Ottobre 16th, 2014 Riccardo Fucile
NEL PALAZZO ALEGGIA IL FANTASMA DEL VOTO: “RENZI PUNTA A SFORARE IL 3% E ANDARE A VOTARE A PRIMAVERA”
Uno spettro si aggira per il Parlamento, lo spettro del voto anticipato.
Francesco Boccia, uno che di leggi di stabilità ne ha lette a centinaia, va dritto al punto: “Se il paese, così come accaduto negli ultimi dieci anni, non vedesse rispettare le previsioni di crescita indicate nella legge di stabilità , non vedo altre strade alternative alla rottura con Bruxelles. E quindi in Italia il voto per evitare la troika”.
Nel day after della presentazione della legge di stabilità , è lo scenario di un voto in primavera al centro dei conciliaboli tra deputati e senatori: “Diciamo — sostiene Stefano Fassina – che con questa impostazione Renzi costruisce le condizioni per”.
Sono soprattutto i ghostbusters antirenziani ad afferrare il fantasma del voto.
Le “condizioni per” di cui parla Fassina si possono così riassumere: Renzi fa una finanziaria espansiva, che agisce a sinistra con l’Irpef a destra con l’Irap, dicendo agli imprenditori “con questi sgravi non avete più alibi per assumere”, ma tutto l’impianto poggia su una previsione di crescita dello 0,6.
Poichè è difficile raggiungere lo 0,6, e quindi non sforare il tre per cento tra deficit e Pil, a febbraio, sul tavolo della nuova commissione, ci sarà il “caso Italia”.
E per piegare Bruxelles Renzi potrebbe fare della legge di stabilità il programma su cui chiedere il consenso agli italiani, andando al voto. Perchè non c’è dubbio che è un programma forte: “Sicuramente — prosegue Boccia — intercetta il consenso delle grandi e delle medie imprese, meno delle piccole”.
C’è di più. Il provvedimento su cui Renzi si gioca tutto arriva dopo settimane di guerriglia a bassa intensità tra palazzo Chigi e il Parlamento.
La fiducia sull’articolo 18 per sfidare la sua maggioranza, poi i voti a palazzo Madama su cui la maggioranza ha raggiunto il suo punto più basso, con 161 voti sulla nota di aggiornamento al Def e 164 sul decreto per gli stadi. Segnali di allarme, cui aggiungere la fronda permanente sulla Consulta letta a palazzo Chigi come una fronda al Patto del Nazareno. Renzi da un lato, insofferente verso il Parlamento. Il Parlamento dall’altro, insofferente verso Renzi.
Cala su questo scenario una legge di stabilità letta innanzitutto come una grande operazione politica. Per capire i punti su cui miete consenso, basta ascoltare le parole di Laura Ravetto, una che ad Arcore è di casa, verso alcuni parlamentari fittiani: “Voi non avete capito che a fare opposizione si fa un favore a Renzi che vuole una scusa per andare a votare. Se decidessi io, questa legge la voterei. Lo so che sulle coperture bisogna ancora vedere. Ma non vorrei che votandogli contro lo esonerassimo dal trovare le coperture nel 2015 e consentirgli di portare al voto anticipato con una legge che fa contenti tutti”.
E, soprattutto, che prosciuga l’elettorato di Forza Italia.
Gli ultimi sondaggi arrivati ad Arcore sono davvero da brivido.
Alle regionali del prossimo anno non c’è una sola regione in cui il centrodestra risulta competitivo. Al momento è “otto a zero” per il Pd.
Sarebbe un traino formidabile se Renzi trasformasse quel giorno in un election day, regionali e politiche.
Il dato di Forza Italia poi, è ancora più da brivido. Prima della presentazione della legge di stabilità Forza Italia è andata per la prima volta sotto il 14 per cento.
E ancora non c’era la manovra sull’abbattimento dell’Irap, una vera calamita per i voti di Forza Italia che chiamava quella tassa “Imposta rapina”: “Beh — dice Nunzia De Girolamo, capogruppo di Ncd — se la legge di stabilità fosse l’indice di un programma elettorale sarebbe il programma del Pdl del 2008. È un’Opa su Forza Italia”.
