(da “La Stampa”)
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Ottobre 23rd, 2014 Riccardo Fucile
CHI E’ GUIDO VENEZIANI, A CAPO DI UN IMPERO DI PERIODICI CHE SUPERA I 200 MILIONI DI RICAVI E NEO AQUIRENTE DELLO STORICO QUOTIDIANO
Unità . Stop. Vero. Non è un titolo vecchio della scorsa estate, quando il quotidiano fondato da Antonio Gramsci “è stato tolto dalle edicole”, come ha scritto il suo ultimo direttore, Luca Landò.
Unità . Stop. Vero. E Miracoli. Sono alcune testate della scuderia del nuovo editore che arriva nell’anno primo dell’era renziana: il cinquantenne torinese Guido Veneziani, a capo di un impero che tra periodici e stampa (tra cui quasi 21 milioni di copie del catalogo Ikea) supera i 200 milioni di ricavi.
L’Unità passa dal rosso antico al rosa del gossip, ma le battute contano fino a un certo punto quando si tratta di salvare posti di lavoro.
Perchè l’offerta del gruppo Gve (Guido Veneziani Editore) è stata accolta benissimo dai giornalisti del quotidiano.
Dal comunicato di ieri: “Dopo lunghe settimane di silenzio il Pd rompe gli indugi e annuncia di aver individuato una soluzione solida e credibile per riportare in edicola in tempi brevi il giornale di Antonio Gramsci”. Il cdr giudica “positivamente” l’operazione anticipata ieri dal Corriere della Sera.
Un anno fa tentò l’assalto (fallito) anche a La
Guido Veneziani da un anno tentava il grande salto nell’editoria, pur vantando ben 17 periodici familiari e rosa, una propria concessionaria di pubblicità , la maggioranza di Rotoalba (che stampa i giornali dei Paolini, in primis Famiglia Cristiana) e la proprietà delle Grafiche Mazzucchelli di Seriate, le prime al mondo ad avere una rotativa Goss Sunday a 96 pagine.
Un anno fa ha infatti tentato invano l’assalto a La7, poi presa dal suo competitor (anche nel settore della stampa nazionalpopolare) Urbano Cairo.
Insomma, un signor editore, che il Pd renziano ha preferito alla berlusconiana Daniela Santanchè e soprattutto alla coppia formata dal banchiere Matteo Arpe e dal giornalista Paolo Madron, direttore di Lettera 43, quotidiano online.
La svolta è stata concordata con Matteo Renzi dall’attuale tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi. Che al Fatto spiega che non c’è stato alcun “no” politico ad Arpe, di cui si malignava per la sua presunta vicinanza a Massimo D’Alema.
Sostiene Bonifazi, che ieri ha incontrato i giornalisti dell’Unità : “L’offerta di Veneziani è la migliore anche perchè è un editore puro, con Arpe non ci sono stati problemi politici e abbiamo conservato un grande rapporto di amicizia, ci tengo a dirlo”.
Inizialmente, il gruppo di Veneziani verserà 10 milioni di euro che serviranno a evitare il fallimento (la data ufficiale per la presentazione delle proposte è il 31 ottobre) e a chiudere “in bonis” la liquidazione.
Tutto il resto verrà dopo. La trattativa sul rilancio, i numeri della redazione (probabilmente rimarranno in 30, la metà dell’organico di oggi) e il nome del direttore.
Quest’ultimo è una delle questioni più delicate. Veneziani ha fama di editore tosto e decisionista ma dovrà certamente tenere conto delle preferenze politiche del potere renziano.
E ai vertici del Pd il nome che gira di più è quello di una donna.
La favorita, come già trapelato un mese fa, è la firma di punta del Corsera per le cose di sinistra, Maria Teresa Meli.
Bisognerà capire se la scelta rimarrà questa, nelle prossime settimane, e soprattutto se lei accetterà .
In alternativa, potrebbe spuntare un volto noto di La7, Gaia Tortora, che i renziani qualche tempo fa hanno dato in corsa per una direzione a Viale Mazzini.
L’Unità a Veneziani vuol dire anche un nuovo assetto editoriale del Pd.
