LA CRISI NON INTACCA GLI STIPENDI DEI BANCHIERI: SCANDALI, CREDITI DETERIORATI E LICENZIAMENTI
I TAGLI NON TOCCANO I MANAGER: A UNICREDIT COSTANO 29 MILIONI, 24 AL BANCO
Ventidue milioni complessivi per Intesa Sanpaolo. Oltre 29 milioni per Unicredit. Più di 24 milioni per il Banco Popolare. Tredici milioni e mezzo per Ubi. Sette milioni per Mps, che salgono a quasi 19 se si considerano anche i 92 dipendenti che “assumono rischi in modo significativo”.
Oltre 12 milioni ciascuna per le disastrate Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che tra maggio e giugno sono finite entrambe in pancia al fondo Atlante.
Tanto, nel 2015, sono costati alle maggiori banche italiane e a quelle più in crisi stipendi, bonus e buonuscite versati ai loro amministratori, dirigenti con responsabilità strategiche e membri dei collegi sindacali o consiglieri di sorveglianza.
Che nel frattempo, in molti casi, varavano piani di ristrutturazione lacrime e sangue conditi da migliaia di esuberi.
Per non parlare del mix pericoloso di crediti deteriorati (360 miliardi di cui 200 di sofferenze lorde) e scarsa redditività che ha reso gli istituti della Penisola il primo bersaglio delle turbolenze borsistiche seguite all’entrata in vigore della direttiva sul bail in.
A fare la parte del leone, ovviamente, i numeri uno: dall’ormai ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni, che ha portato a casa 2 milioni di compensi fissi, 1,1 di benefit e emolumenti variabili e 1,9 milioni in azioni, a Fabrizio Viola, il banchiere che ha preso la guida di Mps dopo gli anni di malagestione di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni: per lui 1,8 milioni di fisso e oltre 100mila euro tra benefici non monetari e altri compensi.
Ma colpiscono ancora di più i guadagni degli ex dirigenti (sotto inchiesta) delle sofferenti ex popolari venete.
Basti pensare che l’ex presidente e padre padrone di Pop Vicenza Giovanni Zonin ha incassato un lauto stipendio da oltre 1 milione per 11 mesi di lavoro prima di dare le dimissioni e ritirarsi nella propria villa di Terzo d’Aquileia.
Vero è che i colleghi stranieri guadagnano di più: in base all’analisi annuale di Equilar e del Financial Times, nel 2015 la media per gli amministratori delegati delle 11 maggiori banche europee è stata di 10,4 milioni di dollari, pari a circa 9,4 milioni di euro, in aumento del 9,6% sull’anno prima.
Ma il risultato è molto influenzato dai maxi premi in azioni ricevuti dai vertici di Standard Chartered, Credit Suisse e Barclays.
Se il numero uno della inglese Hsbc Stuart Gulliver ha intascato 8,6 milioni di euro, Jean-Laurent Bonnafè che guida Bnp Paribas si è “accontentato” per esempio di 3,6 milioni.
Fatti i dovuti distinguo — anche per quanto riguarda i risultati dei singoli istituti in termini di utili — le buste paga dei banchieri italiani restano comunque pesantissime. In attesa che, nel gennaio del prossimo anno, entrino in vigore le linee guida dell’Autorità bancaria europea sugli stipendi di manager e dipendenti degli istituti, l’austerity sembra lontana.
Chiara Brusini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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