Già , un’Opa. Lanciata a destra. Ma anche a sinistra. Per questo, pure tra i critici, i toni sono molto costruttivi: “Io — dice Boccia — tifo affinchè sia davvero una manovra espansiva, perchè il paese ne ha bisogno. Ma una cosa deve essere chiara: per uscire dalla deflazione serve uno shock e per lo shock servono soldi. E sui tagli voglio capire meglio se siamo di fronte a una riqualificazione della spesa o di fronte a tagli lineari”.
Sulla scia di questo ragionamento arriviamo all’incognita più grande.
Tra Renzi e il voto, ammesso che sia questo il vero obiettivo del premier, c’è l’istinto di conservazione di questi gruppi parlamentari.
Gruppi che saranno chiamati a gestire la successione di Napolitano, ormai prossima. Nel senso che è opinione diffusa che il capo dello Stato avrebbe intenzione di mollare all’inizio del prossimo anno, una volta approvata la legge elettorale.
Legge elettorale, al momento ferma. Ma cui da ambienti informati trapela un’importante indiscrezione.
E cioè che sarebbe pronto, se lo stallo si prolungasse, un emendamento per far valere l’Italicum anche al Senato. Per i ghostbusters è un’altra precondizione per arrivare al voto.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 16th, 2014 Riccardo Fucile
SECONDO LA FONDAZIONE DEI CONSULENTI DEL LAVORO: L’ANTICIPO SARA’ CONVENIENTE SOLO PER I LAVORATORI CON UN REDDITO FINO A 15.000 EURO
La possibilità di farsi accreditare in busta paga il Tfr (Trattamento di fine rapporto) rischia di rivelarsi un boomerang per i contribuenti.
Al momento si parla di indiscrezioni, visto che il testo della legge di Stabilità disponibile è ancora catalogato come “bozza”. Ma se si confermasse, esso prevede che l’anticipo del reddito sia trattato come componente aggiuntiva dello stipendio e – si legge al comma 1 dell’articolo 6 – sia “assoggettato a tassazione ordinaria e non imponibile ai fini previdenziali”.
Quindi sì nel conto Irpef, no in quello dei contributi.
Secondo i primi calcoli della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, l’anticipo del Tfr in busta paga sarà conveniente per i lavoratori con un reddito fino a 15.000 euro mentre subiranno un aggravio fiscale quelli al di sopra di questa soglia, con un aumento annuale di tasse che, per chi ha 90.000 euro di reddito, arriva a 569 euro l’anno (1.895 euro in meno per il periodo marzo 2015-giugno 2018).
Il problema si somma a un rischio di cui Repubblica ha dato conto nelle scorse settimane: più Tfr in busta paga potrebbe tradursi in meno agevolazioni per asili nido, mense scolastiche, tasse universitarie.
E anche minori detrazioni Tasi.
Il rischio è quello di perdere gli sconti legati al reddito Isee, destinato con certezza a lievitare nel caso in cui il dipendente optasse per l’anticipo della liquidazione nel cedolino del prossimo anno.
Non una faccenda di poco conto. Assicurata la liquidità alle piccole e medie imprese grazie al circuito bancario, il corollario più pericoloso del Tfr subitoora diventa proprio questo. Il pericolo cioè che il lavoratore ci perda.
E che ci guadagni, alla fine, solo lo Stato.
Di quanti soldi parliamo? In media, 100 euro al mese, 1.200 euro l’anno, netti.
Un dipendente che viaggia attorno ai 23 mila euro lordi annui (l’imponibile medio dei lavoratori italiani nel privato), se scegliesse l’anticipo del suo Tfr, vedrebbe salire la busta paga di 106 euro in più (netti) da gennaio in poi. Oppure di 1.269 euro tutti in una volta.
Il vantaggio mensile di fatto oscillerebbe tra gli 85 e i 153 euro, a seconda dei redditi (dai 18 mila ai 35 mila euro annui), ha calcolato il Caf Uil.
Ma i conti non scontavano che venisse trattato come cumulo di reddito, quindi che potesse dar luogo a un’aliquota Irpef più alta di cui sopra.
All’aggiunta del reddito imponibile ai fini Irpef, si somma la crescita di quello Isee.
