Agosto 29th, 2016 Riccardo Fucile
PER SCREDITARE “REPUBBLICA” E I PROFUGHI CHE AIUTANO I TERREMOTATI, AVEVA FATTO GIRARE UN FOTOMONTAGGIO DELLA TESTATA CON UNA FOTO SBAGLIATA
Stavolta è stato beccato, la notizia la anticipa “la Stampa”.
Ora vediamo se Salvini ha le palle di espellerlo con ignominia o no. Parliamo dell’autore del fake che riguarda gli immigrati che hanno preso parte come volontari alle operazioni di soccorso.
Il finto post contiene un’immagine, palesemente falsa, che risale al terremoto di Haiti. Lo screenshot è stato lanciato da Tristano Quaglia, candidato alle scorse elezioni comunali di Roma con la lista Noi con Salvini.
Quest’ultimo ha rimosso il post dopo che alcuni utenti hanno fatto notare che lo screenshot era un falso ma sull’account Twitter di Quaglia campeggia ancora con tanto di “vergogna, fate schifo” rivolto ai colleghi de la Repubblica, accusati erroneamente di aver diffuso una finta foto.
Per i tecnici non vi sono dubbi: chi ha condiviso lo screenshot è il primo ad averlo pubblicato, dal momento che l’immagine non ha altre occorrenze.
La tecnica è quella di invertarsi un errore della stampa di informazione per poi far girare la notizia e screditare la testata “nemica”.
Un sistema squallido di fare politica che ora ha un nome e cognome e un partito di riferimento, via giudiziaria a parte che farà il suo corso.
(da “La Stampa” e agenzie)
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Agosto 29th, 2016 Riccardo Fucile
LA DISINFORMAZIONE IN RETE GIOCA NUOVE ARMI
Forse vi sarà capitato, in questi giorni, di inciampare in una foto di una “notizia” di questo giornale a proposito di fantomatici aiuti inviati da Putin in Italia, per far fronte al disastro del dopo terremoto.
Si parla di 10 mila uomini inviati e del più grande aereo cargo del mondo pronto a decollare, carico di rifornimenti per le zone terremotate.
La finta notizia non è mai stata pubblicata da noi nè, tanto meno, rilanciata sulla pagina Facebook ufficiale de La Stampa.
Si può controllare facilmente usando il motore di ricerca interno alla nostra pagina Facebook (a destra, sotto l’immagine di copertina).
Il finto screenshot è stato scovato e sbugiardato da David Puente, debunker italiano che lavora al sito collettivo anti-bufale Debunking.it.
L’autore del post ha rimosso lo screenshot fasullo dopo diverse segnalazioni (una anche da parte di questo giornale).
L’episodio non è isolato: una storia analoga riguarda in queste ore la Repubblica
Questi due episodi rappresentano un fatto inedito: «Normalmente le bufale girano su canali paralleli rispetto a quelli dell’informazione tradizionale – Mauro Voerzio, giornalista e animatore del sito StopFake.org – ma questa volta chi mira a disinformare ha scelto di sfruttare i nomi di due testate nazionali».
Mauro si occupa da circa tre anni di sbugiardare la propaganda filo-russa che spopola sulla rete: «Quello che abbiamo davanti, credo, è un tentativo da un lato di delegittimare gli organismi d’informazione e, dall’altro, di sfruttarli per costruire il mito di Putin attraverso l’esaltazione delle sue gesta».
L’obiettivo, spiega, è quello tipico della propaganda tailor made: la finta informazione batte a ripetizione su temi sentiti dai cittadini del Paese a cui si rivolge.
Negli anni si sono affermati diversi siti d’informazione sovvenzionati dal governo russo (tra questi il network di Sputnik), con sedi in molti Stati.
Ogni sede produce contenuti pensati apposta per l’area d’interesse: se in Inghilterra, negli scorsi mesi, questi siti puntavano sulla Brexit, in Germania si occupavano dei profughi siriani (un caso eclatante è quello della bufala della 13enne stuprata da un gruppo di siriani), mentre in Italia hanno trovato terreno fertile in argomenti come i migranti e, adesso, il terremoto in Centro Italia.
«L’esaltazione di Putin che manda diecimila uomini e tonnellate di aiuti, da un lato, e la contrapposizione tra sfollati e immigrati dall’altro – continua Mauro Voerzio – raggiungono entrambe lo stesso scopo: destabilizzare gli stati. E non stupisce che a condividere queste false notizie siano persone che hanno un interesse politico ad alimentare un clima di tensione».
Non è la prima volta, del resto, che esponenti politici cavalcano casi costruiti a tavolino o palesemente falsi per ragioni di propaganda.
Era successo la scorsa estate, ad esempio, con la celeberrima e inesistente tassa sui condizionatori denunciata da Matteo Salvini.
Il leader della Lega aveva urlato allo scandalo, annunciando un balzello di 200 euro a famiglia per volere di Bruxelles. Quanti di voi hanno pagato questa tassa? Nessuno, eppure Salvini non ha mai smentito (e sì che di tweet ne ha fatti parecchi nel frattempo).
