Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
A FORZA DI IMPERSONIFICARE I MANGA PER LA GOIA DEI SUOI FANS, SI IDENTIFICA IN MARI OHARA “IN DIFESA DELA FAMIGLIA TRADIZIONALE”, MA IL PERSONAGGIO SI ADATTA POCO: E’ LESBICA
Giorgia Meloni da qualche tempo ha deciso che la strategia giusta per arrivare al cuore dei patrioti e degli elettori sovranisti passa per i manga e gli anime giapponesi.
Una scelta dettata dal fatto che qualcuno qualche tempo fa ha fatto una caricatura “in stile giapponese” della leader di Fratelli d’Italia prontamente ribattezzata Meloni-Chan che è diventata subito organica alla propaganda meloniana.
L’idea ha riscosso un discreto successo perchè è una di quelle classiche cose che rendono simpatico un personaggio politico anche quando si tratta di uno che ha le idee portate avanti dalla Meloni.
Nello staff della comunicazione della Meloni qualcuno deve aver pensato che era cosa buona e giusta continuare a utilizzare la caricatura “manga” della Meloni per aumentare l’engagement della pagina.
Il che d’altro canto la dice lunga sul livello di disperazione della comunicazione politica.
Così che ogni tanto, tra un post contro gli immigrati e uno contro Soros, Meloni-Chan compare su Facebook, a rasserenare gli animi. Non è sempre la stessa, c’è sempre un nuovo disegnino.
Più di qualcuno si è chiesto se Giorgia stia coltivando il progetto di fondare il partito dei memers. Ma ci sono troppi livelli di ironia perchè la domanda ottenga una risposta.
La Meloni ha deciso di sfruttare in maniera continuativa il filone giapponese e fumettaro. A Roma oltre a farsi fotografare con numerosi cosplayer la Meloni si è fatta immortalare in groppa ad un drago.
C’è chi l’ha paragonata a Daenerys Targaryen di Game of Thrones ma noi sappiamo che in realtà è un omaggio al periodo in cui la Meloni frequentava Undernet e si era fatta conoscere con lo pseudonimo di Khy-Ry, la draghetta degli Irriducibili della Lazio.
La situazione però ad un certo punto è sfuggita di mano. Sono state creati video parodia con la Meloni in groppa a Falco mentre solca il firmamento della politica italiana sulle note del tema de La Storia Infinita.
Su Instagram sono comparse altre fan art ispirate a Meloni-Chan e su Facebook è stata aperta la pagina Melonichan dove si assiste ad un rovesciamento dei ruoli.
Non è un personaggio politico che diventa manga ma è un personaggio dei manga che scende in politica.
Meloni intanto ha continuato ad exploitare il filone anime e manga.
Mentre Salvini ricorda con nostalgia i flipper e i gelati a 200 lire la leader di Fratelli d’Italia si rivolge alla generazione successiva e ieri ha ricordato che l’11 ottobre 1984 andava in onda il primo episodio di Ken il guerriero.
«Quanti di voi sono cresciuti guardando questo cartone?» ha chiesto la Meloni ai suoi fan. Senza nulla togliere a Kenshiro stupisce però che una patriota come Meloni-Chan abbia dedicato un post ad un anime giapponese e invece oggi — 12 ottobre — non abbia scritto nemmeno una riga sull’anniversario della scoperta dell’America ad opera dell’italiano Cristoforo Colombo.
Una ricorrenza festeggiata da decenni da tutte le comunità di italiani emigrati nelle Americhe come momento di orgoglio italiano.
Ma è noto che i riferimenti culturali della Meloni sono assai esterofili e impregnati di cultura pop.
Nel 1998 quando la giovane weeabo della politica italiana organizzò la prima festa nazionale di Azione Giovani (ora festa di FdI) decise di chiamarla Atreju, proprio come il protagonista della Storia Infinita.
Non mancano poi qui e lì riferimenti più sostanziosi all’universo creato da J.R.R. Tolkien, che però ha le sue radici nella tradizione e nella mitologia nordica, non nell’epica classica latina che dovrebbe essere l’humus naturale di un sovranista italico.
Solo il tempo ci dirà se quella di farsi trasformare in un meme con riferimenti ad una cultura e ad una letteratura diversa dalla nostra sarà una scelta vincente.
Arriviamo così all’ultima apparizione ufficiale di Meloni-Chan.
