Agosto 6th, 2016 Riccardo Fucile
I TAGLI NON TOCCANO I MANAGER: A UNICREDIT COSTANO 29 MILIONI, 24 AL BANCO
Ventidue milioni complessivi per Intesa Sanpaolo. Oltre 29 milioni per Unicredit. Più di 24 milioni per il Banco Popolare. Tredici milioni e mezzo per Ubi. Sette milioni per Mps, che salgono a quasi 19 se si considerano anche i 92 dipendenti che “assumono rischi in modo significativo”.
Oltre 12 milioni ciascuna per le disastrate Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che tra maggio e giugno sono finite entrambe in pancia al fondo Atlante.
Tanto, nel 2015, sono costati alle maggiori banche italiane e a quelle più in crisi stipendi, bonus e buonuscite versati ai loro amministratori, dirigenti con responsabilità strategiche e membri dei collegi sindacali o consiglieri di sorveglianza.
Che nel frattempo, in molti casi, varavano piani di ristrutturazione lacrime e sangue conditi da migliaia di esuberi.
Per non parlare del mix pericoloso di crediti deteriorati (360 miliardi di cui 200 di sofferenze lorde) e scarsa redditività che ha reso gli istituti della Penisola il primo bersaglio delle turbolenze borsistiche seguite all’entrata in vigore della direttiva sul bail in.
A fare la parte del leone, ovviamente, i numeri uno: dall’ormai ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni, che ha portato a casa 2 milioni di compensi fissi, 1,1 di benefit e emolumenti variabili e 1,9 milioni in azioni, a Fabrizio Viola, il banchiere che ha preso la guida di Mps dopo gli anni di malagestione di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni: per lui 1,8 milioni di fisso e oltre 100mila euro tra benefici non monetari e altri compensi.
Ma colpiscono ancora di più i guadagni degli ex dirigenti (sotto inchiesta) delle sofferenti ex popolari venete.
Basti pensare che l’ex presidente e padre padrone di Pop Vicenza Giovanni Zonin ha incassato un lauto stipendio da oltre 1 milione per 11 mesi di lavoro prima di dare le dimissioni e ritirarsi nella propria villa di Terzo d’Aquileia.
Vero è che i colleghi stranieri guadagnano di più: in base all’analisi annuale di Equilar e del Financial Times, nel 2015 la media per gli amministratori delegati delle 11 maggiori banche europee è stata di 10,4 milioni di dollari, pari a circa 9,4 milioni di euro, in aumento del 9,6% sull’anno prima.
Ma il risultato è molto influenzato dai maxi premi in azioni ricevuti dai vertici di Standard Chartered, Credit Suisse e Barclays.
Se il numero uno della inglese Hsbc Stuart Gulliver ha intascato 8,6 milioni di euro, Jean-Laurent Bonnafè che guida Bnp Paribas si è “accontentato” per esempio di 3,6 milioni.
Fatti i dovuti distinguo — anche per quanto riguarda i risultati dei singoli istituti in termini di utili — le buste paga dei banchieri italiani restano comunque pesantissime. In attesa che, nel gennaio del prossimo anno, entrino in vigore le linee guida dell’Autorità bancaria europea sugli stipendi di manager e dipendenti degli istituti, l’austerity sembra lontana.
Chiara Brusini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 6th, 2016 Riccardo Fucile
ZANETTI INCASSA L’OK DELLA DIREZIONE ALLE NOZZE CON VERDINI, MA CONTINUANO A VOLARE GLI STRACCI
La guerra è appena cominciata. E si preannunciano già strascichi nelle aule giudiziarie tra le due anime di Scelta civica.
Da una parte il segretario e vice ministro dell’Economia Enrico Zanetti che, finito in minoranza all’interno del gruppo alla Camera, ha deciso di fare le valigie annunciando le nozze con Ala di Denis Verdini.
