Ottobre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
FINGONO DI GIOCARE CON LE REGOLE UE, MA IN REALTA’ SALVINI E DI MAIO CERCANO SOLO DI TENERE LO SCONTRO FINO ALLE EUROPEE DOPO POTRANNO RACCONTARE LA BUFALA DELLA MATRIGNA EUROPA CHE VUOLE AFFAMARE I POVERI
A leggerla tutta d’un fiato può sembrare addirittura una battuta d’arresto nella lotta
frontale con Bruxelles.
In realtà , osservandola in controluce, la lettera con cui il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha risposto alle critiche della Commissione Ue sulla manovra non è più nè meno di un atto di banale opportunismo politico.
Con la missiva, infatti, il governo non fa altro che cercare di prendere tempo e puntare tutte le sue fiche sulle elezioni europee del prossimo maggio.
Sette mesi di campagna elettorale contro gli “euroburocrati” che affamano il popolo, nella speranza che quando la realtà dei dati economici l’anno prossimo verrà a bussare alla porta (leggasi crescita insufficiente per sostenere reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni) gli equilibri nel parlamento europeo saranno ormai spostati a favore delle forze populiste-sovraniste. E quindi al tavolo di palazzo Berlaymont si potrà trattare con una diversa forza contrattuale.
La lettera, dicevamo. Ci sono alcuni passaggi che tradiscono una certa deferenza nei confronti delle istituzioni comunitarie, sia nei toni che nella sostanza.
Prima di tutto, si riconoscono le regole europee e non le si rigetta, come tante dichiarazioni roboanti di Salvini e Di Maio hanno lasciato supporre anche nel recente passato. Insomma, sembra che il governo italiano accetti di giocare nel campo da gioco di Bruxelles, non ne chieda un nuovo perimetro nè un nuovo regolamento.
“Il governo italiano è cosciente di aver scelto un’impostazione della politica di bilancio non in linea con le norme applicative del Patto di stabilità e di crescita. […] Il governo prevede di discostarsi dal sentiero di aggiustamento strutturale nel 2019 ma non intende espandere ulteriormente il deficit strutturale nel biennio successivo e si impegna a ricondurre il saldo strutturale verso l’obiettivo di medio termine a partire dal 2022.
Qualora il pil dovesse ritornare a livello pre-crisi prima del previsto, il governo intende anticipare il percorso di rientro”.
E infine: “Qualora i rapporti debito/pil e deficit/pil non dovessero evolvere in linea con quanto programmato, il governo si impegna a intervenire adottando le necessarie misure affinchè gli obiettivi indicati siano rigorosamente rispettati”. In altri termini, l’Italia promette all’Europa che lo scostamento senza precedenti nei saldi dei conti pubblici – come lo ha definito la Commissione Ue nella lettera inviata a Roma giovedì scorso – varrà solo per quest’anno e se le previsioni si rivelassero fallaci, allora ci sarà l’anno prossimo una correzione di rotta. Come? “Tagliando la spesa pubblica”, assicura il premier Conte.
Messa così, la lettera scritta da Tria, rivista da Conte e vidimata dai due vicepremier Di Maio e Salvini, può davvero sembrare un tentativo di dialogo, visto che per di più si chiude con un enfatico “il posto dell’Italia è in Europa e nell’area Euro”.
Tuttavia, si tratta di un modo come un altro per prendere tempo, cercare di diluire lo scontro per il timore di una reazione smodata dei mercati, poter fare campagna elettorale contro le èlite europee e, in fin dei conti, cercare di sfangarla fino alle elezioni.
Nella convinzione che dopo maggio a Bruxelles partirà una nuova era.
Come facciamo a dirlo? Semplicemente facendo un ragionamento sui tempi.
Domani, o al massimo in settimana, arriverà la risposta finale di Bruxelles e, al netto di clamorose sorprese, sarà negativa: la manovra verrà bocciata.
A quel punto l’Italia avrà tre settimane di tempo per correggerla ma – sempre a meno di cambi di rotta dell’ultimo minuto – dovrebbe tenere il punto.
Cosa succede col muro contro muro? A Bruxelles non resterà che avviare la procedura d’infrazione, presumibilmente a inizio 2019, proprio nel momento giusto per permettere sia all’Europa che all’Italia di fare propaganda elettorale.