Al solito la leader di FdI posta una delle immagini che i fan le hanno inviato. In questo caso è una graziosa biondina che guarda al sol dell’avvenire, dalle fattezze “manga”.
La caption non lascia dubbi: difendere la famiglia tradizionale. Un messaggio chiaro e deciso, che senza dubbio piacerà ai meloniani visto che Giorgia scelse proprio il Family Day per annunciare di essere incinta.
C’è però un problema. Il personaggio raffigurato non è una Meloni-Chan, ovvero una caricatura della Meloni, ma una delle protagoniste del manga&anime Love Live! di nome Mari Ohara.
Si tratta di un anime molto famoso anche in Italia. Poco male, alla fine l’importante è il messaggio che lancia: difendiamo la famiglia tradizionale (giapponese o italiana?). Ed è qui che la questione si fa spinosa come aveva già fatto notare Diego Bianchi a Propaganda Live la settimana scorsa.
Perchè Love Live! oltre ad essere un manga e un anime molto apprezzato dalla comunità LGBT è una serie dove — come in molti manga — è molto presente un sottotesto a sfondo omosessuale.
Non si tratta di riferimenti espliciti, la sessualità delle protagoniste (sono tutte donne) non è mai chiaramente esplicitata ma i fan hanno notato come le ship raccontate nella saga ammicchino molto alle relazioni omosessuali tra donne.
Qualcuno discute se si tratti di un manga esplicitamente di genere Yuri (ovvero che rappresenta relazioni affettive e amorose tra donne) ma pochi dubitano del fatto che i vari toccamenti tra le protagoniste, tra cui Mari/Meloni-Chan siano semplicemente amichevoli o camerateschi.
Mari Ohara ad esempio ha la passione di toccare i seni delle amiche.
La questione non è mai stata chiarita dagli autori, al punto che molti lettori e spettatori sostengono che sotto trame a sfondo omosessuale vengano inserite per titillare la componente maschile della fanbase.
Magari lo staff della Meloni si è limitato ad una breve ricognizione su Wikipedia e non ha trovato nulla di strano. Ma la polemica sulla traduzione della versione inglese del gioco tratto da Love Live! inizialmente emendata dai riferimenti omosessuali è sicuramente un chiaro indizio che non si tratta semplicemente dell’interpretazione dei fan.
Comunque vada a finire davvero questo dimostra che appropriarsi dei canoni culturali stranieri, snobbando la tradizione fumettistica italiana (andava bene anche un Crepax probabilmente), rischia di essere controproducente perchè non si è completamente padroni del linguaggio.
Quando poi a farlo è la Meloni, che su Facebook aveva dato la stura ad ogni sorta di commento omofobo per una foto di Macron nello spogliatoio della Francia Campione del Mondo la cosa diventa ancora più divertente.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Fratelli d'Italia | Commenta »
Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
TESORO E FS SI FARANNO CARICO DELLE PERDITE, MA SONO SOLDI DEGLI ITALIANI… FINO AD OGGI E’ GIA’ COSTATA AL PAESE 7,4 MILIARDI BUTTATI DALLA FINESTRA
Perchè i pendolari italiani devono pagare l’ennesimo salvataggio di Alitalia, azienda ormai privatizzata da tempo?
Perchè i contribuenti devono tornare a mettere soldi in quella che fino a dieci anni fa era la compagnia di bandiera ma oramai è solo una delle tante compagnie aeree private che volano in Italia, e peraltro neanche la principale e la più impegnata nelle tratte degli aeroporti cosiddetti minori?
Da dove vengono presi i due miliardi e passa di soldi pubblici che Di Maio e Salvini vogliono mettere in Alitalia?
Dalle tasche degli italiani, con la conversione in azioni del prestito da 900 milioni di euro, e dagli investimenti per il miglioramento dei treni pendolari, con l’imposizione a Ferrovie di mettere soldi nell’operazione.
L’ingresso di un’azienda pubblica sana come le Ferrovie in un’azienda privata e in crisi come Alitalia rimane incomprensibile, dettata solo da motivazioni propagandistiche.
Ma davvero basta mettere altri soldi per far finalmente funzionare Alitalia? Davvero il solo problema è rifinanziare? Davvero il bene di Alitalia è tentare l’ennesimo salvataggio pubblico?
Davvero il bene della compagnia è obbligare lo Stato, quindi tutti i cittadini, a metterci di nuovo soldi? Davvero questa è un’amministrazione oculata dei soldi pubblici?