Che l’informazione sia credibile o meno, del resto, poco importa: tutto si gioca su meccanismi che non hanno nulla a che vedere con la verosimiglianza della notizia.
Le bufale rispondono a un bisogno di semplificazione della realtà che si fa sempre più grande quando le questioni che ci troviamo ad affrontare sono complesse: i flussi migratori sono una questione epocale ed è psicologicamente più facile ridurre tutto alla contrapposizione tra gli invasori cattivi e gli autoctoni invasi e impotenti che col collante dell’indignazione si riuniscono per difendersi.
Allo stesso modo coccola la psiche la narrazione del Putin uomo forte, l’unico leader in un periodo di profonda crisi della leadership europea e mondiale, che promette di liberarci dalla “minaccia islamica”.
Poco importa se la seconda religione più diffusa in Russia è l’Islam e, proprio nella terra dello Zar, la popolazione musulmana si aggira attorno al 15% del totale (dato Reuters). In Italia, per dire, è circa il 2,3% (dato ISMU e Caritas/Migrantes).
Per questo, senza arrivare alle considerazioni più tecniche con cui David Puente ha sbugiardato i finti screenshot circolati in rete, non basta a far suonare qualche campanello d’allarme negli utenti neppure il fatto che il finto post contenga un errore grande quanto una casa: il fantomatico aereo cargo pronto a partire dalla Russia, ritratto nell’immagine, è chiaramente di origine ucraina e non russa, come dimostrano i colori riportati sulla fusoliera (l’aereo in questione è l’Antonov An-225 Mriya).
Nè qualcuno si è domandato com’è possibile che un capo di Stato invii uomini in un altro Paese senza che il governo che deve beneficiare degli aiuti abbia accettato un intervento straniero (tutti gli aiuti inviati dagli altri Stati in questi giorni, compresi quelli di natura esclusivamente economica, sono stati accettati dall’Italia).
Del resto, come analizzato da un gruppo di ricercatori del laboratorio di scienze sociali computazionali della Scuola IMT Lucca (ne avevamo già parlato qui), il meccanismo che permette alle bufale di rimbalzare da un utente all’altro è quello che nelle scienze cognitive si chiama «pregiudizio di conferma»: se la nostra identità si sviluppa attorno a un sistema di credenze tendiamo a ignorare tutto quello che si distingue da esse. E c’è chi, consapevole di queste nostre debolezze, sfrutta il caos di questi giorni per battere con ancora più forza sul chiodo della disinformazione.
Francesco Zaffarano
(da “La Stampa”)
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Agosto 29th, 2016 Riccardo Fucile
DEFINISCE DECEREBRATO CHI SEMINA ODIO RAZZIALE SUL WEB
“Lei è un webete”: è questo il neologismo inventato da Enrico Mentana nell’ultima della sue querelles con gli utenti di Facebook, riscuotendo un successo inaspettato. Del resto, in concetto lo aveva già chiarito – seppur con altre parole – il 24 agosto sulla sua pagina Facebook, a poche ore dalla prima, violentissima scossa che ha raso al suolo le città di Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara del Tronto.
Evidentemente, però, ora ha sentito la necessità di ribadirlo e lo ha fatto in un modo del tutto eccentrico.
Enrico Mentana, infatti, è tornato a criticare tramite Facebook quella schiera di utenti dei social network che hanno polemizzato sulla costruzione delle tendopoli per gli sfollati, mentre, secondo loro, i migranti starebbe negli hotel a 5 stelle: ma stavolta li ha criticati inventando un neologismo che sta facendo impazzire il web.
Se nel primo post si era limitato a parlare di “pestilenza del web” per quanti, invece di esprimere la propria solidarietà verso le popolazioni colpite dal sisma, pensavano a mettere in piedi improbabili confronti contro gli immigrati che sarebbero trattati come pascià , il direttore del Tg di La7 ha rincarato la dose in una maniera del tutto originale.
Con “Webete” – derivante dalla crasi tra “web” ed “ebete” – il giornalista ha espresso tutto il suo disgusto per quella categoria di persone che utilizza i social per versare bile contro gli altri, specialmente se si tratta di profughi e migranti, cercando così di amplificare il proprio messaggio di odio su una piattaforma tanto diffusa.
In particolare, la nuova risposta arriva in merito ai commenti lasciati sulla pagina Facebook di Mentana da Francesca Spada, una donna di Amatrice che si trova nella tendopoli del suo paese, in attesa di sapere cosa ne sarà di lei e dei suoi concittadini. L’amatriciana ha portato la sua testimonianza di come si svolge la vita nelle zone colpite da sisma e, soprattutto, ha sottolineato la mancanza di polemica in loco contro gli stranieri, che anzi stanno aiutando concretamente i terremotati.