Dall’altra i 15 deputati rimasti nel gruppo (16 dopo il ritorno di Stefano Quintarelli) nato all’inizio della legislatura e i 16 componenti della direzione del partito che ne avevano chiesto la convocazione urgente per bloccare l’operazione con i verdiniani. Una direzione travagliata, al termine della quale c’è chi racconta di contestazioni in sala e chi lamenta interventi negati, esclusione dal voto di deputati dissenzienti, che per protesta hanno abbandonato la riunione, e violazioni dello Statuto del partito.
Alla fine Zanetti incassa il via libera alla sua linea, matrimonio con Ala compreso. Capitolo chiuso? Neanche per sogno. Dentro Scelta civica gli stracci continuano a volare.
E siamo solo all’inizio.
Con Mariano Rabino che accusa via Facebook di comportamento «irresponsabile e politicamente, oltre che moralmente, disonesto» gli ex colleghi, a cominciare da Giovanni Monchiero (capogruppo di Sc), Andrea Mazziotti e Gianfranco Librandi, «solo per citare i più facinorosi», per aver fatto «trapelare futuri squilli di tromba a suon di ricorsi legali, tanto temerari quanto infondati visto l’inoppugnabile responso della direzione di Scelta civica».
Un attacco a cui è lo stesso Mazziotti, presidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, a rispondere per le rime: «Responso inoppugnabile? Evidentemente Rabino ha scambiato il partito per il Politburo dell’ex Unione sovietica — ironizza —. E ce ne siamo accorti: in occasione dell’ultima direzione sono state violate le più elementari regole della democrazia prima che dello Statuto. Ma in Italia tutte le delibere sono impugnabili».
Fatto sta che, forte del mandato ottenuto dalla direzione (ma che i dissidenti considerano illegittimo), il segretario di Sc Zanetti, insieme allo stesso Rabino e agli altri fedelissimi Giulio Cesare Sottanelli, Angelo Antonio D’Agostino e Valentina Vezzali (aggiuntasi in corsa), ha suggellato l’intesa parlamentare con il plotone dei verdiniani a Montecitorio (Abrignani, D’Alessandro, Faenzi, Galati, Lainati, Mottola, Parisi e Romano), due eletti all’estero del Maie (Ricardo Antonio Merlo e Mario Borghese) e il tosiano Marco Marcolin.
Depositando la documentazione e chiedendo la deroga per la costituzione del nuovo gruppo parlamentare “Scelta civica verso Cittadini per l’Italia-Maie”.
La cui nascita, dipenderà a questo punto dalla decisione, che dovrebbe arrivare a settembre, dell’Ufficio di presidenza della Camera di concedere o meno la deroga richiesta, necessaria come in questo caso quando la domanda arriva da un numero di deputati inferiore a 20.
Un caso inedito, fanno osservare gli ex compagni di Zanetti in rotta con il segretario. E una situazione complicata con la quale l’organo di vertice di Montecitorio dovrà fare i conti.
Da una parte il gruppo storico formato esclusivamente da eletti nelle liste di Scelta civica dall’altra un gruppo in cui i rappresentanti della stessa Sc sono in netta minoranza (5 su 16), in lite per la titolarità del nome e del simbolo del partito che sembrano ormai destinati a diventare oggetto di una controversia giudiziaria. «Ovviamente non possiamo sapere cosa deciderà l’Ufficio di presidenza, ma se desse il via libera alla nascita del nuovo gruppo si creerebbe un precedente pericoloso — ragiona un esponente del gruppo storico di Sc che preferisce rimanere anonimo —. Perchè si rischierebbe, di fatto, di spostare le decisioni sui gruppi parlamentari dalla presidenza della Camera alle direzioni di partito».
Una questione procedurale che, evidentemente, non preoccupa più di tanto il tandem Zanetti-Verdini.
