Ottobre 25th, 2014 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE È CONVINTO DI ESSERE FONDAMENTALE NELLA GESTIONE DEI RAPPORTI INTERNAZIONALI… SOLTANTO L’ALTRO GIORNO HA DOVUTO SEDARE LA RABBIA DI BARROSO
Giorgio Napolitano non medita più di dimettersi tra dicembre e gennaio.
Lo sentiva, lo sapeva, ma lo ha capito ancora una volta quando ha dovuto riprendere in mano il telefono per chiamare Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione europea e placare la sua furia sui conti pubblici italiani.
Nonostante il protagonismo irruente di Matteo Renzi, nonostante la sua personale stanchezza, nonostante l’esasperazione sempre più evidente per l’inconcludenza di molti attori della politica, Giorgio Napolitano sente ancora “il dovere di restare”, come riferisce chi è abituato a frequentare il Quirinale.
Ed è questa la principale notizia della settimana, al di là di Leopolde e piazze, e che è destinata a ridisegnare gli scenari politici tracciati sin dall’estate.
Cioè: dimissioni di Napolitano con il nuovo anno ed elezione del suo successore da parte di questo Parlamento.
A quel punto il nuovo capo dello Stato espressione del patto del Nazareno tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi avrebbe anche potuto sciogliere le Camere. Adesso, invece, questo piano salta.
Ecco, quindi, come va interpretata e tradotta quella frase messa come una pietra nel mezzo del discorso ai Cavalieri del lavoro, giovedì scorso al Quirinale: “Occorre varare, con passo celere e determinazione, cambiamenti essenziali. In questo senso continuerò a svolgere il mio ruolo di garante dell’unità nazionale, di tutore di regole che siano realmente tali e non paraventi tesi a difendere l’esistente. Continuerò a operare in questo senso nei limiti delle mie forze”.
Un passaggio in cui il verbo “continuare” è ripetuto due volte e prevale sui “limiti delle mie forze”.
Le telefonate di Draghi e il “ruolo fondamentale”
È stata la spola fatta dalla legge di Stabilità tra Palazzo Chigi, la Ragioneria generale dello Stato, Bruxelles e il Quirinale che ha consolidato nel capo dello Stato l’idea che il suo ruolo è ancora centrale.
Mario Draghi, quando vuole lumi, chiama lui. Di più: il credito che gli viene attribuito dalle cancellerie occidentali e dai vertici dell’Unione europea lo ha convinto che il suo ruolo è addirittura “fondamentale” in un momento di persistente crisi, economica e istituzionale.
La decisione estiva di andarsene a gennaio
La scelta di Re Giorgio maturata in questi giorni non è però stata facile. Perchè le telefonate di Barroso e Draghi non sono un elisir che ringiovanisce.
L’età (90 anni il prossimo 29 giugno 2015) e soprattutto la stanchezza restano. Appena tre mesi fa a luglio, Napolitano, parlando ai cronisti parlamentari per la cerimonia del Ventaglio accentuò proprio quest’aspetto: “Noto, d’altro lato, che si tende a omettere l’altra riserva da me più volte richiamata, quella relativa alla sostenibilità , dal punto di vista delle mie forze, di un pesante carico di doveri e funzioni. E quest’ultima è una valutazione che appartiene solo a me stesso, sulla base di dati obiettivi che hanno a che vedere con la mia età , a voi suppongo ben nota”.
Chi lo conosce bene spiega infatti che il capo dello Stato avverte “il peso dell’impegno preso” sin da quando ha accettato il bis del mandato, un anno e mezzo fa. Disse di sì, assicurano gli amici, dando un dispiacere alla moglie che sperava finalmente in una vita più tranquilla, solo perchè i partiti si impegnarono a fare le riforme. Lo giurarono e spergiurarono. Durante l’estate, dunque, al Quirinale si era anche ragionato sui tempi e a qualcuno non dispiaceva l’idea di un addio durante il messaggio di Capodanno, se ne erano valutati i pro e i contro.
I timori: “Se domani non mi dovessi alzare? ”
Tutte queste ipotesi sono state al momento archiviate. Non facilmente. I suoi amici si sono divisi. Da un lato chi ha sostenuto, in modo pessimista, che anche questo “sacrificio” rischia di essere inutile.
E lo stesso presidente, ragionando, si sarebbe lasciato scappare una frase drammatica: “Cosa succederebbe se domani mattina non mi dovessi svegliare? ”.
Dall’altro, invece, i fautori della “responsabilità ”. Napolitano, alla fine, ha abbracciato questa linea. “Lasciare senza aver firmato nè la nuova legge elettorale nè la nuova Costituzione e con i conti in disordine, per lui a questo punto sarebbe una sconfitta” rivela chi gli ha parlato di recente.
Il presidente vorrebbe riuscire a mettere il suo autografo almeno sotto la nuova legge elettorale. Vede il traguardo a un passo, perchè l’Italicum poteva vedere la luce entro l’inverno, ma ogni volta si ricomincia daccapo.
Ora di nuovo modifiche, balletti sui diversi modelli, aperture e chiusure. Un teatrino che sfinisce la pazienza di Napolitano e gli fa sembrare una chimera le dimissioni a compito concluso.
Ma l’idea di lasciare senza una nuova legge elettorale, con un Senato che elegge il suo successore per l’ultima volta e un governo che chissà quanto dura gli appare sempre più come una prospettiva destabilizzante.
Le urne saranno ancora il piano B di Renzi?
Fabrizio d’Esposito e Chiara Regini
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Napolitano | Commenta »
Ottobre 25th, 2014 Riccardo Fucile
“IL BIPOLARISMO E’ MORTO E IL CENTRODESTRA E’ SCOMPARSO”
“Il passato è passato, ora occorre pensare al futuro, guardare a quello che sarà “.
Un compito difficile per la destra italiana divisa tra partiti e sigle poco vicini tra loro.
Gianfranco Fini ha avviato un percorso di riflessione con Liberadestra (un pensatoio culturale, “non un partito”, precisa Fini) che ha un unico scopo: partecipare alla costruzione di una nuova destra.
Il giro d’Italia di Fini parte da Bari dopo il prologo romano di giugno e finirà quando Liberadestra avrà toccato diverse regioni.
In quel momento sarà fatta sintesi. Il resto, si vedrà .
Per ora Gianfranco Fini, fatto ammenda dei suoi errori passati (“spero lo facciano anche altri”), chiede: “Cosa significa essere di destra?”.
“In poco tempo la società è cambiata, si è globalizzata”, risponde Fini in un cinema barese. Questo l’approccio che fa da sfondo ad ogni risposta alla domanda cardine sulla natura della destra oggi
“Ripartiamo dagli elettori e non dagli eletti senza avere nostalgie del passato, di quello che è avvenuto. Rivolgiamoci a chi è preoccupato della destra che verrà , esorta l’ex presidente di Montecitorio.
A parere di Fini “Il bipolarismo è finito e anche da tempo. In Italia esistono almeno quattro poli. Oltre al centrosinistra e al centrodestra esiste uno schieramento antagonista che si riconosce nei Cinque Stelle e un quarto che, da tempo, non partecipa alla vita politica, avendo voltato le spalle ad essa”.
In cima alle priorità c’è l’interesse nazionale, delle imprese, dell’agricoltura, dei municipi.
“No a soluzione estreme come fuori dall’Euro – puntualizza Fini – sì invece ad una vera politica economica e fiscale”.
Poi: ritrovare la concordia tra capitale e lavoro, pensando alla produzione di ricchezza e cacciando la speculazione finanziaria; detassare la prima casa; pensare al quoziente familiare; cancellare quelle intese europee che impegnano solo gli stati confinanti ai paesi in guerra, all’accoglienza degli immigrati.
Sono tutte premesse di una costruzione di una casa comune a cui Fini ha detto di voler contribuire.
Esponendosi ma senza l’ambizione di voler ricoprire un ruolo di leader (“non ci sono leader per tutte le stagioni”, ha ripetuto).
E senza invocare un giovanilismo a tutti i costi: “Si può essere giovani anche ad ottant’anni. E bisogna esserlo non solo nelle immagini ma anche nei contenuti”
Fini coglie l’occasione anche per lanciare un paio di frecciatine a Matteo Renzi rivendicando la paternità del termine “Partito della Nazione” utilizzato sei anni dopo dal premier e sottolienando come con gli 80 euro in busta paga non ci sia stato alcun beneficio all’economia del Paese mentre con lo stesso costo complessivo, circa 9mld, si sarebbe potuta abolire l’Irap per le piccole e medie imprese.
argomento: Fini | Commenta »
Ottobre 25th, 2014 Riccardo Fucile
CENTINAIA DI POST DI PROTESTA SU FORZASILVIO.IT… LUI REPLICA: “NON LASCIO E MI RICANDIDO, CON RENZI DIALOGO OLTRE LE RIFORME”
La rivolta partita in sordina nei gruppi parlamentari esce dal palazzo e tracima nel web, trascorrono poche ore dalla svolta annunciata da Berlusconi sulle unioni civili e lo ius soli – ma anche sulla legge elettorale alla Renzi – e il sito ufficiale Forzasilvio. it viene preso di mira da migliaia di militanti ed elettori che giurano “mai più”, mai più un voto al partito e al suo leader, hanno «tradito» programma e principi.
Sembra il prologo del temuto, ulteriore calo nei sondaggi
A sera si contavano 55 pagine di commenti e reazioni a una sorta di sondaggio che era stato lanciato in mattinata dal pur fedelissimo Antonio Palmieri, deputato e responsabile internet che in assemblea di gruppo aveva detto “no” alle unioni alla tedesca.
«Berlusconi ha aperto alla possibilità di dare la cittadinanza ai figli degli immigrati che completino le scuole. Cosa ne pensi?».
Simpatizzanti e iscritti al sito non attendevano altro e hanno tirato dentro anche le unioni civili. «Nozze gay? E, ancor peggio, ius soli? Se questa è la Forza Italia del futuro, per quanto riguarda saluto per sempre! A mai più rivederci!» scrive Tiberio.
E Antonio Fioravanti1: «Silvio svegliati!! Fai saltare i falsi accordi!». Marco di Bari: «Sig. Silvio B. questa volta non la seguo più. Basta, voterò Lega o FdI».
È un diluvio. E chi si schiera col leader pare davvero minoranza (Luigi Brambilla: «Caro Presidente, non ceda su ius soli e unioni gay. Difenda da autentico leone liberale, su questo la gente è con lei»).
Ma il resto è un’onda di indignazione e di addii al voto. Alessandro: «Un chiaro suicidio politico oltre che un tradimento»
Eppure Silvio Berlusconi non arretra di un centimetro.
Lo ripete nell’intervista a Belpietro per “Mattino5”, altra tappa del battage mediatico nel quale si è rilanciato. «Siamo un partito liberale, attento ai diritti delle persone, qualunque sia il loro orientamento sessuale».
Da quella stessa trasmissione annuncia quel che era piuttosto scontato, cioè la conclusione anticipata di 90 giorni per buona condotta dei servizi sociali.
«Terminerò il 15 febbraio» dice al telefono mentre è in auto per la consueta mattina del venerdì nell’istituto di Cesano Boscone, prima di spostarsi a Milanello per un pranzo con la squadra.
«E chi pensa che mi ritiri dalla politica, non mi conosce, ho preso un impegno» continua sicuro, sostenendo che si ricandiderà «non appena questa sentenza frutto di una giustizia sciagurata non sarà cancellata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo ».
Anche perchè se non interverrà quella sentenza (sulla quale i legali tuttavia lo invitano alla prudenza) gli effetti della legge Severino, l’interdizione per i prossimi quattro anni, fino al 2017, non saranno cancellati.
Allora l’unico potenziale candidato leader della coalizione sarebbe il leghista Salvini. «Troppo presto per poterlo dire » si limita a rispondere Berlusconi, non escludendo a priori l’ipotesi, aggiunendo solo che certo loro crescono nei sondaggi. Del resto, lo stesso segretario del Carroccio, interpellato sulla prospettiva, dice che in caso di primarie potrebbe essere «candidato, uno dei tanti».
Ma su immigrati e gay, per non dire su Renzi, con Forza Italia proprio non va.
Invece dal premier Berlusconi attende un cenno per un nuovo faccia a faccia la prossima settimana.
Il messaggio che gli manda è ancora più esplicito, pronto a dare una mano «sulle molte cose da fare nell’interesse del Paese».
Legge elettorale, anche, a patto che i tempi si allunghino fino ai primi del 2015, giusto per chiudere la rischiosa finestra elettorale di primavera.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
argomento: Forza Italia | Commenta »
Ottobre 25th, 2014 Riccardo Fucile
KERMESSE E SEGRETI… MOLTI POTERI FORTI E LA META’ DEI FINANZIATORI RESTA SEGRETATO
Luci, musica, video: gli effetti speciali della quinta Leopolda rappresentano la voce più cara della kermesse.
Alle casse della fondazione costeranno 70 mila euro, Iva esclusa.
Per rendere l’idea: più di tre volte l’affitto della stazione fiorentina che ammonta a 20 mila euro, sempre Iva esclusa, e il doppio del catering: 30 mila, al solito, più Iva. Catering che dovrebbe agevolmente ripagarsi da solo: affidato alla Gerist, solo ieri sera ha apparecchiato quasi 1500 coperti a 10 euro a testa minimo.
Oggi si raddoppia, pranzo e cena.
Sei milaeuro sono destinati per sedie e tavoli, altrettanti per la sicurezza e l’assicurazione contro eventuali infortuni. “Il totale dei preventivi a oggi, Iva esclusa, è di circa 290 mila euro. Dico circa perchè ho ancora in corso le negoziazioni con alcuni fornitori”.
Alberto Bianchi, contattato dal Fatto Quotidiano, gentilmente fornisce alcuni dati sui reali costi della quinta kermesse renziana, la prima governativa.
Bianchi, oltre a essere l’avvocato del premier e del fidato Marco Carrai, nonchè consigliere di Enel nominato dall’esecutivo made in Florence, è anche il tesoriere della fondazione Open.
E lo è stato anche della Big Bang e, negli anni precedenti all’era della trasparenza arrivata nel 2012, della associazione Festina Lente che, insieme alla Link, dal 2007 in poi ha finanziato l’ascesa renziana
A oggi, dei 3 milioni raccolti si conosce il nome di quanti hanno finanziato poco più della metà dell’importo.
Sapere chi nello specifico pagherà la Leopolda è dunque impossibile. “Usiamo i fondi raccolti dalla Open”, spiega al Fatto l’avvocato Bianchi.
E l’esborso sarà in parte coperto “con quanto viene donato in questi tre giorni anche attraverso Paypal”. E altre nuove possibili elargizioni dirette alla fondazione.
A oggi, tra i maggiori sponsor, figura David Serra che, assieme alla moglie Anna Barasi, ha versato complessivamente 175.000 euro dal 2012 a oggi.
Serra, oltre a essere amico di Carrai, è soprattutto il finanziere del fondo Algebris, in cui la Fondazione cassa di Risparmio di Firenze ha investito 11 milioni di euro nel 2012 poi confermato nel 2013.
L’ente Crt in quel periodo è presieduta da Jacopo Mazzei e tra i consiglieri annovera anche l’amico Carrai.
Mazzei è consuocero di Paolo Scaroni: nel novembre 2012 sua figlia Violante si è sposata con Bruno Scaroni, figlio dell’allora amministratore delegato dell’Eni, in cui poi entrerà il fidato Marco Seracini.
Anche Mazzei appare tra i finanziatori della fondazione Big bang, ma solo per il primo anno, con 10.000 euro.
Tra i benefattori della Open figura anche Guido Ghisolfi, vicepresidente della Mossi&Ghisolfi di Tortona, contribuisce con 125.000 euro.
Gli altri finanziatori sono meno generosi.
Il munifico Alfredo Romeo, arrestato nel 2009 per turbativa d’asta, condannato in primo grado a tre anni per corruzione, e candidato dal governo Renzi per guidare l’agenzia per la riscossione dei tributi dello Stato, versa 60.000.
Si dimostra generoso anche l’ex presidente della Fiat Paolo Fresco, che con la moglie Marie Edmèe Jacquelin versa 50.000 euro.
Altri 20.000 arrivano da Simon Fiduciaria della famiglia di Franzo Grande Stevens. Dalla Karat Srl dei fratelli Bassilichi arrivano 25.000 euro.
Poi c’è una sfilza di soggetti che hanno donato 10.000 euro ciascuno: Carlo Micheli, consigliere di Banca Leonardo e figlio del finanziere Francesco; la Eva Energie Spa dell’ex presidente dell’Enel Chicco Testa, la società israeliana Telit Communications di Oozi Cats; Fabrizio Landi, amministratore della società Esaote e dalla Sinefin del gruppo Giannanti di Pisa, nominato dal Governo nel cda di Finmeccanica. E molti altri.
Secondo Sel, che ieri ha presentato una interrogazione ai ministri di Finanza, Interno e sviluppo economico ora che Renzi è premier potrebbe figurarsi qualche conflitto di interessi.
Ma già la procura di Firenze a febbraio ha aperto un fascicolo sui finanziamenti a seguito di un’inchiesta realizzata dal Fatto proprio sui fondi.
Da allora, tra i finanziatori, si sono aggiunti molti parlamentari democratici folgorati sulla strada per Roma: 35.
Dal tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, all’europarlamentare Simona Bonafè, poi il sindaco ereditiere di Firenze Dario Nardella, Matteo Biffoni, primo cittadino a Prato. Ancora: Ernesto Carbone, che a Roma guida una Smart del 2001 pagata un euro, ha versato alla fondazione Open 12.000 euro.
David Ermini, Michele Anzaldi 10.400 ciascuno, mentre Luca Lotti e Dario Parrini hanno contribuito con 9600 euro a testa.
C’è poi la Maria Elena Boschi che ha versato 8.800 euro. 6.800 invece li ha versati l’emergente Edoardo Fanucci che alla Leopolda si è conquistato un posto sul palco.
Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Renzi | Commenta »
Ottobre 25th, 2014 Riccardo Fucile
LA CASTA DIRIGENTE RENZIANA HA PERSO LO SPIRITO RIBELLE
Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti, made in Firenze nel mondo, ragiona di riduzione del costo del lavoro, competitività , imprese.
Simona Bonafè, annuisce, prende appunti, risponde. Pausa tv. Lascia una decina di minuti il tavolo.
A Sky diffonde l’ortodossia: “Rispetto il sindacato, ma noi dobbiamo dare risposte alle imprese. Noi sulle risposte ci misuriamo non su quanti ne portiamo in piazza. E le risposte le stiamo dando con la legge di stabilità ”.
Ingorgo di telecamere: Rai, Mediaset, Porta a Porta. Parole analoghe, a quelle che pronuncerà in serata Renzi. Il quale dal tavolo, manda sms e dà lo spin del giorno.
È un set televisivo la Leopolda 5.
Parlano ai microfoni che piombano dall’alto sui tavoli i ministri che coordinano i tavoli: Boschi, Franceschini, Delrio.
Pare una diretta continua: i tavoli coordinati da loro i più affollati di media e curiosi.
È la nuova casta dirigente renziana.
Dal caos della rottamazione al protagonismo di governo dei nuovi big. Ogni tavolo coordinato da un ministro, viceministro, sottosegretario, parlamentare di peso.
I cittadini ci sono, ma fino a un certo punto. I professoroni renziani circondano Maria Elena Boschi.
Da un lato Stefano Ceccanti, dall’altro Francesco Clementi. Di fronte Roberto D’Alimonte. E Massimo Rubechi, che è uno degli esperti più ascoltati dal ministro. Praticamente un confronto in casa.
Da Palazzo più che da Leopolda old style. Quando il ministro per le Riforme si siede, il messaggio è stato già affidato al Tg5: “La legge elettorale resta una priorità per il paese. Il Pd ha proposto modifiche aspettiamo di sapere dagli altri partiti che con noi hanno votato questa legge su quali aspetti possiamo intervenire per migliorarla”.
Al tavolo si parla in modo trattenuto di riforme. Ovviamente tutti difendono il testo del governo. Punto. Non un critico sui “nominati”.
Anzi Roberto D’Alimonte va oltre: “Speriamo che Berlusconi regga, così non si rimettono le preferenze”. Conscia dei riflettori, il ministro sorride e si affida a un diplomatico: “Io mi dissocio…”.
Parecchi giovani attorno al tavolo del ministro Pinotti. Che sta praticamente facendo una lezione sui fondamentali: “L’Europa deve fare passi avanti per una politica comune di difesa. Oggi siamo ancora lontani. Il libro Bianco affronta questo tema e lo porteremo avanti con determinazione”.
La spinosa questione degli F35 è invece dirottata a un tavolo minore. Al tavolo 35 della mattinata dove il deputato Gian Piero Scanu è favorevole al dimezzamento mentre Vito Vattuone più sulla linea del ministro.
Proliferano tavoli come sono proliferati gli incarichi e le poltrone. Vanno di moda i diritti civili. Dirittoallafelicità , il tavolo coordinato da Alessia Morani prossima candidata governatrice nelle Marche.
Ne discute con avvocati, psicoterapeuti, psicologi: “Fosse per me io sono favorevole ai matrimoni gay. Vado oltre Luxuria”.
Nel pomeriggio lo stesso argomento lo affronta Ivan Scalfarotto, che raggiunge vette di purismo: “Non mi è piaciuto — dice — il titolo di Repubblica su ‘unioni civili solo per i gay’, perchè così la rimozione di una disuguaglianza diventa attribuzione di un privilegio”.
Discussioni in libertà . Alessandra Moretti invece, quando riesce a liberarsi delle telecamere, si dedica alla famiglia etero, anzi alle “nuove famiglie”: “Noi dobbiamo creare le condizioni affinchè sia affrontato il diritto alla genitorialità in modo che il ruolo non sia solo delle madri”.
Leopolda di governo, istituzionale. Gennaro Migliore e Andrea Romano qui alla Leopolda negli anni scorsi erano venuti da osservatori.
Ora da partecipanti, appena entrati del partito della Nazione. Qualche scatto e le dichiarazioni di rito. Un già sentito nei titoli.
Per Raffaele Cantone “stavolta si può ancora battere la corruzione”. Per Cucinelli stiamo tornando ad investire nel lavoro che rispetta l’uomo.
Per Rossella Orlandi, direttore dell’agenzia delle entrare “chi evade mette in difficoltà la parte sana del paese”.
Rispetto agli altri anni manca la novità , il giovane fenomeno, il volto nuovo che conquista la sala. La conquista è già avvenuta: il governo.
Le camicie bianche del potere renziano marciano su Roma. Richetti è adorato, stringe mani, non ha pace con i selfie. Al tavolo con la Malpezzi ha il piglio di chi dà la linea: “Ma vi rendete conto che in Emilia Romagna ci sono aziende che non trovano a chi dare lavoro perchè è mal combinato il rapporto tra scuola e inserimento al lavoro?”.
Il suo tweet è ri-twittato da Renzi. Diventa il più virale del giorno.
E, soprattutto, è il segnale “interno” che è ancora nelle grazie del Capo.
Resta casta. Non ribelle.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Renzi | Commenta »
Ottobre 25th, 2014 Riccardo Fucile
“HO CHIESTO LA TESSERA DEL PD A LONDRA: LO FINANZIAREI”… E IL MODELLO DIVENTANO LA CINA E LA RUSSIA DELLE OLIGARCHIE CORROTTE
Le “Cayman” (avrebbe detto Pier Luigi Bersani) entrano nel Pd di Renzi.
Davide Serra prova liberarsi dalle telecamere che lo seguono ovunque: “Ho fatto domanda per iscrivermi al Pd, sì ho fatto richiesta della tessera. Al Pd di Londra”.
A Londra Serra tiene il suo quartier generale della Algebris Investments, al terzo piano di una palazzina con i mattoni rossi vicino a Savile Row.
A Londra si iscriverà al Pd di Renzi. Che è pronto ad aiutare anche economicamente. Scusi Serra, se si iscrive al Pd significa che lo finanzierebbe anche?
Risposta: “Sì, questo Pd, con questo gruppo dirigente lo finanzierei”.
Quello prima no. Anzi, con quello prima ci fu una polemica aspra. Quando Bersani attaccò sulle “Cayman”, Serra era un visto come un corpo estraneo rispetto al Pd.
Un simbolo di ciò che la sinistra deve combattere.
Alla Leopolda invece è Serra la vera star. Ascolta certo, ma parla moltissimo.
Un muro di telecamere circonda il suo tavolo, dove coordina la discussione. Ruolo che negli altri hanno parlamentari ed esponenti di governo del Pd.
Ogni tanto Serra si alza e si concede per illustrare le proposte del tavolo, che poi coincidono con le sue idee. Arrivano notizie di una folla oceanica da San Giovanni. Non si scompone: “Dipende dall’obiettivo, se vogliono creare posti di lavoro o disoccupati: se vogliono aumentare i disoccupati facciano lo sciopero generale”.
Al governo, Serra consiglia di avere il pugno più duro coi sindacati: “Il Jobs act mi piace tutto perchè mette flessibilità all’entrata e all’uscita. Se tu non hai flessibilità all’uscita, non ce l’avrai mai all’entrata, dovessi firmarlo lo firmerei, potrebbe essere fatto un pelo più aggressivo”. Già , più aggressivo.
Nelle parole del finanziere lo spirito autentico della Leopolda: “In Italia siamo rimasti agli anni 50, 60, c’è l’idea della contrapposizione ma che la gente vada in Cina a vedere come funziona, in Russia”
Capito, dove c’è la dittatura delle oligarchie corrotte, insomma…
Questo Pd è il suo Pd. Il tavolo diventa una processione di simpatizzanti.
Serra è concentratissimo nell’illustrare la linea. Col piglio dell’ideologo del nuovo corso.
Ecco la prima proposta, nel giorno del milione di lavoratori in piazza a San Giovanni: limitare il diritto di sciopero nel pubblico. Spiega: “Il diritto di sciopero dovrebbe essere molto regolato, prima che tutti lo facciano random. Se volete scioperare, scioperate tutti in un giorno. In caso contrario chi deve venire domani a investire non ci viene”.
La proposta, come le altre, viene raccolta dagli speaker.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Renzi | Commenta »
Ottobre 25th, 2014 Riccardo Fucile
LA BINDI: “IMBARAZZANTE E’ LA LEOPOLDA, NON LA MANIFESTAZIONE DELLA CGIL
Polemiche tra le due anime della sinistra (e in particolare del Pd) tra la renziana «Leopolda» a Firenze e la manifestazione della Cgil a Roma.
«Penso che più imbarazzante della contro manifestazione della Leopolda non ci sia niente», ha detto Rosy Bindi, presente al corteo del sindacato.
«Sono qui per capire le ragioni di questo pezzo reale del Paese. Nessuna strumentalizzazione di tipo politico. Spero che Renzi ascolterà questa piazza, vorrei che il governo facesse cose migliori di quelle che sta facendo. Se la riforma del lavoro resta questa voterò la fiducia, ma non voterò il provvedimento».
L’ex ministro ha poi anche polemizzato in diretta su Sky con Debora Serracchiani alla quale ha detto che «è chiaro che con la Leopolda si vuole fare un altro partito» perchè «la dirigenza composta dal segretario, da due vicesegretari e da mezzo governo sceglie di discutere di futuro ad una manifestazione finanziata da imprenditori e finanzieri dove il simbolo del Pd neppure compare».
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Ottobre 25th, 2014 Riccardo Fucile
QUELLO CHE MANCA, AL POPOLO DI SAN GIOVANNI, E’ UN LEADER CHE NE INCARNI LE ASPIRAZIONI
Per il premier Matteo Renzi questa della Cgil è una manifestazione politica, e non sindacale.
Non sarà d’accordo forse Susanna Camusso, ma non c’è dubbio che il popolo dei due immensi cortei che stanno sfilando in questo momento per le vie della Capitale la pensa largamente allo stesso modo.
Per la prima volta, Grillo escluso, si è materializzata in piazza una reale opposizione politica al Governo Renzi. Ad animarla è la tradizionale sinistra laburista.
Che oggi, tangibilmente, rivela la sua ostilità anche antropologica e culturale nei confronti del premier.
Matteo Renzi descrive il sindacato e il suo popolo come un ferrovecchio da ricacciare nel Novecento, un oscuro potere forte conservatore.
In piazza San Giovanni, mentre la folla entra cantando slogan irripetibili contro Renzi, svetta uno striscione gigante, in cui quelli della Cgil si autodefiniscono “conservatori di coraggio”.
Appunto, l’unica opposizione.
Tra Leopolda e San Giovanni la guerra è ormai aperta.
L’ambiguità tra sinistra di opposizione e il partito di governo, che ha scelto come alleato e punto di riferimento l’imprenditore “che si spacca la schiena” è finita forse una volta per tutte.
Quello che manca, al popolo di San Giovanni, è un leader, uno strumento politico che ne incarni le aspirazioni e le esigenze.
Per adesso il Pd renzizzato può ancora sperare di ricatturare i voti del popolo della vecchia sinistra.
Un popolo che però sente con forza di essere stato abbandonato da Renzi, che vede scegliere dal premier ogni volta “gli altri”.
Per adesso un punto di riferimento politico serio e credibile, alternativo, non c’è.
Domani, chissà ?
Roberto Giovannini
(da “La Stampa”)
argomento: sindacati | Commenta »
Ottobre 25th, 2014 Riccardo Fucile
LA CGIL VA OLTRE LE PREVISIONI: A ROMA IN CORTEO TANTA GENTE COMUNE NON ADERENTE AL SINDACATO PER RIVENDICARE LA DIGNITA’ DEL LAVORO
“Si sappia alla Leopolda e a Palazzo Chigi che non deleghiamo a nessuno le politiche del lavoro”.
Susanna Camusso dal palco della manifestazione Cgil a Roma lancia un messaggio chiaro al governo: no al Jobs Act.
E appena nomina Matteo Renzi si levano fischi da Piazza San Giovanni, dove oltre un milione di persone è arrivato per protestare contro la linea dell’esecutivo sul lavoro.
Il segretario risponde così anche alle voci che arrivano da Firenze, dove il finanziere vicino al premier Davide Serra si è detto favorevole a “limitare il diritto di sciopero a lavoratori pubblici”.
Poi marca la differenza con la Leopolda (“Questa non è la passerella di nessuno”) e avverte: Renzi “non si illuda che basti chiedere l’ennesima fiducia in Parlamento, ci siamo e ci saremo con la nostra proposta per il lavoro”.
E, prosegue “continueremo con gli scioperi articolati e anche con lo sciopero generale”. Perchè “non si esce dalla crisi punendo il lavoro e rendendolo più povero“: i diritti vanno estesi a chi non li ha e “l’articolo 18 è una tutela concreta, non ideologia”.
Negativo anche il giudizio sulla riforma della giustizia (“Che riforma è se non c’è il falso in bilancio e se non si inizia la lotta alla corruzione?) e sulla legge di stabilità , che “è costruita su qualche bonus e qualche taglio” e che se non cambia verso “crisi e rigore continueranno a tenere il Paese nella stagnazione”.
Camusso sottolinea poi che “non si cambia l’Europa se non c’è cambiamento radicale dei trattati” e che “non si deve contrattare lo 0,3, bisogna tornare alla carta di Nizza”. Inoltre, “non va bene che il presidente del Consiglio dice in Europa quello che non fa in Italia”.
Al corteo di Roma, partito in anticipo da Piazza della Repubblica e diretto a Piazza San Giovanni, i manifestanti hanno sfilato con i cartelli dello slogan “Lavoro, dignità , uguaglianza. Per Cambiare l’Italia“.
E anche il leader della Fiom Maurizio Landini attacca duramente l’esecutivo.
Per lui il corteo di oggi “dimostra che sulle questioni economiche e del lavoro il governo non ha il consenso del Paese e delle persone che per vivere devono lavorare”. E Palazzo Chigi, aggiunge, “deve fare i conti con questo”.
A Roma sfilano lavoratori, studenti e pensionati, con striscioni che raccontano storie di lavoratori in mobilità , in cassa integrazione. ‘Renzi pifferaio’, ‘Pd partito di destra’ si legge su alcuni cartelli.
Ci sono anche i ‘Gufi felici’ in piazza, con tanto di striscione che ironizza su come il premier definisce gli scettici alle sue azioni politiche e il collettivo di immigrati ‘Via dal Campo’, composto da lavoratori d’origine africana.
E tra i partecipanti spunta anche una bara nera con la scritta bianca ‘Il Jobs Act seppellisce i diritti dei lavoratori’, firmata dalla Fillea-Cgil.
A detta di molti osservatori neutrali Roma da anni non vedeva un corteo così impressionante: basti dire che quando la Camusso ha iniziato a parlare dal palco in una piazza San Giovanni gremita, i due cortei erano ancora a metà percorso.
Il successo della manifestazione deriva da un altro elemento visibile: sono tanti “gli esterni”, cittadini comuni, famiglie e giovani che si sono uniti al corteo pur non avendo la tessera della Cgil in tasca, ma in segno di protesta contro il governo del “fare chiacchiere”.
argomento: sindacati | Commenta »