Il partito diventerà socio del quotidiano con una quota del 5 per cento che sarà detenuta da una fondazione.
Secondo lo schema di Bonifazi, questa fondazione, a sua volta, nascerà per controllare la tv Youdem e l’altro quotidiano di partito che esce clandestinamente in forma cartacea: Europa di Stefano Menichini.
Nella fondazione, che sarà minoranza nel giornale di Antonio Gramsci, entrerà anche uno dei soci della vecchia Unità , Maurizio Mian.
“Ha vinto tra tantissime offerte arrivate”
Continua Bonifazi: “Evitate ogni tipo di congettura politica, dietro l’offerta di Veneziani non c’è nessuno. È stato lui a presentarsi, nessuno di noi lo conosceva. In queste settimane sono arrivate tantissime offerte. La sua è la migliore ed è quella che garantisce di più l’autonomia dei giornalisti”.
Per la cronaca queste le principali testate di Gve dopo l’aggiornamento di ieri: Vero, Vero Tv, Stop, Rakam, Confessioni Donna, Vero Cucina, Vero Salute, Donna al Top, Miracoli, Unità .
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 23rd, 2014 Riccardo Fucile
LO JUS SOLI TEMPERATO ALLA “GENERAZIONE BALOTTELLI” ERA STATO UNO DEI MOTIVI DELLA CACCIATA DEL “COMUNISTA” FINI… ORA ANCHE IL CAVALIERE DIVENTERA’ “ROSSO”?
Non conosciamo le reazioni della nomenklatura di centrodestra all’apertura di Berlusconi verso i diritti delle coppie gay e il jus soli temperato.
Per ora è pervenuto solo il dissenso di Fitto sul “metodo” (nessuna discussione negli organismi di partito, come se ci fossero mai stati…) e di Salvini nel merito (qualsiasi proposta che non sia ispirata alla deriva razzista al marito della neoassunta senza concorso in Regione Lombardia notoriamente non piace).
Pare che anche Gasparri si sia alterato, confidiamo che la sua agitazione non lo porti a perdersi in qualche viale alberato mal frequentato.
La svolta avviene nel corso della presentazione del dipartimento diritti civili di Forza Italia che sarà guidato da Mara Carfagna.
“Siamo arrivati alla conclusione — scandisce Berlusconi – che la legge tedesca sulle unioni civili rappresenti un giusto compromesso, chi ha responsabilità pubbliche non può non intervenire quando le esigenze della società cambiano”.
Sembrano passati secoli da quando Berlusconi alla fiera di Rho andava dicendo “meglio puttaniere che gay”.
E’ innegabile che nella “conversione” di Silvio ci sia la mano di Francesca Pascale, ma anche la paura del voto anticipato.
L’adesione alla proposta di Renzi, che proprio dalla D’Urso è andato a parlare di unioni sul modello tedesco, “stabilizza il quadro” e allontana le elezioni.
Da qui la necessità di evitare attriti e, come da imput dei vertici Mediaset, di tutelare l’azienda.
Da qui anche la svolta nei confronti del tema “diritti” degli immigrati.
“Riteniamo – dice Berlusconi – che dare la cittadinanza al figlio di stranieri che viva in Italia sia doveroso quando questa persona abbia frequentato un ciclo scolastico in modo da conoscere la nostra lingua, la nostra storia, e apprezzare i punti cardine della nostra civiltà ”.
È il cosiddetto “jus soli temperato”: non la cittadinanza indiscriminata, ma quando si maturano determinati requisiti.
Ma questo cambio di rotta diventa anche la vittoria postuma di Gianfranco Fini, alfiere di queste battaglie sui diritti all’interno del Pdl.
Come dimenticare la violenza verbale scatenata dai media dell’allora Cavaliere contro Fini di “sinistra” e “comunista”, quando invocava diritti per la generazione Balottelli.
Come dimenticare la sequela di improperi nei confronti di chi, come il nostro modesto ma diffuso blog, ancor prima della nascita di Futuro e Libertà , aveva il coraggio di definire “assassini” i mandanti degli affogamenti di profughi nel Canale di Sicilia e denunciava l’arretratezza culturale di certa becerodestra italiana sul tema dei diritti civili.