Al punto che, in attesa del verdetto dell’Ufficio di presidenza, si sono già portati avanti con il lavoro. Assegnando gli incarichi in seno al nuovo gruppo, per ora solo eventuale: presidente Sottanelli; vicepresidente vicario Parisi; vicepresidenti Merlo e Vezzali; delegato d’Aula Faenzi; portavoce Abrignani e Rabino; tesoriere Galati.
Ma è sulla composizione del nuovo gruppo che tra i deputati di Scelta civica anti-zanettiani c’è chi maliziosamente ironizza sull’eterogeneità dei suoi componenti: «Come faranno a mettersi d’accordo su provvedimenti cruciali per il governo come la riforma della giustizia e della prescrizione?».
Riferimento alle tre anime del nuovo aspirante gruppo. Quelle degli zanettiani, che fanno parte del governo, dei verdiniani, che sostengono l’esecutivo senza farne parte, e del Maie, che spesso e volentieri ha votato contro la fiducia.
Come proprio sul sito del movimento il presidente Ricardo Merlo in persona ha rivendicato di recente: «Ieri, il Maie — come sempre — ha votato No alla fiducia al governo Renzi, ma perchè? Il motivo è chiaro. Perchè chi ha votato la fiducia ha, una volta ancora, manifestato il suo appoggio al governo Renzi. Ha cioè votato a favore anche delle politiche renziane per gli italiani all’estero. Quindi, chi vota a favore, ha votato a favore dei tagli alla lingua e alla cultura italiana all’estero, a favore dei tagli all’assistenza diretta e indiretta ai nostri connazionali bisognosi».
Antonio Pitoni
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 6th, 2016 Riccardo Fucile
UN DISEGNO DI LEGGE PRESENTATO ENTRO FINE ANNO
In futuro in Germania chi evade le tasse in grande stile potrebbe ritrovarsi senza patente.
Un disegno di legge che verrà presentato entro fine anno prevede infatti anche il ritiro della patente tra le possibili sanzioni per chi commette determinati reati, tra cui l’evasione.
L’annuncio è arrivato dal ministro federale della Giustizia, il socialdemocratico Heiko Maas. «Ci sono casi, relativi ad esempio a delinquenti molto benestanti, nei quali una sanzione pecuniaria non ha alcun effetto. Il ritiro della patente avrebbe invece sensibili conseguenze», ha spiegato Maas in un’intervista allo Spiegel. La decisione nei singoli casi spetta ai tribunali, ha aggiunto.
Il ministro ricorda che una simile misura era già prevista nel contratto di coalizione firmato nel 2013 da Cdu/Csu e Spd.
Nel documento si legge: “per fornire un’alternativa alla pena detentiva e creare una sanzione per le persone per le quali una pena pecuniaria non rappresenta un male percettibile introdurremo la sospensione della patente come sanzione autonoma nel diritto penale”, sia in quello minorile che in quello per i maggiorenni.
L’idea era stata ripresa lo scorso mese scorso dal ministro della Famiglia, la socialdemocratica Manuela Schwesig, che aveva proposto di togliere la patente a chi si rifiuta di pagare gli alimenti all’ex partner o ai figli.
Nell’intervista il ministro Maas ribadisce inoltre di voler consentire l’ingresso delle telecamere nelle aule dei più importanti tribunali federali, come la Cassazione, durante la lettura delle sentenze, rompendo così un tabù in vigore ancora oggi in Germania.
Saranno i giudici a decidere in autonomia se permettere o meno le riprese.
(da agenzie)
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Agosto 6th, 2016 Riccardo Fucile
FORTINI DENUNCIA IL CINQUESTELLE: “CHIESE A TRONCA DI SILURARE IL DG FILIPPI”
Mentre prosegue l’inchiesta giudiziaria sulle consulenze milionarie Ama della neo assessora grillina all’ambiente, ombre di intrighi si allungano anche sui rapporti tra il M5S e la municipalizzata dei rifiuti capitolina.
Al punto che si annunciano, per settembre, nuove audizioni alla commissione bicamerale Ecomafie e nuovi interrogatori alla procura di Roma.
A questo proposito, scottanti novità emergono dalla recente audizione all’Ecomafie di Daniele Fortini, appena dimessosi dal ruolo di amministratore delegato Ama per i contrasti con la Muraro.
Affermazioni così delicate da essere stata secretate.
La prima, riguarda la rimozione di Alessandro Filippi ex direttore generale dell’Ama. Ebbene, secondo Fortini non sarebbe stato riconfermato «per le pressioni esercitate sul commissario straordinario Francesco Paolo Tronca da parte di Stefano Vignaroli». Proprio quel Vignaroli, vice della commissione Ecomafie nonchè esponente di spicco del movimento pentastellato, che insieme alla senatrice Paola Taverna ha sponsorizzato alla Raggi la nomina della Muraro.
Ci sono altri motivi dietro queste presunte pressioni su Tronca per far fuori l’ingegner Filippi?
Fu proprio quest’ultimo a ridimensionare la Muraro, bloccando l’assegnazione di lavori a società esterne senza gara d’appalto.
Filippi era troppo “fastidioso” per vedersi rinnovato l’incarico?
I dettagli della presunta battaglia di Vignaroli contro di lui sono secretati, anche in ragione di una sua possibile futura audizione sia all’Ecomafia (dove sarà sentito anche Tronca) sia in procura.
Coperte dal segreto anche le rivelazioni di Daniele Fortini in merito a un incontro avvenuto tra maggio e giugno scorso «a cui ho partecipato anche io, fuori dall’Ama insieme a Virginia Raggi, Stefano Vignaroli e Paola Muraro».
E poi c’è il capitolo delle indagini dei carabinieri del Noe e della polizia tributaria della finanza.
La perizia tecnica sulla base delle ispezioni e del materiale sequestrato negli impianti di Salaria, Rocca Cencia e Malagrotta confermano pesanti anomalie nella compilazione del Fir, il Formulario identificazione rifiuti.
Per ogni smaltimento della spazzatura si devono completare quattro copie del Fir: da parte di chi produce i rifiuti, dal trasportatore, al momento della pesa e in quello, eventuale, del dirottamento del materiale verso un impianto esterno.
E spesso le quattro copie, invece di essere identiche, presenterebbero correzioni e sostituzioni. Ne dovrà rispondere Paola Muraro che era l’addetta a definire la qualità e la quantità dei rifiuti in ingresso e in uscita dagli impianti.
Molto imbarazzo ma nessun elemento di rilevanza penale – almeno per ora – per i tre colloqui tra l’assessora e il ras delle cooperative Salvatore Buzzi, dominus nell’inchiesta Mafia Capitale, insieme all’ex Nar Massimo Carminati. Buzzi, in qualità di socio della Cns di Bologna, chiedeva informazioni alla Muraro su un appalto da 21,5 milioni per la raccolta rifiuti. Non è escluso che ora questi colloqui possano essere riletti dalla procura sotto una luce diversa.
Rivelano la disponibilità della Muraro, per conto di Giovanni Fiscon (poi travolto da Mafia Capitale) di offrire informazioni a Buzzi.
Nelle 1.737 pagine dell’informatica di Ros si legge che il 2 settembre 2013 «Salvatore parla con Paola Muraro, quest’ultima dice che ha avuto il suo numero da Fiscon, spiega che nella richiesta non riesce a leggere il numero di protocollo, hanno provveduto a sistemare la cosa con la segreteria».
Il 19 settembre 2013 «Salvatore parla con Muraro di Ama, quest’ultima dice che la richiesta di chiarimenti è stata inviata dal Cns di Bologna ed entro domani alle ore 12 dovranno pervenire i chiarimenti ed alle ore 13 sarà aperta la busta “B”, Salvatore conferma, avviserà subito».
E infine il 20 settembre 2013 «Buzzi viene chiamato da Lucci Raniero il quale riferisce di aver parlato con la dottoressa Muraro, la quale ha riferito che è inutile che ci vada in quanto “..l’avrà mandato..” chiamerà Casonato e si farà dire qual è il quesito per il quale entro domani mattina occorrerà rispondere. Buzzi dice che il quesito riguarderà il fatto se “..Indeco ha i codici…” e Lucci riferisce che li ha».
Grazia Longo
(da “La Stampa”)
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Agosto 6th, 2016 Riccardo Fucile
RETROSCENA: “ERA DAI TEMPI DI PANZIRONI CHE NON SI PROCEDEVA IN MODO COSI’ BRUTALE”
Alle ore otto di ieri mattina è arrivata in Ama una telefonata da parte della segreteria tecnica dell’assessore Paola Muraro.
La telefonata possiamo descriverla, non andando lontano dalla frase testualmente usata, così: «Dovete sgomberare tutto entro quattro ore. Poi vi staccheremo i computer. Parlate con l’ufficio del personale per i dettagli tecnici. Andate via presto». Signore e signori, benvenuti nell’era dello spoils system cinque stelle, un mondo dove le segretarie si terrorizzano, ingegneri tecnici di valore si brutalizzano, e ci si appresta ad agire secondo il criterio rigorosissimo del clan. Nihil sub sole novi, peraltro.
Una nostra fonte racconta che ovviamente il panico da epurazione s’è generato all’istante, e è stato enorme; l’azienda vive da tempo in tensione, ma la mattinata in Ama è un compendio stilistico della nuova stagione, vissuta, com’è stata, molto oltre la situazione almodovariana dell’orlo della crisi di nervi, ma senza gli elementi di allegra surrealtà del film: «Era dai tempi di Franco Panzironi che non si procedeva in maniera così brutale», raccontano.
È iniziata la stagione delle purghe, e non sarà un bello spettacolo.
Negli ultimi due anni e mezzo, quelli coincidenti con la stagione di Ignazio Marino sindaco, l’azienda è stata attraversata da un conflitto profondo tra dirigenti che cercavano di rompere il monopolio-Cerroni dei rifuti, e altri che invece avevano fatto da trait d’union con Cerroni, e adesso fiutano il momento sanguinoso della rivincita.
È una rivincita che avviene tra le macerie, e dovete immaginare allora questa scena: segretarie in panico, ingegneri tecnici intimiditi, colpevoli magari di aver collaborato con la gestione di Alessandro Filippi – che aveva utilizzato le competenze migliori anche nel caso appartenessero all’epoca di Alemanno – e al contrario grandissimo spolvero del sottopotere panzironiano, capitanato da uomini di potere anche sindacale Cisl che sono considerati adesso quelli con cui bisogna parlare per entrare nelle grazie della nuova dirigenza.
Tra l’altro il nome di Alessandro Solidoro, il nuovo presidente, di per sè spaventa: perchè è un tecnico specializzato in bancarotte di aziende e (di fatto) liquidazioni fallimentari.
L’intenzione è quella di azzerare Ama, spogliarla, se non proprio renderla in stato prefallimentare?
«Sicuramente puntano – ci raccontano – a una marginalizzazione di Ama nel ciclo dei rifiuti». Muraro potrebbe lasciare ad Ama la dimensione dei servizi manuali, togliendola di mezzo dalla parte nobile del ciclo, i trattamenti e la raccolta. Un’azienda che resterà sulle strade, e a gestire il suo personale, ottomila dipendenti ipersindacalizzati e sempre più agitati – ai piani medio alti – perchè nessuno si aspettava che le modalità del cambio fossero così pompeiane.
L’assessora ha fatto solo aleggiare la sua presenza, ma sono chiari ormai non solo i mondi che l’hanno espressa, anche il quadro molto orientato che lei ha delle persone che lavorano lì, come anche la svolta nell’atteggiamento verso l’azienda.