Che proprio dal 2015 ricomprende nel suo calcolo, giustappunto, anche tutti i redditi a tassazione separata, come appunto il Tfr, oggi esclusi.
Maggiore reddito Isee significa minori sconti, specie per redditi medio- bassi.
Qualche esempio:
Un reddito Isee di 12.500 euro a Milano paga una tariffa di asilo nido pari a 103 euro mensili. Ma se quel reddito si alzasse anche solo di un euro per effetto del Tfr anticipato – la retta passerebbe a 232 euro: 129 euro in più al mese. Conviene?
Il costo della mensa scolastica a Roma è di 50 euro mensili per redditi Isee non superiori, anche qui, a 12.500 euro. Limite che un anticipo di liquidazione potrebbe violare, portando così la mensa a 54 euro.
L’iscrizione all’università La Sapienza di Roma costa 549 euro l’anno, per i redditi Isee di 12 mila euro. Si passerebbe a 600 euro con un reddito poco sopra.
A Bari chi ha un reddito Isee di 10 mila euro non paga la Tasi.
Sarebbe rischioso accettare il Tfr nello stipendio, se poi questo comportasse l’obbligo di versare la tassa sulla casa e per giunta con aliquota massima, al 3,3 per mille.
“Sarà una scelta volontaria”, rassicurava ieri il ministro dell’Interno Alfano.
“E se si fa, non costerà neanche un euro in più di tasse”, rincarava il viceministro all’Economia Morando.
Dipende, verrebbe da dire.
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Ottobre 16th, 2014 Riccardo Fucile
L’OBIETTIVO È LA CANCELLAZIONE DELLA SINISTRA INTERNA, SI VA VERSO IL REGIME RENZIANO
“C’è un problema di coerenza nella classe dirigente del Pd”. Parola del responsabile economico del partito, Filippo Taddei.
Che a Rainews24 la mette così: “Nel partito ci sono anime, correnti e culture politiche divergenti. C’è una difformità antropologica e una delle due componenti è destinata a sparire. È quella che prima era impegnata nell’antiberlusconismo e poi è stata travolta da Renzi”.
Mai dichiarazioni furono più esplicite di come la maggioranza renziana vede le minoranze.
Persino gli uomini del presidente si stupiscono: “Ha detto così?”
Ma spingere fuori dal partito chi si ostina a opporsi è un obiettivo. Ultimo terreno di scontro, la fiducia sul jobs act.
Prossimo, la manifestazione della Cgil a Piazza San Giovanni, con mezzo partito (da Civati a D’Attorre, passando per Fassina e Damiano) che sarà in piazza.
“Chi nel Pd sceglie di manifestare contro il governo dovrà prendersi la responsabilità di spiegare questa scelta ai cittadini”, commentano duri dagli alti piani dem. Perplessità e rabbia nelle minoranze: “Ma che me la deve mettere in mezzo Taddei l’antropologia? Posso discutere con Levy Strauss”, dice Bersani.
E D’Attorre: “Questo partito è più mio che loro”. Idem, Cesare Damiano.
A proposito di difformità antropologica, i renziani ragionano più o meno così: tranne che nello Spi, nelle organizzazioni territoriali del sindacato ormai i dirigenti Pd sono minoranza rispetto a quelli di Sel e Prc. E pronosticano sconfitte della Cgil come accadde al sindacato con la marcia dei quarantamila nell’80, o con la scala mobile nell’85.
Polemizza Dario Parrini, renzianissimo segretario toscano: “C’è una sinistra molto acrimoniosa, e per fortuna molto minoritaria, che ha sempre cercato di indebolire il riformismo di governo”.
E alla Cgil: “Polemizzate col Pd; polemizzate con Renzi. Ma mantenetevi fermi contro questa misera demagogia”. Che “la sparizione” di un certo dissenso (antico, marginale, “piccolo” ) la vorrebbe Renzi è chiaro.
Per schiacciarlo, la strategia è raffinata quanto diabolica.
Sconvocata l’Assemblea dei senatori prevista per oggi che deve valutare il non voto sul lavoro di Ricchiuti, Mineo e Casson. I tre non saranno espulsi (“figuriamoci se Matteo gli regala lo status di martiri”, spiegano i renziani), ma “avvertiti”. Un ammonimento. Ci sarà martedì, dopo la direzione in programma lunedì per discutere la forma partito.