Siamo stati, come Fini è stato, anticipatori del mutamento dei tempi, in sintonia con il nascere di nuove sensibilità : non a caso allora il Pdl navigava intorno al 37% e oggi è ridotto al 13-14%.
E se occorre dare a Cesare quello che è di Cesare, non abbiamo problemi a riconoscere anche il merito della moglie di Cesare in questo cambio di rotta.
Ultima riflessione.
Qualche analista superficiale sosterrà che Silvio ha fornito un assist alla Lega. Tipico errore di chi non capito che la “becerodestra” ha un bacino elettorale che non supera il 12%, oltre non va e non andrà neanche se scendete e spingete il carroccio a mano.
Almeno il 30% di elettori di centrodestra sono invece su posizioni moderate: piuttosto stanno a casa che andare a votare per i nipotini di Belsito che ricevono i lobbisti delle slot machine, piazzano mogli in Regione e hanno decine di inquisiti in regione Piemonte e Lombardia per le spese pazze sui rimborsi.
Per una volta diamo atto al “compagno Berlusconi” di aver dato merito al “compagno Fini” di aver visto giusto con qualche anno di anticipo.
Hasta la victoria siempre, Silvio.
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Ottobre 23rd, 2014 Riccardo Fucile
ALLA CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI NE BASTANO QUATTRO
Possibile che diciotto custodi non possano tenere aperto tutti i giorni un museo di una sola stanza imperniato su un solo pezzo d’immenso valore cioè il Satiro Danzante? Quando la soprintendente Paola Misuraca gli ha sottoposto un piano di chiusure per quello che è il fiore all’occhiello della cittadina, il sindaco di Mazara del Vallo Nicola Cristaldi, ha preso fuoco come un cerino: «Mi ha proposto di chiudere quattro domeniche, cinque sabati e il pomeriggio di Natale perchè non ha personale! Cosa? Non stiamo parlando del Louvre: si tratta di un solo grande salone dotato per di più di sei telecamere (sei!) per la videosorveglianza! E ci lavorano in 25! Cioè 18 custodi più qualche altro dipendente part-time più i “pulizieri” dell’impresa esterna pagata a parte perchè i custodi, se cade un fazzolettino lo lasciano lì perchè non tocca a loro raccoglierlo…».
E spiega: «Visto che con meno custodi teniamo aperti tutti i giorni il teatro Garibaldi, la chiesa del Carmine, il museo del Collegio dei Gesuiti, la chiesa di Sant’Ignazio, la biblioteca Corridoni, la galleria d’Arte Contemporanea e il museo Mirabilia Urbis, ho detto alla Regione: datelo a noi, il Satiro. Voi risparmiate più di un milione di euro e noi teniamo aperto 365 giorni l’anno».
La soprintendente nega: «Da un anno in qua il museo non ha mai chiuso ma purtroppo il contratto prevede che i custodi possano lavorare un massimo di 17 domeniche e 4 festività l’anno. Finite quelle…».
«Non ha mai chiuso perchè abbiamo tappato noi i buchi con personale nostro», ribatte il sindaco. «Non ce l’ho coi custodi: ce l’ho col loro contratto. Insomma: non hanno studiato storia dell’arte, stanno lì e sanno solo dire: “niente fotografie!”, “niente fotografie!”, “niente fotografie!”… Non possono dare una scopata, non possono tenere puliti i bagni, non possono cambiare una lampadina. Deve andare uno dei nostri anche per la lampadina!».
«Può essere successo…», sospira la soprintendente, «per quelli del Comune è più facile… Sono già a Mazara, noi dobbiamo mandare il “consegnatario” con la lampadina da Trapani dopo tutta una procedura: devo rivolgermi alla Consip, individuare la copertura finanziaria… Infatti al museo diverse lampadine da un po’ sono spente…»
AAA. Cercasi anima buona disposta regalare lampadine al museo del Satiro Danzante. Anzi, potrebbe donare, per quell’opera finita nelle reti di un peschereccio e considerata tra le più belle statue bronzee del pianeta, anche dei detersivi.