Salvini e Di Maio ovviamente disegneranno lo scenario per loro congeniale ovvero racconteranno la matrigna e arcigna Commissione Ue che vuol togliere ai poveri e ai disoccupati il reddito di cittadinanza nonchè ai lavoratori il diritto di andare in pensione prima degli angusti paletti della Fornero.
La Germania e i paesi del Nord dal canto loro potranno fare campagna proponendosi come argine al populismo, che rischia di far pagare a tutti gli europei i debiti fatti in passato e in futuro dagli stati-cicala, Italia in primis.
E la promessa di Conte e Tria di correggere la manovra se la crescita non andrà come previsto?
Se mai ci sarà una manovra correttiva, questa avverrà solamente dopo l’estate, nella migliore delle ipotesi a settembre.
E quindi, ancora una volta, dopo le Europee. Presumibile infatti che il governo vorrà aspettare l’andamento dell’economia per almeno i primi due trimestri prima di rivedere al ribasso le stime contenute nel Def.
Siccome l’Istat diffonde le stime preliminari del secondo trimestre a fine luglio e il dato definitivo a fine agosto, ecco che si arriva come niente fosse a settembre.
Quindi, come si vede, l’obiettivo del SalviMaio è tenere duro fino alle elezioni, poi si vedrà . Con un’unica grande incognita: il comportamento dei mercati. Solo uno spread impazzito, con tutto quello che può conseguire per i conti pubblici e soprattutto per il sistema bancario italiano, potrebbe far saltare questa strategia dell’opportunismo.
Non è un caso che sia Di Maio che Salvini durante la mini-crisi sul condono fossero più preoccupati dal differenziale Btp-Bund che dagli strali in arrivo da Bruxelles.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
EMERGE LA VERITA’: DIETRO L’ATTACCO A SENSO UNICO DEL M5S A AUTOSTRADE LA NECESSITA’ DI DISTRARRE L’OPINIONE PUBBLICA DALLE RESPONSABILITA’ DEL MINISTERO
Super dirigenti del ministero dei Trasporti che si accusano a vicenda, scaricabarile pressochè continuo con il Provveditorato, manager che interpellano gli uffici legali del Mit per chiedere delucidazioni sulle competenze, interrogatori di capi di dipartimento scanditi dai «non so rispondere».
Sono passati quasi due mesi e mezzo dal crollo del viadotto Morandi e dalla morte di 43 persone.
E però ad oggi la conclusione a cui sono arrivati i pubblici ministeri Massimo Terrile e Walter Cotugno è disarmante: «All’interno del ministero dei Trasporti ancora non è chiaro a chi spettasse eseguire i controlli», viene ribadito nei corridoi del nono piano. Gli ultimi due interrogatori dei super dirigenti, entrambi indagati, Bruno Santoro e Giovanni Proietti, rispettivamente direttori della divisione 1 e 4 sulla “vigilanza tecnica e operativa della rete autostradale in concessione” non hanno dato risposte a questo quesito. «Anzi, hanno confuso ancora di più le acque», spiega una qualificata fonte investigativa.
Tanto da spingere il pubblico ministero ad allegare al verbale d’interrogatorio dei due indagati anche le competenze specifiche ricavate dal decreto ministeriale del 2014 che, teoricamente avrebbe dovuto fare chiarezza proprio su questo aspetto.
Perchè se Santoro – assistito dagli avvocati Giorgio Beni, Maurizio Mascia e Gennaro Velle – aveva giurato al pm che «il progetto è stato trasmesso, esaminato e relazionato dalla divisione 4 (quella appunto diretta da Giovanni Proietti ndr)» aggiungendo «pure di essere del tutto estraneo alla procedura che non gli competeva», venerdì mattina il suo “rivale” – accompagnato dal legale Giovanni Rizzuti – ha negato questa circostanza su tutta la linea.
«Non spettava a me fare queste valutazioni e non rientra neppure tra i compiti del mio ufficio», ha ribadito Proietti
Dunque chi è stato al Mit a controllare il progetto di retrofitting e tutti i relativi allegati che, a detta (postuma al crollo) di Santoro, contenevano segnali preoccupanti ed «evidenti criticità » che non si potevano ignorare? È quello che stanno cercando di ricostruire i magistrati genovesi.
(da “il Secolo XIX”)
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Ottobre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
STORICO SORPASSO CHE FOTOGRAFA IL CAMBIAMENTO DEL PAESE
Per la prima volta dal 1861 chi ha oltre sessant’anni forma un gruppo più numeroso di
quelli che ne hanno meno di trenta.