“Posso confermare che le persone sono molto occupate a piangere i morti, confortare i vivi, volersi molto molto bene e aiutarsi… Tra cittadini e con tutti quelli che sono venuti a aiutare. Confermo che se qualcuno proprio si deve indignare di qualcosa, si concentra sulla scarsa prevenzione e su scelte di politica dell’edilizia e del territorio discutibili. Polemica sugli immigrati: ancora non pervenuta. Mi dispiace per chi ne avrebbe piacere. Ma qui al momento i pensieri volano molto, molto più in alto” scrive Francesca Spada.
Eppure un altro utente di Facebook, tale Claudio Bettoni ha scritto: “Vorrei proprio vedere questa portavoce Spada quando loro saranno ancora nelle tende e i terroristi rifugiati in alberghi serviti e riveriti”.
Mentana, che già in passato aveva fatto notare la sua propensione a rispondere con sarcasmo ai commenti più discutibili dei suoi follower, non si è fatto attendere neanche questa volta, usando un tono tutt’altro che conciliante: “Mi stavo giusto chiedendo se sarebbe spuntato fuori un alto decerebrato da pensare e poi scrivere una simile idiozia”. Poi, la stoccata finale con l’invenzione di “webete”.
Il neologismo del direttore ha fatto letteralmente impazzire il web ed è diventato ben presto trending topic su Twitter.
Tra i commenti estasiati dei fan del giornalista, c’è anche chi ha voluto segnalare il neologismo all’Accademia della Crusca, sperando che riceva lo stesso trattamento di “petaloso”, l’aggettivo inventato da un bambino ed entrato nel vocabolario più autorevole della lingua italiana.
Altri invece vogliono lanciare un appello a Mentana stesso, affinchè torni sul social cinguettante, abbandonato nel 2013 per le troppe offese ricevute.
Ormai Mentana è diventato un fenomeno del web e i suoi post fanno tendenza, probabilmente più degli altri suoi colleghi giornalisti.
I suoi seguaci già attendono con impazienza le sue prossime avventure online.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 29th, 2016 Riccardo Fucile
SENTENZA DEL TRIBUNALE DI MILANO, DOPO LA BOCCIATURA DELLA CORTE EUROPEA: ORA VANNO RESTITUITI I 245 EURO A TESTA A TRE MILIONI DI IMMIGRATI REGOLARI
Lo Stato deve risarcire gli extracomunitari a cui ha fatto pagare contributi eccessivi per avere il permesso di soggiorno.
Ad affermarlo è una ordinanza del Tribunale civile di Milano, che condanna il ministero dell’Economia, quello dell’Interno e la presidenza del Consiglio a risarcire sei immigrati che avevano fatto ricorso, chiedendo il rispetto della sentenza della Corte europea del 2 settembre 2015 che ha dichiarato “discriminatorio” l’importo del contributo per il permesso di soggiorno di lungo periodo, fissato in 245 euro.
Vale a dire, 200 di base, più spese di istituzione della pratica.
Una cifra che la Corte, con sede a Lussemburgo, ha ritenuto “irragionevolmente alta”, soprattutto se “confrontata con quanto pagano i cittadini italiani per prestazioni analoghe”, ossia il rinnovo della carta di identità .
Proprio citando la sentenza della Corte, il giudice Martina Flamini della prima sezione civile del Tribunale di Milano ha condannato lo Stato “a restituire la somma di 245 euro ciascuno” agli immigrati. E a pagare 6.100 euro di spese processuali.
L’ordinanza milanese segue il pronunciamento del Tar del Lazio che lo scorso 24 maggio ha accolto un ricorso di Cgil e Inca, dichiarando illegittimo il decreto ministeriale del 2011 che ha fissato gli importi da pagare per il permesso di soggiorno: 80 euro per una permanenza in Italia fra tre mesi e un anno, 100 euro fra uno e due anni, 200 per il permesso di lunga durata, più le spese.
Se la sentenza del Tar ha indicato la necessità di adeguare gli importi a quelli di altre prestazioni anagrafiche (30,46 euro per il permesso ottenuto per via telematica, 30 se richiesto in posta e 16 euro di marca da bollo), il pronunciamento del giudice di Milano apre la complessa questione dei risarcimenti.
Sarebbero infatti almeno tre milioni i cittadini extracomunitari che hanno ottenuto l’emissione o il rinnovo del permesso di soggiorno alle tariffe dichiarate illegittime dalla giustizia europea.
In molti potrebbero volersi rivolgere al Tribunale chiedendo un rimborso, forti dell’ordinanza milanese che parla di “trattamento deteriore riservato allo straniero quale effetto della sua appartenenza a una nazionalità diversa da quella italiana”.
L’avvocato Alberto Guariso, che insieme al collega Livio Neri ha assistito i sei extracomunitari, spiega: “Le sentenze hanno messo in agitazione le istituzioni. Alcune questure, che ci risulti, applicano le vecchie tariffe. Altre sono più prudenti”.