L’ultima volta che la Regione non ha pagato i «pulizieri» esterni costringendo il sindaco a mandare una «comunale», i detersivi li ha pagati di tasca sua Paola Misuraca. Grazie.
Come andrà a finire lo scontro fra Comune e Regione? Vedremo.
Ma quel contratto, che costrinse l’ex assessore alla Cultura Mariarita Sgarlata a un braccio di ferro per spostare provvisoriamente da altre parti i custodi della Palazzina Cinese e del Museo Abatellis di Palermo mentre questi erano chiusi per restauro, va cambiato.
Lo dice il buon senso. Lo dicono un paio di confronti.
Per tenere aperta tutto l’anno da mattina a sera l’Arena, immensamente più grande del prezioso ma minuscolo museo mazarese, il Comune di Verona impiega, biglietteria compresa, quattro (quattro!) custodi.
Che accolgono complessivamente (lirica a parte) 800 mila visitatori l’anno: 24 volte più di quanti vedono il Satiro.
Paragone improprio? Prendiamo allora la Cappella degli Scrovegni di Padova: per tener d’occhio i turisti in visita agli affreschi di Giotto (240 mila l’anno cioè sette volte più che a Mazara ma solo perchè il numero è contingentato) i custodi sono quattro. Col rinforzo di qualche pensionato, volontario a 3,5 euro l’ora…
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 23rd, 2014 Riccardo Fucile
QUANDO RICAVARE DENARO DAL LIBERO SFRUTTAMENTO DEL PROPRIO CORPO PER MOLTE GIOVANISSIME DIVENTA NORMALITA
Alla fine, che c’era di male in quello che facevo? Meglio i grandi che i ragazzini, che vanno in giro a sputtanarti.
Così dall’alto dei suoi diciotto anni appena compiuti, la baby squillo di Cuneo ha giustificato la vendita del proprio corpo quand’era ancora minorenne e lo faceva in cambio di (molti) soldi e qualche sniffata.
Spiegando a tutti noi una cosa sconcertante: l’oscenità della prostituzione, intesa come «fuori dalla scena», al riparo della visibilità , appare più dignitosa del finire su quella piazza mediatica dove tante ragazzine si esibiscono in cambio di niente o poco di più.
E’ una morale discutibile quella che trasforma l’ipocrisia della discrezione in un valore aggiunto agli occhi di una sedicenne che si prostituisce in autogestione, o almeno così pare.
Ma la questione va certamente al di là di un giudizio etico scontato da parte di quella società civile in cui ci riconosciamo come benpensanti.
Perchè negli ultimi decenni il sesso ha attraversato una girandola di definizioni davvero spiazzante. Prima era peccato tout court, il distillato di tutti i tabù. Due generazioni fa ci è stato insegnato che è un’esperienza positiva, ma imprescindibile dall’amarsi. Che senza amore non ha senso, ed è sbagliato. Poco dopo si è scoperto che sta in piedi da solo, che va scoperto e praticato per quello che è.
Oggi stiamo imparando, non tanto a spese di noi adulti quanto di chi si sta formando nell’onda lunga di tutte queste metamorfosi, che nel passaggio da un’idea all’altra qualcosa di forse irreparabile s’è perso per strada.
Che fra il sesso come tabù e il sesso come esercizio di libertà dovrebbe stare un tassello importante. Quello che manca alla storia e alle parole di una sedicenne che si prostituisce perchè crede di averlo scelto ma si sbaglia e con lei sbagliamo tutti noi che prepariamo per i nostri figli un terreno infido e paludoso, dove si affonda con i piedi e con il cuore e con la testa.
Perchè la libertà — e in particolare quella di considerare e praticare il sesso — non ha senso senza la consapevolezza e il senso di responsabilità che in sostanza significa avere, per se stessi e per il mondo che ci circonda, un minimo di lungimiranza.
La coscienza, cioè, che le nostre azioni e i nostri pensieri portano inevitabilmente delle conseguenze. Come quella di compromettere la tua libertà di considerare e praticare il sesso in futuro, associandolo o meno all’amore, dopo che a sedici anni ti sei prostituita non perchè qualcuno ti ha obbligato a farlo, ma per una presunta libertà di scelta.