Dal 1974 al 2014, secondo i calcoli di Mediobanca, Alitalia è già costata ai contribuenti italiani 7,4 miliardi di euro, di cui solo 4,1 miliardi per la fallimentare operazione dei “Capitani coraggiosi” del Governo Berlusconi.
Ora, grazie a Di Maio e Salvini, gli italiani dovranno mettere almeno altri 2 miliardi, senza avere nessuna garanzia che questi soldi servano a qualcosa che non sia dare alla compagnia qualche altro mese di vita, magari fino alle elezioni Europee, tornando peraltro invendibile.
Così verranno bruciati soldi e tempo prezioso.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
PERCHE’ UN ELETTORE DI SINISTRA DOVREBBE VOTARE UNO CHE RAPPRESENTA LA PEGGIORE DESTRA?
Matteo Renzi è uscito dal suo proverbiale riserbo per sponsorizzare la candidatura dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti a prossimo segretario del Partito Democratico.
L’ala renziana del partito quindi punterà sul ministro che durante la scorsa legislatura più si è avvicinato alla linea iper sicuritaria e antimigranti di Matteo Salvini.
È stato Minniti infatti a stipulare gli accordi con la Libia per il pattugliamento dell’area SAR dove operavano le Ong.
Renzi e i suoi, partiti come feroci rottamatori del vecchio apparato del partito finiscono così per appoggiare un vecchio comunista nato e cresciuto nelle fila di FGIC, PCI e PDS che è stato così vicino Massimo D’Alema da diventarne sottosegretario durante l’esperienza da Presidente del Consiglio del Lider Massimo. D’Alema però non ha perso tempo a scaricare quello che secondo alcuni era addirittura il suo delfino.
Il motivo? Proprio la gestione dei migranti: «l’accordo di oggi con la Libia è uguale a quello di Berlusconi con Gheddafi» disse D’Alema nel settembre dell’anno scorso.
Come se non bastasse Minniti, che oggi è senatore “semplice” come Renzi, alle politiche del 4 marzo è stato sconfitto all’uninominale a Pesaro da Andrea Cecconi, uno degli impresentabili dei rimborsi elettorali truccati del MoVimento 5 Stelle.
Gli elettori, pur sapendo che Cecconi era già fuori dal M5S e pur sapendo che aveva barato sugli scontri li ha scelto l’ex pentastellato e Minniti è arrivato addirittura terzo.
Del resto non è proprio una notizia che l’operato del ministro dell’Interno del governo Gentiloni piacesse poco a tutti quegli elettori di sinistra disgustati proprio dalla scelta del PD di rincorrere il centrodestra sul tema dell’emergenza migranti e del pericolo invasione (inesistente).
E tutto questo per cosa? Per poter rinfacciare durante i primi mesi di governo gialloverde che il calo degli sbarchi non era merito di Salvini ma degli accordi stipulati da Minniti?
Geniale, visto che soprattutto a sinistra (i patridioti preferiscono girarsi dall’altra parte) è nota la qualità del trattamento umanitario riservato dai libici a migranti e richiedenti asilo.
Oggi Alessandro Gilioli de L’Espresso ha definito quella di Minniti una “candidatura omeopatica” paragonando i renziani a quei ciarlatani che pretendono di curare il simile con il simile.
Ed chissà cosa diranno quelli che in questi mesi si sono arrabbiati per le prese d’ostaggio di Salvini quando gli si ricorderà che il famigerato codice di condotta delle Ong che limitava l’operatività e le capacità di soccorso delle organizzazioni non governative che operavano nel Mediterraneo è stato voluto proprio da Minniti.
È stato con l’arrivo di Minniti al Viminale che la maggior parte Ong hanno iniziato ad abbandonare il tratto di mare tra Italia e Libia perchè non c’erano più le condizioni per salvare le vite dei migranti.
Una quindicina di sindaci renziani ha firmato un appello per la candidatura di Minniti alla Segreteria spiegando che il Partito ha «bisogno di figure autorevoli per combattere la destra, in grado di fare un’opposizione forte e capaci di uscire dalle logiche dello scontro interno».
Il dubbio però è: perchè alle elezioni i cittadini dovrebbero preferire la copia all’originale e votare il PD di Minniti invece che la Lega di Salvini?