Il ministero dell’Interno fa presente che a stabilire nuove tariffe dovrà essere il ministero dell’Economia, con un decreto.
Al Mef replicano che, trattandosi di un contributo e non di un’imposta, la competenza sarebbe invece degli Interni. In pratica, manca una regola.
Lo scorso 13 luglio, rispondendo a una richiesta di spiegazioni del sindaco di Prato, il sottosegretario al Viminale Domenico Manzione ha trasmesso un “appunto” in cui si fa presente che, per emissioni e rinnovi dei permessi, “saranno lavorate anche le pratiche prive del pagamento del contributo, depositate dal 24 maggio scorso”, giorno del pronunciamento del Tar Lazio. La stessa nota, da settimane, gira nelle questure
Di certo, al di là delle competenze dei singoli ministeri, le nuove tariffe dovranno essere decise dal governo, come indica una direttiva europea del 2003.
L’ipotesi più probabile è che verrà scelto l’importo di 30,46 euro, già in vigore per chi compila i moduli online.
(da “La Repubblica“)
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Agosto 29th, 2016 Riccardo Fucile
VERSO UN DOCUMENTO COMUNE CONFINDUSTRIA-SINDACATI SUL WELFARE
C’è una sorpresa nella riforma delle pensioni allo studio del governo. Torna l’ipotesi di aumento degli assegni al minimo, 500 euro al mese, che non compariva nel menù delle misure possibili concordato a fine luglio fra governo e sindacati.
Cosa è successo? Finora, per aiutare chi è già in pensione, le idee sul tavolo erano due: l’estensione della 14esima, l’assegno in più incassato dai pensionati a basso reddito, e l’innalzamento della no tax area, la soglia al di sotto della quale non si pagano tasse.
Il punto è che il presidente del Consiglio Matteo Renzi considera i due interventi un po’ macchinosi. E ha chiesto di fare un sondaggio sull’aumento delle minime, suo vecchio pallino, alla ripresa degli incontri con i sindacati, la settimana prossima.
La strada, però non è semplice.
Oggi la pensione minima viene incassata da 3,5 milioni di italiani. Anche un piccolo aumento finirebbe per pesare molto sulle casse dello Stato.
Estendere a tutti il bonus da 80 euro, come Renzi aveva detto all’inizio dell’anno, costerebbe 3,5 miliardi di euro.
Troppo, visto che il pacchetto pensioni non dovrebbe superare i due miliardi e deve contenere uscita anticipata e ricongiunzioni gratuite.
Ma ci sono diversi correttivi possibili.
Il numero delle persone coinvolte scende a 2,3 milioni, se si escludono i pensionati che prendono la minima ma poi hanno altre entrate previdenziali, come la reversibilità .
E diminuirebbe ancora usando l’Isee, l’indicatore della situazione economica, che taglierebbe fuori i pensionati al minimo che però hanno un certo patrimonio immobiliare oppure un coniuge con un reddito alto.
In questo modo il numero delle persone coinvolte potrebbe scendere intorno al milione, e la spesa intorno al miliardo: numeri simili a quelli dell’intervento sulla 14esima.
Forse non a caso un intervento sulle minime e non sulla 14esima, che «in 7 casi su 10 va a persone che povere non sono» viene suggerito anche dal presidente dell’Inps Tito Boeri, intervistato dal Sole 24 ore.
Altre due novità arrivano dall’Ape, che consentirà di andare in pensione tre anni prima ai nati fra il ’51 e il ’53.
La penalizzazione dell’assegno dovrebbe essere tra lo 0 e il 2,9% l’anno per chi è rimasto senza lavoro oppure è disabile o ne ha uno a carico.
Mentre sarà più pesante, tra il 4,5% e il 6,9%, per chi sceglie volontariamente di lasciare il lavoro in anticipo.
Prima della legge di Bilancio dovrebbe arrivare un decreto ministeriale per far partire gli accordi con banche e assicurazioni.
Giovedì ci sarà un incontro fra Confindustria e sindacati: verrà firmato un documento che chiede un intervento per i 30 mila lavoratori delle aree di crisi.
Dal primo gennaio non avranno più cassa integrazione in deroga e mobilità .
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 29th, 2016 Riccardo Fucile
PUBBLICA UN POST FALSO, IL PRESUNTO PROFUGO ERA UN RAPPER…MIGLIAIA DI CONDIVISIONE DELLA FECCIA RAZZISTA: ORA SI TROVERANNO INDAGATI PER ISTIGAZIONE ALL’ODIO RAZZIALE
La notizia è comparsa su informazionenews24.wordpress.com e condivisa da migliaia di utenti.
“Io ho più bisogno di quei terremotati, che si fottano. Da qui non me ne vado.”