Che altro non è se non incosciente sfruttamento di sè. Anche se il cliente ti paga, e pure bene. Anche se «non fa nulla di male» se non stravolgere l’idea che a sedici anni ci si dovrebbe formare del sesso, dell’amore, dei rapporti fra le persone, di se stessi come persona.
Ricavare denaro e beni tangibili dal «libero» sfruttamento del proprio corpo ha varcato il confine del tabù: per le giovanissime generazioni assomiglia sempre di più a una specie di normalità .
Non di consuetudine, ma quasi. Certamente non stupisce più di tanto, purtroppo: nè quando si esercita con la colpevole omertà del cliente adulto nè quando esce quasi allo scoperto nel folto della trama mediatica, sugli schermi dei cellulari, sulle pagine dei social network.
Tocca all’educazione stabilire dei confini netti, e non tanto appigliandosi a una moralità astratta e scivolosa quanto puntando su quel senso di responsabilità verso se stessi che sta alla base di ogni libertà .
Anche e soprattutto quella di pensare e praticare il sesso.
Elena Loewenthal
(da “La Stampa”)
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Ottobre 23rd, 2014 Riccardo Fucile
“I MIEI GENITORI? NON SAPEVANO NULLA”
«Meglio andare con i grandi che con i ragazzini. Se ci stai con i tuoi coetanei, rischi che, quando tutto è finito, quelli vadano in giro a sputtanarti con i loro amici. E sai che bella vita fai dopo. Con i grandi no, questo rischio non c’è. E poi, alla fine, che c’era di male in ciò che facevo?»
Eccola qui la baby squillo che fa arrossire la Provincia Granda, come chiamano da queste parti il Cuneese.
Eccola qui la diciottenne che per due anni ha fatto la «vita dei grandi», che guadagnava forse più di suo padre, grazie a quel giro di «amici» con cui si prostituiva. Sesso e soldi. E cocaina, a un certo punto, quando ormai la storia era diventata qualcosa di più che una trasgressione.
Lei, adesso, racconta tutto, quasi tutto, ma l’unica cosa che chiede è l’anonimato assoluto. Non il nome, non un dettaglio che possa farla riconoscere.
Partiamo da qui, da questa casa in centro a Cuneo, camera bagno e cucina. Era questa l’alcova?
«Ma assolutamente no. Qui ci abito io, è casa mia. Ma siamo matti?».
E dove andavate?
«Da un amico. Che, adesso, è finito pure lui nel tritacarne di questa storia. È in un paese qui vicino. Me la prestava. Hanno detto che gli davo dei soldi, ma la questione è diversa. Pagavo le spese. E qualche volta sono andata anche a casa dalle persone che incontravo».
Il suo amico è il primo. Quanti sapevano che faceva nel suo tempo libero?
«Per carità , nessuno dei miei amici sapeva nulla. E nessuno deve sapere nulla. È stato un errore, lo ammetto. Io in questa città ci vivo e se qualcuno viene a sapere il mio nome, cosa faccio nella vita di tutti i giorni, sono finita».
Ma neanche i suoi genitori sapevano o almeno dubitavano?
«Loro meno di chiunque altro. Dubitare? Perchè mai avrebbero dovuto».
E il suo fidanzato, quello con cui è in atteggiamenti innocenti e casti nelle foto su Facebook ?
«Neanche lui. E anche oggi non sa ancora tutto. Quando è esplosa questa storia ha intuito qualcosa, ma mi è sempre rimasto accanto senza fare troppe domande».
Però sapeva la sua amica, quella più grande di lei che l’ha agganciata quando era ancora minorenne. Era lei che la sfruttava?
«Non è vero che mi ha agganciata e che mi ha portata lei in quel giro lì. Ci siamo entrate insieme, e insieme abbiamo fatto tutto. Quello era il nostro segreto. E non parli di sfruttamento: guadagnavamo qualcosa insieme».
Più che segreto una doppia vita. Ma i clienti sapevano che lei era minorenne. Non è vero?