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Partito Democratico | Commenta »
Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
“NON SONO OMOFOBO, I TWEET SONO DEL MIO ALTER EGO RADIOFONICO”… TUTTI GLI ELEMENTI CHE LO SMENTISCONO
Non è stato il primo e di certo non sarà l’ultimo. Enrico Esposito, vice capo legislativo del Ministero dello Sviluppo Economico, amico personale di Luigi Di Maio e da lui scelto per l’incarico da 65mila euro annui, sostiene di essere vittima “della macchina del fango”.
Ieri L’Espresso a veva rivelato ai suoi lettori alcuni tweet di Esposito contro donne e omosessuali . Un caso, subito rilanciato da altri mezzi di stampa, finito anche in Parlamento con le opposizioni che hanno chiesto al ministro Di Maio di intervenire, e in tribunale, visto che l’esponente di Forza Italia Micaela Biancofiore ha annunciato l’intenzione di querelare Esposito per un tweet in cui la definiva “mignotta”.
Eppure, nonostante il poverone sollevato, Esposito decide di attaccare L’Espresso accusandoci di aver creato una macchina del fango contro di lui. E si dichiara innocente.
Non sarebbe infatti omofobo perchè quei tweet sarebbero solo “black humor e satira” del suo “alter ego radiofonico”. Riportiamo qui sotto per completezza di informazione l’intera replica cheEsposito ha consegnato ai social networ
«Oggi ho provato sulla mia pelle cosa significa finire nel vortice della macchina del fango e pagarne il prezzo delle conseguenze. Chi mi conosce sa benissimo che nella mia vita ho sempre avuto la passione per la satira e per il black humor. Infatti, proprio nel periodo di quei tweet riportati dall’Espresso avevo creato un personaggio radiofonico, chiamato “Gianni il Riccone”, che impersonava il mio alter ego razzista, omofobo, sessista e addirittura antimeridionale (proprio io, che sono napoletano!). All’epoca, utilizzavamo twitter per promuovere il nostro programma radiofonico satirico, ma i giornalisti dell’Espresso si sono ben guardati dal riportare le foto di “Gianni Il Riccone”, che pure erano visibili in bacheca, e hanno subito lanciato una campagna diffamatoria nei miei confronti, decontestualizzando quelle frasi. La cosa che più mi ha fatto male è che quelle frasi siano state utilizzate contro di me per farmi sembrare un razzista, un sessista, un omofobo. Proprio io, che ai tempi delle lotte studentesche al liceo e all’università , mi sono sempre impegnato in prima persona, portando avanti battaglie sui diritti civili. Anni di manifestazioni, sit in, convegni e raccolte firme: tutto cancellato da 4 battute di cattivo gusto che non rappresentano affatto, e addirittura sono l’opposto, di quello che è il mio pensiero su queste tematiche».
Tutta colpa dell’Espresso quindi? I
n realtà le cose non stanno affatto così e ci sono una lunga serie di prove a dimostrarlo.
Esposito (anzi, il suo alter ego) sostiene di aver usato Twitter per rilanciare un programma radiofonico. Peccato che in nessuno dei tweet incriminati ci sia mai il link alla trasmissione, un retweet dalla radio, un hashtag particolare, oppure la firma di questo fantomatico “Gianni il Riccone”: come è possibile vedere dagli screen da noi pubblicati, tutti i tweet sono firmati proprio da Enrico Esposito.
Di più: ulteriore prova della fallacia di questa linea difensiva arriva dagli orari di pubblicazione dei tweet: alcuni sono di mattina, altri di pomeriggio o addirittura di notte.
Quello contro Melissa Satta con tanto di hashtag Tiki Taka è stato infatti pubblicato alle 23 e 46, cioè mentre il programma sportivo andava in onda. Impossibile che Esposito stesse registrando una trasmissione radio quindi.
Ultima prova: il tweet di cui sopra è addirittura geolocalizzato a Roma, mentre la sede della radio di cui parla Esposito è in Campania.
Una volta scagionato il buon “Gianni il Riccone”, passiamo al profilo Facebook di Esposito.
Come scoperto da Selvaggia Lucarelli, anche su quel social network Esposito non si è risparmiato pesanti commenti contro le donne.
Sotto la foto di due ragazze a una festa Esposito ha infatti scritto: “Perchè mettono sempre le loro foto e mai la loro tariffa oraria?”.
Lucarelli ha pubblicato altri screen che mettono in mostra il “black humor” di Esposito, ma pensiamo che quanto detto fino ad ora sia sufficiente.
Che il caso Esposito si sia rivelato un problema per Luigi Di Maio lo dimostra però la reazione che la propaganda 5 Stelle sta cercando di allestire.