Queste le parole di Mustafa Thomas Daverie, immigrato sbarcato a Lampedusa nel 2015 che attualmente soggiorna presso l’hotel “Nobelli” di Montesilvano. Il senegalese continua, affermando che “i terremotati hanno i soldi quindi si possono risolvere da soli. Io no”, dice mentre tiene in mano il nuovissimo Galaxy S7 Edge pagato con le nostre tasse, 35 euro al giorno per la legge stabilita dal governo Renzi in collaborazione con la Boldrini. La nostra redazione è indignata dai commenti di questo ragazzo, a cui noi italiani abbiamo salvato la vita. Ti senti indignato anche tu? Condividi il post, tutti devono sapere.
Un salto sulla sedia: 28 Agosto 2016.
L’autore dell’articolo si sarà confuso, perchè le info riportate in basso, invece, indicano la data di oggi: 27 Agosto 2016.
Andiamo avanti.
Mustafa Thomas Daverie non esiste, esiste un Mustafa Thomas di professione designer, cittadino americano.
Continuiamo: l’albergo “Nobelli” non esiste e lo si può confermare da questo sito in cui sono elencate tutte le strutture alberghiere di Montesilvano.
Ma se Mustafa Thomas Daverie non esiste, chi è quello nella foto?
Si tratta di Clifford Joseph Harris Jr., meglio conosciuto come T.I., rapper americano e attore e cittadino di Atlanta, Georgia. La foto è stata scattata in occasione di un’intervista rilasciata per The Breakfast Club, rubrica della radio statunitense Power 105.1.
La formula chimica dell’odio è la reazione scaturita dall’unione degli elementi: immigrato / hotel / smartphone.
Immancabile il riferimento ai 35 euro dati agli immigrati con le nostre tasse.
Dunque, la notizia dell’immigrato accessoriato di super-telefono e riluttante nel lasciare l’albergo che lo ospita è una bufala confezionata per scatenare condivisioni.
Notizia successiva di poche ore fa: il sito è stato chiuso dall’autorià giudiziaria e il responsabile denunciato.
E’ ora che si si inizi a fare pulizia, prina che i cittadini la facciano da soli.
Chi diffonde notizie false fa parte di una associazione a delinquere, non sono casi isolati: si diffondono patacche per turbare l’ordine pubblico e istigare all’odio razziale, confidando nell’impunità del web e nella coglioneria razzista che clicca condividi.
Quando si ritroveranno tutti indagati gli passerà la voglia.
(da “la Bufala” e agenzie)
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Agosto 29th, 2016 Riccardo Fucile
A CHE PUNTO SONO I LAVORI SULLA BASE DEI DATI REALI. 19.000 TERREMOTATI RIENTRATI NELLE NUOVE CASE, SOLO POCHE DECINE ANCORA NEI MODULI, IL 90% DELLE AZIENDE HANNO RIPRESO ATTIVITA’… IL MODELLO EMILIA HA FUNZIONATO, DOVREMMO ESSERE TUTTI CONTENTI SE A TUTTI STESSERO DAVVERO A CUORE I TERREMOTATI
L’ultimo grande terremoto in Italia — prima di quello che ha colpito il centro Italia nella notte tra il 23 e il 24 agosto — è stato quello dell’Emilia di quattro anni fa.
Il 20 e il 29 maggio 2012 parte dell’Emilia-Romagna fu colpita da terremoti che causarono la morte di 28 persone, il ferimento di altre 350 e danni a molti edifici, tra cui abitazioni private, fabbriche, scuole, ospedali e chiese.
Migliaia di persone dovettero lasciare le proprie case.
L’area colpita rientra nel territorio di molti comuni delle province di Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara all’interno della cosiddetta “Bassa”, la zona a nord dei capoluoghi lungo la via Emilia.
Anche alcuni comuni in provincia di Mantova, in Lombardia, e di Rovigo, in Veneto, subirono dei danni. La prima grande scossa, quella del 20 maggio, fu di magnitudo 5.9 con epicentro vicino a Finale Emilia, in provincia di Modena; la più forte del 29 maggio fu invece di magnitudo 5.8 con epicentro nei pressi di Medolla e Cavezzo, altri due comuni modenesi.
In totale i comuni colpiti in modo considerevole furono 54 in Emilia-Romagna. Nei 33 più colpiti secondo la regione — 7 in provincia di Reggio Emilia, 14 in provincia di Modena, 5 in provincia di Bologna, 7 in provincia di Ferrara — risiedono circa 550mila persone.
L’area è densamente popolata (ci abita più di un milione di persone) e molto industrializzata: vi si produce circa il 2 per cento del PIL nazionale. In particolare la zona di Mirandola, in provincia di Modena, è specializzata da anni nel settore biomedicale: ci sono circa un centinaio di aziende del settore, di varie dimensioni, tra cui anche sei multinazionali.
Oggi la maggior parte delle famiglie che furono costrette ad abbandonare le proprie case è tornata a vivere nelle proprie abitazioni.
I lavori di ricostruzione degli edifici non sono ancora terminati e continuano ad andare avanti: per esempio lo scorso maggio, per l’anniversario dei quattro anni dal terremoto, sono state inaugurate alcune nuove strutture, come il Polo per i ragazzi di Medolla (in provincia di Modena) e la sede secondaria del municipio di Novi di Modena; è stata anche riaperta una parte del cimitero monumentale di Concordia, sempre in provincia di Modena.
