L’ITALIA MIGLIORE… E QUELLA CHE VIVE DI LIVORE
IL DRAMMA DI AMATRICE: CHI FA COMUNITA’ E GLI SCIACALLI DELL’ODIO E DELLA STUPIDITA’
È piuttosto scontato dire che il terremoto di mercoledì scorso ci abbia sconvolto tutti. Da circa tre giorni siamo incollati alla tv, alla radio, ai computer.
Leggiamo notizie, cerchiamo aggiornamenti, vediamo immagini di salvataggi e, purtroppo, anche quelle di persone che non ce l’hanno fatta.
Sin dai primi minuti del mattino della tragedia i media, tutti i media, si sono mobilitati per darci informazioni, per raccontarci cosa effettivamente è successo.
Ci hanno raccontato dei soccorsi, dei salvataggi, delle scosse di assestamento, della storia di quei comuni, delle persone che ci abitavano, delle famiglie distrutte, di bambini salvati, di quelli deceduti.
In queste ore ho visto l’Italia migliore, quella della solidarietà , quella della mobilitazione volontaria, della collaborazione.
L’Italia che fa comunità , si stringe intorno ai cittadini.
L’Italia che scava a mani nude, quella che silenziosamente è partita ed è andata a dare una mano ai vigili del fuoco, alla protezione civile, all’esercito.
Ho visto rifugiati politici aiutare a scavare e dare il loro contributo ai soccorsi.
Ho visto un intero paese che si è mobilitato per mandare viveri e generi di prima necessità , che ha fatto la fila davanti ai nosocomi per donare sangue, che si è adoperata affinchè le zone colpite dal dramma non si sentissero sole rispetto alla tragica fatalità di un terremoto.
Purtroppo a questa bella, bellissima Italia che ci stiamo raccontando ne è emersa un’altra, quella che ha mostrato una parte feroce, ignorante, livorosa, rozza.
Una Italia con la bava alla bocca, che non ha nessuna funzione sociale se non quella di odiare a prescindere dell’accaduto, un’Italia che purtroppo durante queste tragedia emerge in tutta la sua forza e mostra i lati peggiori, i più bui, i più rancorosi del nostro paese.
Questi tratti li ho visti emergere in tutta la sua forza attraverso l’uso dei media sociali, delle volte con l’accompagnamento di testate giornalistiche nazionali e di media mainstream, che nell’atto di raccontare la tragedia hanno – ahimè – dato spazio e voce a questa parte di paese che non esito ad aggettivare nei modi più dispregiativi del mio vocabolario.
Ho visto autorevoli politici scrivere a poche ore dalla scossa e con i morti caldi e le persone sotto terra che la colpa era del governo.
Ho visto firme autorevoli del giornalismo italiano definire come “idioti” chi in quelle ore chiedeva di mettere le polemiche da parte e concentrarci sulla solidarietà , sugli aiuti e sui soccorsi
Ho visto deputate rilanciare il portale del loro leader politico che fa cassa con il clickbaiting al posto di rilanciare informazioni dai siti istituzionali.
Ho visto pseudo-vegane che nella loro vita al massimo hanno partecipato a reality ciarlare di karma nei confronti di quelle zone.
Ho visto blog nazionali di cucina rilanciare la ricetta della amatriciana facendola passare per solidarietà ma che aveva come unico scopo i click e la visibilità del loro portale. Ho visto vignette ignobili che non andrebbero nemmeno raccontate.
Ho visto autorevoli ex-direttrici di media online attaccare l’avversario politico con i morti ancora caldi.
Ho visto ragazzini alle prime armi con il giornalismo sparare sui quotidiani nazionali nemmeno fossero i nuovi Robert Capa, giornali che – nel ben e nel male – stavano facendo il loro lavoro di informazione.
Ho visto rancore, livore, egoismo, rabbia, personalismi, ansia di visibilità , egocentrismo.
Il peggio.
Davanti a tutto ciò non vale ancora la pena fare rilievi “tecnici” sotto il profilo della comunicazione e dell’informazione, che sia essa giornalistica, politica o istituzionale. Non è il tempo ma ci sarà spazio per la comprensione di certe modalità .
Posso solo dire che in queste ore abbiamo raggiunto un livello di dibattito pubblico infimo, basso, che non ha nulla a che fare con la funzione che dovrebbe avere il confronto pubblico, ovvero la crescita collettiva della consapevolezza su determinati temi.
Siamo davanti a un punto di rottura del linguaggio sul quale dovremmo fare una seria riflessione, sul quale devono interrogarsi tutti, politici, giornalisti, opinion leader, influencer, fotografi e gli stessi cittadini.
Sono sicuro che la società sia più matura del dibattito pubblico che ne è venuto fuori in questi giorni, ma il lavoro da fare è tanto.
Per ora pensiamo alla ricostruzione di quei paesi, ma sarebbe un bene che poi ci occupassimo del cervello – a parer di chi scrive piccolo, piccolissimo – di certe persone, perchè per loro credo che non basta una ricostruzione, no, purtroppo e ahimè, per loro non basta.
Tommaso Ederoclite
(da “il Fatto Quotidiano”)
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