Agosto 14th, 2016 Riccardo Fucile
“ALCUNI TERRITORI SONO SPECIALI”… MA C’E’ CHI LI ACCUSA: “IPOCRITI RADICAL CHIC”
Tutti i territori sono uguali, ma alcuni territori sono più uguali degli altri.
Non è la citazione storpiata di Orwell, ma il concetto espresso dal sindaco di Capalbio e da diversi ospiti della località turistica della Maremma, storica meta delle vacanze di intellettuali ed esponenti di sinistra, a proposito dell’arrivo nel piccolo comune toscano di 50 rifugiati.
“Bisogna essere prudenti, comprendere i problemi del territorio e capire che ci sono territori un po’ speciali” ha detto in un’intervista al Corriere della Sera, Nicola Caracciolo, nobile e ambientalista, nonchè principe di Capalbio.
“Bisogna accogliere, per carità . Ma queste so’ ville . E di gran lusso. Con giardino. Finemente arredate. Nel centro storico” ha dichiarato, sempre al Corriere, il primo cittadino Luigi Bellumori.
A queste affermazioni ha risposto il segretario Psi e viceministro Riccardo Nencini che ha criticato l’incoerenza della “sinistra al caviale“.
La dislocazione dei 50 migranti a Capalbio, a partire da settembre, è stata decisa dalla Prefettura di Grosseto in esecuzione di un bando di gara del Ministero degli Interni, pubblicato il 15 dicembre 2015, per gli operatori economici chiamati a provvedere all’accoglienza dei migranti.
Il prefetto ha semplicemente fatto rispettare le disposizioni in materia di accoglienza che, per un comune tra i 3.000 e i 5.000 abitanti, prevedono un contingente massimo di 50 persone. Capalbio ne ha 4.139.
Gli ‘ospiti’ sono stati allocati in una struttura vicino al borgo medievale in zona Poggio del Leccio, un condominio residenziale di lusso costruito tra il 2006 ed il 2010 e circondato da olivi secolari.
I vip della sinistra, tirati in ballo perchè ospiti abituali nella “piccola Atene” maremmana, si sono difesi sulla questione che tira in ballo la loro presunta ipocrisia .Claudio Petruccioli, già presidente della Rai, attacca il Corriere per aver “costruito un pezzo con tanto di foto mia e di altri lasciando intuire una presunta ostilità dei coloni all’arrivo dei migranti” e dice di essere “perfettamente d’accordo con la linea governativa”.
Lo scrittore Alberto Asor Rosa, sentito dal quotidiano di via Solferino, sostiene invece che “non può esserci un’opposizione di principio nel nome del turismo. Se così fosse tutti i migranti dovrebbero essere espulsi dall’Italia. La loro presenza va metabolizzata. Molto dipende dai criteri di collocazione. Non so dire se i cinquanta in arrivo siano troppi, ma sono fiducioso nell’autorevolezza delle istituzioni e della loro valutazione”.
Le critiche arrivano anche da sinistra, il segretario del Psi e viceministro ai Trasporti Riccardo Nencini, toscano di Barberino del Mugello, ha notato che ci sono “due Italie su tutto, anche sui profughi: a Capalbio meglio non averne, la sinistra al caviale potrebbe indignarsi; e all’Abetone si viaggi su bus separati, come neri e bianchi cinquant’anni fa in Alabama, prima di Kennedy. La coerenza non ha nove vite come i gatti” (il riferimento è alla decisione del sindaco di Abetone di riservare alcune corse degli autobus pubblici agli studenti preoccupati da comportamenti ‘poco consoni’ dei profughi).
Ad essere preoccupati sono però i ristoratori e gli operatori turistici della zona, che temono un calo delle prenotazioni
Questo è il motivo che ha spinto il sindaco Bellumori, eletto con una lista civica ma di area Pd, a fare una richiesta di accesso agli atti al Viminale, al momento negata in attesa dell’approvazione di Alfano.
