Agosto 5th, 2016 Riccardo Fucile
SE LA MURARO VERRA’ INDAGATA IL M5S PRONTO A SCARICARLA: “FINO A QUANDO POSSIAMO REGGERE IN QUESTE CONDIZIONI?”
L’asticella è stata fissata, per capire fino a quando Paola Muraro, col suo ingombrante passato di “consulente” di Ama nell’era delle Giunte travolte da Mafia Capitale, resterà assessore.
Ed è legata alle carte in possesso della procura di Roma. Se dovesse essere indagata, allora le sue dimissioni sarebbero un tema all’ordine del giorno.
È di questo che ormai si parla ai massimi livelli del Movimento: “Fino a quando si può reggere in queste condizioni?”.
Imbarazzo, silenzio pubblico e tensione nelle segrete stanze. Il nome di Buzzi legato a un assessore della giunta Raggi ha un effetto deflagrante.
Per un giorno sembra di assistere a un copione già visto, ma a parti invertite. Con quelli del Pd che “fanno i grillini coi grillini” e l’ufficio comunicazione pentastellato nei panni garantisti: “È solo una telefonata”, “Non c’è nulla di penalmente rilevante”; “Non mi dimetto” dice la Muraro.
Le telefonate risultano tre e sebbene, come precisa la procura, non ci sia nulla di penalmente rilevante, c’è molto di politicamente “ingombrante”.
Perchè la Muraro appare molto più che una consulente in Ama. Ed è a lei che Buzzi si rapporta, così come faceva con i vertici delle aziende e addirittura col sindaco di Roma Gianni Alemanno per le questioni più delicate.
Ecco il punto, sussurrano preoccupati del direttorio: “Fino a che punto sapeva cose che riguardavano gli appalti e che ruolo giocava?”.
Sotto osservazione ci sono i rapporti che Paola Muraro aveva, da consulente dell’Ama, con Manlio Cerroni, il ras delle discariche, detto “il Supremo”, pluri-indagato per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di immondizia.
In particolare il ruolo che la Muraro ha avuto nella nota (a Roma) vicenda di Rocca Cencia, su cui è aperta un’indagine della procura che ipotizza reati pesantissimi: “Truffa, frode e associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti”. L’ipotesi al vaglio degli inquirenti è che gli impianti di trattamento meccanico biologico, due dei quali di proprietà dell’Ama e quindi controllati dall’assessore che allora era consulente, abbiamo smaltito meno rifiuti di quanto avrebbero dovuto.
Di conseguenza il rallentamento avrebbe favorito lo smaltimento della “monnezza” nel tritovagliatore di Rocca Cencia, di proprietà proprio di Cerroni.
A destare sospetto negli ambienti della procura, è stata poi una delle prime mosse della Muraro, appena diventata assessore della giunta pentastellata: la proposta di utilizzare proprio l’impianto di Rocca Cencia, inattivo da marzo perchè sotto inchiesta.
Ed proprio su questo filone di indagine che negli ultimi giorni, i vertici pentastellati stanno prendendo informazioni.
Per capire se la Muraro sarà indagata.
“Reset” è la parola che ha usato la Raggi in più conversazioni negli ultimi giorni. “Reset” nel senso che ad agosto si chiuderà in Campidoglio per raddrizzare la falsa partenza, verificando uomini e programmi.
Al momento continua a fidarsi della Muraro, ma sente di essere sotto osservazione dai vertici del Movimento.
Sa che la domanda sta diventando un’accusa: ma chi governa davvero a Roma? Il sindaco? Lo studio Sammarco? Ambienti della destra?
Raffele Marra dirigente di peso legato ad Alemanno, è ancora vice-capo di gabinetto del sindaco nonostante l’impegno a rimuoverlo; a capo della segreteria c’è Salvatore Romeo, già funzionario del Campidoglio; poi c’è l’ingombrante passato della Muraro, con le telefonate con Buzzi e la paura di un coinvolgimento nell’inchiesta.
A parti invertite, i pentastellati avrebbero scatenato l’inferno.
Prosegue l’autorevole esponente del direttorio: “Roma è Roma, ed è evidente che certi ambienti ti avvolgono e si infiltrano, e di questo non si sa fino a che punto Virginia sia consapevole. Certo è che se a settembre non esce con uno scatto andiamo verso il patatrac”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 5th, 2016 Riccardo Fucile
IL CONGEDO DALLA DIREZIONE DEL TG3
“Quando ho iniziato, ho detto che avrei voluto fare un giornale un po’ corsaro, così è stato, ma evidentemente questo non poteva piacere a tutti e negli ultimi tempi non sono mancate pressioni, spesso sguaiate, da parte di settori della classe politica, di importanti settori della classe politica. Nonostante questo il Tg3 è riuscito a non perdere la sua identità e gli auguro di restare saggio e irriverente”.
Bianca Berlinguer si toglie qualche sassolino dalla scarpa congedandosi dai telespettatori del Tg3 dopo sette anni da direttore.
Una stoccata, quella della giornalista, per rispondere agli attacchi subiti nell’ultimo periodo.
Bianca Berlinguer lascia la direzione del Tg3, ma non dice addio a viale Mazzini: “Quanto a me resterò a lavorare in Rai. Ci rivedremo presto, spero prestissimo”.
Nel suo saluto da direttore del tg del terzo canale Rai, la Berlinguer aggiunge: “Me ne vado con la malinconia che porta ogni separazione dolorosa, ma anche con la soddisfazione dei tanti riconoscimenti che in questi giorni abbiamo ricevuto per il nostro rispetto del pluralismo che sono arrivati da tutte, ma proprio da tutte, le aree politiche”.
“Vivere senza il Tg3, non sarà facile per me, non sarà facile rinunciare al rapporto quotidiano, alle vostre sollecitazioni, alle vostre critiche, a volte anche aspre, e alle dimostrazioni di affetto”, prosegue la giornalista rivolgendosi ai telespettatori.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 5th, 2016 Riccardo Fucile
PIL IN CROLLO, MAZZETTE E VENDETTE DI PALAZZO…NEL GOVERNO DI DESTRA DI TEMER 15 MINISTRI INDAGATI SU 24
Non fosse per qualche strada chiusa, la sporadica presenza di gruppetti di volontari in uniforme e l’esercito in alcuni punti della metropoli, arrivando a Rio de Janeiro nessuno riuscirebbe a supporre che la città è palco dei giochi olimpici.
Le strutture che ospiteranno gli atleti e il grosso delle gare sono state costruite in periferia, certo, ma non è solo questo.
Troppo confusi appaiono i brasiliani per potersi lasciar prendere dallo spirito olimpico. L’allegria per i giochi, che avrebbe dovuto fare da pubblicità all’esterno e da collante sociale all’interno, è stata spazzata via nel corso degli ultimi mesi.
Rapita da una lunghissima crisi politica che a ritmo di telenovela caratterizza la vita quotidiana brasiliana, tra scontri violenti, manovre di palazzo, vendette, veleni e continui colpi di scena della più grande inchiesta anticorruzione che ha travolto imprese, partiti, lobbisti e portato all’impeachment della presidente Dilma Rousseff.
La crisi economica prima, l’inchiesta Lava Jato poi e l’impeachment della presidente in ultimo, hanno dato un colpo all’immagine del paese ma anche alle certezze dei cittadini che per alcuni anni avevano respirato aria nuova.
A sette anni di distanza da quando il Brasile del boom, simbolo di una nuova sinistra divenuta modello in tutto il mondo, incassava anche l’ok per ospitare anche le olimpiadi, il Paese è tornato piccolo, confuso, immaturo, assolutamente non all’altezza di quel ruolo primario a livello internazionale cui l’ex presidente Luiz Ignacio ‘Lula’ da Silva ambiva.
E la percentuale di apprezzamento per le olimpiadi dell’epoca, a ridosso dell’80%, è solo un lontano ricordo.
Il Pil del Paese, cresciuto di tre volte e mezzo in oltre un decennio, alla media del 4% annuo ha iniziato a registrare una seria contrazione nel biennio 2012/2013, accentuatasi nel 2014, fino a segnare il -3,8% del 2015.
Destinato a flettere pesantemente nel 2016.
Mentre sono partiti i tagli alla spesa pubblica che hanno accentuato le ingiustizie sociali, i costi delle strutture olimpiche hanno continuato ad aumentare.
Passando, secondo il ministero dello sport, dai 4,2 miliardi di dollari previsti nel 2007 agli oltre 12 miliardi già spesi finora.
Senza considerare che le imprese investigate nel maxigiro di tangenti “Lava Jato”, siano state quelle a intercettare il 73% dei 37,6 miliardi di Real stanziati per Rio2016. Cosa che ha generato profondo malcontento nella popolazione e il default dello Stato di Rio, sul quale pesa il grosso delle spese, che ha dichiarato fallimento un paio di mesi prima dell’inizio dei giochi.
Diverse sono le cause della crisi.
Nel periodo florido in Brasile come all’estero, ci si è concentrati sugli indici ‘quantitativi’ come il Pil. Pochissimi hanno analizzato a fondo i dati ‘qualitativi’.
Per questo la scoperta di quanto il gigante avesse i piedi d’argilla è stata vista come una sorpresa. Molto si spiega con la diminuita domanda e il calo dei prezzi delle commodities e del petrolio, sulle cui esportazioni il Brasile ha fondato la crescita. Ma non solo.
A mancare è stata anche la visione di prospettiva sulle giuste riforme da mettere in pratica per rendere il Brasile più solido economicamente quando le casse erano gonfie, e nella scarsa capacità in politica economica mostrata dal governo di Dilma Rousseff.
E’ da questa incapacità di gestione che ha preso le mosse la campagna anti-governativa delle opposizioni.
Sin dal periodo a cavallo tra la fine del primo e il secondo mandato di Dilma (rieletta nel 2014) le opposizioni hanno avviato una campagna mediatica e di piazza contro la presidentessa, chiedendone dimissioni o impeachment.
Quando però l’inchiesta sul maxi giro di tangenti alla Petrobras è deflagrata, il tema centrale degli attacchi è divenuto quello della corruzione.
Le investigazioni hanno travolto tutti i partiti: l’alleato Pmdb ora al vertice del governo, così come il Pt di Dilma e Lula.
Mai però il nome della presidentessa è venuto fuori. L’accusa che ha motivato l’impeachment è stata alla fine al bocciatura da parte della Corte dei Conti federale per irregolarità di bilancio commesse dal governo alla fine del primo mandato. Nonostante questo il processo è stato aperto.
E da questo momento i sostenitori del governo hanno iniziato a definire l’operazione un golpe bianco.
Molti cittadini, spinti anche dalla campagna mediatica e strumentalizzati dalla politica, hanno pensato che la sola apertura del processo di impeachment e l’allontanamento della presidente potesse di per sè migliorare la situazione. Cosa che non è accaduta.
Alcuni cittadini continuano a manifestare in piazza il proprio supporto o meno al processo fino a ieri, ma in molti sono rimasti confusi.
Soprattutto perchè per mesi sono stati convinti a scendere in strada contro il governo in carica per invocare trasparenza e lotta alla corruzione, e in pochi minuti, saltato l’esecutivo Dilma nel quale nessuno risultava indagato, si sono ritrovati con un governo, quello guidato dal vice Michel Temer, tra i più corrotti delle nazioni civili: ben 15 ministri indagati su 24.
E con il Paese passato da un governo di sinistra a uno di destra, conservatore e deciso ad attuare una ricetta neoliberista spinta: privatizzazioni selvagge, incentivi per l’industria e apertura di un’ampia partecipazione pubblico-privato. Oltre a durissime riforme del lavoro e delle pensioni.
E’ stato Michel Temer a inaugurare le ultime opere olimpiche finanziate dalla federazione e sarà lui a presenziare alla cerimonia di apertura delle olimpiadi al Maracana.
Il processo di impeachment per Dilma inizierà subito dopo la conclusione dei giochi. La sua uscita di scena è data per certa ormai. Cosa accadrà dopo è in gran parte imprevedibile.
Luigi Spera
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 5th, 2016 Riccardo Fucile
CONTATTI CON LA ‘NDRANGHETA LOCALE CHE INTASCAVA LA SUA PARTE
L’inchiesta condotta dal febbraio 2015 al maggio 2016 dalla Guardia di Finanza di Montegiordano, ha portato alla luce una vicenda piuttosto cruda.
Un sistema di caporalato per sfruttare immigrati, obbligati a dormire in stalle e porcili, in condizioni igienico-sanitarie degradanti.
Gli immigrati erano inoltre costretti a lavorare senza alcuna tutela e con uno stipendio misero
In seguito alle indagini sono state denunciate ben 49 persone mentre un uomo pakistano è stato identificato come colui a cui gli imprenditori agricoli nella piana di Sibari facevano riferimento in caso di necessità di manodopera illegale e soprattutto a basso costo.
Il caporale intratteneva rapporti con due persone affiliate a una ‘ndrina locale, con ben 19 immigrati e un latitante.
I lavoratori venivano minuziosamente reclutati, alloggiati in stalle e porcili e i loro documento di identità venivano consigliato al caporale che conservava sotto chiave gli stessi.
Nessuna attrezzatura che permettesse la tutela degli operai veniva consegnata agli immigrati, costretti quindi a lavorare senza alcuna sicurezza.
(da “Cosenza news“)
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Agosto 5th, 2016 Riccardo Fucile
UN ADOLESCENTE SU CENTO SPERIMENTA LO STORDIMENTO DA BINGE DRINKING, LA BEVUTA COMPULSIVA DI 7 SHOT NEL GIRO DI UN’ORA… A 14 ANNI I CASI SONO GIA’ RADDOPPIATI… “DESIDERIO DI AUTODISTRUZIONE GENERATO DA UN SENSO DI ABBANDONO”
Baby dipendenti da tutto: droga, alcol e anche da cibo, con il «binge eating», le grandi abbuffate compulsive fatte a tempo di record.
Sommando i dati di studi e statistiche sono ben 2 milioni gli adolescenti italiani dai 12 ai 19 anni che si fanno di sostanze ed alcolici o che soffrono di disturbi alimentari.
E chi il problema lo affronta sul campo, nei pronto soccorso o nei centri di neuropsichiatria infantile, denuncia che l’età si sta pericolosamente abbassando, con ragazzini di appena 12 anni, a volte anche meno, che accusano disturbi del comportamento causati da qualche forma di dipendenza.
Partiamo dai numeri.
Il 26% degli studenti tra 15 e 19 anni fa uso di cannabis, un quarto di loro quasi quotidianamente e con un trend in costante crescita, rivela uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa condotto in oltre 400 istituti scolastici.
Il 4% ha ammesso di aver provato almeno una volta la cocaina, mentre il 2,3% manda giù di tutto, erbe e pasticche, senza sapere cosa siano.
E non è che con l’alcol le cose vadano meglio.
L’Istat rileva che già ad 11 anni oltre il 5% ha alzato il gomito e a 15 anni la percentuale è del 41% per i maschietti, del 33 per la ragazzine.
A soli 13 anni un adolescente su cento sperimenta lo stordimento da binge drinking, la bevuta compulsiva di 6 o 7 shottini nel giro di un’ora. E a 14 anni i casi sono già raddoppiati.
Sono invece 600 mila gli adolescenti in trattamento per dipendenza da cibo.
Un quadro impressionante, con fenomeni di dipendenza che riguardano oramai più bambini che veri adolescenti.
A raccontare questa fuga nello stordimento dei nostri giovanissimi e i perchè di un disagio montante sono gli operatori sanitari e scolastici che il dramma lo vivono sul campo.
Lauro Quadrana, dirige la psicodiagnostica del day hospital psichiatrico per adolescenti del Policlinico Umberto I a Roma, un centro di riferimento nazionale per i giovanissimi con disturbi del comportamento.
«Ne arrivano sempre più anche della fascia tra i 12 e i 14 anni, spesso afflitti da ansia e depressione. Dopo un po’ – racconta – si aprono e confidano di fare abuso di sostanze. Cannabis innanzitutto, ma anche droghe sintetiche, funghi allucinogeni, ultimamente eroina fumata e cocaina».
Con una dipendenza da cocktail micidiali di cannabis, cocaina e ketamina è arrivata così con gravi disturbi depressivi una ragazzina di 14 anni, che l’impatto con la droga l’ha avuto ancora prima, nell’età in cui si gioca con le bambole.
«A volte — spiega Quadrana- ci sono fattori genetici ereditari, ma spesso dietro questa ricerca dello stordimento c’è una voglia di autodistruzione generata da una sensazione di abbandono: non merito l’attenzione degli altri, la famiglia, la scuola e allora mi rifugio in un mondo anestetizzato». Insomma, dietro c’è l’inadeguatezza di famiglie e scuola, dove non di rado questi ragazzini hanno difficoltà di apprendimento. Troppo spesso scambiata per svogliatezza.
Non è andata così in una scuola media dell’hinterland milanese. Anna, il nome dell’insegnante è di fantasia perchè la privacy è d’obbligo, si accorge che qualcosa non va in un suo alunno di soli 11 anni.
«Veniva in classe sempre con gli occhiali da sole e quando li ha tolti ho capito perchè. Poi la psicologa scolastica attraverso le testimonianze dei suoi compagni ha ricostruito una storia di abuso di cannabis che partiva dalla quinta elementare».
Poco più grandi, ma mica tanto, gli adolescenti che finiscono in coma etilico nei pronto soccorso. «Arrivano sempre più numerosi con intossicazioni acute da alcol anche a soli 13-14 anni», racconta Maria Pia Ruggieri, presidente del Simeu la società scientifica della medicina d’emergenza-urgenza.
«Tanti dobbiamo trasferirli in rianimazione per coma etilico. Rischiano la vita senza saperlo ma dietro c’è un disagio più profondo perchè spesso scopriamo che oltre all’alcol fanno uso di sostanze».
E le famiglie? «Quando arrivano a riprenderli non credono siano i loro figli». Che stentano a conoscere oltre che a riconoscere.
Paolo Russo
(da “La Stampa”)
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Agosto 5th, 2016 Riccardo Fucile
LE CRITICHE ALL’IMPIANTO DI TRATTAMENTO RIFIUTI DI ROCCA CENCIA, MA ERA LEI CHE DOVEVA FARLA FUNZIONARE… I RAPPORTI CON IL RAS DELLE DISCARICHE
Secondo Il Messaggero, l’ultima consulenza dell’assessora con l’Ama è scaduta poco più di un mese fa.
“Le confermo la proroga dell’incarico a far data dal primo gennaio 2016 al 30 giugno 2016“, si legge in una lettera firmata dal direttore delle risorse umane Saverio Lopes.
Il 7 luglio la Muraro verrà nominata assessore e quindi controllore di un’azienda di cui fino a una settimana prima era stata consulente.
Ma le accuse non finiscono qui. Qual è l’oggetto di quella consulenza, del valore di 57.600 euro?
La Muraro è chiamata a vigilare sul funzionamento dell’impianto di trattamento rifiuti di Rocca Cencia.
Lo stesso dove il 25 luglio, nelle vesti di assessore, era andata a svolgere un blitz in diretta Facebook denunciando il cattivo funzionamento della struttura.
La stessa che lei medesima era stata chiamata a far funzionare.
Ma non è tutto. La signora, conosciuta e stimata nel suo ambiente, sembra avere particolare facilità a tessere i rapporti.
E così, tra le sue conoscenze, che ora destano qualche sospetto a piazzale Clodio, c’è anche quella con un altro ras, ma delle discariche, il novantenne Manlio Cerroni.
Nel fascicolo assegnato al pm Alberto Galanti ci sono intrecci, diretti e soprattutto mediati, tra i due. A cominciare dalla affare cassonetti che a Roma, in sostanza, portano tutti al ras dell’immondizia.
Così come la stragrande maggioranza delle inchieste sul ciclo dei rifiuti. Cerroni, plurindagato, è sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di immondizia.
Accusa che la Procura gli contesta anche in una delle nuove indagini. L’ultimo anello di congiunzione tra Muraro e il Supremo è lo scontro che lei ha avuto con il presidente dimissionario dell’Ama, Daniele Fortini, sull’utilizzo del tritovagliatore di Rocca Cencia.
L’impianto è della Colari, azienda di Cerroni, ed è inattivo da marzo. L’assessore dichiara che sarebbe necessario riaprirlo.
Poi, però, si scopre che lo stabilimento è al centro di un’inchiesta della direzione distrettuale antimafia. Indagini che sono collegate a un’altra vicenda che coinvolge gli impianti di Trattamento meccanico biologico capitolini, due dei quali di proprietà dell’Ama e controllati proprio dall’assessore quando lavorava come consulente per la municipalizzata.
Il sospetto degli inquirenti è che i Tmb abbiano smaltito meno rispetto a quanto stabilito nel contratto di servizio.
Un rallentamento che potrebbe avere avuto come conseguenza dirottare la spazzatura nel tritovagliatore.
Inoltre, c’è un altro filo rosso che sembra legare Muraro al Supremo, ed è sempre riguardo ai Tmb romani e alla società che li ha costruiti, la Sorain Cecchini, ditta sempre riconducibile a Cerroni.
L’azienda compare nell’elenco dei soci di Atia-Iswa Italia, associazione che riunisce i tecnici gestori dei rifiuti e di cui il neo assessore è stato presidente – ora uscente – dal 2014.
(da agenzie)
argomento: Roma | Commenta »
Agosto 5th, 2016 Riccardo Fucile
TRA LITI, PARTITO CONTRO E SONDAGGI IMPIETOSI
E se alla fine Donald Trump, perso terreno su Hillary Clinton nei sondaggi (ha accumulato un distacco di 10 punti in pochi giorni) e convinto di non poter più recuperare, decidesse di tirarsi indietro con una scusa (ripete da giorni che queste elezioni sono truccate) per evitare di uscire sconfitto dalle urne?
Sembra fantapolitica: per adesso il miliardario non farà di certo un passo simile.
Ma è l’ipotesi sulla quale stanno lavorando i funzionari del partito repubblicano anche perchè, se un evento simile si verificasse, si creerebbe una situazione senza precedenti che nessuno sa bene come affrontare: bisognerebbe trovare su due piedi un nuovo candidato e non è affatto certo che l’iscrizione del suo nome sarebbe accettata da tutti gli Stati, visto che in alcuni casi i termini per la presentazione delle liste sono scaduti.
L’ipotesi ha una sua logica, ma per adesso è meglio stare ai fatti
«Va tutto bene», continua a ripetere il candidato, ma lo fa per rassicurare i suoi in quello che, in realtà , è il suo momento più difficile dopo sei mesi trionfali: ha gestito con successo la convention repubblicana di Cleveland, ma quella democratica di Filadelfia lo ha messo in difficoltà tra gli attacchi dell’ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, e il caso di Khizr Khan, il padre di un soldato musulmano americano morto in Iraq, che lo ha accusato di non conoscere la Costituzione.
Anzichè evitare una polemica rischiosa e concentrarsi sulle debolezze di Hillary come gli chiedevano i suoi consiglieri, il tignoso Trump ha seguito la sua natura e ha preso di petto la famiglia dell’eroe della Patria.
Poi, già che ci stava, ha cominciato a spararle un po’ troppo grosse sulla Clinton («è il demonio», «è il vero fondatore dell’Isis»).
Infine, davanti a un partito spaventato dalla sua condotta umorale che ora teme di perdere, oltre alla Casa Bianca, anche la maggioranza alla Camera e al Senato, Trump non ha trovato di meglio che negare il suo endorsement a due repubblicani eccellenti: l’ex candidato alla Casa Bianca, John McCain, e il leader del partito al Congresso, Paul Ryan.
Pazienza per McCain: Trump lo ha sempre detestato e il senatore lo ha ripagato disertando la convention.
Ma Ryan gli aveva dato un sofferto endorsement. Ora Trump non solo non lo appoggia, ma sta sostenendo uno sconosciuto che lo sfida nel suo collegio del Wisconsin alle primarie per la Camera, martedì prossimo: sta praticamente cercando di cancellare l’astro nascente del Grand Old Party dalla politica americana.
Troppo anche per chi fin qui lo ha spalleggiato accettando tutto da lui: il suo vice, Mike Pence, si è schierato con Ryan ed è andato ad abbracciare McCain, mentre il vecchio Newt Gingrich ha sentenziato: o Donald cambia rotta subito o perde le elezioni.
Massimo Gaggi
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 5th, 2016 Riccardo Fucile
A DUE PASSI DA PIAZZA DI SPAGNA E FONTANA DI TREVI SI SVILUPPA SU DUE PIANI… LO AVEVA PAGATO MENO DI UN TERZO
La spending-review potrebbe aver contagiato anche casa De Mita.
Secondo indiscrezioni, la famiglia dell’ex presidente della Democrazia Cristiana avrebbe messo in vendita il grande appartamento di via in Arcione per una cifra vicina agli 11 milioni di euro.
Così, con trattative segretissime e una buona dose di mistero, dovrebbe passare di mano una delle più celebri abitazioni «politiche» di sempre, uno dei simboli del potere della Prima Repubblica.
È qui che Luigi Ciriaco De Mita – ancora in attività , eletto nel 2014 sindaco di Nusco, il paese di quattromila abitanti dove è nato nel 1928 – si trasferì poco dopo la nomina a presidente del Consiglio, nel 1988.
Immobile di lusso
L’annuncio sui siti degli immobili di lusso, parla di un «prestigioso attico di 630 metri quadri a via in Arcione, a due passi da piazza di Spagna, Fontana di Trevi e piazza Barberini…con 530 metri quadri di appartamento su due piani e 93 metri quadri di verande…», più le terrazze: altri 200 metri quadri.
Impossibile, però, vedere immagini e saperne di più, nonostante gli accrediti.
Il giovane portiere dello stabile, Alessandro, nega disperatamente: «Ma no, non ne so nulla, la famiglia vive ancora qui…».
Quanto ai pochissimi abitanti rimasti nei dintorni, sembrano ignari di tutto: «Da queste parti non si sa mai niente… Una signora ha messo in affitto un negozio e poi ha cambiato tre volte numero di telefono», sottolineano.
Le voci, però, trovano anche conferme illustri, seppure sotto la garanzia del rispetto più rigoroso dell’anonimato.
Cause e inchieste
Il mistero, del resto, ha circondato da sempre questa casa-simbolo della Prima Repubblica, dall’arredo sontuoso ma conosciuta anche per i cacio-cavallo di Avellino che erano appesi sul retro della terrazza.
Anni di cause e inchieste giudiziarie non sono mai riusciti del tutto a svelare le vicissitudini dell’ appartamento: dapprima in affitto dall’Inpdai, che ne era il proprietario (per un canone mensile tra i 2 mila e i 3 mila euro: il rinnovo del contratto di locazione del 2000, prima dell’acquisto, parla di 71.562.540 lire l’anno), ha cambiato proprietà solo nel 2011 per 3.415.700 euro, cifra considerata molto al di sotto (qualcuno disse la metà ) del valore effettivo di mercato degli appartamenti.
Dimensioni misteriose
Persino le reali dimensioni dell’immobile sono avvolte nel mistero: per far spazio alla famiglia del potente politico, la moglie Anna Maria e due dei quattro figli, Antonia e Giuseppe, furono infatti uniti tre appartamenti al quarto e quinto piano del settecentesco palazzo Gentili del Drago.
Tutto fu poi restaurato ad arte e blindato con vetri antiproiettile, solidi pannelli contro gli sguardi indiscreti e porte d’acciaio (si disse che i lavori furono pagati dal Sisde, il servizio segreto, per motivi di sicurezza).
Marmi, maioliche, parquet e rifiniture di grande pregio, andarono a impreziosire il tutto, secondo i dettami e i gusti della famiglia De Mita.
Che, sulle maniglie di ottone delle porte di casa, aveva anche inciso le sue iniziali stilizzate e intrecciate.
Adesso, forse, dovranno essere cambiate.
Lilli Garrone
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 5th, 2016 Riccardo Fucile
NUOVI LEGAMI CON IL GIRO DI ALEMANNO E CANTONE APRE UN FASCICOLO
All’interno della giunta di Virginia Raggi almeno due assessori hanno manifestato alla sindaca e ai loro colleghi forti dubbi sulla (non) gestione politica della vicenda-Muraro, arrivando a chiederle di valutare l’opportunità di una «exit strategy» prima che ulteriori imbarazzanti rivelazioni o – peggio – un avviso di garanzia la obblighino alla capitolazione.
La domanda, sia pure posta in maniera cortese e collaborativa, testimonia l’agitazione sulla vicenda delle consulenze con l’Ama (1,1 milioni di euro in 12 anni) di Paola Muraro, assessora all’ambiente, e il suo potenziale conflitto d’interessi.
Anche il direttorio ne ha chiesto conto alla Raggi, sebbene la scelta della Muraro non sia stata della sindaca.
Nella riunione a casa di Alessandro Di Battista, avvenuta l’altra sera, sono arrivati a rimproverarle anche errori di comunicazione, mettendo in discussione alcuni dei collaboratori più vicini.
Nel direttorio temono che uno stillicidio possa diventare insostenibile per il Movimento; e difendono per ora la Muraro, ma il problema è appunto quel «per ora». Fiducia a tempo.
La sindaca ribadisce il sostegno alla Muraro. Ma nel suo entourage la preoccupazione è forte. La Raggi rischia di vedersi accollata una dèbà¢cle politica sulla Muraro che non è dipesa da lei, a parte l’infausta scelta di non coinvolgere subito il prefetto ai primi ritardi con cui i camion arrivavano agli impianti di trattamento rifiuti.
È stato un classico dei due anni e mezzo della gestione Marino: per fargli pagare la volontà di rompere il monopolio romano nello smaltimento, casualmente, quasi sempre di venerdì pomeriggio, si rallentava allo spasmo l’ingresso dei camion in impianto.
Marino di solito convocava il prefetto lunedì, assieme a Daniele Fortini e all’assessora Estella Marino, e la questione si sbloccava, in qualche modo.
La Raggi non l’ha fatto, lasciando che la Muraro suggerisse di usare il tritovagliatore (di Cerroni) di Rocca Cencia, che però è sotto indagine.
Fatto sta che la crisi ora comincia a esser messa sul suo conto, spietatamente, proprio dal direttorio e dagli altri gruppi del M5S che l’hanno accerchiata fin da subito.
Così nel giro della sindaca (che ieri non poteva che rispondere «direi di sì» alla domanda se riconferma la fiducia alla Muraro) fervono in queste ore richieste di consigli su come gestire i prossimi giorni. In attesa di capire se lo stillicidio continuerà .
Ieri, mentre l’Autorità Anticorruzione di Raffale Cantone apriva un’istruttoria sugli appalti Ama, siamo stati in grado di ricostruire un’altra grossa tegola che può abbattersi sull’assessora.
Ha raccontato Daniele Fortini (ormai ex presidente Ama) in commissione ecomafie, il 2 agosto, che l’inizio del rapporto tra Ama e Muraro (nel 2004) si deve a una «segnalazione» arrivata nientemeno che da un maresciallo del Noe, il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri.
Un tassello che si aggiunge al ruolo dell’influente marito della Muraro, colonnello dei carabinieri al reparto centrale.
Si arricchisce poi di nuovi particolari la frequentazione del giro panzironiano da parte della Muraro.
A saldare la futura assessora e Franco Panzironi (uomo di Alemanno all’Ama, condannato in primo grado a 5 anni) fu Damiano Lipani.
Altro personaggio chiave nella mappa dei poteri romani: rampante avvocato amministrativista legato alla destra, ha accolto nel suo studio Antonio Catricalà , grand commis di fiducia berlusconiana, poi sottosegretario a Palazzo Chigi con Monti e viceministro con Letta.
Nell’èra Alemanno-Panzironi, l’avvocato Lipani divenne superconsulente giuridico dell’Ama, con un contratto da 300 mila euro l’anno.
In una telefonata intercettata nell’inchiesta Mafia Capitale, si complimentava con Panzironi per il ruolo da «regista» nella nomina di Giovanni Fiscon a direttore generale di Ama. Fiscon era vicino di stanza della Muraro in azienda, prima di essere arrestato nell’ambito di Mafia Capitale.
Ieri la procura di Roma ne ha chiesto il rinvio a giudizio per un appalto pilotato in materia di gestione di rifiuti.
Jacopo Iacoboni
Giuseppe Salvaggiulo
(da “La Stampa”)
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