Destra di Popolo.net

POLTRONE RAI, PER LA DIREZIONE DEL TG1 SPUNTA DEL DEBBIO, UNA GARANZIA DI PLURALISMO, ROBA DA REGIME

Ottobre 3rd, 2018 Riccardo Fucile

PERSINO A MEDIASET GLI HANNO TOLTO IL PROGRAMMA PERCHE’ FOMENTAVA ODIO VERSO GLI IMMIGRATI… ORA I SOVRANISTI LO RICICLANO IN RAI, A SPESE DEI CONTRIBUENTI

Tutto ancora in alto mare: manovra e def hanno fatto finire in secondo piano la trattativa sulle nomine in Rai e, nonostante i contatti siano in corso, l’accordo nella maggioranza sembra lontano.
A partire dalla poltrona più ambita, quella del Tg1, che non è chiaro se finirà  in orbita Lega o Movimento 5 Stelle.
In ogni caso il rebus non si scioglierà  questa settimana: il cda non è stato convocato e venerdì si terrà  solo l’assemblea dei soci per la ratifica delle deleghe conferite al nuovo presidente Marcello Foa nell’ultimo consiglio.
La Lega è comunque al lavoro per tentare di definire quanto prima il quadro.
Il dossier è in mano a Matteo Salvini e ai suoi stretti collaboratori che mantengono i contatti con i candidati e stanno sondando anche giornalisti esterni.
Un ostacolo per alcuni degli interpellati si starebbe rivelando il tetto di 240mila euro agli stipendi nella tv pubblica.
Senza considerare che, secondo il piano anticorruzione, è necessario seguire un percorso definito e trasparente per le assunzioni a tempo indeterminato.
Al di fuori di questa procedura, l’ad può assumere, ma solo a tempo determinato, un numero pari al 5% dei dirigenti in forza all’azienda (che sono circa 250) con contratto a tempo determinato. Il possibile arrivo di un esterno fa già  infuriare l’Usigrai, che già  si dice pronto alla battagli.
Da Mediaset potrebbe arrivare Paolo Del Debbio: avrebbe dato la sua disponibilità  e che i leghisti vedrebbero bene alla testata della rete ammiraglia ma, in caso di rifiuto dei Cinque stelle, potrebbe anche essere destinato a un altro ruolo.
Lo schema prevede una divisione equa tra le due forze di governo, anche se dal Movimento 5 Stelle fanno sapere – come sottolinea il capogruppo in Vigilanza Gianluigi Paragone – che “sarà  l’ad Fabrizio Salini a decidere e intromissioni non ci saranno”.
La Lega vedrebbe bene al Tg1 anche Gennaro Sangiuliano, ma è disposta a cedere la casella agli alleati se ci sarà  la conferma del direttore ad interim Alessandro Casarin alla TgR e se potrà  indicare un nome anche per Rainews, considerata sempre più strategica. Il candidato è Luciano Ghelfi, che potrebbe però finire alla guida del Tg2. I Cinque Stelle puntano su Franco Di Mare al Tg1, Alberto Matano appare destinato alla vicedirezione della testata o a Rainews, mentre Giuseppe Carboni potrebbe, invece, finire alla guida di Radio Rai.
A Rai Sport in pole sono Jacopo Volpi e Maurizio Losa, mentre Rai Parlamento (ma anche il Giornale Radio) dovrebbe essere appannaggio di Forza Italia: il candidato più gettonato è Antonio Preziosi. In quota opposizione invece dovrebbe restare al Tg3 Luca Mazzà .
Per quanto riguarda le reti, a Rai1 la Lega sarebbe orientata verso Marcello Ciannamea, ma non è esclusa una conferma di Angelo Teodoli, mentre per la seconda rete, oltre a Maria Pia Ammirati, l’ipotesi è Carlo Freccero, cui potrebbe essere affidata un’altra direzione editoriale.