A che punto sono i lavori di ricostruzione
I dati più aggiornati sulla ricostruzione vengono da un rapporto della regione Emilia-Romagna intitolato L’Emilia dopo il sisma.
Report su quattro anni di ricostruzione e pubblicato a maggio 2016.
L’assessore alla Ricostruzione post sisma dell’Emilia-Romagna, Palma Costi, ha spiegato al Post che i primi interventi di ricostruzione hanno riguardato le scuole, per permettere agli studenti di finire l’anno scolastico in corso quando c’è stato il terremoto.
Dopo la priorità è stata data alle strutture indispensabili per garantire i servizi pubblici essenziali, e poi alla ricostruzione privata di abitazioni, attività commerciali e aziende. Per ultimi verranno gli edifici monumentali pubblici o di utilizzo pubblico (come le chiese), i cui fondi statali per la ricostruzione sono stati messi a disposizione quest’anno.
Esistono tre modelli per chiedere contributi finanziari alla regione: “Mude”, che riguarda abitazioni e attività commerciali come i negozi; “Sfinge”, per i contributi alle imprese; e “F.EN.I.C.E.”, il programma per la ricostruzione di opere pubbliche e beni culturali.
I lavori di ricostruzione effettuati sugli edifici sono di due tipi: le ricostruzioni leggere, che si limitano a interventi per aumentare la resistenza sismica delle strutture esistenti; e le ricostruzioni pesanti che invece prevedono anche demolizioni e hanno lo scopo di rendere i vecchi edifici sicuri in modo pari al 60 per cento di quanto è richiesto a quelli che vengono costruiti oggi.
Le ricostruzioni leggere sono praticamente finite.
Fino al 31 dicembre 2018 sarà attivo lo stato di emergenza, che permette alla regione di «operare in maniera più rapida potendosi avvalere di un modello di gestione delle risorse attraverso una contabilità speciale che ha procedure di gestione semplificate rispetto a quelle di spesa di un bilancio di un ente pubblico, e permette di operare con atti monocratici immediatamente operativi quali le ordinanze commissariali», ha spiegato Palma Costi al Post.
Per quanto riguarda le abitazioni, 19mila persone sfollate sono rientrate nelle proprie case.
Costi ha detto: «La scelta sulle misure di assistenza ha visto prediligere l’erogazione di contributi per l’autonoma sistemazione e l’affitto, diminuendo al minimo la costruzione di prefabbricati provvisori (tranne in quei 7 comuni in cui non era possibile altrimenti) evitando la creazione di “New Town”».
Dei 9.109 progetti di lavoro su immobili privati presentati, 6.744 hanno ottenuto il contributo previsto dallo stato di emergenza.
Questi progetti riguardano sia edifici che ospitavano o ospitano attività commerciali, sia case: queste ultime sono in tutto 18.624 e interessano più di 28mila persone; più di 14mila di queste abitazioni sono prime case.
Al 30 aprile 2016 sono state rese agibili 10.585 di queste abitazioni.
Circa 2.900 delle 16.547 famiglie sfollate a causa del terremoto devono ancora rientrare nelle proprie case, ha detto Costi al Post; 445 persone (135 famiglie) vivono ancora nei moduli abitativi provvisori (i cosiddetti Map), le strutture temporanee allestite per le persone le cui case furono distrutte o dichiarate inagibili. P
iù della metà si trovano a Mirandola, Novi di Modena e San Felice sul Panaro.
Le case del 90 per cento delle famiglie ancora sfollate hanno subìto gravi danni e hanno bisogno di ricostruzioni pesanti per cui sono previsti in media 3-4 anni di lavori dalla concessione del contributo per la ricostruzione.
Si prevede che entro la fine dell’anno solo poche decine di famiglie saranno ancora ospiti dei Map. Il 31 dicembre 2016 è il termine per chiedere contributi per la ricostruzione delle abitazioni.
Il 16 marzo 2016 è stato annunciato che in 25 dei 60 comuni colpiti dal terremoto sono finiti i lavori di ricostruzione di case e aziende.
Tra questi però non c’è nessuna delle cittadine più danneggiate: per la provincia di Modena si parla di Cavezzo, Mirandola, San Felice sul Panaro, Concordia sulla Secchia, Finale Emilia, Novi di Modena, Camposanto, San Prospero, San Possidonio e Medolla; per quella di Ferrara si parla di Cento, Mirabello, Sant’Agostino, Bondeno, Poggio Renatico e Vigarano Mainarda; per la provincia di Bologna si parla Crevalcore e Pieve di Cento; infine Reggiolo in quella di Reggio Emilia.
Nella seguente mappa si vede lo stato di avanzamento dei lavori di ricostruzione nei vari comuni: in bianco sono quelli dove i lavori sono terminati, gli altri sono quelli dove ancora devono essere portati a termine, divisi in base all’intensità del danno subito.