Risulta alla Stampa che Virginia Raggi abbia incontrato una sola volta Daniele Fortini, assieme a Stefano Vignaroli e alla Muraro, e i due cinque stelle erano stati molto collaborativi e aperti verso l’ormai ex presidente; a differenza della Muraro.
Poi è venuta la svolta cruenta impressa ai rapporti M5S-Ama nel famigerato streaming tra assessora e ex numero uno dell’azienda.
Ma il cerchio si chiude, e nella mattinata delle epurazioni all’Ama anche i simboli e i soprannomi illuminano lo stile della Roma che verrà . Amica di Fiscon – il dg di Franco Panzironi ieri l’altro è stato rinviato a giudizio in Mafia Capitale – chi conservava ieri un residuo di sangue freddo per permettersi il sollievo dell’ironia ricordava il soprannome con cui chiamano in Ama la Muraro, «la cocca di Nanni» (appunto, Giovanni Fiscon).
La cocca di Nanni s’è fatta precedere dallo squillo di tromba, e adesso, ma vale proprio per tutti, si salvi chi può.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Agosto 6th, 2016 Riccardo Fucile
SONDAGGIO SCENARI POLITICI: GIUDIZIO NEGATIVO SUI PRIMI TRENTA GIORNI
Giudizio negativo. Il primo mese della giunta M5S guidata da Virginia Raggi nella Capitale non ha lasciato un buon segno nei cittadini romani, tutt’altro.
Secondo un sondaggio di Scenari Politici condotto per l’Huffington Post, sei romani su dieci valutano negativamente i primi trenta giorni della sindaca grillina.
Pesa quindi il presunto conflitto di interessi dell’assessore all’Ambiente Paola Muraro, diventato bersaglio di attacchi politici quotidiani per le consulenze prestate per 12 anni all’Ama (con cui ha aperto anche due contenziosi), la società che si occupa di raccolta rifiuti nella Capitale.
E di certo non ha aiutato la telefonata emersa in queste ore tra l’assessore e Salvatore Buzzi, il ras delle coop rosse finito al centro dell’inchiesta su Mafia Capitale. Nulla di penalmente rilevante, ha precisato la Procura, ma un episodio che presta comunque il fianco agli attacchi degli altri partiti, in primis il Partito Democratico.
Tra gli elettori del Movimento 5 Stelle la valutazione sull’operato del sindaco Raggi è diametralmente opposta: nove su 10 infatti hanno apprezzato i primi provvedimenti della giunta targata 5 Stelle.
Sul fronte della fiducia, al momento la cittadinanza romana resta divisa, con i giudizi sfavorevoli leggermente in vantaggio: il 46 per cento ha tra la “molta” e “abbastanza” fiducia nel sindaco mentre il 54 per cento ne ha poca o per nulla.
Discorso diverso per gli elettori M5S che ripongono ancora tutta la loro fiducia nel sindaco Raggi: solo il 7 per cento dice di averne poca o per nulla.
Infine, quanto alle intenzioni di voto, il sondaggio di Scenari Politici non registra particolari mutamenti rispetto alla settimana precedente.
In caso di ballottaggio, il Movimento 5 Stelle batterebbe il Partito Democratico, con il 55 per cento dei voti, guadagnando così mezzo punto percentuale rispetto a sette giorni fa.
(da “Huffingtnopost”)
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Agosto 6th, 2016 Riccardo Fucile
“NON RIESCE FINORA A MANTENERE LE PROMESSE”
“Cresce la pressione sul sindaco di Roma tra gli slogan del ‘golpe dei rifiuti'”.
È questo il titolo con cui il Financial Times, in un articolo dal corrispondente a Roma, si sofferma sulle polemiche che stanno investendo la Giunta di Virginia Raggi e, in particolare, l’assessore all’Ambiente Paola Muraro.
Un articolo che nella sua versione cartacea è preceduto da un titolo ancora più evocativo: “La puzza di Roma peggiora”
“I traboccanti bidoni della spazzatura della città diventano l’ultimo punto di esplosione della politica italiana”, è la premessa del foglio della City che ricorda come Raggi ha vinto le Comunali con “la decisiva promessa di pulire Roma”, sia “letteralmente” sia “rimuovendo corruzione e cattiva gestione”.
Ma, osserva il Ft, “a sole sei settimane” dall’insediamento, Raggi “sta lottando per cercare di metter insieme le sue promesse. Non solo è incapace di rendere pulita la città – cosa che forse sarebbe stato eccessivo chiedere – ma è finita nel mirino per aver assunto Paola Muraro”.
Il caso ha indotto i big del Pd “a lanciare l’ultimo assalto totale al sindaco M5S”, sottolinea il quotidiano britannico rimarcando “la ferma” reazione dei pentastellati.
Tuttavia, si legge, il caso dei rifiuti per il M5S “è fondamentale perchè influenza l’atteggiamento degli italiani verso il Movimento” mentre si avvicina “una fase cruciale della politica italiana”, quella del referendum costituzionale. E per molti italiani “Roma è un test per valutare se il M5S è capace o meno di governare il Paese”, conclude il Ft.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 6th, 2016 Riccardo Fucile
PER RISPARMIARE, IL MINISTERO DELL’ESTERO HA CHIUSO 40 SEDI NEL GIRO DI 10 ANNI… DA AMSTERDAM A SANTO DOMINGO, ECCO COSA DEVE AFFRONTARE IL TURISTA IN CERCA DI AIUTO
Avvertenza per chi sta per partire. Sappiate che il ministero degli Esteri da tempo sta cercando di tagliare e ridistribuire i propri costi.
In dieci anni ha chiuso oltre 40 sedi, di cui 36 consolari, per avere un bilancio allo stesso livello del 2004, ma con 716 milioni a bilancio per interventi nella “cooperazione internazionale” di cui si legge spesso, non sempre bene, sui giornali.
Poniamo il caso che siate in viaggio e perdiate soldi o documenti. Un consolato potrebbe provvedere all’emergenza. Basta che ci sia.
Per capire che succede nella realtà , basta pensare ad Amsterdam dove, nel 2014, è stato chiuso il Consolato generale e aperta una Cancelleria consolare con funzioni e personale analoghi, ma alla periferia de L’Aja.
Amsterdam è una delle capitali europee più raggiunte dal turismo italiano, l’ente del turismo olandese riporta una media di 30 mila italiani al mese con picchi di oltre il doppio in estate.
Se un turista su mille dovesse avere dei problemi, sarebbero 30 problemi al mese, uno al giorno. Il numero per le emergenze si può contattare “fino alle 21”, oltre quell’orario bisogna rivolgersi alla polizia olandese. Se un italiano in centro ad Amsterdam perdesse soldi e documenti e riuscisse comunque a chiamare la sede per chiedere assistenza, si vedrebbe rispondere di recarsi nella cancelleria, a 60 km di distanza, circa 130 euro di taxi e due ore di strada.
Oppure potrebbe prendere un tram, andare alla stazione, prendere il treno, quindi un autobus ed infine camminare un po’ per arrivare in un ufficio che è comunque aperto al pubblico tre ore la mattina e, in aggiunta, anche due ore il pomeriggio del mercoledì. L’ex consolato — pensate — distava 15 minuti a piedi dal centro.
Non va meglio a Santo Domingo: l’ambasciata ha chiuso e molte competenze sono state trasferite a Panama. Pratico, per chi ha un jet privato.