(da “Huffingtonpost”)

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LA CORSA SFRENATA VERSO LA BANCAROTTA

Ottobre 3rd, 2018 Riccardo Fucile

DA QUANDO GOVERNANO LEGA E M5S SONO RADDOPPIATI I TASSI DI INTERESSE SUI TITOLI PUBBLICI A DIECI ANNI

La corsa sfrenata verso il baratro della bancarotta prosegue senza incontrare ostacoli dopo che Tria è stato piallato e levigato come una tavola di noce.
§E in un tripudio di grugniti entusiastici il governo continua imperterrito a pigiare sull’acceleratore: dalle elezioni del 4 marzo sono raddoppiati gli interessi che il contribuente italiano paga sui titoli pubblici a dieci anni.
In sostanza per i risparmiatori di tutto il globo l’Italia è un debitore appestato peggiore della Grecia levantina fallita.
Ragli e grugniti ministeriali veicolano ossessivamente e istericamente ai telelobotomizzati la fandonia che l’Unione Europea e l’Unione Monetaria non possano fare a meno dell’Italia.
Ma la frusta della realtà  si abbatte impietosamente sulle terga dei quadrupedi coperte di setole e peli.
Nel 2011-2012 lo spread, cioè il divario tra i rendimenti dei Bund tedeschi e quello dei BTP italiani era parte di un fenomeno che investiva tutti i PIGS. Quindi minacciava davvero la tenuta dell’euro, mentre oggi tra i PIGS a patire è rimasto solo uno: il governo italiano.
Gli effetti dei vaneggiamenti giallo-verdi si ripercuotono brutalmente solo sull’Italia e sul suo settore bancario che ormai balla sull’orlo di un’altra crisi ancora più virulenta di quella che ha travolto Banca Etruria le popolari venete.
Senza dimenticare una decina di altre banche “del territorio”, cioè gestite da mediocri truffatori di provincia collusi con politici corrotti e canaglie spacciatesi per imprenditori.
Insomma, per spiegare a chi ha fatto tre anni di militare nelle sale giochi a Pomigliano o nei centri sociali dei punkabestia milanesi, possiamo dire che il governo italiano cuoce nel suo brodo mefitico da solo, tra le crasse risate del mondo civile.
E le minacce dei salvicoli, che strillano al complotto, non spaventano nemmeno le mosche coprofaghe.
Per il momento la gente è semplicemente confusa e inebetita da un’informazione televisiva vergognosa, gestita dalle solite amebe in spasmodica gara per sdraiarsi di fronte ai potenti di turno.
Ma come in tutti i drammi epocali, dopo la fase improntata a negare l’evidenza, a chiudere gli occhi di fronte alla catastrofe che avanza, a un certo punto scatta il panico.
Nel caso specifico la gente più avveduta ha già  provveduto a ritirare i soldi dalle banche italiane e a metterli in salvo.
Quando la piena della corsa agli sportelli diventerà  inarrestabile non basteranno osceni discorsi patriottici dai balconi a ristabilire la calma.
Appena la crisi di fiducia attaccherà  il cuore del sistema bancario l’intera economia collasserà  perchè senza credito non esiste economia, soprattutto in Italia dove le imprese (incluse quelle dei geni che votano Lega) non hanno capitali e molte sono indebitate fino al collo.
Che la crescita possa essere rilanciata dagli investimenti pubblici è una pia illusione: basta guardare il grafico compilato da Italia Dati Alla Mano per accertarsi che la produttività  non risponde certo alle ubbie di qualche burocrate che butta fondi pubblici nella toilette (di foggia turco-venezuelana) per favorire gli amici degli amici. In un paese dove l’Amministrazone Pubblica non riesce a ricoprire le buche nelle strade della Capitale dovremmo credere che gli investimenti pubblici produrranno sortilegi come Mandrake?
Sotto la guida di un governo che in un mese e mezzo non è riuscito a scrivere il decreto per iniziare a ricostruire un ponte crollato a Genova?
Di ministri che una settimana dopo averla annunciata e averla festeggiata in piazza, non sono riusciti ancora a scrivere la Nota Aggiuntiva al DEF, perchè non sono in grado di fare calcoli aritmetici elementari?
Il moltiplicatore della spesa pubblica finanziata con cambiali (lasciate in eredità  ai figli) è una favola per bamboccioni con deficit cognitivi, un Campo dei Miracoli a cui abboccano solo i disadattati sociali fuoricorso.
Se non fosse una favola non ci sarebbero MAI crisi economiche, MAI recessioni e soprattutto MAI povertà .
Infatti solo la macchietta tragica di un politicante da marciapiede poteva dichiararne l’abolizione a reti ed edicole unificate.