Alcuni cittadini, tra cui il docente di storia e autore Rai Mauro Canali che abita nel comprensorio, hanno avanzato inoltre dubbi sull’appalto che ha disposto la collocazione dei migranti proprio lì: “L’appalto è stato assegnato con una gara alla quale ha partecipato solo l’Ati Senis Hospes-Rti Tre Fontane, cooperativa comparsa in Mafia Capitale e ora commissariata. Abbiamo chiesto un accesso agli atti e ci è stato negato. Lo ha chiesto il sindaco e il prefetto si è rivolto ad Alfano. Perchè?”
“Che i migranti arrivino a Capalbio non è un problema — aveva invece dichiarato in occasione della serata finale del festival Capalbio libri -, ma occorre capire la quantità e la localizzazione. E’ la prima volta che un Comune, attraverso il proprio Sindaco, fa richiesta di accesso agli atti di gara. Saranno svolte, anche attraverso la petizione dei cittadini, tutte le azioni di confronto con le Istituzioni e con il Ministero. Questo per far sì che questa sia un’opportunità e non occasione di scontro o di protesta”.
“La politica si deve fare delle domande. E anche il Pd dovrebbe riflettere” aggiunge il sindaco, che rivendica inoltre per il suo comune una sorta di status speciale come Cortina, Capri o Portofino, luoghi che “possono promuovere l’accoglienza e l’integrazione senza ledere quell’immagine e quel brand che ne ha determinato la fortuna”.
Bellumori dice che 50 profughi per il suo paese di 4mila persone sono troppe, considerando che a Grosseto con “100 mila abitanti hanno dato 160 migranti”. E poi, come ha detto invece il principe Nicola Caracciolo: “I residenti, quelli che restano d’inverno, sono pochi, per lo più anziani e un centro di raccolta di profughi genererebbe soltanto insicurezza“.
Pare di sentire parlare la becerodestra.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 14th, 2016 Riccardo Fucile
“LA SUA FRASE IN DIFESA DEGLI STIPENDI DEI DEPUTATI CHI HA INDIGNATO”
Pubblichiamo la lettera del lettore Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico di Firenze, ad Arcangelo Sannicandro, il deputato di Sinistra Italiana che intervenendo alla Camera dei Deputati si era scagliato contro la proposta di ridurre l’indennità di carica dei parlamentari.
“Non siamo lavoratori subordinati dell’ultima categoria dei metalmeccanici”, aveva detto a Montecitorio. E intervistato dal Fatto Quotidiano aveva confermato: “Non guadagniamo: siamo rimborsati”.
Egregio On. Sannicandro, chi le scrive è un operaio metalmeccanico e rappresentante sindacale (sono iscritto alla Fiom Cgil dall’Aprile 2001).
Lavoro in fabbrica da quando avevo 20 anni, adesso ne ho 42. Dopo aver ascoltato la frase del suo intervento alla Camera “Non siamo lavoratori subordinati dell’ultima categoria dei metalmeccanici”, mi sono sentito in dovere di risponderle
Lei pensa di non aver offeso nessuno con la sua frase, ma le posso assicurare invece, che mi ha indignato e sconcertato molto, e come me ha indignato tantissimi lavoratori metalmeccanici (e non solo loro).
Il paragone che ha fatto lo trovo completamente fuoriluogo, visto e considerato che la paga media di un lavoratore metalmeccanico e lontana anni luce dallo paga di un deputato.
Molto spesso lo stipendio medio di un metalmeccanico non arriva neanche a 1.000 euro netti, quando va bene (per i lavoratori con un anzianità contributiva maggiore) sfiora i 1400-1500 euro netti al mese.
Sul sito della Camera dei Deputati, è spiegato molto bene quanto è la paga di un deputato, che se ci sommiamo indennità parlamentare, diaria, rimborso delle spese (comprese anche le spese telefoniche), si arriva a circa 12 mila euro al mese.
Senza contare il rimborso delle spese di trasporto e viaggio, se no si va anche oltre.
Mi pare che tra lo stipendio medio di un metalmeccanico e quello di un deputato ci sia una bella differenza, anzi c’è una lontananza anni luce tra il vostro e il nostro stipendio, ecco perchè sono profondamente indignato per le sue parole.
Inoltre, non solo lei non si è scusato con i lavoratori metalmeccanici, ma è arrivato a dire che ” chi mi attacca fa demagogia”.