La parola d’ordine è una: ribadire che dall’Espresso arrivano solo fake news. Su due siti vicini ai 5 Stelle sono comparsi infatti articoli con i seguenti titoli: “Di Maio ha un collaboratore omofobo? No, è l’ultima bufala dell’Espresso” e “M5S, caso Enrico Esposito: L’Espresso crea la bufala, il web piddino rilancia”.
Gli articoli in questioni non fanno altro che rilanciare acriticamente la replica (incredibilmente fallace) di Esposito.
Ma la cosa più interessante è capire chi c’è dietro questi siti.
Uno è registrato da Fabio Papurello, già aspirante candidato 5 Stelle con tanto di candidatura su Rousseau.
L’altro è invece diretto da Marcello Dettori, fratello di Pietro Dettori, responsabile della comunicazione social di Di Maio e pagato dalla presidenza del Consiglio 130mila euro annui.
Proprio Pietro Dettori , uno dei big della comunicazione pentastellata, in queste ore sta twittando questi articoli che gettano fango contro L’Espresso.
Pagato dalle casse statali.
(da “L’Espresso”)
argomento: denuncia | Commenta »
Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
I SONDAGGI DICONO CHE LA SORPRESA SARANNO I VERDI (19%) E I FREIE WAHLER (11%)… IN CALO CSU (-14%) E SPD (-10%), SALGONO LIBERALI E SINISTRA, FERMI I RAZZISTI DI AFD
In bavarese si dice Mia san mia! (Noi siamo noi!). È il motto con cui si rivendica l’orgoglio identitario e la propria diversità rispetto al resto della Germania (e non solo).
Tra i simboli di tale diversità c’è anche un partito, la Csu, che come nessun altro rappresenta la Baviera.
Non è un caso che governa ininterrottamente la regione dall’inizio del secondo dopoguerra (a parte due brevi parentesi con i governi del socialdemocratico Hoegner nel 1945-6 e nel 1954-5) e dal 1966 detiene la maggioranza assoluta nel parlamento regionale, unica eccezione dal 2008 al 2013, periodo nel quale ha governato con i liberali.
Questa volta però in Baviera la CSU rischia di ottenne il peggior risultato dal 1950.
Il voto in Baviera potrebbe segnare la fine di un’era, con effetti anche nella capitale Berlino dove il fragile equilibrio dopo le elezioni federali di un anno fa è garantito più che dalla forza della coalizione di maggioranza dalla sfiducia costruttiva.
L’istituto prevede che il parlamento può sfiduciare il Cancelliera solo se contestualmente concede la fiducia ad un nuovo esecutivo.
Gli ultimi sondaggi in Baviera danno la CSU intorno al 33-34 per cento (-14 rispetto al 2013), la SPD al 10-11 (-10 per cento), i Verdi al 18-19 (+10), l’AfD al 10-14 (12,4% alle ultime politiche), i Freie Wà¤hler all’11 (+2), i liberali al 5.5 (+2) e la sinistra al 4.5 (+2.4).
Per eleggere propri rappresentanti al parlamento regionale è necessario superare la soglia del 5 per cento.
I cristiano-sociali saranno quasi certamente costretti a un’inedita e complicata alleanza di governo con Verdi oppure con un’altrettanto difficile coalizione con i Freie Wà¤hler, un partito di liberi elettori (freie Wà¤hler, appunto) liberal-conservatori, eurocritici e fortemente legati alle tradizioni regionali tedesche (bavaresi in particolare, dove riscuotono i maggiori successi).
Verdi e Freie Wà¤hler dovrebbero essere le vere sorprese di queste elezioni regionali.
I Verdi vivono una fase di grande popolarità in tutto il territorio federale e la Baviera non fa eccezione. Garantiscono un continuo ricambio di leadership, traggono vantaggio dalla crisi dei socialdemocratici e in Baviera si giocano il secondo posto con l’estrema destra di AfD, che alle precedenti elezioni del 2013 non esisteva ancora in Baviera ma che alle scorse elezioni politiche di un anno fa ottenne, in Baviera, il 12.4 per cento.
I Freie Wà¤hler sono diventati una costante delle elezioni regionali bavaresi dal 2008. Questa volta puntano a migliorare il già ottimo 9 per cento di cinque anni fa. Per la CSU sarebbe l’alleato più congeniale, seppur tutt’altro che facile.