(da “NextQuotidiano”)

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LE “SPESE MORALI” DEL GRANDE FRATELLO DI MAIO

Ottobre 3rd, 2018 Riccardo Fucile

IL GRILLINO ORA STILA PURE LA LISTA DELLA SPESA, DIVIDENDO LE SPESE MORALI DA QUELLE IMMORALI… SE SPIEGASSE COME CREARE LAVORO SAREBBE MEGLIO

Tutti avvertiti gli indivanados (ma non solo loro) che prima hanno votato e adesso stanno aspettando con ardore l’arrivo del reddito di cittadinanza. Il tutor Di Maio ha parlato chiaro: con quei soldi non si potranno fare “spese immorali”.
Un’affermazione che potrebbe aprire una tavola calda filosofica a non finire (perchè, volendo affondare, già  spendere può essere definito immorale di per sè).
Ma restiamo a terra, che è meglio. Il vicepremier, elencando, ha detto: nè gratta e vinci, nè sigarette, solo beni di prima necessità .
Già  è discutibile dire, in punto di diritto, come è stato fatto, che quei soldi si possano spendere solo in Italia.
Ora il Grande fratello del reddito di cittadinanza dà  la lista della spesa.
Chiediamo: un cinema, un giornale, un libro, una gita fuori porta, non la vogliamo dare ai beneficiati da cotanta magnanimità  del governo del cambiamento?
Una cravatta, un bel vestito, un jeans, un paio di scarpe perchè magari per vivere meglio ci si vuole anche vestire meglio, abbellire, moralmente, ci mancherebbe.
Ecco, per andare dove? Se invece di regali, regalie, liste, spese immorali e non il vicepremier spiegasse come si crea, davvero, lavoro, sarebbe meglio.
Ma questo, è troppo.

(da “Huffingtonpost”)

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IL FAKE DI TONINELLI CHE E’ PIU’ VERO DEL VERO

Ottobre 3rd, 2018 Riccardo Fucile

CI CASCA ANCHE LUCA BIZZARRI, ORMAI DA TONINELLI C’E’ DA ASPETTARSI DI TUTTO

«Anche oggi al lavoro per migliorare la rete ferrotranviaria in Italia, ancorata a vecchi sistemi di logica urbanistica di collegamento tra città  e non tra modi di vivere».
A scrivere non è il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli ma un suo riuscitissimo fake: Danilo Toninellli (con tre elle).
Il concentratissimo Toninelli è uno dei ministri con il più alto numero di fake sui social, sia su Facebook che su Twitter, proprio a causa delle sue dichiarazioni spesso talmente assurde da non poter essere vere.
In molti hanno dovuto controllare di aver sentito bene quando il vero Toninelli dichiarò che il nuovo ponte Morandi sarebbe stato «un luogo di incontri, in cui le persone si ritrovano, in cui le persone possono vivere possono giocare, possono mangiare».
L’aveva detto davvero? Davvero il ministro delle Infrastrutture pensava che un viadotto autostradale sospeso a 40 metri d’altezza con vista su un’area industriale potesse diventare un grazioso centro commerciale?
Sì, l’aveva detto davvero, e il giorno dopo ci ha tenuto anche a spiegare che gli ignoranti erano quelli che non avevano capito il suo genio.
In fondo Ponte Vecchio, il Ponte di Rialto e il Ponte di Galata sono tutti ponti dove si transita, certo, ma si vive. E perchè non dovrebbe esserlo il viadotto sul Polcevera?
Il post pubblicato ieri da Toninellli (quello con tre elle) fa proprio il verso a quell’uscita involontariamente comica del ministro.
Ne imita lo stile letterario — un verbale dei Carabinieri redatto in maniera entusiastica e letto con tono affettato — e il ricorso a contrapposizioni inventate solo per far notare la differenza con quelli di prima che costituiscono la cifra della propaganda a 5 Stelle. C’è poi la neolingua governativa figlia del marketing più becero: quella che parla di decreto dignità , di manovra del popolo o di pace fiscale. Ecco quindi che i treni devono essere, per il clone, collegamenti tra modi di vivere.
C’è poi la commovente (e inventata) storia di “Nando”, il   signore che in stazione ha voluto salutare il ministro poggiando la mano sul finestrino del treno.
Uno scatto commovente (e vero) postato su Facebook dal vero Toninelli.
Per il clone “Nando” «era paralizzato su una sedia a rotelle, poi ha ripreso a camminare grazie alla speranza». La stessa speranza che il governo del cambiamento ha ridato agli italiani.
Non mancano altre parole d’ordine del cambiamento: ecosostenibilità  e vicinanza alle famiglie italiane.
Non era difficile capire che era un fake, gli elementi c’erano tutti a partire dal nome storpiato. Ma l’autore è riuscito a creare la suspension of disbelief e trarre in inganno anche i solutori più abili.
Ad esempio Luca Bizzarri che prima ha twittato il post del finto Toninelli e poi lo ha cancellato sostituendolo con una riflessione sulla difficoltà  di distinguere un profilo fake da uno reale perchè i falsi sono così vicini a quelli veri che è facile confonderli.
Non è proprio poi così facile ma il ragionamento di fondo è che da uno come Toninelli ormai il pubblico dei social è pronto ad aspettarsi di tutto.
Del resto è stato il vero Toninelli, non il suo Doppelgà¤nger, a giustificare la condanna per bancarotta di Gaetano Intrieri, consulente del MIT spiegando che «La condanna è per un fatto che ha salvato una società . E quindi potrebbe essere equiparabile ad un atto di coraggio fatto per non far andare in mezzo a una strada dipendenti e familiari di questi dipendenti». Peccato che la società  sia fallita nel 2004.
Ed è sempre Toninelli che scherza su una cosa serissima che riguarda la tragedia di Genova come la revoca della concessione ad Autostrade con un tweet in cui annuncia la revoca della concessione al suo barbiere.
Il ministro poi ha parlato di pressioni subite da parte dei concessionari, ma quelle erano semplicemente diffide inviate per altro al suo predecessore.
Per tacere di tutta la pantomima sui porti chiusi senza alcun decreto e sulle richieste all’Olanda di far rientrare le imbarcazioni di alcune Organizzazioni non governative olandesi.
Insomma su Toninelli non ci sarebbe nemmeno bisogno di fare satira. E a dimostrazione di questo il vero Toninelli chiudeva il post di ieri spiegando che il suo «è il ministero del viaggio».

(da “NextQuotidiano”)

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MA NON SI VERGOGNANO? PONTE MORANDI, SUL NOME DEL COMMISSARIO VETI INCROCIATI TRA LEGA E M5S

Ottobre 3rd, 2018 Riccardo Fucile

I GRILLINI NON VOGLIONO GEMME, I LEGHISTI DICONO NO A CINGOLANI, I GENOVESI VIVONO SULLA LORO PELLE L’INDECENZA… D’ALTRONDE LI HANNO VOTATI, ORA SE LI GODANO

I Cinque Stelle puntano sul direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia Roberto Cingolani per la nomina a   commissario per la ricostruzione del ponte Morandi.
La scelta sembrava fatta, ma all’ultimo si è messa di traverso la Lega e ora la situazione è quanto mai incerta.
In mattinata pareva salito nuovamente il gradimento nei confronti di Claudio Gemme, il manager genovese indicato per primo dal governo, ma su cui si erano però immediatamente sollevati i dubbi circa i suoi conflitti d’interesse.
Gemme, infatti, è presidente di Fincantieri Sistemi Integrati, società  del gruppo Fincantieri che avrà  un ruolo di primo piano nella ricostruzione del ponte.
La sua famiglia è inoltre proprietaria di una casa nella “zona rossa” e questi elementi avrebbero sollevato riserve sul suo nome.
Il vicepremier Luigi Di Maio aveva però spiegato di avere soltanto il suo nome in agenda.
In serata però è tornato nuovamente a circolare con insistenza il nome di Cingolani, che piace al Movimento 5 Stelle, ma ha un gradimento trasversale a Genova per il suo lavoro di guida dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
Scienziato e manager, Cingolani ha un incarico che da anni lo porta al confronto quotidiano con le istituzioni locali.
Per sbloccare una situazione che rischiava nuovamente di impantanarsi, mentre sembravano riprendere quote nomi istituzionali come il sindaco di Genova Marco Bucci e il presidente della Liguria Giovanni Toti, sarebbero però stati direttamente il premier Giuseppe Conte e il vice Luigi Di Maio a optare sulla soluzione-Cingolani. Fino all’intervento della Lega.
E Genova assiste all’indecoroso spettacolo

(da agenzie)

argomento: denuncia | Commenta »

IMMIGRATO AGGREDITO E RAPINATO A GENOVA DA BRANCO DI ITALIANI

Ottobre 3rd, 2018 Riccardo Fucile

 “TORNATENE AL TUO PAESE” E GLI RUBANO IL PORTAFOGLIO IN NOME DEL “PRIMA GLI ITALIANI”

Un uomo di 31 anni, originario della Costa D’Avorio, è stato aggredito per rapina a Dinegro da quattro giovani.
Secondo quanto ricostruito dalla polizia i quattro dopo averlo accerchiato lo hanno aggredito e derubato di tutto quanto aveva in tasca.
Trovandolo in possesso solo di un documento d’identità  lo hanno insultato intimandogli di tornare al suo paese.
Sull’accaduto indaga la squadra mobile che sta cercando di risalire agli autori dell’aggressione. Potrebbe essere contestata l’aggravante dell’odio razziale.

(da “il Secolo XIX”)

argomento: criminalità | Commenta »

MONDIALI VOLLEY FEMMINILI: L’ITALIA VOLA E TRAVOLGE ANCHE LA TURCHIA TRASCINATA DALLE SCHIACCIATE DI MIRIAM SYLLA

Ottobre 3rd, 2018 Riccardo Fucile

LA STELLA DELLA NOSTRA NAZIONALE, NATA IN ITALIA DA GENITORI IVORIANI: “SONO ITALIANA, NON HO PAURA DI NIENTE E NESSUNO, VIVIAMO OGNI GIORNO COME L’ULTIMO PERCHE’ VENIAMO DA LONTANO”… DOMANI IL MACHT CON LA CINA ALLE 12.20