Una richiesta della stessa minoranza che Renzi ha accolto. E che sfrutterà a suo vantaggio. I gruppi parlamentari sono sollecitati a serrare i ranghi. Nessun nuovo regolamento immediato. Ma un percorso verso un partito più aperto, in cui contino tanto gli elettori, quanto i tesserati.
Un partito funzionale al governo (lo raccontano così).
Nel frattempo, si pensa a modifiche dello Statuto, per rendere meno larghe le maglie in cui si può votare in dissenso dalle decisioni della maggioranza (per ora, si parla di questioni etiche e principi fondamentali della Costituzione).
E poi, si ricorda la circolare di Bersani, che ai futuri candidati fece sottoscrivere l’impegno a votare secondo mandato. Sanzioni possibili? Se si vota no alla fiducia, l’espulsione è automatica, ragionano i renziani.
E chi non partecipa al voto? Misure allo studio. Tra cui quella di cancellare i ribelli ostinati dall’anagrafe degli iscritti e togliergli la tessera.
La minaccia, sotterranea, per Renzi, è quella che funziona di più.
E la principale è la condanna all’irrilevanza. Ancora i renziani. “Ma Civati perchè non va in Sel? Perchè nel Pd da oppositore ha un palcoscenico maggiore”. Poi, c’è la certa espulsione dalle liste future. Quanto future? Nella strategia di Renzi, il voto è un’opportunità sempre aperta.
Nella road map che partirà con la direzione di lunedì, l’approdo è un’Assemblea nazionale (in programma tra 3 o 4 mesi, ma chissà ). Che voterà un Pd a immagine e somiglianza del leader.
Pronto all’uso per eventuali elezioni.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 16th, 2014 Riccardo Fucile
E SE FOSSE UNA SENTENZA SUICIDA? LA PROCURA STUDIA IL RICORSO IN CASSAZIONE
I fatti sono in fila. E sono tutti dimostrati: il sesso ad Arcore; “l’attività prostituiva”; la minore età di Karima di cui Berlusconi era “certamente consapevole almeno quando fece le telefonate in Questura” per levarsi dall’imbarazzo; le stesse telefonate “che hanno inciso sulla tempistica e sulla modalità dell’affidamento” della minore non ad una comunità ma al consigliere Minetti che poi la consegna ad una prostituta come la brasiliana Conceicao.
E’ tutto vero quello che la procura di Milano e la polizia giudiziaria ha raccolto in quei mesi di indagine tra l’estate del 2010 e il febbraio 2011, che visti oggi sembrano un secolo fa.
Ma vanno nella direzione opposta le conclusioni cui giungono i giudici dell’Appello che il 17 luglio hanno assolto Silvio Berlusconi dall’accusa di concussione e prostituzione minorile.
Così, alla fine della lettura delle 332 pagine di motivazioni, ci si interroga se questa non possa, in qualche modo, essere una cosiddetta sentenza suicida.
Fatta e costruita cioè per essere ribaltata in Cassazione. Suggestioni.
Ma appare quasi scontato il ricorso della procura generale di Milano.
Ed ecco perchè la Ruby story non può dirsi nè conclusa nè sepolta.
C’era molta attesa per la lettura delle motivazioni. Il tempo scadeva il 17 ottobre e il deposito è avvenuto stamani. Il provvedimento prende in esame prima il reato di concussione, il più grave, quello che in primo grado contribuì per sei anni ai sette totali della condanna.
Quello, anche, che ha incardinato il processo a Milano e non a Busto Arsizio che sarebbe stato competente per la sola prostituzione minorile.
E’ interessante leggere da pagina 207 in avanti, dove viene esaminata la natura e il contesto delle telefonate che Berlusconi fece in questura la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 quando Ruby fu portata in questura perchè denunciata per furto dalla ex amica Caterina Pasquino.
I giudici presieduti da Emilio Tranfa ricostruiscono i fatti di quella sera: la Conceicao (brasiliana che è accertato vivere di prostituzione) avverte Berlusconi (di cui ha il numero cellulare sul proprio telefonino) impegnato a Parigi nel vertice Ocse dell’arresto di Ruby; le 2-3 telefonate che l’allora premier fa al capo di gabinetto della questura Piero Ostuni spiegando come in questura a Milano si fosse vicini all’incidente diplomatico visto che era stata fermata la nipotina dell’amico presidente egiziano Hosni Mubarak.