“Ecco perchè la politica (e la Legge di bilancio) si occupa più dei primi che dei secondi”, lo dice l’Istituto di studi e ricerca Carlo Cattaneo analizzando dati Istat. All’interno della fascia “giovani” è interessante, e doloroso, notare come il blocco generazionale che va da zero a quattordici anni – fino al 1971 il più numeroso dei sei presi i n considerazione – oggi è il penultimo con il 13,3 per cento del totale.
Insidiato da vicino dagli ultrasettantacinquenni.
Di più, dal 1991 ad oggi, parliamo quindi degli ultimi ventisette anni, i “giovani” sono diminuiti di 11,2 punti mentre gli “anziani” sono cresciuti del 7,6 per cento
(da agenzie)
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Ottobre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
UN RAGAZZO INTERVIENE IN SUA DIFESA E APOSTROFA LA RAZZISTA: “SI VERGOGNI”
Frecciarossa Milano – Trieste.
Una signora siede al suo posto in attesa della partenza. Accanto a lei arriva una giovane dai capelli nero corvino e un sorriso dolce. “Hai il biglietto?”, le chiede la signora. “Sì”, risponde la giovane mostrandolo. “Se è così, io accanto a una negra non ci sto”. E cambia posto.
A denunciare il gesto razzista, accaduto ieri pomeriggio, è stata la mamma della giovane, Paola Crestani, che è anche presidente del Centro Italiano Aiuti all’Infanzia, ente del terzo Settore autorizzato per le adozioni internazionali, con un lungo post su Facebook.
Parole che in poche ore hanno ottenuto migliaia di like e condivisioni.
“La dolcissima ragazza nella foto è mia figlia – ha scritto Crestani – Ieri l’ho accompagnata in stazione centrale a Milano e ha preso il Frecciarossa in direzione Trieste. Poco dopo mi manda un messaggio per raccontarmi quanto accaduto”.
“L’ho subito chiamata – ha continuato la presidente del Ciai – e mi ha detto che un ragazzo che aveva assistito alla scena ha preso le sue difese dicendo alla signora di vergognarsi. Dubito che lei lo abbia fatto ma se ne è andata, come dovrebbero fare tutti i razzisti: Andarsene!”.
Solo quattro giorni fa, il 18 ottobre, un altro episodio di razzismo aveva coinvolto Mamadou, un 25enne di colore che da 15 anni vive a Bolzano.
Su un autobus diretto da Trento una donna italiana di circa 40 anni gli ha impedito di sedersi accanto a lei. “Qui no, vai via, vai in fondo, sei di un altro colore e di un’altra religione”. Lui che, che aveva un regolare biglietto, è scoppiato in lacrime.
Ma Crestani, come scritto su Facebook ha un messaggio per i razzisti: “Ne siano consapevoli o no, il mondo di oggi e del futuro è questo: un insieme di persone di tutti i colori, di diverse lingue, di culture differenti. Non solo nelle strade, negli autobus, nei treni o negli aerei ma anche nel business, nella finanza, nella moda, nelle università , nello sport. Quindi, razzisti, che vi piaccia o no, avete già perso!”
(da agenzie)
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Ottobre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
MA ALLORA COSA SI E’ RIDOTTO?
Ieri Giuseppe Conte, ospite a Italia 5 Stelle, ha dichiarato di essersi ridotto non appena
insediato lo stipendio da presidente del consiglio del 20%.
Un annuncio accolto dal prevedibile giubilo della folla grillina
C’è però un problema. Sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri c’è scritto che lo stipendio di Giuseppe Conte è pari a 114mila euro lordi, ovvero lo stesso compenso percepito all’epoca da Matteo Renzi.
Gentiloni invece non ha percepito alcun compenso a causa del divieto di cumulo con l’indennità spettante ai parlamentari.
Uno stipendio in linea con quello del sindaco della Capitale, Virginia Raggi, che guadagna — senza tagli — circa 117mila euro lordi all’anno. Tutti meritatissimi, come può testimoniare chiunque si sia fatto un giretto per Roma ieri sera durante il nubifragio.