I comuni più colpiti sono quelli indicati in arancione, cioè i più vicini agli epicentri del terremoto.
Attraverso il modello “Mude” sono stati completati i cantieri degli edifici di 2.780 attività commerciali.
Per quanto riguarda le aziende, Costi ha sottolineato che «dal 2014 si sono esaurite le ore di cassa integrazione per sisma e le performance di un settore strategico come il biomedicale hanno oggi superato i livelli di produzione del pre-sisma».
Per le attività commerciali e produttive che si trovano nei centri di 20 dei comuni colpiti dal terremoto (alcuni dei quali colpiti anche dall’alluvione del 2014) sono state concesse particolari esenzioni fiscali per favorire la ripresa economica. Il 31 dicembre 2016 saranno completate tutte le concessioni di contributi alle imprese per la ricostruzione.
La necessità di ricostruire le aziende è stata una particolarità del terremoto in Emilia, dato che non era mai capitato prima in Italia che un grande sisma colpisse un’area così altamente industrializzata. Il recupero dell’attività produttiva non è stato semplice anche perchè il terremoto è avvenuto in un periodo di crisi economica.
Giuliana Gavioli, vicepresidente di Confindustria Modena e direttrice del servizio quality management e regulatory affairs di B.Braun Avitum Italy, un’azienda biomedicale di Mirandola che fa parte della multinazionale tedesca B.Braun, ha spiegato al Post che tra il 2015 e l’inizio del 2016 il 90 per cento delle aziende del suo settore hanno completamente ripreso la loro attività e la loro produttività è aumentata dello 0,2-0,3 per cento rispetto a prima del terremoto.
Tutte le aziende più grandi e molte di quelle piccole erano assicurate contro i danni da terremoto: per questa ragione — dato che i fondi delle assicurazioni arrivano più in fretta di quelli pubblici — subito dopo il sisma si è cominciato presto a ricostruire.
La B.Braun Avitum, per esempio, ha dovuto demolire 3.000 metri quadri di capannoni, ma già nel marzo del 2013 ne aveva inaugurato uno nuovo. Alcune aziende più piccole hanno dovuto chiudere, ma sono una minoranza.
Quelle che invece si sono riprese, ci sono riuscite anche grazie alla solidarietà dei loro fornitori: dopo il terremoto la B.Braun Avitum ha delocalizzato temporaneamente parte della produzione e i magazzini presso aziende nel raggio di 50 chilometri con cui già lavorava. Alcuni laboratori sono stati ospitati dall’Università di Modena e Reggio Emilia.
Per la ricostruzione degli edifici pubblici (proprietà di enti pubblici o religiosi) sono stati stanziati un miliardo e 59 milioni di euro; mancano 605 milioni di euro per raggiungere la cifra stima per riparare i danni, pari a un miliardo e 664 milioni di euro. La maggior parte dei fondi stanziati finora sono stati messi insieme negli anni dal governo, mentre 377 milioni di euro derivano da cofinanziamenti fatti da assicurazioni, donazioni e altri fondi.
Il 4 agosto è stato annunciato che saranno finanziati altri 21 cantieri per la conservazione, la manutenzione e il restauro di beni culturali, i cosiddetti “cantieri della cultura”: allo scopo sono stati stanziati 51 milioni e 630mila euro. Dei 21 interventi, 8 saranno in provincia di Modena, 7 in provincia di Ferrara (tra cui quello alla Cattedrale di San Giorgio Martire, la più grande chiesa del capoluogo), 5 in provincia di Bologna e uno, al Castello di Canossa, in provincia di Reggio Emilia.
Palma Costi ha spiegato al Post che la maggiore difficoltà incontrata dalla regione Emilia-Romagna e dalle altre istituzioni locali per gestire la situazione dopo il terremoto è stata la mancanza di un quadro normativo nazionale di riferimento: «Solo qualche giorno prima del sisma, con il decreto legge n. 59 del 15 maggio 2012, era stata modificata l’intera normativa di protezione civile e quindi non esisteva e non esiste una base giuridica per le procedure di ricostruzione. Pertanto era difficile anche solo immaginarsi un percorso da seguire per la ricostruzione».
Costi ha aggiunto: «Abbiamo dovuto costruire da zero le norme primarie e secondarie, le procedure, ottenere i finanziamenti. Quello che ci viene maggiormente rimproverato è la ‘burocrazia’. In realtà si è cercata di ridurla al minimo ma non potevamo sottovalutare gli aspetti della sicurezza e del rispetto della legalità che per essere garantiti richiedono qualche passaggio obbligato oltre che istruttorie attente e controlli costanti».
Il decreto legge citato da Costi stabilisce che dopo i primi due mesi di gestione della Direzione di Comando e Controllo (DICOMAC) da parte del dipartimento di Protezione Civile nazionale subentri la gestione di un commissario delegato per la ricostruzione.