I motivi della crisi della CSU non sono riconducibili al governo uscente. La Baviera è la regione più ricca, con un’occupazione sotto il tre per cento e con un PIL (il 18 per cento dell’intera Germania) che è superiore a gran parte degli Stati Membri dell’Unione Europea.
Non esistono reali motivi di insoddisfazione sociale o politica. Ciò nonostante anche qui ci sarà un’ondata di rinnovamento e di parcellizzazione del consenso su ben sette partiti che hanno la possibilità di avere una realistica prospettiva di entrare nel parlamento regionale.
Il vicolo cieco in cui si trova oggi la CSU viene da lontano. La legislatura che si è appena conclusa era iniziata sotto i migliori auspici per i cristiano sociali.
Nel settembre del 2013, appena una settimana prima delle elezioni federali in cui Merkel raggiunse il suo massimo consenso (41.5 per cento), la CSU sfiorò il 48 per cento. Da allora è iniziato un lento e inesorabile declino.
In particolare l’ascesa di AfD e la crisi dei migranti del 2015 ha eroso consenso ai cristiano-sociali.
La crisi dei rifugiati, o più precisamente la gestione un po’ disordinata che ha dato l’impressione che i confini della Germania fossero indiscriminatamente aperti, ha certamente contribuito alla crisi della CSU. Del resto, la Baviera è al secondo posto, dietro il Nord Reno Westfalia, per numero di richiedenti asilo: 82 mila (11.4%) nel 2016, 24 mila (12.2%) nel 2017 e 17 mila (13.6%) nel 2018 da gennaio a settembre (fonte: BAMF).
Un secondo motivo della crisi della CSU è uno scandalo iniziato cinque anni fa e che ha coinvolto in particolare un esponente di secondo piano della CSU, Jakob Kreidl, responsabile di aver utilizzato una sponsorizzazione illecita di 118 mila euro per una festa di compleanno. Proprio a fine ottobre inizierà il processo che vede coinvolti comunque diversi manger e politici della CSU. Seppur si tratti di una vicenda in cui sono implicate figure marginali del partito, la credibilità della CSU è stata evidentemente lesa.
L’altro grande problema della CSU, infine, è rappresentato dai continui contrasti tra i due pezzi grossi del partito: Horst Seehofer e Markus Sà¶der.
Dopo le elezioni federali del settembre 2017, in cui i cristiano sociali avevano raggiunto il 38 per cento (dieci punti in meno rispetto al 2013), i cristiano sociali hanno aperto, con molte polemiche e tensioni interne, la successione a Horst Seehofer che pur restando Presidente del Partito (e traslocando a Berlino al Ministero dell’Interno), ha ceduto la Presidenza della Baviera al più giovane Markus Sà¶der.
Il passaggio di consegne non è servito a molto, del resto, Seehofer non ha smesso criticare il partito gemello della CDU e la cancelliera Merkel aprendo ben due crisi di governo in sei mesi di vita del quarto governo Merkel.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: elezioni | Commenta »
Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
LE RISORSE DERIVATE DAI REATI DEL MARITO DECEDUTO… ORA AVREBBE POTUTO GODERE DEL CONDONO FISCALE DEL GOVERNO
Ad Arcene (Bassa Bergamasca) ancora oggi qualcuno si chiede come facesse Pio Giuseppe Previtali, muratore cottimista, a permettersi le Ferrari e quella reggia.
Ora, le carte del tribunale svelano come prima della sua morte, con tre imprese di cui era amministratore, avesse accumulato, tra fatture false e distrazioni, un giro d’affari di 97 miliardi di lire.
Tra il 1991 e il 1998, ne aveva messo al sicuro una parte a Lugano, i soldi (o per lo meno una parte dei soldi) per i quali ora il pm Nicola Preteroti ha ottenuto il sequestro preventivo ai fini della confisca.
I difensori della moglie Carmen Testa sono sicuri che, in questa battaglia in punta di diritto e senza casi precedenti «ci sia spazio per ribaltare la tesi della Procura – afferma l’avvocato Gabriele Casartelli –. Siamo convinti delle nostre argomentazioni e in parte soddisfatti del risultato al Riesame. Sulla Cassazione stiamo valutando».
Sul caso la Guardia di finanza ci lavora da marzo, da una parte con accertamenti patrimoniali, dall’altra con intercettazioni e sequestri per dimostrare, prima di tutto, come Testa sapesse bene in che modo il marito si fosse arricchito.