È una Nazionale giovane e multietnica, Miriam Sylla lo sa e non vuole rivendicarlo. “Sono italiana, vivo e gioco in Italia com’è naturale che sia, basta così”.
Non le interessa diventare un simbolo, vuole soltanto scendere in campo e inseguire la palla e il suo primo Mondiale. Fino ad ora nessuno è riuscito a fermarla. Oggi all’alba contro la Turchia è arrivata la quarta vittoria consecutiva: le azzurre non hanno ancora perso un set e sono prime del girone B con 12 punti.
Alla vigilia del debutto a Sapporo contro la Bulgaria, Sylla aveva detto: “Devo essere sincera: con tutto il rispetto e l’ammirazione che provo per le mie avversarie, non ho paura di niente e di nessuno, nemmeno della Cina”. Lo sta dimostrando anche in campo.
La giocatrice dell’Imoco di Conegliano, nata a Palermo 23 anni fa da genitori ivoriani è la migliore schiacciatrice del torneo, con una percentuale di punti conquistati del 63 per cento.
Oggi contro la Turchia, squadra che quest’estate ha battuto più volte la squadra di Mazzanti, Sylla è stata la migliore in campo insieme a Paola Egonu con 13 punti conquistati.
“Vi avevo detto che si sarebbe visto quello che abbiamo preparato in questi 5 mesi”, ha detto la ragazza a fine dell’incontro. “Sono sicura che non sia finita qui”.
Le azzurre domani alle 12.20 affrontano la Cina in una sfida che deciderà  la prima posizione in classifica, ma entrambe le squadre sono sicure di avere passato il primo round.
A chi si congratula per il suo modo di giocare e per la potenza che riesce s trovare su ogni pallone lei non sa bene cosa rispondere: “Non mi faccio i complimenti da sola, e poi la pallavolo è uno sport di squadra. Non sono stata brava io, siamo state brave tutte”.
Come per molte altre sue compagne, questo per Sylla è il primo Mondiale. La prima convocazione in Nazionale è arrivata per le Olimpiadi di Rio del 2016; l’anno dopo, a Nanchino, è arrivata la prima gioia in azzurro, la medaglia d’argento ai World Prix. I sogni si avverano ma non bastano mai. I suoi arrivano da lontano, ma nemmeno troppo. Ha cominciato a giocare   a 12 anni grazie a una cugina. Non è stato amore a prima vista, per molto tempo lo ha considerato uno sport come gli altri, niente di più.
La pallavolo è diventata una cosa seria qualche anno dopo, quando ha capito che oltre al talento poteva esserci anche un futuro. “Giocavo a pallavolo anche alle superiori, come tutti gli studenti. Ma a scuola gli sport vengono fatti poco e male. Le ore di educazione fisica possono essere controproducenti, perchè rischiano di farti odiare questo sport”.
I suoi compagni cercavano   una giustificazione per saltare le ore in palestra, lei invece dal campo non sarebbe voluta uscire mai.
L’ha promesso ai suoi genitori tanti anni fa: “prima o poi con la pallavolo darò un senso a tutti i nostri sacrifici”.
Sta succedendo in questi giorni in Giappone: l’ha capito anche lei.
Su Instagram ha postato una foto di tutta la squadra e sotto ha commentato: “Viviamo ogni giorno come l’ultimo perchè veniamo da lontano”.

(da “La Repubblica”)

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CARFAGNA ZITTISCE SALVINI: “LE REGOLE VALGONO ANCHE PER LEI”

Ottobre 3rd, 2018 Riccardo Fucile

IL NOTO ASSENTEISTA FA UNA BATTUTA SUI BANCHI VUOTI DELL’OPPOSIZIONE DURANTE IL QUESTION TIME, SENZA SAPERE CHE SONO IN CORSO I LAVORI DELLE COMMISSIONI, LA VICEPRESIDENTE RISPONDE A MUSO DURO: “RISPETTI L’AULA”

Duello verbale Carfagna-Salvini in question time alla Camera.
Prendendo la parola in aula per rispondere a un’interrogazione della Lega, il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha commentato dicendo: “Curiosa seduta con più banchi vuoti delle opposizioni che non della maggioranza”.
Questa uscita ha scatenato le reazioni del Pd, ma soprattutto della vicepresidente di Montecitorio, Mara Carfagna, che presiedeva la seduta: “Signor ministro, le ricordo che sono in corso le commissioni in contemporanea con l’aula”.
Salvini allora, rivolgendosi ai suoi, a microfono acceso si è lasciato scappare la frase: “No, ma sto guardando a sinistra…”.
L’esponente di Forza Italia, però, avendo sentito tutto ha replicato: “Ministro, può anche guardare di fronte a sè, perchè ci sono banchi vuoti anche nella maggioranza, per lo stesso motivo: sono in corso le commissioni parlamentari. E risponda nel merito”, invitandolo a “non alimentare polemiche”.
Subito la replica del vicepremier: “E io la prego di lasciarmi parlare”.
Quindi la controreplica della parlamentare forzista che con piglio presidenziale ha sottolineato: “Lei è libero di parlare ma non di attaccare il Parlamento. Le sembrerà  strano ma le regole valgono anche per lei”.
A reagire è anche il Pd, per bocca del deputato Andrea Romano che scrive su Twitter:
“Salvini, già  europarlamentare assenteista, si presenta in aula alla Camera per offendere l’opposizione mentre le commissioni sono al lavoro. Questo il senso della democrazia del Ministrodellapaura”

(da agenzie)

argomento: Parlamento | Commenta »

FIAMMETTA BORSELLINO A SALVINI: “INCREDIBILE CHE IL VIMINALE NON SIA PARTE CIVILE AL PROCESSO SU DEPISTAGGIO”

