Agosto 23rd, 2016 Riccardo Fucile
NIENTE ORATORI DI PARTITO ALL’EVENTO, RETI MEDISET ALLERTATE PER LA MASSIMA COPERTURA… TRA GLI OSPITI L’EX NUMERO UNO DI CONFINDUSTRIA SQUINZI
I motori torneranno a girare a pieno regime domani. Quando Stefano Parisi sarà di nuovo a Milano dopo qualche giorno di vacanza per mettere a punto l’organizzazione della convention di metà settembre.
Negli ultimi giorni la sua attività è stata quella che in Forza Italia chiamano (con apprensione) «point to point».
Significa che l’attività si è limitata ad alcune telefonate a interlocutori che potrebbero partecipare all’appuntamento tutto contenuti che Parisi ha in mente di realizzare.
Un evento su cui è mantenuto stretto riserbo, anche allo scopo di aumentare l’hype, l’attesa.
La location in zona via Tortona
La location attende soltanto il definitivo via libera del promotore, ed è comunque significativa.
Si tratta di un locale per eventi della zona di via Tortona, il quartiere che fu industriale e che iniziò la sua trasformazione (e la sua gentrification) proprio negli anni in cui Parisi era il direttore generale del Comune di Milano, con Gabriele Albertini sindaco.
In realtà , il super consulente di Silvio Berlusconi aveva pensato a qualcosa di ancora più specifico come sede per la sua convention: la Fabbrica del Vapore.
Un vecchio stabilimento dismesso recuperato dalla giunta Albertini e trasformato in uno spazio polifunzionale. Ma dal Comune, oggi guidato dall’avversario Beppe Sala, è arrivato un no.
A Pontida il raduno della Lega
Anche la scelta dei giorni potrebbe non essere casuale. Il weekend di metà settembre è quello in cui la Lega si darà appuntamento per il più classico dei raduni, quello di Pontida. Sulla coincidenza dei due eventi, esistono due interpretazioni.
Quella maliziosa, che indica nella data un modo garbato per mettere fuori gioco eventuali presenze leghiste.
E quella invece accomodante: la data sarebbe stata scelta proprio per evitare imbarazzi: ciascuno a casa sua, e tutti contenti. Forse la spiegazione è più semplice: la settimana prima era ancora troppo a ridosso delle ferie.
«La crescita cultura dell’area moderata»
Comunque sia, la convention parisiana, almeno per il momento, non prevede oratori di partito. In realtà , neppure è un appuntamento di Forza Italia.
La sua organizzazione è parallela a quella dell’incarico di due diligence sul movimento che gli ha conferito Silvio Berlusconi. Parallela ma, come si sottolinea, separata.
Certo, l’ex premier ha «apprezzato e condiviso» l’iniziativa di Parisi. Che tuttavia, resta «un contributo» del solo Parisi «alla crescita ideale e culturale per l’area moderata». Anche se le televisioni del Biscione sono state già allertate: massima copertura all’evento. Nei giorni del suo svolgimento, ma soprattutto in quelli successivi per far risuonare le nuove parole d’ordine.
Tra i presenti, poche certezze: l’ex numero uno di Confindustria Giorgio Squinzi, il presidente di Federacciaio Antonio Gozzi e quello di Ance Claudio De Albertis.
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 23rd, 2016 Riccardo Fucile
REGGIO EMILIA, SI BUTTA IN ACQUA PER SALVARE TRE PERSONE E SI SCATENA IL DELIRIO RAZZISTA
Quando ha visto un uomo arrancare nelle acque del Po e altri due che cercavano invano di trarlo in salvo, Sauro Maghenzani, 52enne parmense, non ci ha pensato due volte: si è tuffato e con una nuotata ha raggiunto i tre, aiutandoli a guadagnare la riva. La vicenda si poteva concludere così, con i ringraziamenti e il plauso per un atto di altruismo che ha permesso di salvare una vita umana.