Chiuso anche Manchester e idem Bastia, nella turistica Corsica. Chiuso anche a Newark, nel New Jersey, Stato in cui la popolazione d’origine italiana si stima intorno a un milione e mezzo e i residenti sono decine di migliaia: adesso anche loro dovranno fare riferimento a New York con il comodo ufficio a Park Avenue, già sotto pressione per residenti e turisti in visita nella città che non dorme mai.
L’ex consolato generale di Amburgo, di proprietà demaniale, è stato chiuso tra le proteste ed è vuoto da oltre 5 anni: chissà se farà la stessa fine di altre sedi demaniali inutilizzate e poi svendute perchè si trovavano in pessime condizioni.
Non certo quelle della villa in cui risiede l’ambasciatore Onu a Ginevra: 22 mila euro d’affitto, al mese. I problemi non spariscono se non siete in vacanza, ma fuori dall’Italia ci vivete: per i residenti all’estero la procedura di rinnovo del passaporto prende in genere due o tre mesi a causa dell’organico ridotto e della scarsa propensione al lavoro straordinario (comprensibile, viste le cifre che i dipendenti del ministero in missione all’estero guadagnano con l’orario base). L’informatizzazione di parte della procedura di rinnovo del passaporto, invece che aiutare, ha aggiunto la beffa al danno. Bisogna cogliere l’attimo: le prenotazioni si fanno da mezzanotte a mezzanotte e cinque minuti, momento in cui di solito si esauriscono i posti disponibili.
Carlo Trobia
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Agosto 6th, 2016 Riccardo Fucile
UN QUARTO DELLE COSTE RESISTE GRAZIE AL SISTEMA DEI PARCHI… URBANIZZAZIONE RADDOPPIATA SUI LITORALI… SONO 122 LE PIATTAFORME OFFSHORE ATTIVE
Quasi un quarto delle coste italiane resiste. Su un totale di circa 8 mila chilometri, 1.860 sono ancora liberi, mentre 2 mila sono stati cementificati negli ultimi 50 anni. Sono i dati contenuti nel dossier del Wwf L’ultima spiaggia
Lo screening dei mari e delle coste della Penisola che documenta la crescita dei fattori di pressione sui litorali: sono state installate 122 piattaforme offshore attive per l’estrazione degli idrocarburi e 36 richieste di nuovi impianti; siamo il terzo paese in Europa (dopo Olanda e Regno Unito) per movimento di container; il 45% dei turisti italiani e il 24% di quelli stranieri scelgono le nostre località costiere; gli impianti di acquacoltura in 10 anni sono aumentati del 70%.
In mezzo secolo la densità di urbanizzazione nel primo chilometro di territorio che si affaccia sulla costa è passata dal 10 al 21%, con punte del 25% in Sardegna e del 33% in Sicilia.
Una pressione che per il 95% è stata prodotta dall’espansione edilizia (per il 58,7% strutture turistiche, per il 19% case): tra il 2000 e il 2010 sono stati costruiti sui versanti tirrenico e adriatico 13.500 edifici, 40 per chilometro quadrato; più del doppio sulla costa jonica.
Nonostante questa crescita poco controllata, il sistema formato da 100 parchi e riserve e da oltre 200 siti costieri della Rete Natura 2000 ha fatto da argine limitando i danni, come emerge con chiarezza sul versante tirrenico dove i parchi del Pollino e del Cilento rappresentano un’oasi verde in una striscia di cemento.
Il 23% delle coste italiane è così rimasto con tratti in buono stato di salute ambientale superiori ai 5 chilometri.
Le aree più ricche dal punto di vista ecologico sono: il Mar Ligure e l’Arcipelago Toscano (con il Santuario internazionale dei Cetacei); il Canale di Sicilia (con cumuli di coralli bianchi e zone di deposizione delle uova per tonni, pesci spada e acciughe); il Mare Adriatico settentrionale (con una delle popolazioni più importanti di tursiopi del Mediterraneo); il Canale di Otranto (con cetacei, foca monaca e pesce spada).
Antonio Cianciullo
(da “La Stampa”)
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