Ottobre 3rd, 2018 Riccardo Fucile

E’ LA DIFFERENZA TRA LA VERA DESTRA DELLA LEGALITA’ E QUELLA DEI PATACCARI CHE COPRONO I COLLUSI

Il ministero dell’Interno non si è costituito parte civile al processo per il depistaggio delle prime indagini sulla strage di via d’Amelio.
E a farlo a notare a Matteo Salvini è direttamente Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso il 19 luglio del 1992.
“Ritengo assolutamente incredibile che il Viminale non sia parte civile di questo processo. Una cosa che ha rilevato anche lo stesso pubblico ministero è che questi funzionari dello Stato non solo hanno anche fatto delle carriere, ma attualmente ricoprono comunque il loro posto di lavoro”, ha detto la figlia Paolo Borsellino, a ‘Uno nessuno 100Milan’ in onda su Radio 24.
Venerdì scorso il giudice per l’udienza preliminare, Graziella Luparello, ha rinviato a giudizio per calunnia aggravata tre poliziotti: Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei.
“Il ministro Salvini — continua Fiammetta Borsellino — non dovrebbe avere bisogno del mio appello per capire che si dovrebbero prendere delle posizioni chiare e precise anche nei confronti di dipendenti dello Stato, perchè non ci possono essere dipendenti di serie A o di serie B. Io penso, e tutti noi lo sappiamo, che chiunque sbaglia in questo ordinamento è oggetto comunque di provvedimenti, anche di sospensione, e in questo caso secondo me sarebbe lecita una cosa del genere”.
I poliziotti   avrebbero confezionato una verità  di comodo sulla fase preparatoria dell’attentato e costretto il falso pentito Vincenzo Scarantino a fare nomi e cognomi di persone innocenti. Un piano dal movente non definito, con un regista ormai morto: l’ex capo della task force investigativa Arnaldo La Barbera, comprimari come Bo e “esecutori” come Ribaudo e Mattei.
Un piano costato la condanna all’ergastolo a sette innocenti scagionati, una volta smascherate le menzogne, dal processo di revisione che si è celebrato e consluo a Catania il 13 luglio 2017.
La svolta nell’inchiesta della Procura di Caltanissetta, che dopo anni di inchieste e grazie alle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, è riuscita ad individuare i veri artefici della fase preparatoria della strage, era arrivata a ridosso dal deposito della sentenza emessa nel corso dell’ultimo processo per l’eccidio di Via D’Amelio e le cui motivazioni sono state depositate il 1 luglio scorso.
Nel provvedimento di chiusura indagine, sette pagine, la procura nissena aveva ricostruito il presunto ruolo di Bo, Mattei e Ribaudo nel depistaggio. Bo, prima che Scarantino mostrasse la volontà  di collaborare con la giustizia, seguita poi da mille ritrattazioni, gli avrebbe suggerito, anche mostrando le foto dei personaggi da accusare, cosa riferire all’autorità  giudiziaria.
E avrebbe fatto pressioni imbeccando Scarantino in modo che riconoscesse alcuni indagati, istruendolo sulla verità  da fornire e facendogli superare le contraddizioni con le   versioni rese da altri due pentiti: Salvatore Candura e Francesco Andriotta.
Un piano che, nonostante la palese inattendibilità  di   Scarantino protagonista di mille ritrattazioni anche in sedi giudiziarie, aveva retto fino alla Cassazione e aveva   portato alla condanna ingiusta al carcere a vita di Salvatore Profeta, Gaetano Scotto, Cosimo Vernengo, Natale Gambino, Giuseppe La Mattina, Gaetano Murana   e Giuseppe Urso. Poi tutti scagionati.
A Mattei e Ribaudo che curavano la sicurezza di Scarantino dopo il falso pentimento i pm contestano di averlo imbeccato “studiando” insieme a lui le dichiarazioni che avrebbe dovuto rendere nel primo dei processi sulla strage per evitargli incongruenze e di averlo indotto a non ritrattare le menzogne già  affermate. Bo avrebbe “diretto” le operazioni   di condizionamento del pentito.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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