Inoltre, in un’intervista al Fatto Quotidiano uscita il 13 Agosto, alla domanda del giornalista “Non chiede scusa ai metalmeccanici?”, Lei ha risposto: “Mica li ho offesi”. Infatti, “mica ci ha offeso, ci ha fatto solo un complimento”.
Ma per favore On. Sannicandro, ma si rende conto della gravità della sua frase?
Quando si fanno queste gaffe, bisognerebbe quanto meno chiedere scusa, ma lei purtroppo non l’ha mai fatto, anzi ha perfino provato a dare delle spiegazioni sul perchè di quella frase, che sinceramente non mi ha convinto per nulla.
Una gaffe del genere non me la sarei mai aspettata da un partito come Sinistra Italiana, che Voglio ricordarle lei rappresenta!
E poi vi chiedete ancora, come mai molti operai non Vi votano più!
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 14th, 2016 Riccardo Fucile
LA SOLIDARIETA’ NON HA CONFINI E PARTE LA STAFFETTA
Una staffetta della solidarietà tra Italia e Svizzera.
Perchè, mentre i governi chiudono le frontiere, sono i volontari a occuparsi delle emergenze.
A Como, nei giardinetti davanti alla stazione, ci sono ogni giorno alcune centinaia di migranti in attesa di riuscire a prendere un treno che li porti oltre confine.
Un’attesa spesso vana, visto che le frontiere sono chiuse, per loro. Ma c’è una associazione di volontariato Svizzera, Firdaus, che ogni giorno fa il viaggio in senso contrario per aiutarli.
Ogni giorno, alle 11.30, i volontari svizzeri arrivano da Chiasso a Como con i loro pentoloni di riso o pasta per il pranzo dei profughi: per la maggior parte giovani uomini, ma ci sono anche donne e bambini.
A loro distribuiscono il cibo in piatti di plastica, mentre una fontanella nei giardini serve per bere.
A sera, invece, arrivano gli italiani: è la Caritas locale, infatti, a distribuire la cena per chi è ancora lì, da giorni, aspettando l’occasione per partire.
Una staffetta spontanea, raccontata da una volontaria della Stazione Centrale di Milano, Serafina Valente: “Abbiamo portato dodici cassette di frutta comprate grazie alle donazioni dei milanesi”.
Anche questa è una staffetta della solidarietà , dall’ormai rodato hub milanese di via Sammartini a Como. Dove “la solidarietà dei comaschi non manca, manca ancora un intervento coordinato per evitare che centinaia di persone restino fuori dalla stazione appesi a una speranza spesso vana”.
(da “La Repubblica”)
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Agosto 14th, 2016 Riccardo Fucile
L’ECONOMISTA AMARTYA SEN SCRIVE AL “CORRIERE” PER RINGRAZIARE
Un malore, il ricovero al Policlinico Gemelli di Roma, un intervento chirurgico d’emergenza. Un’operazione di routine che spinge l’economista premio Nobel Amartya Sen a elogiare il servizio sanitario nazionale in una lettera pubblicata sul Corriere della Sera
Sen si trovava nella Capitale con la moglie che improvvisamente si è sentita poco bene.
“Ricoverata al Gemelli di Roma, ha ricevuto immediatamente le cure professionali del caso e poichè i medici hanno deciso di sottoporla a intervento chirurgico di emergenza, questo è stato eseguito nel corso della notte (alle 4 del mattino, il chirurgo in persona mi ha rassicurato che il complesso intervento era andato a buon fine). Le cure e l’assistenza ricevute da mia moglie al Pronto Soccorso e in reparto presso l’ospedale Agostino Gemelli sono state eccellenti.
L’economista è rimasta così impressionato dalla qualità e dall’efficienza del nosocomio – di proprietà vaticana ma convenzionato con il pubblico – da paragonarlo alle migliori cliniche private di Boston dove risiede.
“L’intervento è stato eseguito dal dottor Armando Antinori, un chirurgo di grandissime capacità , che era di turno quella notte. Non esagero nell’affermare che un professionista medico del suo calibro non si sarebbe certamente trovato ad eseguire un intervento di emergenza di notte in un grande ospedale privato in nessuna parte del mondo.”