Il deputato del Partito democratico Michele Anzaldi è andato all’attacco: “Il sito non è aggiornato? C’è un errore? Aver assunto 3 ex Casaleggio con mega stipendio non basta per informazioni tempestive? A capo del sito e dei social di Palazzo Chigi ci sono tre ex collaboratori di Casaleggio e della Casaleggio Associati, assunti con incarichi e stipendi da dirigente di prima fascia: Rocco Casalino, portavoce e capo ufficio stampa a 170mila euro; Dario Adamo, responsabile sito web e social a 115mila euro; Pietro Dettori, responsabile comunicazione e social di Di Maio a 130mila euro. Fa un totale di 415mila euro per sole tre persone, arrivate dall’esterno. Quasi mezzo milione di euro”.
Forse però una spiegazione c’è. Renzi, oltre allo stipendio, percepiva anche un’altra indennità pari a quasi 10mila euro, che Conte, secondo i documenti ufficiali, non percepirebbe. Forse è a quella che ha rinunciato?
Se sì, allora Conte ha sbagliato i conti: quell’indennità non corrisponde al 20% dello stipendio, ma a circa l’8%.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
LA RIFORMA LEGHISTA PORTERA’ A UN TAGLIO DELL’ASSEGNO MENSILE ANCHE DEL 21%
Quota 100 può costare al lavoratore che va in pensione una decurtazione fino al 21% dell’assegno INPS.
L’anticipo invece costa allo Stato per ogni lavoratore tra 32 e 99mila euro.
I calcoli del Sole 24 Ore oggi svelano la convenienza dell’opzione di uscita in anticipo costruita dal governo Lega-M5S con la formula di quota 100, ovvero 62 anni di età e 38 di contributi.
Con l’uscita a 5 anni e tre mesi rispetto ai requisiti di vecchiaia la decurtazione dell’assegno è del 21%, mentre un impiegato 64enne con una retribuzione da 2mila euro netti che sceglie di lasciare l’ufficio dai tre anni a un anno e tre mesi prima dovrà rinunciare a una cifra che va dall’11 al 5%.
Le stime sono state fornite in da Tabula, la società di ricerca di Stefano Patriarca, ex consigliere economico a palazzo Chigi per i Governi Renzi e Gentiloni.
Con un anticipo di tre anni e tre mesi un operaio in possesso di 40 anni di contributi vedrebbe ridursi il proprio assegno mediamente del 14%, mentre un impiegato con gli stessi anni di versamenti e un anticipo di tre anni perderebbe il 9 per cento. L’anzianità della tuta blu costerebbe allo Stato 69.900 euro per tutto il periodo di anticipo rispetto alla vecchiaia.
Una “tassa implicita” che salirebbe a quasi 100mila euro con anticipo di 5 anni e tre mesi, quindi “quota 100” precisa, mentre scenderebbe a 32.500 euro con un solo anno e tre mesi di anticipo. «
Per chi si trova nel cosiddetto sistema misto (cioè con 18 anni di contributi versati prima della riforma del 1995) e che l’anno prossimo maturerà 62 anni di età e 38 anni di versamenti, l’uscita scatterebbe con due anni in meno rispetto all’età di equilibrio contributivo (64 anni, da confrontare con i 67 anni e tre mesi della vecchiaia e soli 20 anni di contributi).
Chi invece è ancora agganciato al sistema di calcolo retributivo (più di 18 anni di versamenti al dicembre ’95) e ha cumulato 41 o 42 anni di contribuzione può beneficiare di un vantaggio che oscilla dai tre anni e cinque mesi ai quattro anni e quattro mesi rispetto alla vecchiaia a 64 anni e tre mesi e 63 e tre mesi.
Nei giorni scorsi Inps aveva dato una quantificazione analoga della riduzione legata all’anticipo: fino a 500 euro in meno al mese nel caso di un pensionando della Pa (montante a calcolo retributivo fino al 2011 e contributivo negli anni successivi) che esce con uno stipendio annuo di 40mila euro: con cinque anni di minori versamenti anzichè prendere una pensione di 36.500 euro annui si fermerebbe a circa 30mila.
Qualche giorno fa aveva fatto i conti anche La Repubblica: le elaborazioni di Progetica spiegavano che più si anticipa l’uscita, meno soldi si intascano: da un minimo del 2% per chi ha 42 anni di contributi a un massimo del 20%, come nel caso appena descritto.
I nati tra il 1953 e il 1957 (nel 2019 avranno tra 62 e 66 anni) dovranno dunque pensarci bene.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
E’ BASTATO IL NUBIFRAGIO DI IERI SULLA CAPITALE E TORRENTI D’ACQUA IMPETUOSI SONO SCESI LUNGO LE SCALE MOBILI, ALLAGANDO STAZIONI E BANCHINE… QUANDO I GRILLINI ATTACCAVANO MARINO PER LA MANCATA PREVENZIONE
Ieri a Roma al Circo Massimo c’era Italia a 5 Stelle. Il vero spettacolo non è stata la
kermesse del partito di Grillo e Casaleggio dal nome di un programma Mediaset degli anni Ottanta ma il violento nubifragio che si è abbattuto sulla Capitale.
Pioggia, vento forte e grandine hanno trasformato alcune zone della città in un paese scandinavo con croste di ghiaccio che nemmeno nella civile Stoccolma in pieno inverno e auto galleggianti.
C’è qualcosa che stona. Improvvisamente la maggior parte dei pentastellati sono scomparsi dai social.
D’accordo, “Marino dimettiti” suonava bene come slogan, ma non è che ora che c’è Virginia Raggi le cose siano cambiate.
Quattro anni fa la futura sindaca della Capitale spiegava su Facebook che l’evento catastrofico che aveva bloccato alcune parti della città era sì eccezionale riflettendo però su come “talvolta la prevenzione sia opportuna”.
Insomma il sindaco Marino avrebbe dovuto fare di più, pulendo tombini e caditoie e potando alberi pericolanti perchè “bloccare la città a giorni alterni non mi sembra una grande idea”.
Le faceva eco l’allora consigliere comunale (e oggi presidente della Commissione Mobilità ) Enrico Stefà no che sempre su Facebook commentava il vergognoso allagamento della metro C.
La colpa ovviamente era dall’amministrazione comunale dell’epoca. Ma ora i romani possono dormire sonni tranquilli perchè è iniziata la rivoluzione del cambiamento, il vento sta cambiando eccetera eccetera.
Ed infatti ieri la situazione nelle stazioni della metropolitana era lo specchio della grande opera di risanamento e di cambiamento iniziata quando due anni fa Virginia Raggi è diventata sindaca.
Lo mostrano bene i vari video sulle cascate della Metro postati da Roma Fa Schifo. Torrenti d’acqua che scendono impetuosi lungo le scale mobili ed allagano le stazioni e le banchine.
Ci sono le Metro Gardenie Falls, le Metro Bologna Falls e le Metro Pietralata Falls. Non sono però attrazioni turistiche e nemmeno pubblicità di qualche evento olimpico. Anzi, diverse persone sono rimaste “intrappolate” all’interno delle stazioni dal momento che non si fidavano a salire le scale controcorrente (sono cittadini romani, non salmoni norvegesi). Certo, cose analoghe sono successe anche a Milano, città governata dal centrosinistra dove si è abbattuto un violento nubifragio.
Ma la differenza è che a Milano nessuno aveva chiesto le dimissioni del sindaco in passato.
Oggi quelli che nel 2014 ci spiegavano che gli allagamenti e i blocchi si sarebbero potuti evitare facendo prevenzione se ne stanno zitti.
Forse perchè la prevenzione, la pulizia delle caditoie e quant’altro non l’hanno fatta nemmeno loro. Eppure i 5 Stelle sono quelli che quando erano all’opposizione sapevano esattamente cosa dovevano fare.
Cosa è successo? Che fine ha fatto Paolo Ferrara che ad agosto raccontava che l’Amministrazione si occupava di allagamenti prima e non dopo? Forse non bastano i tweet e gli annunci?
Oppure Marino non aveva tutte quelle responsabilità e quelle colpe che i pentastellati gli attribuivano all’epoca? Di sicuro sarà colpa delle precedenti amministrazioni anche questa volta.
A quanto pare non è stato sufficiente perchè la sindaca questa mattina si scusava per i disagi spiegando che un violento temporale con forti grandinate ha causato diversi allagamenti in alcuni quartieri della Capitale.
Un tono decisamente diverso da quando, in una situazione analoga Virginia Raggi spiegava che bisognava pulire le caditoie e fare prevenzione.
Sarà colpa del Cambiamento Climatico anche questa volta?
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
SCHERNIRE I MALATI E’ ULTIMA FRONTIERA DEL CAPOCOMICO
“Chi siamo? Siamo pieni di malattie nevrotiche, siamo pieni di autistici, l’autismo è la malattia del secolo. L’autismo non lo riconosci, per esempio è la sindrome di Aspengher (sic) c’è pieno di questi filosofi in televisione che hanno la sindrome di Asperger. Che è quella sindrome di quelli che parlano in quel modo e non capiscono che l’altro non sta capendo. E vanno avanti e fanno magari esempi che non c’entrano un cazzo con quello che sta dicendo, (risate) hanno quel tono sempre uguale. C’è pieno di psicopatici…”.
Beppe Grillo se ne esce con la sua solita eleganza durante Italia 5 Stelle a proposito dell’autismo e della Sindrome di Asperger e scatena una reazione piuttosto veemente: “Complimenti per la tua generalizzazione, per la tua ironia sfrontata su un tema così delicato e complimenti alla tua platea per le risate su questa tua ironia fuori luogo. Vedi, la tua ignorante descrizione denota, immediatamente, che la voglia di focalizzarsi sulle potenzialità di queste persone speciali è pari a zero”, scrive Mario Pingerna, mentre Pernoiautistici di Gianluca Nicoletti sceglie la forma della lettera aperta:
Non è bello prendere in giro noi autistici, darci degli psicopatici e usarci come oggetto di scherno. Proprio tu…Dovresti sapere che chi ha un figlio autistico già deve ogni istante combattere perchè il figlio non sia discriminato, non debba subire lo scherno di chi non capisce che proprio quel suo “non capire” non è dovuto a cattiveria ma a un suo modo d’essere, al suo “cervello diverso”.
Suscitare la risata della folla su quello che per un Asperger è sintomo della sua diversità è ingeneroso, soprattutto da parte di chi dovrebbe ben conoscere cosa sia l’autismo
Gli autistici hanno diritto di essere trattati da cittadini come qualsiasi altro abitante del nostro paese. A dirtelo è un uomo a cui è stato diagnosticato di essere Asperger ed è molto contento di esserlo, in più è padre di un ragazzo autistico a basso funzionamento, che tiene con lui e combatte perchè non debba finire rinchiuso e dimenticato quando non ci sarà lui a occuparsene.
C’è da segnalare che quando era all’opposizione Grillo diceva tutt’altro: “Niente soldi per le famiglie con bimbi autistici”, scriveva nel titolo di un post sul suo blog nel frattempo rimosso.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 22nd, 2018 Riccardo Fucile
MOSCOVICI: “IL CONTO LO PAGHERANNO I GIOVANI”
Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz invoca nuovamente la linea dura contro l’Italia,
invitando la Commissione a bocciare la manovra italiana a meno che non vengano apportate modifiche.
“Se non viene corretta, la Commissione europea deve respingere la manovra”, ha detto in una dichiarazione diffusa dall’ufficio del ministro delle Finanze, Hartwig Loeger. “L’Austria – ha detto – non è pronta a sostenere i debiti degli altri Paesi, mentre questi Stati scientemente contribuiscono all’incertezza dei mercati finanziari. Ora l’Ue deve dimostrare di aver imparato dalla crisi della Grecia”.
Loeger, anche lui citato nella nota rilanciata dall’agenzia Reuters, ha aggiunto che una violazione delle regole di bilancio dell’Ue da parte dell’Italia “schiuderebbe la porta perchè altri Paesi (facciano altrettanto)”
Poco prima sono arrivate le parole un po’ più concilianti del Commissario agli Affari economici Pierre Moscovici. “La Commissione europea non vuole una crisi tra Bruxelles e Roma, la Commissione europea pensa che il posto dell’Italia sia al centro della zona euro, non all’esterno”, ha detto intervistato da France Inter a proposito della Manovra di bilancio dell’Italia. “L’Italia può fare la propria politica di bilancio, ma rispettando delle regole comuni, come fanno tutti i Paesi da 10 anni”, ha aggiunto.
Il rischio, secondo il commissario, “è che ‘manovra del popolo italiana’ non rilanci affatto la crescita, perchè c’è poco investimento in questa politica di rilancio ma anzi che l’affossi. Chi pagherà il debito? Le generazioni future e gli italiani. Ecco perchè un bilancio che aumenta il debito non è buono per il popolo. Sono sempre i più vulnerabili che alla fine dovranno pagare”.
(da agenzie)
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