Ma qualche settimana dopo nella cassetta della posta, l’uomo ha ricevuto un’amara sorpresa: una lunga lettera anonima con una sfilza di insulti a sfondo razzista.
Il motivo? La persona che ha salvato non è un italiano, ma uno straniero, un cittadino di origine cinese che si trovava in spiaggia sul Po con i suoi parenti.
Le offese, la maggior parte delle quali irripetibili tanto da non consentire la pubblicazione integrale del testo, accusano in sostanza l’uomo di essere dalla parte degli immigrati: “Abbiamo gli extracomunitari che ormai ci stanno soffocando e comandano loro, i cinesi che ci stanno uccidendo con la loro concorrenza” si legge nella lettera recapitata a Maghenzani nella sua abitazione a Mezzani, in provincia di Parma.
Ma ci sono anche frasi più esplicite, come “Tornate in Africa, tu e i tuoi amici africani”, oppure “Dovevi lasciarli crepare”.
Parole scritte da qualcuno che probabilmente sa chi è Maghenzani e ha sentito parlare in paese della sua impresa.
“Il mio è stato un semplice gesto di pietà — racconta Maghenzani a ilfattoquotidiano.it — Ho risposto a una richiesta di aiuto, lo avrei fatto per chiunque, invece mi hanno scritto cose assurde, dicono che è colpa mia se ci sono gli stranieri in Italia, perchè li salvo tutti io”.
I fatti risalgono al 7 agosto a Boretto, in provincia di Reggio Emilia, sulle rive del Grande Fiume.
Una domenica pomeriggio come tante, con famiglie e residenti che cercano refrigerio dalla calura di agosto approfittando delle secche del Po che d’estate formano lingue di sabbia e pozze d’acqua lungo il letto del fiume.
“Ero lì con i miei figli, c’erano tante persone quel giorno e anche un gruppo di cinesi. — racconta il parmense — A un certo punto ho sentito gridare aiuto. Ho visto che in acqua c’era un uomo che stava male e rischiava di annegare. Altri due cercavano di aiutarlo, ma per la corrente non riuscivano a tornare a riva. Così mi sono buttato, ho nuotato per una ventina di metri e li ho raggiunti”.
Grazie al suo intervento, Maghenzani è riuscito a portare a riva l’uomo che aveva avuto un malore, un 28enne cinese, e insieme a lui suo padre e il fratello che erano stati sopraffatti dalla corrente.
Poi sono arrivati i soccorsi e tutto si è risolto per il meglio. “I cinesi sono stati molto gentili — racconta — mi hanno continuano a ringraziare e volevano addirittura offrirmi dei soldi. Ma non mi sento di aver fatto nulla di speciale. Io vengo da sempre sul Po, mi è capitato di buttarmi anche per salvare un cane, quel giorno non mi sono chiesto chi avessi davanti, ho soltanto cercato di dare il mio contributo in una situazione d’emergenza”.
Chi frequenta il Po è abituato a tendere la mano a chi si trova in difficoltà e non di rado a salvare vite, perchè le correnti sono forti e il pericolo è dietro l’angolo: lo fanno spesso i pescatori, l’ha fatto Maghenzani, l’ultima volta quella domenica d’agosto. “L’avrei fatto per chiunque — continua — Non ho rischiato la vita, ho soltanto dato una mano, niente di più”.
La cronaca di quel giorno è stata raccontata dalla Gazzetta di Reggio, e il salvataggio del 52enne ha fatto il giro della provincia e del suo paese di origine.
Tanti i complimenti, ma anche qualche battuta col sorriso: “Se era dei nostri era meglio”, “Potevi lasciarlo là ”.
Qualcuno però è andato oltre, arrivando perfino agli insulti con quella lettera anonima inviata pochi giorni fa.
“Credo che si tratti di qualcuno che mi conosce — aggiunge Maghenzani — ma devo dire che non mi interessa sapere chi è. Non credo di avere fatto un gesto eroico, penso che chiunque di fronte a una persona che sta male, dovrebbe cercare di mettersi a disposizione. Io l’ho fatto questa volta. Se ricapitasse lo rifarei, ma scapperei subito dopo. Non mi piace la ribalta — conclude amaro — e tutto quello che sta succedendo su questa vicenda non ha senso”.
Silvia Bia
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 23rd, 2016 Riccardo Fucile
“PAGATI 4,5 EURO PER RACCOGLIERE TRE QUINTALI DI POMODORO… 20.000 BRACCIANTI AFRICANI E COMUNITARI NELLA SOLA PROVINCIA DI FOGGIA
I nuovi schiavi d’Europa vivono nel Tavoliere, nella Puglia glamour delle vacanze a cui si contrappone quella dei ghetti. Uno peggio dell’altro, se avesse senso mettere a confronto dei ghetti
«Noi siamo europei ma siamo trattati peggio dei neri». A Borgo Mezzanone – borgata nata dalla bonifica fascista a una decina di chilometri da Foggia (pur essendo frazione di Manfredonia) – c’è il ghetto dei bulgari.
Niente acqua corrente, niente bagni e adesso anche niente lavoro nei campi.
«Ci sono pochi pomodori (il 30 per cento in meno rispetto al 2015, ndr) – racconta Mirko, in Puglia da quattro anni con la famiglia – e se ci va bene, quest’anno, lavoreremo 7 o forse 10 giornate nell’intera stagione: per la raccolta preferiscono i neri, più giovani e forti».
Il ghetto dei bulgari è meno conosciuto di quello africano, il Gran Ghetto di Rignano Garganico.
È anche più piccolo – 1.000 abitanti contro 2.500 – ed è «solo» un insediamento abusivo al contrario dell’altro, sotto sequestro (con facoltà d’uso) da marzo.
Ma tra un ghetto e l’altro c’è una differenza fondamentale: in quello dei bulgari ci sono i bambini, tanti bambini. In quello africano no.
Bimbi e ragazzi per i quali, tra roulotte e baracche delle favelas del Tavoliere, non esiste la scuola, non esistono giochi, non c’è acqua corrente per una doccia: in poche parole, non c’è futuro.
Le «tariffe
«I bulgari si trasferiscono con le famiglie – spiega il prefetto di Foggia Maria Tirone – lo sappiamo e lo sa anche il Comune di Manfredonia che ha contattato l’ambasciata bulgara per una collaborazione». «E con la penuria di lavoro – spiega Daniele Iacovelli, segretario della Flai Cgil della provincia di Foggia – per qualche euro in più i neo-comunitari sono disposti anche a rinunciare a qualche giornata contributiva che, con la complicità dei datori di lavoro o dei commercialisti, viene assegnata agli italiani falsi braccianti».
I due ghetti, quello bianco e quello nero, hanno un punto in comune: il coordinamento da parte dei caporali, bulgari da una parte e africani dall’altra, che fanno da mediatori con gli imprenditori che cercano manodopera a basso costo.
Il listino prezzi, per braccianti africani e neo-comunitari (complessivamente ventimila nella provincia di Foggia a fronte dei quattrocentomila a livello nazionale) è identico: il trasporto con il furgone costa cinque euro a testa e per ogni cassone da tre quintali – pagato quattro euro e mezzo – il caporale trattiene cinquanta centesimi.
E visto che nei furgoni si stipano anche in venti e che ogni bracciante riesce a riempire fino a quindici cassoni, il caporale incassa per ogni trasporto duecentocinquanta euro al giorno.
I controlli
Considerando che all’interno dei ghetti i caporali gestiscono anche i bar e i negozi (dal macellaio al meccanico), si capisce come con questo giro d’affari sia difficile debellare il caporalato. E questo, nonostante negli ultimi mesi si sia registrato un sensibile incremento dei controlli (più 59 per cento, secondo il governo).
«Soltanto con più controlli e con investimenti nei trasporti si può sconfiggere il caporalato – spiega il prefetto Tirone –. I ghetti si allargano perchè ci sono i caporali e i caporali trovano spazio perchè non ci sono alternative adeguate per coprire le lunghe distanze che separano i braccianti dai campi».
Più controlli, quindi. Ma c’è anche chi se ne lamenta.
Verso Sud, nella provincia di Bari, si sta raccogliendo l’uva da tavola. Ma, per Coldiretti Puglia, la raccolta è ostacolata da «un clima di presidio militarizzato».
«Prima di Ferragosto – spiega Giorgio Nicassio dell’omonima azienda di Adelfia – sono venuti dodici finanzieri per controllare i nostri quattro braccianti che lavoravano nel vigneto e l’attività è rimasta bloccata dalle 8 alle 11».
Eppure, nel Sud-Est Barese, con distanze da coprire più brevi, il fenomeno del caporalato è meno diffuso rispetto al Foggiano e al Salento.
Dove invece i ghetti si allargano, l’Europa è solo sulla cartina e il futuro si allontana.
Michelangelo Borrillo
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 23rd, 2016 Riccardo Fucile
RIDICOLI: HANNO VOTATO LA LIMITAZIONE DELLA CUSTODIA IN CARCERE
Familiari, cittadini e politici si sono scagliati contro i magistrati di Ragusa, colpevoli di aver scarcerato il “mostro”.
In base al racconto della madre, è possibile che i reati siano ritenuti insussistenti: prelevare la bambina in uno spazio aperto (una spiaggia), dunque senza possibilità di nascondersi, senza un mezzo che permetta una veloce fuga, in presenza dei genitori e di altre persone che reagiscono immediatamente, potrebbe essere ritenuta condotta inidonea e dunque penalmente irrilevante.
In ogni modo, Lubyata è stato fermato pochi istanti dopo averla preso in braccio: non vi è stata dunque una concreta privazione della libertà personale (nel che consiste il sequestro di persona) poichè la bambina è rimasta sotto il controllo dei genitori e dei loro amici.
Si tratterebbe dunque di reati tentati, proprio come accadrebbe nel caso di chi, con l’intento di appropriarsene, entri in una vettura parcheggiata ma non riesca ad allontanarsi perchè immediatamente bloccato.
Per questi reati (tentati) il fermo non era consentito.
Articolo 280 comma 2 codice di procedura: la reclusione è prevista solo per reati con pena non inferiore nel massimo a cinque anni.
Il sequestro di persona (consumato) è punito con una pena massima di 12 anni (art. 605 comma 2 codice penale); il tentativo prevede pena diminuita da un terzo a due terzi (art. 56 comma due codice penale), dunque con un massimo di 4 anni.
Il reato di sottrazione di minore prevede pene molto minori. Semplicemente la legge non consente la custodia preventiva.
La mamma della bambina ha ragione: la legge fa vomitare.
I responsabili del vomito sono proprio quelli che oggi additano i magistrati di Ragusa alla pubblica esecrazione.
Legge 9/8/13, emanata allo scopo di “fornire una prima risposta al problema del sovraffollamento penitenziario e a sanare una situazione che espone il nostro Paese alle reiterate condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo”; articolo 1: all’articolo 280, comma 2 la parola “quattro” è sostituita da “cinque”.
Con la legge precedente Lubyata avrebbe potuto finire in galera; oggi no.
D’altra parte lo scopo dichiarato di risolvere il “sovraffollamento penitenziario” senza costruire nuove carceri poteva essere raggiunto solo non incarcerarando i delinquenti. Aggredire i magistrati per aver applicato una legge fatta proprio dagli aggressori è il colmo dell’improntitudine.
Non desta infine stupore, ma indignazione sì, la voglia di linciaggio manifestata da quelli stessi che, in occasione di conclamati rapporti di loro sodali con associazioni criminali, in genere mafiose, si prodigano in ridicole difese paragiuridiche (mancato rispetto dei diritti degli imputati e accanimento processuale).
Difese prontamente dimenticate quando il criminale da tutelare non è uno dei loro e quando il “giustizialismo” applicato al delinquente comune garantisce consenso e voti.
Bruno Tinti
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 23rd, 2016 Riccardo Fucile
ANM E MAGISTRATURA INDIPENDENTE NON FANNO LE LEGGI, LE APPLICANO… L’INDIANO ANDAVA ESPULSO PRIMA, MA TENERE UNA BAMBINA IN BRACCIO PER 40 SECONDI SENZA ALLONTANARSI NON PARE PROPRIO UN SEQUESTRO DI PERSONA
Chi attacca la pm di Ragusa sul mancato fermo dell’indiano accusato di tentato sequestro di persona per aver preso in braccio una bimba sulla spiaggia di Scoglitti “non conosce la legge”.
Lo afferma l’Associazione nazionale magistrati, che definisce “inaccettabili” gli attacchi al pm di Ragusa Giulia Bisello, titolare dell’inchiesta su Ram Lubhaya, ambulante con precedenti per droga.
Accuse arrivate, oltre che dai familiari della vittima e sui social, dai soliti politici di centrodestra come Maurizio Gasparri e Daniela Santanchè.
Secondo quanto emerso, il 43enne ha preso la bimba in braccio per meno di un minuto, senza allontanarsi, per poi essere bloccato dai familiari stessi, mentre qualcuno chiamava i carabinieri.
Sui fatti accaduti nel territorio del Comune di Vittoria lo scorso 16 agosto, che “saranno accertati nel procedimento penale”, l’Anm “stigmatizza gli attacchi mediatici diretti al pm di quell’ufficio giudiziario Giulia Bisello”.
Attacchi che sono “frutto di un approccio superficiale agli accadimenti, determinato dalla non conoscenza degli atti e dei presupposti di legge che hanno portato alle scelte della collega”.
Sulla stessa linea, la corrente moderata Magistratura indipendente, che aggiunge: “Le giuste richieste e le legittime aspettative di sicurezza dell’opinione pubblica devono essere rivolte a chi ha il compito di redigere le leggi”.
Sull’onda delle polemiche — il ministro della giustizia Orlando ha disposto accertamenti sul caso — il procuratore capo di Ragusa Carmelo Petralia e la pm titolare hanno fornito la spiegazione tecnica della decisione di non procedere al fermo di Ram Lubhaya, dettata appunto dalla normativa.
Il reato di sequestro di persona, aggravato dall’essere commesso ai danni di un minore, prevede pene da uno a dieci anni di carcere, mentre per procedere a un fermo la legge impone un minimo di due anni.
In più i magistrati sottolineano che al più si è trattato di un tentato sequestro, risolto in meno di un minuto, lasso di tempo nel quale l’uomo non si è neppure allontanato dal luogo dove ha incontrato la bambina.
Lo stesso Lubhaya ha negato di avere alcuna intenzione di rapirla.
Il sottosegretario alla giustizia Cosimo Maria Ferri sposa la spiegazione tecnica dei magistrati e propone di conseguenza un aumento delle pene per quelli che definisce “ladri di bambini“: “Potremmo chiedere al legislatore di rivedere i termini relativi al reato di sequestro di persona, innalzando i minimi per evitare che nel caso di tentativo non ci siano i presupposti per disporre il fermo”.
Altro fronte, il fatto che sul cittadino indiano gravasse un provvedimento di espulsione: “Il nodo vero — sottolinea Ferri — è perchè non sia stato espulso, perchè era ancora qui, libero. Peggio ancora: perchè non era in un centro per gli immigrati? Occorre agire con maggior energia sul capitolo delle espulsioni, rispendendo al suo Paese chi ha non diritto di stare in Italia”.
La Procura di Ragusa, infatti procederà anche per il reato di immigrazione clandestina.
I magistrati non avrebbero potuto disporre la custodia cautelare dell’accusato perchè l’attuale parlamento — in ottica “svuotacarceri” — ha approvato la legge del 9 agosto 2013 che ha abbassato di un anno la soglia di pena per cui si può disporre il carcere in attesa di giudizio.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 23rd, 2016 Riccardo Fucile
PRESENTATO IL PROGRAMMA DELLA FESTA DELL’UNITA’… “VOGLIAMO OSPITARE IL CONFRONTO TRA RENZI E SMURAGLIA”
Sarà che lo slogan di quest’anno è “Lo scambio delle idee”, e l’immagine-simbolo quella di alcuni pesciolini che nuotano in direzioni diverse.
Ma dal Pd bolognese arriva un’apertura totale all’Anpi per la prossima feste dell’Unità in programma al Parco Nord dal 25 agosto al 19 settembre: dopo le polemiche furiose dei giorni scorsi, arriva il sì allo stand per i partigiani, all’interno del quale potranno distribuire il loro materiale.
Anche, va da sè, i volantini per il “No” al referendum costituzionale voluto da Renzi per il prossimo autunno.
Mentre i vertici del partito locale spingono ancora perchè si faccia qui il confronto tra il premier e Carlo Smuraglia, numero uno dell’associazione dei partigiani.
Sta a loro, durante il direttivo nel pomeriggio, decidere se accettare o meno l’invito
Boldrini, Boschi e il capitano Kirk.
E’ stato presentato oggi nel capoluogo emiliano il programma della kermesse democratica, con i suoi imponenti numeri: 3.000 volontari, un milione di visitatori attesi nei 32mila metri quadrati allestiti.
E una sorpresa: l’arrivo del capitano Kirk di Star Trek, vale a dire la star holliwoodiana William Shatner, la prima a varcare i cancelli di via Stalingrado.
Grazie a un cachet segretissimo e di certo non economico. Tra i grandi ospiti della politica, la presidente della Camera Laura Boldrini (17 settembre), sei ministri del governo e diversi big del partito, a partire da Maria Elena Boschi.
Tanti i big della politica nazionale ci sono anche Giuliano Poletti il 4 settembre, Dario Franceschini e Andrea Orlando il 5, Maurizio Martina il 13, Graziano Delrio il 18.
Poi il presidente Pd Matteo Orfini, Roberto Speranza, Gianni Cuperlo, gli ex segretari Walter Veltroni e Pierluigi Bersani. Attese poi Bianca Berlinguer e Debora Serracchiani. Presenti il governatore Bonaccini e il suo predecessore Errani. Il 16 ci sarà invece la tradizionale intervista a Virginio Merola.
La frattura con l’Anpi.
Il Pd bolognese si è candidato inoltre a ospitare il confronto diretto tra il segretario-premier Renzi e l’Anpi.
Il segretario Francesco Critelli ha espresso oggi l’auspicio che si lavori insieme all’associazione partigiana per costruire quell’evento:
“Come sempre abbiamo invitato il nostro segretario nazionale nonchè presidente del Consiglio e siamo fiduciosi per una sua visita. Ci siamo detti disponibili a ospitare il dibattito con il presidente nazionale dell’Anpi. Ribadiamo questa nostra disponibilità , anche se sappiamo che bisogna creare condizioni idonee perchè l’Anpi accetti di costruire un dibattito insieme, così come stiamo facendo in questi giorni con l’Anpi locale”.
(da “La Repubblica“)
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Agosto 23rd, 2016 Riccardo Fucile
CONSORZIO VENEZIA NUOVA AMMETTE CON IMBARAZZO
Le paratoie del Mose non si alzano. Due anni di inattività , a seguito di scandali e processi, sabbia e detriti hanno bloccato il meccanismo alla base dell’infrastruttura per Venezia che costerà 5 miliardi e mezzo di euro.
Il primo test di sollevamento è stato un flop. Due paratoie non hanno funzionato, non si sono nemmeno alzate. Con tanto di imbarazzata ammissione del Consorzio Venezia Nuova per l’incidente di percorso.
A scriverlo è La Nuova Venezia nella sua edizione odierna
“Stiamo accertando quanto è successo e abbiamo predisposto un sistema di monitoraggio continuo e di pulizia dei cassoni” dice il commissario Luigi Magistro. Perchè il Mose è un sistema progettato per stare sempre sott’acqua. Gli alloggiamenti delle paratoie, gli enormi cassoni in calcestruzzo posati sui fondali, sono dotati di pompe che dovrebbero soffiare via la sabbia e impedire blocchi. Ma non è successo.
La grande spesa di manutenzione, valutata fino a 80 milioni di euro l’anno, non dovrà soltanto coprire lo smontaggio periodico, la pulizia dalle incrostazioni e dalle alghe e la verniciatura delle 79 paratoie del Mose ancorate sotto le tre bocche di porto.
Ma anche la pulizia continua dei fondali e delle intercapedini dove la corrente accumula sabbia e detriti. Un lavoro infinito e delicato.
Se non viene fatto, come ha dimostrato l’ultimo incidente, il Mose non funziona.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 23rd, 2016 Riccardo Fucile
DIANA BIANCHEDI CONTRO LA RAGGI: “LA CAMPAGNA ELETTORALE E’ FINITA, CI DIA UNA RISPOSTA CHIARA”
Archiviata Rio 2016, subito al lavoro per Roma 2024.
Diana Bianchedi, plurimedagliata olimpica con la squadra di fioretto femminile, oggi ricopre l’incarico di coordinatrice del Comitato Roma 2024 e affila le armi in vista dell’incontro con la sindaca di Roma, Virginia Raggi, che guida il fronte degli scettici sull’opportunità che sia la Capitale a imbarcarsi nell’avventura olimpica fra 8 anni.
“Ci andrò con la grande forza che ci viene dalla trasferta di Rio” dice la Bianchedi in un’intervista al Corriere della Sera.
“Le dirò che la campagna elettorale è finita e che ci diano una risposta chiara”. Al più tardi il 7 ottobre il Campidoglio si dovrà esprimere: “Direi che si va avanti – dice la Bianchedi – Altrimenti finirà davvero, ma per i prossimi 50 anni…”.
“A Rio ci siamo trovati di fronte a persone che, da tre mesi, leggono che Roma è morta. Ma con l’impegno profuso dai miei ragazzi, che ho ringraziato con una lettera, in 35 workshop, abbiamo dimostrato che da febbraio siamo andati più avanti degli altri”.
Un lavoro svolto in assenza del Campidoglio, che non ha inviato il dirigente incaricato, dicendo di voler mettere un freno alle spese comunali.
“Penso che per il Comune sia stata un’occasione persa. A parte che la trasferta la pagava il Comitato, ma in tutti gli incontri tecnici il Campidoglio avrebbe potuto fare tutte le domande del caso”.
Bianchedi respinge due affermazioni che spesso vengono rivolte al Comitato organizzatore
“La prima: che si dica che queste sono le Olimpiadi di Montezemolo. Tutti i contratti e le cariche del Comitato promotore scadono, e decadono, il 14 settembre 2017 quando verranno assegnate le Olimpiadi. Dopodichè governo, Comune, Regione possono scegliere chi vogliono loro”
“La seconda è che si arrivi a una riposta tipo “no perchè no”, come si fa con i bambini. Spero che venga fatta un’analisi accurata sul progetto, consegnato alla sindaca a metà luglio. Se ci chiedono modifiche siamo pronti”.
“Il mio posto è a disposizione. Come in pedana, se altri possono farci vincere la gara sono pronta a farmi da parte”.
Uno dei punti più discussi del progetto è il villaggio atleti a Tor Vergata, che secondo M5S è una speculazione edilizia a favore di Francesco Gaetano Caltagirone…
“Spero proprio che Raggi mi faccia questa domanda… Se trovano un’altra area di proprietà pubblica, senza vincoli ambientali, con un ente come l’Università che si fa carico della legacy, facciano pure…”
Giovanni Malagò al Resto del Carlino: “Con la Raggi parleremo con calma”.
“Ci incontreremo, parleremo con calma. Il confronto con il Comune è previsto da tempo. La mia, la nostra posizione la conoscete. Lo sport italiano considera l’Olimpiade una straordinaria opportunità per Roma, le opere e le infrastrutture necessarie per ospitare i Giochi sono esigenze della città . Vedremo. Qui a Rio ci siamo mossi nel modo giusto. Tra i membri del Cio che voteranno a Lima tra un anno stiamo riscontrando simpatia e complicità .
A Rio è emerso quanto lo sport sia un elemento costitutivo delle nostre comunità . Per questo, nei primi giorni di settembre il governo illustrerà misure di rilancio per oltre cento milioni di euro in molti impianti sportivi delle città “.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 23rd, 2016 Riccardo Fucile
LE BAGNANTI: “SIAMO QUA DOPO AVER LETTO DELLA VISITA DELLA PRINCIPESSA ARABA”… IL PRIMO CITTADINO: “DA NOI NESSUN DIVIETO”
Un tuffo con il velo, magari anche un burkini, un selfie sulla spiaggia di Alassio, e la riviera diventa la nuova Costa Azzurra, almeno per quanto riguarda le bagnanti musulmane, ovviamente accompagnate da mariti e figli.
Una diretta conseguenza del divieto all’uso del costume da bagno islamico imposto da diversi sindaci francesi.
«Per noi è diventato impossibile o quasi andare al mare seguendo le nostre usanze – hanno raccontato i bagnanti “trasfertisti” ai gestori degli stabilimenti balneari – per cui abbiamo preferito venire in Italia per trascorrere una giornata in spiaggia. E poi avevamo letto che Alassio aveva appena ospitato una principessa araba per cui abbiamo voluto conoscerla».
Si tratta di Nouf Nint Abdullah al Saud, della famiglia saudita (suo marito è Mishaal bin Abdullah, figlio del defunto re Abdullah, governatore delle regione della Mecca e oggi governatore della provincia di Najran) che per tre settimane è stata in vacanza al Grand Hotel di Alassio.
«WEEKEND PARTICOLARE»
Domenica sulle spiagge alassine si sono contate un centinaio di donne velate, che è un po’ come dire che su ciascuna spiaggia della città del muretto ce n’era una.
Un’impennata notevole rispetto alle abitudini di queste latitudini: qui il velo islamico non è certo una novità , ma finora si sono sempre visti solo sparuti gruppetti, peraltro saltuariamente.
Ma i divieti nella vicina Francia hanno spinto molti bagnanti fedeli all’Islam verso la nostra riviera, e con Sanremo un po’ troppo mondana, ecco che Alassio diventa la meta preferita non solo da turisti low cost, ma anche di famiglie borghesi e benestanti.
«È stato un weekend davvero particolare, con diverse famiglie islamiche sulla spiaggia — conferma Mike Oblak, bagnino della Sla 6 -. Saranno state un centinaio su tutto il litorale, ma spiccavano in mezzo ai tanti turisti in costume».
Ma perchè la presenza dei veli islamici si è impennata improvvisamente? I bagnini non sembrano avere dubbi. «Con i divieti imposti in Francia, i musulmani che vogliono andare in spiaggia coperti devono, per forza, migrare nei Paesi vicini — spiega Gianni Botto dei bagni Molo -. Se Alassio ha ospitato per settimane una principessa araba, pensano che questo sia un posto ospitale anche per loro. Me lo hanno confidato alcune coppie di islamici giunti qui per trascorrere una giornata in spiaggia. Avendo lo stabilimento balneare al completo, li ho dirottati nella vicina spiaggia libera».
IL SINDACO: NO POLEMICHE
Divieti in arrivo anche da queste parti? Pare proprio di no. «Sono assolutamente contrario al burqa, ma non farò alcuna ordinanza per vietare il burkini — afferma il sindaco di Alassio Enzo Canepa -. Credo che in questo momento si debbano smorzare le tensioni, e un divieto del genere, inevitabilmente, le alimenterebbe».
(da “La Stampa”)
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