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 14th, 2016 Riccardo Fucile
“ROMA E’ SEMPRE LADRONA”: UN RITORNO ALL’ANTICA PER I REDUCI ANTI-SALVINI
Censurato sui manifesti
Salvini, certo. Poi Caparini, Martinazzoli, Consiglio, Lena, Rolfi, Bordonali, Fanetti, Grimoldi e Galli. Forse manca un nome sul manifesto che presenta la kermesse leghista.
Proviamo a indovinare: Bossi?
Il Gran Ritorno, alla fine, ha un sapore un po’ malinconico, da guerriero indomito ma stanco.
Rieccolo, Umberto Bossi a Ponte di Legno: non succedeva dal 2011. Sono stati cinque anni terribili, in cui è cambiato il mondo e figuriamoci la Lega, anni di scandali familiari e politici, durante i quali «a Ponte» il Bossi non si era più visto.
Addio monti, addio lunghi soggiorni per ricaricare batterie personali e strategie politiche, con l’albergo della Mirella assediato dai giornalisti come una sede di partito rustica ma «pesante» e talvolta perfino pensante.
Stavolta il Senatùr non ci ha nemmeno dormito. È arrivato, ha avuto un lungo e, giurano in casa leghista, «sereno» colloquio con Matteo Salvini, già in paese perchè ci comizierà domani, si è fatto intervistare dall’ex direttore di Telepadania, Max Ferrari, e se n’è tornato a casa.
Sta bene, però, insolitamente elegante, in completo grigio, buona forma e molta voglia di dire la sua. Che di recente non sempre, anzi diciamo pure quasi mai, coincide con quella di Matteo Salvini. Da qui una certa freddezza preventiva leghista.
Oscurato sui manifesti
La tradizionale festa di Ponte di Legno è annunciata da manifesti con il faccione di Salvini e i nomi di tutti i leader che partecipano, anche minori e minimi: quello di Bossi non c’è.
E infatti ad aspettarlo nel megalomane palasport locale non sono in tanti: duecento, duecentocinquanta persone a voler essere ottimisti. Tutti in fila per assaggiare i «gnoc da la cà¼a», specialità locale (sei euro e 50, e come qualità tanti saluti alle feste dell’Unità ) e poi per il liscio. In maggioranza, sembrano leghisti della prima ora, per i quali Roma è ancora ladrona, madame Le Pen una fascista, l’indipendenza della Padania un obiettivo.
Prima di salire sul palco fra gli strumenti degli Outsiders (non è Parisi, è proprio la band che si chiama così) e sotto uno striscione «Mai molà¡ – Tegn dà¼r» che fa molto Lega antica, Bossi parla con i giornalisti.
E si capisce subito che prima ha visto Salvini e non vuole polemizzare, pur non rinunciando a mettere i puntini sulle «i». In comune, almeno, c’è il nemico, l’altro Matteo, quello di Palazzo Chigi.
«Al referendum sulla riforma costituzionale – dice Bossi – bisogna votare no, perchè neppure Mussolini aveva osato tanto. Se vince il sì, per il Paese è finita».
E se vince il no, Renzi se ne deve andare? «Sì. Ma deve farlo per l’economia, perchè da fanfarone era venuto in Parlamento a dirci che l’avrebbe rilanciata. Con tre milioni di disoccupati e tre di lavoratori in nero, il suo bilancio è disastroso».
Mano tesa agli (ex) alleati
Su Parisi, che a Salvini non piace, Bossi è possibilista. «La sua convention del centrodestra? Se mi invita, ci vado. Però è chiaro che il suo compito è quello di sistemare un po’ Forza Italia». Però si è già autocandidato a premier, esattamente come Salvini… «Prima si fanno i programmi e poi si sceglie il candidato».
Ma la Lega nel nuovo centrodestra ci sarà ? «Per forza! Dove vuole che vadano, senza Lega…».
Le idee del Senatùr non cambiano nè sulla Bossi-Fini («faceva un ragionamento serio, entra solo chi ha un lavoro, perchè senza lavoro non c’è integrazione») nè sulla secessione: «Roma toglie al Nord 100 miliardi di euro all’anno. In nessuna parte del mondo succede qualcosa del genere».