Oggi il commissario delegato per la ricostruzione della regione Emilia-Romagna è il presidente della regione stessa, Stefano Bonaccini, che era stato preceduto dall’ex presidente Vasco Errani.
Costi ha detto al Post che dato che dal 29 luglio 2012 il commissario «si è trovato a gestire in toto sia l’assistenza alla popolazione che la ricostruzione», sono state necessarie altre norme nazionali, in particolare i decreti legge 74/2012 e 95/2012, perchè la ricostruzione e l’assistenza potessero andare avanti.
(da “il Post”)
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Agosto 29th, 2016 Riccardo Fucile
L’ALLARME DELL’ECONOMISTA ZAMAGNI: ” CI VUOLE CHIAREZZA”
Come vengono spesi i soldi donati e destinati ai terremotati?
Se lo è chiesto il Fatto Quotidiano che ha provato a far luce sui movimenti dei soldi, come per esempio i quasi 10 milioni di euro già raccolti dal numero 45500 vengono donati come gesto di solidarietà da migliaia di italiani.
Ad oggi Protezione civile, Croce rossa, banche, associazioni di vario tipo, Caritas, onlus, ong, ma anche media o enti privati hanno già lanciato decine di sottoscrizioni o iniziative – come per esempio l’amatriciana a 2 euro – per raccogliere fondi destinati ai terremotati del 24 agosto.
Ma in questa gara di solidarietà , scrive il Fatto, manca un coordinamento.
Non è chiaro di fatto, rispetto ai soldi donati, come questi vengano spesi, se per comprare o ricostruire.
“In Italia non si dà conto di come vengono spese le donazioni. Anche al netto delle truffe, resta il nodo della reale efficacia delle iniziative. In Italia molte organizzazioni badano più ad aumentare il proprio capitale reputazionale che al bene dei destinatari” spiega al Fatto l’economista Stefano Zamagni, presidente della Fondazione italiana per il dono ed ex numero uno della defunta Agenzia per il terzo settore “la trasparenza, cioè dire come si usano i soldi raccolti, è il minimo. Il vero problema riguarda la accountability: dare conto dei risultati che si ottengono con quel denaro. La cultura del dare conto in Italia non esiste, invece è cruciale: se spendi per comprare palloncini puoi allietare per un po’ i bambini nelle tende ma non hai risolto nessuno dei problemi di lungo periodo dei terremotati”.
Zamagni indica la necessità di un “ente super partes che supervisioni la raccolta fondi” come già fanno in Gran Bretagna o Giappone.
Lo stesso economista ribadisce che “la candidata naturale per svolgere questo ruolo sarebbe stata l’Agenzia per il terzo settore. Peccato che il governo Monti nel 2012 l’abbia abolita e che l’esecutivo Renzi, che ha appena varato la riforma del comparto, non l’abbia ripristinata“.
Si sa, per esempio, che con i soldi raccolti dalla Protezione Civile tramite il 45500 saranno ricostruiti per lo più “edifici pubblici” ma rispetto alle altre donazioni non è chiaro come il denaro sarà impiegato.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 29th, 2016 Riccardo Fucile
“RICOSTRUIREMO LA SPINA DORSALE DELL’ITALIA”
“Il presidente del Consiglio mi ha chiamato all’ultimo momento, venendomi a trovare voleva discutere con me sulla ricostruzione. Non mi ha dato un incarico, non era questo lo scopo. Anche se, come senatore a vita, oltre ad occuparmi di periferie potrei dare un contributo sul dopo-terremoto. Da me Matteo Renzi voleva dei consigli, una visione, un aiuto per un grande progetto. Gli ho detto: ci vuole un cantiere che impegni due generazioni. E con un respiro internazionale, contributi dal mondo intero “. Lo dice, in un’intervista a Repubblica, Renzo Piano, dopo l’incontro alla sua Fondazione con il premier Matteo.
“Ovviamente – prosegue – si deve agire subito, con urgenza massima, per mettere a norma antisismica gli edifici pubblici. Ma la stragrande maggioranza sono privati. E non puoi costringere i privati se non hanno le risorse. Qui pero’ si sa come intervenire: incentivi, sgravi fiscali, come gia’ fatto nel campo energetico.
Bisogna anche sapere intervenire nei passaggi generazionali, quando la casa dei nonni passa in eredita’, e una nuova generazione puo’ essere piu’ motivata a fare lavori di ristrutturazione.
Deve entrare in modo permanente nelle leggi del paese, l’obbligo di rendere antisismici gli edifici in cui viviamo, cosi’ come e’ obbligatorio per un’automobile avere i freni che funzionano.
Sul lato economico, non dimentichiamo poi che tutti i soldi spesi sono investimenti che generano ricchezza: oltre a salvare le vite umane danno lavoro a tante imprese, spesso micro-imprese, talvolta addirittura cantieri di auto-produzione familiare”.
(da “Huffingtonpost”)
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