«Hanno provato la sua disonestà , però il malloppo non l’hanno trovato», dice al telefono, il 30 maggio 2018, al compagno Rodolfo Arpa, tra i carabinieri del Ros finiti nello scandalo delle operazioni antidroga manipolate.
Sotto accusa, a partire dal ’97, il raggruppamento operativo speciale guidato dal generale Giampaolo Ganzer.
Da richieste di condanne in primo grado fino a 27 anni il processo si è concluso in Cassazione con l’annullamento per prescrizione. Tutti assolti, Arpa compreso (qui non è indagato). «Ma no, diciamo che lei li ha avuti in regalo anni fa… glieli ha regalati suo marito anni fa, basta», il suggerimento che Testa, sempre ad Arpa, confida di avere ricevuto da un avvocato sui soldi svizzeri.
Nel corso di un’altra telefonata tra i due, prima dell’interrogatorio del 14 giugno 2018 con il pm, Testa «temeva l’indagine in corso proprio per quanto riguardava l’aspetto della provenienza della somma oggetto di voluntary», rileva il gip.
«In quel periodo portavo nel baule della macchina mio marito per fargli vedere i figli», altra telefonata con Arpa, a dimostrazione (per l’accusa) della complicità con Previtali.
Ci sono inoltre i documenti sulle società coinvolte nella bancarotta ritrovati dai finanzieri in un’intercapedine della stanza della nonna, la madre di Testa, nella villa di Arcene. È la stessa sessantenne a svelare il nascondiglio parlando con la figlia Laura l’11 giugno. Eppure, dai discorsi con Arpa si intuisce che sospettavano di essere intercettati.
Dunque sapeva, Testa. E, anche per i giudici del Riesame, lei che sulla carta era operaia, non avrebbe mai potuto mettere da parte da sola tutti quei soldi.
Il gruzzolo svizzero, calcola la Finanza, è pari a circa il 15.000% dei 66 mila euro di reddito annuo medio dichiarati tra il 1998 e il 2010. Una bella sproporzione.
(da “il Corriere della Sera)
argomento: Giustizia | Commenta »
Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
NATA A CITTADELLA: “CASA E’ OVUNQUE SIANO I GENITORI”… UN TALENTO STRAORDINARIO E UNA ELEVAZIONE CHE LA PORTA A TRE METRI DA TERRA
Se la nazionale di Volley femminile vince e convince il merito è sicuramente del gruppo, del lavoro di Davide Mazzanti che ha costruito un mix perfetto e omogeneo tra talento, esperienza e quella spregiudicatezza tipica di alcuni giovani.
Se è vero che l’amalgama funziona, è altrettanto vero che c’è bisogno di qualcuno che rompa gli schemi con infinita potenza.
Quel qualcuno risponde al nome di Paola Ogechi Egonu.
Opposto, convinta afroitaliana perchè: “Un’appartenenza non esclude l’altra”, in Italia per scelta, per amore del volley.
Casa è dovunque siano i suoi genitori, sia Lagos, Abuja, Milano o Manchester, dove il papà voleva portarla una volta trasferitosi ma lei rifiutò.
“Ho scelto di restare a Milano, voglio sfruttare le opportunità che mi dà la pallavolo”. I suoi genitori, papà Ambi e mamma Sundey, sono la sua fortezza “Papà un palazzo, io e mamma una cosa sola”, disse alla Gazzetta.
La famiglia, importantissima, numerosa e divisa tra la Nigeria e il mondo, tredici zii, numerosi cugini e il nonno che è il capo della loro “famiglia/comunità ” e che, come dice Paola, è infastidito “dall’abbigliamento pallavolistico”, dai pantaloncini troppo corti. Ma quello che le rimane della famiglia un po’ all’antica, molto religiosa è l’idea che il corpo è un tempio, “un dono” quindi niente tatuaggi perchè vuole “rimanere pura”.
Ma queste sono solo curiosità , il talento è ben altra cosa. Paola è soprattutto quello. Nata nel 1998 a Cittadella, dal 2013 al Club Italia, a Roma ha affinato la tecnica. Dopo 4 anni, nel 2017 passa al Agil, a Novara. Si porta a casa una coppa Italia e una Supercoppa. In nazionale arriva nel 2014, un anno dopo, con le azzurre under 18, l’oro mondiale.