Fuori linea anche su #sgonfialaboldrini e relative polemiche: è stata «una caduta di stile». E qui la battuta è molto bossiana: «Il Papa e le donne vanno trattati bene».
La “pax” con il segretario
Nell’intervista, Ferrari è attentissimo a evitare temi passibili di politica interna al partito. E’ tutto un riconoscere al «presidente» la sua preveggenza su immigrazione, Turchia, guerre nei Balcani. Rimembranze, insomma.
Il tono è quello dei ricordi, quasi da storico, un’attualità a misura di archivio. Bossi parla della battaglia di Pavia quasi più di quella del referendum, cita Marco d’Aviano e la Regina Elisabetta (l’attuale, occorre precisare) più di Parisi o Salvini.
Digressioni sulla geopolitica, perfino: «Tutto sommato, spero che vinca la Clinton», dice il Senatùr, e questa è forse l’unica notizia.
Diciamolo: Bossi sembra un «revenant», come Vittorio Emanuele III chiamava i vecchi politici liberali riemersi dalle catacombe dopo vent’anni di fascismo.
In platea, qualcuno torna alle salamelle, gli altri applaudono stancamente, per simpatia, per affetto, per riconoscenza.
O forse in memoria delle proprie illusioni perdute.
Alberto Mattioli
(da “La Stampa”)
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Agosto 14th, 2016 Riccardo Fucile
I MUSULMANI: “ABBIAMO PAURA”… LE CONSEGUENZE DELLA CAMPAGNA DI ODIO DI TRUMP DA’ I SUOI FRUTTI
Paura e rabbia si diffondono nelle comunità musulmane d’America dopo l’assassinio di un imam del suo assistente all’uscita da una moschea, ieri a New York.
La polizia, che inizialmente aveva parlato di rapina, ha cambiato rotta, anche se non ha ancora confermato ufficialmente che si è trattato di un hate crime, un crimine d’odio per motivi etnici o religiosi.
Ma i due avevano addosso più di mille dollari in contanti che il killer – un uomo di pelle olivastra con una maglia blu che ha agito da solo – non ha preso.
Cinque colpi di pistola in un tranquillo sabato pomeriggio di caldo opprimente nel Queens. Un imam reduce dalla preghiera nella moschea Al-Furqan Jame Masjid di Glenmore Avenue viene assassinato all’incrocio tra Liberty Avenue e la 79esima strada, a un isolato dalla fermata della linea A della metropolitana.
Il 55enne Maulama Uddin Akongjee, arrivato due anni fa dal Bangladesh, muore all’istante, colpito alla testa. Il suo assistente Thara Uddin, 60 anni, muore qualche ora dopo all’Elmhurst Hospital.
L’esecuzione
L’esecuzione, improvvisa e senza precedenti, è stata condotta da un solo uomo che, secondo alcuni testimoni (ma pare ci siano anche riprese delle telecamere di sorveglianza), è arrivato alle loro spalle, armato con una pistola di grosse dimensioni. Il quartiere è sconvolto: centinaia di residenti musulmani sono subito scesi in strada per chiedere giustizia.
La polizia, a caldo, aveva escluso l’ipotesi di “hate crime”, preferendo parlare di rapina. Ma poi, col passare delle ore, la pista dell’atto di terrorismo si è rafforzata: Maulama Akongjee è stato dipinto da tutti come un uomo tranquillo, senza nemici, ascoltato e rispettato nel quartiere.
Rabbia e paura
La folla di musulmani che si raduna sul luogo dell’omicidio – il quartiere è abitato soprattutto da immigrati del Bangladesh, ma ci sono anche pachistani e indiani induisti – ha subito denunciato il crimine come il risultato dell’”islamofobia” che si sta diffondendo in America e ha accusato Donald Trump per averla istigata con la sua retorica incendiaria.
Ma, mentre alcuni leader religiosi hanno chiesto giustizia invitando al tempo stesso alla calma, altri hanno inveito anche contro il sindaco DeBlasio: «Dov’è? Perchè non è qui? Deve proteggerci. Paghiamo le tasse, abbiamo diritto ad essere protetti». Rabbia ma anche tanta paura: se la sono presa con loro due, dicono, perchè indossavano abiti religiosi.