I giudici scrivono anche “Berlusconi aveva un personale, concreto interesse” ad ottenere che Ruby venisse affidata a Nicole Minetti e non collocata in comunità perchè “preoccupato del rischio di rivelazioni compromettenti” sulle serate ad Arcore. Le telefonate hanno quindi avuto “effetto acceleratorio” perchè l’affidamento avvenisse prima dell’identificazione.
Ostuni, il capo di gabinetto della Questura, “ha mostrato la volontà di soddisfare al più presto il desiderio del Presidente del Consiglio” e le telefonate “hanno inciso sulla tempistica e sulla modalità di affidamento” e quindi risulta “provata sotto il profilo materiale l’efficacia causale dell’intervento di Berlusconi”.
A questo punto della lettura ti aspetti, come logica conseguenza, che insomma, la concussione (art.317 cp) o il suo reato minore (319 quater, induzione indebita a dare o promettere utilità ) siano la logica conseguenza di tali condotte. E invece no.
Il movente di Berlusconi è dimostrato ma i suoi metodi non sono stati “nè intensi nè persistenti”. Mai si trova “un accenno a minacce o coartazioni di sorta”.
Da parte di Ostuni c’è stato semmai “un eccesso di ossequio e di precipitazione”, ha eseguito per “timore reverenziale dovuto alla carica istituzionale dell’interlocutore”. Del resto,i poliziotti non sono mai stati indagati dalla procura e non si sono neppure costituiti parte civile.
I fatti accertati, si legge a pag 247, “si pongono al di fuori del perimetro di rilevanza penale tracciato dalla autorevole pronuncia delle Sezioni Unite sia con riferimento al reato di concussione che al reato di induzione indebita a dare o promettere utilità ”. Una precisazione che serve a chiarire che la legge Severino (che nel 2012, a processo iniziato, ha diviso in due il reato di concussione) non ha influito su questo giudizio.
E che Berlusconi sarebbe stato assolto in ogni caso.
I giudici passano poi al secondo reato contestato, la prostituzione minorile.
Anche in questo caso la lettura delle carte sembra portare versa una condanna netta. I giudici parlano di serate caratterizzate da atti sessuali pubblici “di cui è stata raggiunta prova certa” per “stimolare la libidine sessuale del padrone di casa” (da p. 258 in avanti) e dei suoi ospiti per “propiziarsene i favori sotto forma di elargizioni di denaro o di altre utilità come pagamento dei canoni di locazioni e di bollette, acquisto di automobili, gioielli, finanziamenti a fondo perduto o occasioni di lavoro nel mondo dello spettacolo”.
I giudici si dilungano sulla natura del bunga bunga e sulla tipologia delle esibizioni “licenziose”: “spogliarelli, esibizioni del proprio corpo nudo o parti di esso, lap dance, simulazione di atti sessuali, toccamenti del seno, glutei o altre parti intime (coperte o denudate), bagni di gruppo in piscina, baci, ammiccamenti”.
Spiegano come tra Berlusconi e Ruby ci sia stato un “effettivo svolgimento di atti di natura sessuale” e certamente “retribuiti”.
Così da non avere dubbi ad affermare che la situazione “deve essere inquadrata giuridicamente nella tipologia degli atti sessuali a pagamento che integrano la prostituzione”.
Ma anche qui la conseguenza della lettura dei fatti contravviene alla logica. L’allora premier, infatti, “non era conoscenza della minore età di Karima el Magrough” e il fatto che Emilio Fede ne fosse invece consapevole (pp.326-330) “non è sufficiente a dare prova certa del dolo dell’imputato”.
Cioè di Berlusconi.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 16th, 2014 Riccardo Fucile
OGGI LA SCOMUNICA SUL BLOG: “DECISIONE GIA’ COMUNICATA ALL’INTERESSATO”… LUI CADE DALLE NUVOLE: “L’HO SCOPERTO LEGGENDO IL SITO”
“Fabbri è fuori dal M5S”. Non ha avuto nemmeno la dignità di un articolo dedicato, come successo ad alcuni suoi predecessori.
È bastato un post scriptum, in calce a un intervento anti-euro, per far sapere agli iscritti che Marco Fabbri, il sindaco di Comacchio (in provincia di Ferrara), non fa più parte del Movimento 5 Stelle.
L’Emilia grillina, dopo l’espulsione di domenica 12 ottobre del consigliere regionale Andrea Defranceschi, perde un altro pezzo.
“La decisione è stata comunicata all’interessato nei giorni scorsi”, si legge sul blog di Beppe Grillo.
Ma il primo cittadino, contattato da ilfattoquotidiano.it smentisce: “L’ho scoperto questa mattina leggendo il sito”.
L’accusa è quella di essersi candidato alle elezioni provinciali nonostante il divieto dei vertici. A difendere la scelta era stato nei giorni scorsi anche la lista 5 stelle di Comacchio.
L’annuncio di Grillo arriva all’indomani della nomina ad assessore della nuova giunta provinciale di Ferrara, dove il giovane primo cittadino pentastellato (31 anni) si è visto affidata la delega al turismo.
Un incarico, gratuito come da legge Delrio, che Fabbri aveva accettato “quasi a malincuore” (“Sarei stato meglio senza questo ulteriore impegno”), nella convinzione che “indipendentemente dai simboli servono gli amministratori che rappresentano il territorio” in una lista — quella votata lo scorso 29 settembre — che comprendeva praticamente tutti i partiti.
Ma la mannaia del blog non ha fatto sconti e così il sindaco che a suo tempo disse che “se necessario avrebbe mandato a fanculo anche Grillo” pur di difendere gli interessi dei propri cittadini, ora dovrà togliersi di dosso il simbolo dei Cinque Stelle.
Era il maggio del 2012, Fabbri stava per conquistare Comacchio e il leader del Movimento non battè ciglio. Altri tempi. Ora arriva il divorzio.
“Il M5S rifiuta — si legge nel post scriptum — per statuto la partecipazione alle elezioni provinciali e Fabbri, in quanto sindaco M5S, non poteva concorrere per altre cariche. La certificazione della lista di Comacchio è revocata. Fabbri è fuori dal M5S”.
Un divorzio non proprio consensuale che secondo lo staff di Grillo sarebbe già stata “comunicato all’interessato nei giorni scorsi”. “Prima o poi doveva accadere” commenta laconico Valentino Tavolazzi, il primo espulso della storia grillina, tra l’altro conterraneo di Fabbri.
“Da marzo 2012 (il giorno della sua cacciata, ndr) ad oggi tutti gli eventi portavano a questo epilogo. Ora manca solo il sindaco di Parma Federico Pizzarotti”.
Marco Zavagli
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Ottobre 16th, 2014 Riccardo Fucile
UTILITA’ E FAVORI DIETRO LA CONTABILITA’ SOCIETARIA DI MARZIALI, SOCIO DELLA FONDAZIONE DI ALEMANNO
Arianna Meloni, sorella dell’ex presidente della Camera, è finita nell’inchiesta per corruzione che ruota attorno al costruttore Paolo Marziali.
Lei e il marito, l’ex assessore regionale Francesco Lollobrigida, avrebbero favorito il costruttore in cambio di «utilità ».
L’attacco di «Batman»
Nel 2012 era stata tirata in ballo dall’ex Batman di Anagni, Franco Fiorito, che, in piena bufera per le spese regionali, voleva accreditare la tesi del «così fan tutti».
E dunque la attaccò: «Non la vediamo da mesi ma prende sempre lo stipendio» disse, aprendo ufficialmente la querelle. Seguirono polemiche.
La sorella dell’attuale presidente di Fratelli d’Italia non è dipendente della Pisana ma ha sempre avuto contratti di collaborazione in Regione.
È sposata a Francesco Lollobrigida, ex assessore regionale alla mobilità , indagato a sua volta per i presunti favori a Marziali.
Lavori mai fatti
I pm Gianfranco Cirielli, Ilaria Calò e Roberto Felici (gli ultimi due già titolari dell’inchiesta sui Grandi Eventi di Angelo Balducci) ritengono di aver individuato utilità /favori nei loro confronti dietro la contabilità societaria del Gruppo Marziali.
Si tratta di fatture per vari importi -12 mila 383 euro; 816,89; 14mila 691 euro; 5.997 e altro – che sarebbero state emesse per lavori mai fatti e che, dunque, nasconderebbero tangenti.
Con questa ipotesi i finanzieri del Tributario hanno effettuato perquisizioni a fine maggio. In seguito nuovi sviluppi hanno portato a indagare il dirigente di Ama Servizi Cimiteriali, Fabrizio Mericone.
Tutto sembra ruotare attorno agli ambienti della Nuova Italia, la fondazione di Gianni Alemanno di cui Marziali è socio, amministrata da Franco Panzironi (grande sponsor di Mericone).
Il costruttore avrebbe così ottenuto appalti importanti. Il suo nome, già noto per le opere dei Grandi Eventi di Diego Anemone e Angelo Balducci, era circolato per gare all’Ater e in alcuni ospedali.
Il decreto dei magistrati parla espressamente di una sua «attività corruttiva».
Giulio De Santis e Ilaria Sacchettoni
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 16th, 2014 Riccardo Fucile
PROFUGHI: DAL 1 NOVEMBRE PARTE “TRITON”, MA NON SALVERA’ I MIGRANTI IN ACQUE LIBICHE… LA NEO “COMPAGNIA DEGLI IPOCRITI” AVRA’ SULLA COSCIENZA LA MORTE DI MIGLIAIA DI DISPERATI, POI LA DOMENICA ANDRANNO TUTTI IN CHIESA CON LA FAMIGLIOLA
Se l’operazione Mare Nostrum finirà , sarà esclusivamente per decisione del governo italiano.
Nel frattempo la nuova operazione europea Triton partirà il 1 novembre, con un compito differente dalla missione italiana: l’obiettivo è la protezione delle frontiere, non effettuerà soccorsi in acque libiche, non avrà come priorità il salvataggio dei migranti, ma nel caso dovesse pescare i profughi dal mare non effettuerà respingimenti – ormai considerati illegali – bensì, bontà sua porterà i naufraghi in Italia.
Gil Arias-Fernandez, direttore esecutivo di Frontex, presenta Triton e cioè l’incarnazione dell’aiuto europeo nei confronti dell’Italia che, da sola, ha salvato e accolto 140mila persone – in maggioranza richiedenti asilo.
Il governo italiano ha lavorato alacremente per ottenere la cooperazione di Bruxelles, basata sulla partecipazione volontaria dei governi.
Al pattugliamento congiunto dei confini a sud di Lampedusa hanno risposto 26 Paesi europei, con finanziamenti scarsi che però la direzione di Frontex ritiene “più che sufficienti” per partire.
Il problema rimane l’atteggiamento del Viminale.
Fin dall’inizio Angelino Alfano ha ripetuto che Mare Nostrum avrebbe gradualmente lasciato spazio al pattugliamento europeo, intenzione che non sembra piacere alla Commissione.
Oggi il responsabile del Viminale ha annunciato che “la data di chiusura verrà decisa in un prossimo consiglio dei ministri”.
Ogni volta che Alfano dichiara la scomparsa di Mare Nostrum, Bruxelles ribadisce che Triton affiancherà ma non sostituirà le navi della marina militare italiana.
“Continuare o interrompere Mare Nostrum è una decisione del Governo italiano. Frontex aiuta gli Stati membri a controllare i confini ma non li sostituisce” ha affermato nuovamente Arias-Fernandez presentando Triton.
Il problema politico è evidente: se l’Italia smetterà di soccorrere i profughi in mare, il numero delle vittime salirà in maniera spropositata e gli elogi finora indirizzati alla missione umanitaria del governo italiano si trasformerebbero presto in critiche.
Roma, e di conseguenza l’Unione europea, non possono permettersi di lasciar annegare migliaia di persone di fronte all’opinione pubblica.
Tuttavia questa sembra l’intenzione di Alfano: le navi di Triton “fisseranno la linea di pattugliamento a 30 miglia dalle coste italiane” per “contrastare l’immigrazione irregolare e il traffico di esseri umani” e non avrebbe senso “avere una seconda linea più avanzata” composta dai mezzi di Mare Nostrum.