È forte. È così forte che gioca nello stesso periodo per under 20, under 19 e nazionale maggiore. Quando hai un talento simile per le mani, l’unica cosa da fare e mandarla a saltare alto, supera i 3 metri in elevazione, e sperare che la palla di fuoco che tirerà dal braccio cada nel campo avversario. In questo Paola è fortissima. Miglior schiacciatrice nei mondiali under 18, non si è mai fermata.
Nell’ultima partita vinta dalle azzurre contro gli USA ha messo a referto 33 punti, 25 attacchi (l’ottanta percento), 5 muri e 3 aces. Una partita incredibile che non è la prima e non sarà l’ultima.
Nel campionato di Serie A1 del 2016-17, realizzò 46 punti in una partita. Mai nessuno come lei. In questo momento è sul podio della classifica marcatori al mondiale, terza dietro Lippmann (tedesca) e Sloetjes (Olanda), ma ha ancora un pezzo di mondiale davanti, lo stesso che in parte dipende anche da lei
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
SE RIGUARDA LUI E’ “UNA COSA SCHIFOSA” , MA ALLORA ERA “SOLO UNA SCIOCCHEZZA”… ALLORA NON ERA VILIPENDIO
Due pesi e due misure, come gli stupri o i reati.
Se li fanno gli stranieri comunicati, paroloni, promessa di manette, castrazioni chimiche e quant’altro.
Se lo stupratore è italiano o, peggio ancora, un carabiniere, allora si ignora la notizia perchè dei diritti delle donne a Salvini importa meno di quanto un migrante del Guatemala interessi a Trump.
Questo vale anche per i roghi di manichini. Se sono una goliardata o una cosa schifosa a seconda del bersaglio.
Ha detto il ministro della Paura: “Questi ‘democratici’ studenti, coccolati dai centri sociali e da qualche professore, avrebbero bisogno di molte ore di educazione civica. Forse capirebbero che bruciare in piazza il manichino di Salvini, e di chiunque altro, o appenderne ai lampioni le immagini è una cosa schifosa”.
Viene alla mente cosa accadde a gennaio di quest’anno (solo pochi mesi orsono, dunque) quando a opera dei giovani Padani. a Busto Arsizio quando vene dato alle fiamme il manichino della Boldrini.
Allora Salvini e i suoi scherani fecero a gara a dire che si trattava al massimo di una sciocchezza e che quel manichino bruciato altro non era che un rituale pagano fatto da sempre in occasione della Gioeubia quando si bruciano cose del passato in attesa del nuovo.
La sciocchezza di ieri è una cosa schifosa di oggi. A dimostrazione della cifra etica e mrale di chi fa queste affermazioni.
(da Globalist)
argomento: denuncia | Commenta »
Ottobre 12th, 2018 Riccardo Fucile
SCHIFOSO E ‘ CHI SI VOLEVA PULIRE IL CULO CON IL TRICOLORE, CHI ISTIGA ALL’ODIO RAZZIALE PROTETTO DA IMMUNITA’, CHI HA SPUTATO VELENO SU CUCCHI… PERSINO DI MAIO SI DISSOCIA DAL REGIME POLIZIESCO: “NESSUN VILIPENDIO, I RAGAZZI HANNO DIRITTO A MANIFESTARE, SPERO CHE LA DENUNCIA VENGA ARCHIVIATA”
I giovani hanno diritto di protestare, anche con toni forti ma mai violenti.
Lo scrive su Instagram il vicepremier Luigi Di Maio, augurandosi che la denuncia per vilipendio contestata alle ragazze che hanno bruciato dei manichini con i volti dei ministri venga archiviata: la repressione non porta nulla di buono, meglio il confronto. “Oggi – riferisce Di Maio – due ragazze di 17 e 18 anni a Torino, durante una manifestazione studentesca, hanno dato fuoco a due manichini, uno con la mia faccia. È una cosa che non avrei mai fatto ma i ragazzi, i giovani hanno tutto il diritto di protestare, anche con toni forti perchè per troppo tempo la politica è stata sorda ai loro bisogni”.
“Possono anche andare oltre le righe – aggiunge – un po’ come ha fatto il Movimento nella sua storia, a patto di non andare contro la legge e di non usare violenza. Quello mai. Le porte del ministero sono aperte a tutti e le mie orecchie pure.
“Le due ragazze sono state denunciate per vilipendio delle istituzioni e per l’accensione di fumogeni. Spero che la denuncia per vilipendio, un reato di epoca medievale, venga archiviata il prima possibile e che inizi un percorso sereno di confronto con gli studenti. La repressione non porta mai nulla di buono.”
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »