Agosto 28th, 2016 Riccardo Fucile
FORZA ITALIA, MARONI E CALDEROLI FAVOREVOLI, SALVINI RESTA DA SOLO AD ABBAIARE ALLA LUNA
“Se capitasse questo incarico, parlerò solo dopo che mi sarò reso conto della situazione e delle cose”.
Accetterà l’incarico? “Non è che non accetto, è il terremoto. E quindi….ma al momento, sono ancora lì per capire”.
Vasco Errani rilascia a Repubblica questa breve dichiarazione per precisare la sua posizione. Che è di attesa. “Nessun altro può parlare per me”, aggiunge.
In attesa del decreto del governo, il nome di Errani suscita una polemica interna alla Lega.
Maroni: “Ottima scelta”.
Positivo il commento del governatore della Lombardia. “Errani è uomo di esperienza e concretezza. Piena collaborazione da parte di Regione #Lombardia”, ha scritto su Twitter il governatore della Lombardia, Roberto Maroni.
“Errani è l’uomo giusto”, commenta un altro esponente leghista, il senatore Roberto Calderoli, Vice Presidente del Senato. “Ma ho molte perplessità invece se sia il momento giusto, perchè ho il sospetto che questa nomina sia l’ennesima cinica mossa di Renzi per togliersi dai piedi, in vista del referendum ed in un’ottica congressuale, l’unico autorevole esponente nel Pd che pochi giorni fa aveva avuto il coraggio di dire davvero qualcosa di sinistra”.
Salvini resta da solo: “Nominare Errani per la ricostruzione è una follia” dice in un post.
L’attesa di Errani.
Ma al momento Errani non si sbilancia. Troppo delicata la situazione: il premier Matteo Renzi dovrebbe ufficializzare già in settimana con un decreto la sua nomina di commissario straordinario per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 24 agosto (Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria).
Errani, ex presidente della Regione Emilia-Romagna, vanta una grande esperienza nella gestione del post sisma nella pianura Padana.
In quell’occasione coordinò una ricostruzione che ha seguito un modello simile a quello del Friuli, con il ripristino dei paesi in base al modello originario. E con una forte attenzione alle realtà produttive.
Il sentimento che anima Errani è ben preciso: accetterebbe un incarico tecnico istituzionale per spirito di servizio e per aiutare i terremotati a ricominciare. Ma non vuole letture politiciste dell’incarico.
Se accettasse, insomma, non sarebbe in quanto esponente della minoranza dem vicino a Bersani, non sarebbe per siglare quel tentativo di dialogo da lui stesso auspicato a tre mesi dal referendum.
La precedente esperienza.
Errani era stato nominato commissario alla ricostruzione nel 2012, dopo il sisma, quando era governatore, ma si era dovuto dimettere dalla presidenza della Regione dopo l’apertura di una inchiesta a suo carico per falso ideologico.
A giugno scorso l’ex presidente era stato poi definitivamente assolto dalle accuse.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2016 Riccardo Fucile
CONFRONTO SU “CASA ITALIA” CON L’ARCHITETTO ITALIANO PIU’ FAMOSO NEL MONDO
Matteo Renzi è stato a Genova nel workshop di Renzo Piano. Un confronto con l’architetto italiano più famoso nel mondo che avrebbe riguardato diversi temi – relativi soprattutto al progetto “Casa Italia” che il premier ha annunciato al termine dell’ultimo Consiglio dei ministri – fra cui certamente il nodo della ricostruzione post-terremoto in centro Italia.
Renzo Piano ha esposto il suo pensiero in un’intervista sul Corriere della Sera.
“Un cantiere leggero” propone l’architetto e senatore a vita, che consenta di “ricucire senza distruggere” e di non allontanare le popolazioni dalle aree colpite. Si tratta di “abitazioni montate nella zona sismica, strutture temporanee, non definitive”, come le casette di legno montate a Onna, dopo il terremoto del 2009 che rase al suolo il paesino abruzzese.
“Non si deve allontanare la gente da dove ha vissuto” aggiunge Piano, spiegando che ” bisogna ricostruire tutto com’era e dov’era. Sradicare le persone dai loro luoghi è un atto crudele”.
Nessun commento sull’incontro. Resta pertanto da valutare se il ruolo di Renzo Piano nella fase della ricostruzione sarà limitato alla consulenza delle migliori pratiche da attuare o il Governo vorrà chiedere all’architetto una presenza maggiore nella delicatissima sfida della rinascita dei borghi storici di Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto.
Quello che trapela è la volontà di Matteo Renzi di utilizzare il più possibile le competenze e i consigli di Renzo Piano per il progetto Casa Italia, che oltre agli interventi di prevenzione sismica dovrebbe contenere un più ampio sistema di messa in sicurezza del territorio italiano – dal dissesto idrogeologico all’efficienza energetica, dalle bonifiche fino alla banda larga.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2016 Riccardo Fucile
LA PROTEZIONE CIVILE ACCELERA D’INTESA CON I SINDACI DEI LUOGHI COLPITI DAL TERREMOTO
Lungo il filo telefonico che tiene costantemente in contatto Matteo Renzi e il capo della protezione Civile Fabrizio Curcio c’è, tra i tanti obiettivi, quella da realizzare con più urgenza: via le tende il più presto possibile.
Già ad ottobre, considerate le temperature. Il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, in un’intervista all’HuffPost, aveva indicato un timing più lungo: “Cinque mesi per la consegna delle case di legno di modello adatto alle temperature di alta montagna”.
La Protezione civile, in queste ore, si muove su tempi molto più stretti.
Fabrizio Curcio è in riunione permanente. L’idea è di formalizzare ai sindaci, già entro domani, i tempi di consegna delle casette di legno.
E a quel punto i sindaci decideranno le possibilità di ospitalità alternative alle tende, in attesa della consegna delle casette: “Finchè non c’è certezza sui tempi di arrivo delle casette in legno — spiegano fonti della Protezione civile — non si muove nessuno, nel senso che prevale l’istinto a rimanere in tenda, nel borgo di appartenenza e vicino alla propria casa”.
Quando si parla di “casette in legno” ci si riferisce a quelle strutture usate sia ad Onna sia in Emilia, prodotte da diverse ditte trentine.
Alla protezione civile nella fase di emergenza spetta il compito di realizzare infrastrutture di base e sottoservizi per le casette.
Poi entra in campo il commissario, cui è affidata la ricostruzione, e che ha poteri su tutto: appalti, coordinamento, rapporti col governo centrale.
L’obiettivo di palazzo Chigi (“via le tende al più presto”) non è impossibile. Anzi.
Il numeri degli sfollati è imparagonabile rispetto ai 60mila dell’Aquila.
L’ultima cifra della protezione civile è di 2688 sfollati. Così divisi: 995 nel Lazio, 938 nelle Marche, 755 in Umbria.
In queste ore la protezione civile sta proseguendo nella verifica di agibilità delle case, per verificare la possibilità di rientrare in alcuni contesti.
In Umbria tra case e alberghi sembrano esserci più alternative di ricovero. Nel Lazio e nelle Marche le zone più martoriate se non rase al suolo: “Appena finita questa verifica — proseguono le stesse fonti – si passa alle casette in legno”.
In pochi mesi è possibile realizzarle, ma è presumibile che ce ne siano di pronte.
Raccontano che il premier stia seguendo tutto personalmente: “Pare un sindaco terremotato della zona” dicono quelli attorno.
Dopo questa fase dell’emergenza, ha intenzione di legare la ricostruzione a due volti: quello di Vasco Errani, come commissario per la ricostruzione, e quello di Raffaele Cantone, presidente dell’Anac.
Modello Emilia e modello Expo. Non modello L’Aquila. Sebbene nella ricostruzione del capoluogo abruzzese ci siano cose positive e negative, le new town sono diventate il simbolo negativo per eccellenza della ricostruzione berlusconiana.
E nei prossimi giorni Renzi tornerà nei luoghi del terremoto, sempre con un profilo di grande sobrietà .
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2016 Riccardo Fucile
IL DRAMMA DI AMATRICE: CHI FA COMUNITA’ E GLI SCIACALLI DELL’ODIO E DELLA STUPIDITA’
È piuttosto scontato dire che il terremoto di mercoledì scorso ci abbia sconvolto tutti. Da circa tre giorni siamo incollati alla tv, alla radio, ai computer.
Leggiamo notizie, cerchiamo aggiornamenti, vediamo immagini di salvataggi e, purtroppo, anche quelle di persone che non ce l’hanno fatta.
Sin dai primi minuti del mattino della tragedia i media, tutti i media, si sono mobilitati per darci informazioni, per raccontarci cosa effettivamente è successo.
Ci hanno raccontato dei soccorsi, dei salvataggi, delle scosse di assestamento, della storia di quei comuni, delle persone che ci abitavano, delle famiglie distrutte, di bambini salvati, di quelli deceduti.
In queste ore ho visto l’Italia migliore, quella della solidarietà , quella della mobilitazione volontaria, della collaborazione.
L’Italia che fa comunità , si stringe intorno ai cittadini.
L’Italia che scava a mani nude, quella che silenziosamente è partita ed è andata a dare una mano ai vigili del fuoco, alla protezione civile, all’esercito.
Ho visto rifugiati politici aiutare a scavare e dare il loro contributo ai soccorsi.
Ho visto un intero paese che si è mobilitato per mandare viveri e generi di prima necessità , che ha fatto la fila davanti ai nosocomi per donare sangue, che si è adoperata affinchè le zone colpite dal dramma non si sentissero sole rispetto alla tragica fatalità di un terremoto.
Purtroppo a questa bella, bellissima Italia che ci stiamo raccontando ne è emersa un’altra, quella che ha mostrato una parte feroce, ignorante, livorosa, rozza.
Una Italia con la bava alla bocca, che non ha nessuna funzione sociale se non quella di odiare a prescindere dell’accaduto, un’Italia che purtroppo durante queste tragedia emerge in tutta la sua forza e mostra i lati peggiori, i più bui, i più rancorosi del nostro paese.
Questi tratti li ho visti emergere in tutta la sua forza attraverso l’uso dei media sociali, delle volte con l’accompagnamento di testate giornalistiche nazionali e di media mainstream, che nell’atto di raccontare la tragedia hanno – ahimè – dato spazio e voce a questa parte di paese che non esito ad aggettivare nei modi più dispregiativi del mio vocabolario.
Ho visto autorevoli politici scrivere a poche ore dalla scossa e con i morti caldi e le persone sotto terra che la colpa era del governo.
Ho visto firme autorevoli del giornalismo italiano definire come “idioti” chi in quelle ore chiedeva di mettere le polemiche da parte e concentrarci sulla solidarietà , sugli aiuti e sui soccorsi
Ho visto deputate rilanciare il portale del loro leader politico che fa cassa con il clickbaiting al posto di rilanciare informazioni dai siti istituzionali.
Ho visto pseudo-vegane che nella loro vita al massimo hanno partecipato a reality ciarlare di karma nei confronti di quelle zone.
Ho visto blog nazionali di cucina rilanciare la ricetta della amatriciana facendola passare per solidarietà ma che aveva come unico scopo i click e la visibilità del loro portale. Ho visto vignette ignobili che non andrebbero nemmeno raccontate.
Ho visto autorevoli ex-direttrici di media online attaccare l’avversario politico con i morti ancora caldi.
Ho visto ragazzini alle prime armi con il giornalismo sparare sui quotidiani nazionali nemmeno fossero i nuovi Robert Capa, giornali che – nel ben e nel male – stavano facendo il loro lavoro di informazione.
Ho visto rancore, livore, egoismo, rabbia, personalismi, ansia di visibilità , egocentrismo.
Il peggio.
Davanti a tutto ciò non vale ancora la pena fare rilievi “tecnici” sotto il profilo della comunicazione e dell’informazione, che sia essa giornalistica, politica o istituzionale. Non è il tempo ma ci sarà spazio per la comprensione di certe modalità .
Posso solo dire che in queste ore abbiamo raggiunto un livello di dibattito pubblico infimo, basso, che non ha nulla a che fare con la funzione che dovrebbe avere il confronto pubblico, ovvero la crescita collettiva della consapevolezza su determinati temi.
Siamo davanti a un punto di rottura del linguaggio sul quale dovremmo fare una seria riflessione, sul quale devono interrogarsi tutti, politici, giornalisti, opinion leader, influencer, fotografi e gli stessi cittadini.
Sono sicuro che la società sia più matura del dibattito pubblico che ne è venuto fuori in questi giorni, ma il lavoro da fare è tanto.
Per ora pensiamo alla ricostruzione di quei paesi, ma sarebbe un bene che poi ci occupassimo del cervello – a parer di chi scrive piccolo, piccolissimo – di certe persone, perchè per loro credo che non basta una ricostruzione, no, purtroppo e ahimè, per loro non basta.
Tommaso Ederoclite
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 28th, 2016 Riccardo Fucile
ORA NE RESTANO SOLO 8: “COSI’ NON CONOSCEREMO PIU’ IL TERRITORIO”
È il dipartimento universitario che forma i geologi, ossia coloro che collaborano alla pianificazione territoriale tramite la valutazione dei rischi naturali, come eruzioni vulcaniche, alluvioni, frane e terremoti. Eppure nel Paese dove il rischio sismico è di tutti i giorni, la geologia è a rischio estinzione.
Le sedi di Scienze della Terra in Italia sono passate da 29 (nel 2010) a 8 (nel 2016), per effetto della riforma Gelmini del 2010 che ha imposto il taglio di tutti i dipartimenti che non raggiungano i 40 docenti.
Cioè, nel caso di Scienze della Terra, praticamente tutti.
Alcune regioni, come l’Emilia Romagna, non hanno più neanche un dipartimento. Quello di Bologna, la prima sede italiana dedicata alla formazione dei geologi, è stata tagliata.
Le 8 sedi rimaste sono alla Federico II di Napoli, alla Sapienza di Roma e poi a Bari, Pisa, Firenze, Torino, Milano e Padova. Le altre sono state accorpate ad altre aree, in dipartimenti pot-pourri, sulla base di un tornaconto numerico e non di un progetto formativo vero e proprio. E Pisa e Firenze sono a rischio.
Il punto, ora, è che anche quelle otto sedi sopravvissute alle cesoie della riforma Gelmini rischiano di sparire.
Se infatti il numero delle immatricolazioni, dopo il minimo storico del 2008, ha iniziato a crescere, quello dei docenti è in calo.
Negli ultimi 10 anni c’è stato un decremento del 10 per cento, equivalente a circa 100 docenti, e le proiezioni per i prossimi 10 anni non sono migliori.
Questo significa: blocco del turn over, calo del numero dei docenti all’interno di un dipartimento, chiusura.
Per questo entro i prossimi 5 anni anche i dipartimenti più grandi, come Pisa e Firenze, potrebbero trovarsi in grosse difficoltà . E tutto succede mentre nel resto d’Europa (e del mondo), la media dello staff docente dei dipartimenti è tra i 20-30 docenti.
“Se da un lato la numerosità minima imposta dalla legge non comporta, e non sembra aver comportato a sei anni dalla sua applicazione, nessun reale risparmio per la spesa pubblica — commenta a Ilfattoquotidiano.it Rodolfo Carosi, professore ordinario all’università di Torino e rappresentante dei professori di geologia nel Consiglio universitario nazionale — dall’altro la nuova norma sta portando alla scomparsa di dipartimenti universitari storici con una eccellente attività didattica e di ricerca, oltre che inevitabilmente alla perdita dell’identità culturale delle geoscienze”.
E pensare che l’Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la sua particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica.
In 2500 anni, il Paese è stato interessato da più di 30mila terremoti di media superiore al quarto e quinto grado della scala Mercalli e da circa 560 sismi superiori all’ottavo grado.
Tutta la zona dell’Appennino centro-meridionale è considerata ad alto rischio sismico. E a questa si aggiungono aree della Calabria, della Sicilia, del Friuli e del Veneto. Solo la Sardegna è completamente salva. Secondo il Consiglio nazionale dei geologi 24 milioni di persone vivono in zone ad alto rischio sismico in Italia.
Per non parlare del dissesto idrogeologico: l’Italia è quasi totalmente a rischio.
Oltre 500mila frane sono state già mappate e oltre 5.581 comuni, intorno all’80 per cento del totale, sono a potenziale rischio elevato.
La totalità del territorio di Calabria, Umbria e Valle d’Aosta, il 99 per cento delle Marche e il 98 per cento della Toscana sono a bollino rosso.
Alla fragilità intrinseca del territorio, dovuta alla conformazione geomorfologica, geologica e geografica, si aggiungono i mutamenti climatici, l’incontrollata speculazione edilizia, la cementificazione degli alvei fluviali, il disboscamento di versanti collinari e montuosi, l’uso di diserbanti su scarpate stradali: tutto ciò che rende un territorio fragile.
L’Italia è la nazione più esposta in Europa ai rischi geologici, ma nonostante questo, la nuova carta geologica, elemento di base per la conoscenza del territorio, ha una copertura inferiore al 50 per cento della superficie del paese.
E la risposta qual è? Il taglio alla formazione.
La geologia — nonostante quella italiana abbia un’elevata qualità scientifica nazionale e internazionale, tanto che i risultati della Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, la posizionino tra il quinto e il nono posto nel mondo- soffre della cronica carenza di finanziamenti per la ricerca scientifica; i cosiddetti fondi Prin, ad esempio, sono passati da 137 milioni di euro nel 2003 a soli 38,3 nel 2012 per scomparire nel 2013 e nel 2014.
Con la conferma dei limiti numerici risultanti dal decreto sul dottorato di ricerca approvato nel 2013, poi, numerose scuole di dottorato in Scienze della Terra saranno costrette a chiudere.
Ma sin dalle scuole medie, l’attenzione a questo settore è pari a zero: l’insegnamento di Scienze della terra è infatti collocato nei primi anni degli ordinamenti didattici. “Così gli studenti — spiega Carosi — non hanno gli strumenti per la comprensione delle fenomenologie”.
Cosa comporta tutto questo? “In prospettiva — dice Carosi — la mancanza di sedi adeguate dove si formeranno i ricercatori e i professionisti di domani, con un’inevitabile perdita della conoscenza diretta del territorio. Non basterebbe nemmeno ricorrere a geologi da altre nazioni perchè la conoscenza del territorio è un fenomeno complesso che si realizza in anni di costante e assiduo lavoro e non si può improvvisare e comporterebbe costi molti alti”.
Nel 2013 è stata presentata anche una proposta di legge (la numero 1892: “Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche” ) per, tra le altre cose, abbassare il minimo di legge a 20 docenti per un dipartimento e aumentare gli incentivi per le iscrizioni ai corsi di laurea in geologia.
Rimasta poi impantanata tre le secche del Senato fino ad oggi, il 3 agosto la commissione Bilancio ha dato parere positivo alle coperture finanziarie del ddl e adesso attende di essere approvata dalla commissione Istruzione.
Melania Carnevali
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 28th, 2016 Riccardo Fucile
I PM SEQUESTRANO UN VIDEO DEL TG1 CHE MOSTRA IL CONTENUTO DELLE PARETI DELLA SCUOLA
Nei prossimi mesi sarebbe diventata di nuovo un cantiere, la scuola “Capranica” di Amatrice. Nonostante i lavori di ristrutturazione terminati nel 2012, la struttura aveva bisogno di nuovi interventi urgenti.
L’appalto per questa seconda tranche di lavori è stato chiuso nel dicembre 2015 e a offrire il maggior ribasso — addirittura del 36% — è stata la società “Cricchi Carlo” di Carlo e Patrizio Cricchi, già finiti nell’inchiesta penale sulla ricostruzione post-sismica de L’Aquila.
Gli interventi sarebbero dovuti iniziare a breve. Ma è arrivato prima il terremoto. Rivelando, fra l’altro, che i lavori precedenti sarebbero stati fatti con materiale scadente. Ora sarà la Procura di Rieti, guidata da Giuseppe Saieva, a dover far luce sulle possibili responsabilità nella tragedia di Amatrice.
Il magistrato ha intenzione di svolgere delle superperizie sui crolli avvenuti ad Amatrice, una in particolare dedicata alla scuola e ai lavori di cui è stata oggetto. Inoltre disporrà il sequestro di tutto il materiale giornalistico fotografico e video, in particolare un filmato trasmesso dal Tg1 in tarda serata venerdì nel quale si vedeva chiaramente che le pareti della scuola erano composte in parte da polistirolo e al posto delle reti di contenimento erano state installate delle retine dietro l’intonaco.
Tutte evidenze che andranno verificate e accertate nelle prossime settimane.
Intanto emergono i primi rilievi sull’assegnazione dei due appalti che hanno interessato la scuola “Capranica”.
Il primo, dal valore complessivo di 700 mila euro, è stato terminato nel 2012 e assegnato al Consorzio Stabile Valori riconducibile — come scritto dal Fatto — a Francesco Mollica, parente e socio d’affari di imprenditori raggiunti da una interdittiva antimafia (poi annullata) per presunti rapporti con Cosa Nostra.
Il secondo, invece, è finito alla Cricchi, già impegnata (e coinvolta) nella ricostruzione dell’Aquila. In particolare per le opere di riconsolidamento della Chiesa di Santa Maria Paganica, un appalto da 19 milioni di euro.
Nella primavera del 2014, l’allora procuratore capo dell’Aquila, Franco Cardella, e il sostituto Maria Antonietta Picardi, chiedono e ottengono l’iscrizione nel registro degli indagati di Carlo Cricchi e gli arresti domiciliari per Patrizio Cricchi, rispettivamente padre e figlio.
Le accuse per il genitore sono minime e legate per lo più a reati fiscali, tant’è che dopo poco è escluso dal fascicolo.
Per Patrizio, invece, le contestazioni sono pesanti. I magistrati ipotizzano falso (per la presunta firma falsa del parroco) e soprattutto il concorso in corruzione: avrebbe corrotto alcuni funzionari ministeriali per evitare che la gara d’appalto fosse assegnata con l’evidenza pubblica.
I pm quantificano anche la tangente: 190 mila euro. Nell’ordinanza d’arresto i magistrati ricostruiscono anche il momento della consegna della “prima tranche di denaro” da 10 mila euro.
Scrivono: “L’effettiva consegna di una prima tranche di denaro che, a seguito di un iniziale incontro tra Cricchi e Vinci (amministratore della Cai) in Roma, avveniva in Carsoli; allorchè il Vinci — in proprio e per conto del Cricchi — consegnava a Marchetti (funzionario del ministero) una busta contenente la somma di 10 mila euro”.
La procura de L’Aquila, nel giugno scorso, ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio per Patrizio per i reati di corruzione, fiscali e per il falso.
Ha trasferito per competenza ad Avezzano i fascicoli relativi alla corruzione, mentre per il falso e per i reati fiscali il processo si celebrerà il 16 settembre a L’Aquila.
Il Fatto ha cercato di contattare Carlo e Patrizio, ma senza esito. I telefoni dell’azienda suonano a vuoto. Così come i citofoni delle loro abitazioni, due ville adiacenti su una collina che sovrasta Rieti.
L’azienda di famiglia ha effettuato numerosi lavori, dai restauri degli appartamenti del Quirinale al restauro delle facciate del Tribunale di Roma e moltissime altre opere pubbliche. Aveva già realizzato un importante lavoro di recupero ad Amatrice.
Dieci anni fa: il restauro e consolidamento della ex scuola della frazione di Petra, edificio che ora ospita alcune realtà associative e la locale Avis.
La struttura è stata colpita dal terremoto martedì notte, ma non ha subito danni gravi: qualche crepa e il cedimento di una parte della torre che sovrasta l’edificio.
L’appalto che aveva vinto al ribasso per i lavori alla “Capranica” non aveva ancora portato all’avvio dei lavori, quindi alla Cricchi non è imputabile alcuna responsabilità sul crollo e la gara che si era aggiudicata era proprio per mettere in sicurezza l’edificio.
Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 28th, 2016 Riccardo Fucile
ANDREA HA 27 ANNI, NON E’ UN EFFETTIVO, LAVORA A CHAMATA: “ERO LI’ COME VOLONTARIO”
È diventato il vigile del fuoco più famoso d’Italia. Senza esserlo.
Andrea De Filippo, 27 anni, ha commosso il mondo intero lasciando sulla bara della piccola Giulia una lettera: “Scusa piccola, se siamo arrivati tardi”.
Una commozione che aumenta pensando alla storia della piccola Giulia, morta nel disastro di Pescara del Tronto, e sorella di Giorgia, la bimba che invece è stata estratta dalle macerie dopo 16 ore dal sisma.
Il giorno dopo i funerali di Ascoli, Andrea viene raggiunto telefonicamente dall’Huffpost.
Parla con la voce tremante: “Sono un volontario, ero lì come essere umano, prima di tutto. Non sono un vigile del fuoco effettivo. Lavoro a chiamata e sogno di diventarlo”.
Andrea non pensava che sarebbe finito al centro dell’attenzione internazionale: “Lasciare il biglietto è stato un gesto istintivo, che mi è venuto in mente sul momento”.
A depositare la lettera nella palestra di Ascoli è andato nel pomeriggio di venerdì: “Non ho incontrato nessuno. Non ho incontrato la famiglia. Non volevo prendere i meriti di nessuno. Anche perchè io non ho preso Giulia tra le braccia, ma ero lì accanto quando l’hanno estratta. Svuotavo i secchi con i calcinacci e non la potevo toccare, perchè non ero in servizio”.
Il biglietto è stato “un gesto da essere umano, da semplice cittadino, non da vigile del fuoco. Non sono in servizio”.
Andrea infatti tecnicamente è un vigile del fuoco discontinuo: “Sono andato per conto mio. Come volontario, non ero in servizio”, insiste per rettificare tutto quello che è stato scritto.
Lavora per un periodo di 14 giorni a chiamata e adesso non porta la divisa, quindi era lì come civile.
Sabato, Andrea, era presente ai funerali ma non è entrato nella palestra: “Ho preferito restare fuori. Non ho pianto, ma ho gli occhi lucidi dalla notte del 24 anche perchè ho rivissuto questa esperienza a distanza di sette anni. Io sono dell’Aquila”.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 28th, 2016 Riccardo Fucile
ABITUATO A PARLARE CON I FATTI, NON CON LE CHIACCHIERE, E HA SIA ESPERIENZA CHE SENSO DELLE ISTITUZIONI
Chi lo conosce bene, e qualche contatto con lui lo ha avuto, prevede che Vasco Errani dirà di sì: “Come fa a dire di no di fronte al terremoto? Accetterà per spirito di servizio verso il paese”. E non “per discorsi politicisti come referendum, Italicum, rapporti con la minoranza e questa roba qui”. Anzi, “se qualcuno lega le cose, terremoto e referendum, è la volta buona che manda qualcuno a quel paese”.
Il Sì riguarda la sua nomina a commissario del governo per la ricostruzione, che Renzi ha intenzione di varare con un dpcm (decreto presidenza del consiglio dei ministri) già nei prossimi giorni.
E di cui ha parlato con la sua cerchia ristretta e con i presidenti delle regioni toccate dal terremoto.
È una mossa che risponde ad almeno tre esigenze. E che rivela la profonda consapevolezza di quanto il dramma abbia una dimensione “politica” in grado di toccare, orientare, influenzare gli umori dell’opinione pubblica.
Ecco i perchè di Errani.
Primo: il suo “modello Emilia” di ricostruzione — rapporto con i sindaci e le comunità locali, efficienza, nessuno scandalo – è l’opposto delle new town e del “modello Aquila” (ricostruzione dall’alto).
Secondo: le Regioni toccate dal sisma sono quattro (Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche) e una figura esterna che conosce la politica e la pubblica amministrazione, le sue regole e le sue procedure e faccia sintesi — hanno ragionato a palazzo Chigi — è utile.
Soprattutto ora che l’inchiesta della procura sui crolli è destinata a coinvolgere figure dell’amministrazione locali e regionali, come lascia già intravedere lo scaricabarile di queste ore tra comune e uffici regionali sulla famosa scuola di Amatrice.
Terzo: non è un mistero che Renzi stimi Errani e che più volte abbia tentato di portarlo al governo, con l’obiettivo di cooptare una parte della Ditta e di depotenziare l’opposizione interna. O meglio: il suo cuore pulsante emiliano-romagnolo.
E più volte Errani, capita la logica e il tentativo di scavare un solco tra lui e Bersani cui è legato da affetto fraterno, ha detto di no.
Ora però non si tratta di sostituire la Guidi. O di ricalibrare i rapporti col governo. Prosegue chi conosce bene Errani: “Come fa a dire di no di fronte alle aspettative della popolazione? Ma questo è Vasco, uno che ha detto di no a tanti incarichi e che si va a infilare in un inferno per spirito di servizio”.
Già , come fa a dire no. Il suo no lo dirà quando qualcuno gli chiederà se aver accettato l’incarico cambia qualcosa nei rapporti su referendum, Italicum e rapporti interni. Detto in altri termini, accetterà più da uomo delle istituzioni che da esponente di peso del partito emiliano.
E, conoscendolo, parlerà con i fatti più che con le interviste
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 28th, 2016 Riccardo Fucile
ASSEDIATI DA SFIDE DIFFICILI, MA CON CUORE E CERVELLO CHE SANNO AFFRONTARE OGNI EMERGENZA
In questa estate di disastri, terrorismo e migrazioni l’Italia è stata messa alla prova, dimostrando di avere abitanti con una tempra non comune.
Compostezza e vigore con cui la gente dell’Appennino laziale-umbro-abruzzese-marchigiano ha reagito al sisma-killer descrivono un amore per la propria terra che si esprime nella determinazione a non cedere alla violenza della Natura, rimboccandosi da subito le maniche per ricostruire. Senza farsi piegare da un’ecatombe di oltre 290 morti.
E’ una prova di carattere che arriva a poche settimane di distanza dagli attentati jihadisti di Dacca e Nizza nei quali 15 connazionali sono stati uccisi – nove dei quali sgozzati – dai miliziani dello Stato Islamico.
Anche in questo caso la reazione è arrivata nel segno della concretezza: un numero consistente di jihadisti è stato identificato dalle forze dell’ordine ed espulso dallo Stivale; il governo ha autorizzato per la prima volta l’invio di truppe speciali in Libia per contribuire alla sconfitta di Isis; lungo le coste è iniziata una vasta operazione di sicurezza per prevenire l’arrivo di terroristi in fuga da Sirte.
E da un podio dei Giochi di Rio l’atleta Elisa De Francisca ha sventolato il drappo europeo parlando a nome di tutti quei connazionali convinti che «i terroristi non possono vincere, l’Europa esiste ed è più unita dopo gli attacchi terroristici».
Ma non è tutto perchè questa è anche l’estate in cui l’Italia si è trovata a ospitare decine di migliaia di migranti impossibilitati ad andare altrove – a seguito della chiusura de facto delle frontiere da parte dei Paesi confinanti – e ciò sta avvenendo grazie alla generosità di una miriade di Comuni convinti che si tratti di un’opportunità e non di un pericolo.
La tempra dei sopravvissuti di Amatrice, il coraggio dei militari che ci proteggono dai jihadisti, i valori di cittadini come De Francisca e la lungimiranza di chi accoglie i migranti descrivono le qualità di una nazione che dimostra di saper affrontare un’emergenza articolata in molteplici sfide.
Da qui le responsabilità che incombono su governo e Parlamento in merito ad ognuno di questi fronti aperti.
La ricostruzione dei paesi travolti dal sisma nell’Italia Centrale non può essere affidata solo alla generosità dei singoli ma deve essere accompagnata da investimenti sulle nuove tecnologie esistenti per arrivare a proteggere dai terremoti ogni singolo edificio del Paese, a prescindere dalla sua data di costruzione.
La difesa dai jihadisti deve includere ricerca, cattura e processo nei confronti di chiunque abbia partecipato all’omicidio di connazionali: braccare mandanti e complici degli attacchi terroristici significa accrescere la nostra capacità di deterrenza. L’ospitalità per i migranti da parte di sindaci e strutture locali ha bisogno di contare sulla moltiplicazione delle risorse pubbliche per integrarli ed anche di maggiore rigore nel pretendere dai nuovi arrivati il più rigido rispetto delle leggi nazionali.
E’ come se l’Italia si trovasse in mezzo al guado: assediata da sfide aggressive, vecchie e nuove, dispone del carattere per farvi fronte.
Ciò che le serve sono gli strumenti per riuscirvi.
Maurizio Molinari
(da “La Stampa“)
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