«Non tirate in ballo quella gente, per favore. Sono tutti delle bravissime persone. Hanno una bella famiglia, un lavoro onesto e importante e con me si comportavano bene. E poi loro che ci potevano fare? Io dicevo che ero maggiorenne. Se hanno commesso uno sbaglio è stato quello di non chiedermi la carta d’identità . Ma per il resto non posso che parlarne benissimo. Mi hanno sempre rispettata. Sempre».
Insomma, lei aveva 16 anni. Non capivano che era poco più di una bambina?
«Guardi che agli incontri non andavo mica vestita così, in tuta, eh. L’abbigliamento aiuta in certe circostanze. E loro non facevano domande».
Aiutavano anche le sue foto, decisamente esplicite, che pubblicava su Facebook. Perchè le ha lasciate ancora là?
«Perchè mi sono dimenticata. È stato un errore, è vero, devo cancellarle. Da quelle si potrebbe risalire a me».
Quante storie fa adesso sulla su identità . Prima non ci ha mai pensato?
«Faccio storie perchè adesso sono disperata. Non so se qualcuno mi riesce a capire. Io ho messo nei guai delle persone per bene».
Perchè parla dei suoi clienti in modo così entusiastico? Nessuno le ha mai fatto del male?
«Io ho sempre scelto le persone con cui stare. Quelli che non mi piacevano li allontanavo».
E oggi ha pura di loro?
«Di loro assolutamente no. C’è soltanto una persona di cui ho paura davvero. Che potrebbe rovinarmi la vita. Ma non è un cliente».
Si riferisce all’uomo che le vendeva la cocaina? La consuma ancora?
«Chi è non lo dico. E per quanto riguarda la cocaina io non la adopero più. Con quella roba lì ho chiuso per sempre. Non sono andata in comunità per smettere. Ho fatto tutto con l’aiuto degli psicologi».
Ha iniziato per quello a prostituirsi?
«Ho iniziato perchè mi andava e poi mi davano dei soldi. E io potevo permettermi delle cose che altrimenti mi sarei solo sognata».
Pentita?
Silenzio.
Lodovico Poletto
(da “La Stampa”)
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Ottobre 23rd, 2014 Riccardo Fucile
LEGGE DI STABILITA’: IL GOVERNO DOPO GIORNI DI TRATTATIVA NON E’ RIUSCITO A CONVINCERE L’UNIONE EUROPEA
L’Italia ha deciso di intraprendere «una deviazione significativa» dal percorso di avvicinamento per l’obiettivo di bilancio a nel 2015.
Lo scrive la Commissione europea, in una lettera inviata al governo italiano in merito alla legge di stabilità .
La Commissione Ue chiede una risposta entro 24 ore. La Commissione ha inoltre sottolineato la necessità di venire a conoscenza di «come l’Italia potrebbe garantire il pieno rispetto dei suoi obblighi di politica finanziaria» per il 2015.
«Dall’analisi preliminare, sulla base dei conti degli uffici tecnici della Commissione Ue, l’Italia programma una significativa deviazione dagli aggiustamenti richiesti per centrare l’obiettivi di medio termine (il pareggio ndr) nel 2015» scrive la Commissione europea.
«La Commissione intende continuare il dialogo costruttivo con l’Italia per arrivare alla valutazione finale» della manovra e «gradirebbe il vostro punto di vista non appena possibile e preferibilmente entro il 24 ottobre».
Questo «per consentirci di tener conto delle valutazioni italiane nella prossima fase» aggiunge nella missiva Bruxelles.
Sostanzialmente sono due i punti che il commissario Ue, Jyrki Katainen, chiede all’Italia di spiegare: «Perchè l’Italia programma di non rispettare il patto di stabilità nel 2015» e «come assicurerà un pieno rispetto degli obblighi della politica di bilancio nel 2015».
Nella lettera, Katainen rileva che l’Italia viola i vincoli europei del Patto di stabilità rinviando il pareggio di bilancio strutturale al 2017 e rallenta il percorso di riduzione del debito/Pil nei prossimi anni.
Katainen, già premier finlandese, è responsabile Ue per il lavoro, la crescita, gli investimenti e la competitività cioè ha la supervisione di tutti i principali portafogli economici, mentre commissario per gli Affari economici è il francese Pierre Moscovici.
(da “il Corriere della Sera“)
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