A questo punto la decisione passa al Consiglio dei ministri, e cioè a Matteo Renzi.
I dettagli tecnici dell’operazione che debutterà il 1 novembre rimangono ancora oscuri. Domani 17 ottobre il capo della polizia italiana, Alessandro Pansa, sarà a Varsavia nella sede di Frontex per discutere dei particolari operativi.
“Il centro di comando e di controllo di Triton sarà a Roma e sono previsti altri centri locali, probabilmente a Lampedusa”, annuncia il direttore esecutivo.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 16th, 2014 Riccardo Fucile
LA DEPUTATA LETTONE SE NE VA E IL GRUPPO SI SCIOGLIE… E A ROMA I COMMESSI INTERVENGONO PER DIVIDERE DUE FAZIONI INTERNE
Si dissolve il gruppo dell’Efdd che riuniva all’Europarlamento i deputati del M5s e quelli dell’Ukip di Nigel Farage.
L’uscita dell’eurodeputata lettone Iveta Grigule ha fatto mancare al gruppo, di cui facevano parte 48 europarlamentari, le 7 nazionalità necessarie alla sua esistenza.
Per questo è stato automaticamente dissolto.
All’interno del Movimento 5 stelle non tira una buona aria neanche a Roma.
Ieri sera nell’assemblea congiunta di deputati e senatori si è sfiorata la rissa, tanto da rendere necessario l’intervento dei commessi.
Poi la riunione è stata rinviata perchè erano presenti soltanto una quarantina di parlamentari.
Lo scontro, viene riferito all’Agi, è avvenuto tra il senatore neocapogruppo Alberto Airola e la deputata Eleonora Bechis. Airola, a margine dell’assemblea, ha attaccato la collega Bechis per questioni legate al territorio. Entrambi sono stati eletti in Piemonte. In difesa della Bechis sono intervenuti alcuni deputati come Walter Rizzetto, Tancredi Turco, Tommaso Currò.
“Non si è arrivati alle mani solo per l’intervento di alcuni parlamentari che si sono frapposti” racconta uno di loro, “e pure i commessi sono intervenuti per dividere: anzi, il loro intervento è stato determinante per evitare che si arrivasse a calci e pugni”.
E ancora, prosegue il racconto: “I toni sono stati molto alti. Sono volati insulti. C’è stata la minaccia di resa dei conti”.
Alberto Airola dal canto suo minimizza: “Non ce l’avevo con lei, discutevo di problemi tra attivisti del territorio e gruppo parlamentare, ma niente di clamoroso”.
Non è un periodo sereno per il movimento: tra la contestazione a Grillo a Genova e i toni duri contro i dissidenti.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 16th, 2014 Riccardo Fucile
PIOVONO CRITICHE SULLA FINANZIARIA: “TAGLIARE I SOLDI A REGIONI E COMUNI VUOL DIRE AUMENTARE LE TASSE”
“Con i nuovi tagli da 4 miliardi della legge di stabilità ci troviamo in una situazione che è insostenibile a meno di non incidere sul capitolo della spesa sanitaria o di compensare con maggiore entrate”.
Lo dice il presidente della conferenza delle regioni Sergio Chiamparino, sintetizzano la posizione “unanime” dei governatori.
“Abbiamo dato intesa sul Patto per la Salute e il Fondo sanitario – continua Chiamparino -: il Patto viene così meno. Il Governo fa delle legittime manovre di politica economica ma usando risorse che sono di altri enti: l’elemento incrina un rapporto di lealtà istituzionale e di pari dignità “.
Dello stesso avviso è il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.
“Semplice abbassare le tasse con i soldi degli altri – afferma-. Le Regioni sono chiamate ora a condividere il raggiungimento di obiettivi di finanza pubblica dettati dall’Ue, a finanziare scelte che non abbiamo preso noi ma il governo”.
Infine a un giornalista che sottolinea come, secondo Renzi, è la manovra più di sinistra che si potesse fare interviene Fassina: “ma che manovra di sinistra, è una manovra che, unita all’intervento sul mercato del lavoro, sta nel solco del mercantilismo liberista che ha portato l’Europa a una recessione sempre più grave”.
(da “Huffingtonpost”)
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