Altri notano, sconsolati, che il quartiere, la zona di Queens attorno ad Ozone Park, non sarà più lo stesso.
Era stato, fin qui, un luogo di convivenza pacifica tra gente di varie etnie e varie fedi religiose: «Qui si è sempre vissuto in pace: musulmani e induisti. Non ci sono mai stati scontri significativi».
Un incantesimo finito? E’ presto per dirlo: la polizia valuta varie ipotesi.
Islamofobia crescente
A Ozone Park gli episodi di violenza non sono rari, l’ultimo omicidio davanti al parco risale al 15 luglio.
Ma i residenti parlano di episodi isolati mentre fino a ieri nessun aveva paura di professare la sua religione. Ora, dicono i musulmani, «abbiamo paura per le nostre famiglie, per i nostri figli, per noi stessi».
La pista dell’islamofobia prende sempre più corpo in un Paese che nell’ultimo anno, secondo i dati dell’FBI, ha registrato 12 sospetti crimini contro i musulmani ogni mese. Quest’anno si era registrata un’accelerazione, ma non fino al punto di arrivare a omicidi mirati.
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 14th, 2016 Riccardo Fucile
DA UNA PARTE I TITOLARI DI STABILIMENTI BALNEARI, DALL’ALTRA I TURISTI CHE NON INTENDONO PAGARE PER PRENDERE IL SOLE
La guerra dell’ombrellone si ripete ogni giorno.
Più o meno nella stessa fascia oraria: da mezzogiorno alle cinque del pomeriggio. Succede un po’ ovunque: a Porto Cervo, ma anche a San Teodoro, nella zona di Porto Rotondo ma anche lungo le spiagge di Palau e Villasimius, dal Poetto a Santa Margherita di Pula.
La battaglia si svolge più o meno sempre allo stesso modo.
Da una parte i titolari degli stabilimenti balneari e dall’altra i turisti che non hanno alcuna intenzione di pagare per prendere il sole.
Chi gestisce i lettini schierati a pochi metri dalla riva non gradisce altri ombrelloni troppo vicini ai suoi e così la rissa quotidiana è assicurata.
Scena trasmessa in diretta Facebook due giorni fa dalla Cinta di San Teodoro: «Voi da qui ve ne dovete andare, altrimenti chiamiamo subito i vigili — grida il bagnino dello stabilimento — Non potete stare vicini alla nostra concessione, allontanatevi».
Pronta la risposta: «Questa spiaggia è di tutti, è libera e noi restiamo. Non riuscirete a mandarci via».
Il resto è tutto già visto: urla, offese reciproche e vigili urbani che arrivano e che tentano di riportare la calma.
Nei giorni di Ferragosto nelle spiagge della Sardegna è diventato difficilissimo trovare uno spazio libero.
Per essere fortunati bisogna essere al mare di buon mattino, chi arriva troppo tardi deve accontentarsi di qualche angolo. Sotto il sole i nervi saltano subito a fior di pelle. Nelle località più frequentate della Costa Smeralda, come al solito, c’è anche qualcuno che ha allargato un po’ troppo i confini dello stabilimento.
E così venerdì a Porto Cervo i bagnanti si sono ritrovati con la battigia sbarrata dagli ombrelloni dei vip.
Immediatamente è iniziata la contestazione. Qualcuno ha scattato le foto e annunciato una denuncia sui social network e qualcun altro ha chiamato direttamente la Guardia costiera.
«Gli ombrelloni devono essere piazzati a cinque metri dalla battigia, cioè dalla linea del mare — spiega il comandante della Capitaneria di porto di Cagliari, Roberto Isidori — Questo vale per tutti: per gli stabilimenti balneari ma anche per chi occupa la spiaggia libera. Chiunque voglia attraversare l’arenile o fare la classica passeggiata in riva non deve trovare ostacoli. Per cui posso dire che gli ombrelloni sulla riva non sono regolari. Negli spazi laterali agli stabilimenti, invece, qualunque cittadino può stendersi liberamente, salvo che non sia stato individuato un passaggio,
ma con specifica ordinanza».
Nicola Pinna
(da “La Stampa”)
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