Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
LA PROPOSTA DI SALVINI DI CONDONARE I GRANDI EVASORI E I MAL DI PANCIA DEL FU PARTITO DEGLI HONESTI
Bozza del decreto fiscale, pagina 20: articolo ‘Flat tax e dichiarazione integrativa’.
È il pilastro del condono. Dopo la dicitura, uno spazio bianco. Nessun testo.
La bozza reca la data di venerdì, ore 12. Il testo è stato redatto dai tecnici del Tesoro per provare a dare un appoggio alla trattativa, in salita, tra Lega e 5 Stelle.
Le agenzie rilanciano la bozza, tra cui la previsione della Ragioneria generale dello Stato che parla, per il 2019, di una terza edizione della rottamazione con gettito zero. È in quelle ore che Matteo Salvini decide di forzare la mano. Il rischio è che la pace fiscale si trasformi in un flop.
I tecnici della Lega mettono a punto gli ultimi dettagli per la versione massimalista, rilanciata stamattina: pagamento del 15% del dovuto al Fisco con un tetto fino a 500mila euro.
L’accordo con i 5 Stelle, però, è ancora da mettere in piedi. Il condono è in alto mare.
Il testo di venerdì è oramai un testo incompleto e superato. Incompleto perchè manca il cuore della strategia di Salvini, che oggi viene esternata con chiarezza: la pace fiscale riguarderà tutti i debiti “fino a 500mila euro” e sarà un intervento “a saldo e stralcio”, non solo su interessi e sanzioni ma anche “sul capitale”.
In pratica il contribuente potrà presentare una dichiarazione integrativa all’Agenzia delle Entrate per dichiarare i redditi evasi nel periodo che va dal 2013 al 2017. Pagherà il 15% del dovuto e il maxi-sconto non riguarderà solo le sanzioni e gli interessi, ma anche la voce principale del debito che si ha con il Fisco.
Questo è l’impianto che vuole la Lega, ma i pentastellati faticano, e tanto, a mandare giù questo boccone indigesto.
Oltre al livello del tetto di 500mila euro, c’è anche la questione dell’aliquota, fissata al 15%. “Il punto politico lo faranno Salvini e Di Maio, ma i nostri colleghi di governo devono capire che un tetto inferiore è troppo basso”, rivela una fonte leghista.
Le frizioni sono concentrate anche sull’ammontare dello sconto che prevede lo schema del saldo e stralcio. Secondo quanto apprende Huffpost, il 15% a cui punta la Lega è la media dell’importo che dovrà corrispondere il contribuente: media che si ottiene da tre aliquote (al 6%, al 10% e al 25%) che terranno conto delle differenti situazioni reddituali e patrimoniali.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
UN MINISTRO DEGLI INTERNI CHE NON SI VERGOGNA A USARE UN MAFIOSO PER DIFFAMARE IL SINDACO DI RIACE
Ha rilanciato le parole di un signore finito in carcere per intestazione fittizia aggravata dal favoreggiamento alla ‘ndrangheta.
E lo ha fatto per attaccare Mimmo Lucano, il sindaco di Riace agli arresti domiciliari con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina.
È quello che ha fatto Matteo Salvini, il ministro dell’Interno che su twitter ha postato un video con le dichiarazioni di Pietro Domenico Zucco.
Un tweet per contestare le oltre 5mila persone che hanno manifestato solidarietà a Lucano.
In ogni comunità , piccola o grande che sia, esistono le gelosie, l’invidia, l’astio, il rancore. Specie al sud. In ogni paese c’è sempre qualcuno che parla male degli altri. Un classico. I motivi possono essere di diversa natura: un mancato favore, una disputa familiare, una offesa, interessi economici, questioni di proprietà , promesse di lavoro non mantenute. Parole che girano il paese e che spesso si trasformano in meri pettegolezzi, il cui unico scopo è quello di sputtanare l’avversario anche con la menzogna, se serve.
Ed è quello che ha fatto il signor Pietro Zucco, l’uomo che nel famoso video “sputtana” Mimmo Lucano, sindaco di Riace, accusandolo di essere un specie di padre padrone, ai cui piedi tutti si devono prostrare, specie chi è in cerca di un lavoro. Il video — che in poche ore dalla sua diffusione è diventato subito virale, condiviso da tutto l’arco politico sovranista: Alemanno, Meloni, e da ieri anche Salvini che in meno di 24 ore ha totalizzato oltre 300.000 visualizzazioni — è stato girato il 2016, all’indomani delle prime polemiche a seguito dell’invio degli ispettori dello Sprar al “modello Riace”.
Nel video il signor Zucco calunnia Lucano dicendo che sfrutta gli immigrati facendoli lavorare al posto degli italiani per pochi spiccioli e in nero. Racconta di aver lavorato in uno dei tanti progetti di accoglienza gestiti da Lucano e di non aver ricevuto la paga, e quando si è lamentato è stato cacciato via in malo modo.
Non solo, il signor Zucco, accusa Lucano di pensare solo ai neri, tant’è che in Comune i servizi sociali per le famiglie riacesi in difficoltà non hanno mai un euro, mentre per comprare fiori e cazzate varie i soldi si trovano sempre.
Conclude dicendo che Riace non è l’Eldorado che Lucano vuol far credere, e questo perchè la stampa ascolta e pubblica solo le sue parole.
Insomma a sentire il signor Zucco, Mimmo Lucano è una specie di delinquente che con arroganza e prepotenza impone le sue scelte all’intera comunità di Riace, favorendo solo coloro i quali si dimostrano servili nei suoi confronti.
Ma chi è veramente il signor Pietro Zucco?
Pietro Zucco non è uno stinco di santo. E questo lo sa tutto il paese, visto che è stato anche vicesindaco a Riace, ovviamente prima che diventasse sindaco Lucano.
Ha gestito il noto ristorante la Scogliera, mentre faceva il vicesindaco di Riace, di proprietà di Cosimo Leuzzi, boss del posto, oggi al 41 bis.
Ristorante che in seguito verrà confiscato dalla Dda e affidato al Comune di Riace. Pietro Zucco ha anche gestito “la cava di Stilo” che la Dda ritiene riconducibile a Vincenzo Simonetti soggetto affiliato alla cosca RUGA-METASTASIO.
Inoltre Pietro Zucco non ha mai lavorato nei progetti Sprar, ma solo qualche mese nei Cas, con i quali Mimmo Lucano non ha niente a che fare.
Chi non conosce la differenza tra Cas e Sprar, si informi. Zucco non ha mai lavorato per Lucano, ma per un’altra associazione, “Los Migrantes” di Riace , il cui presidente era tale Salvatore Romeo.
Associazione con la quale sono sorti diversi problemi, e qualcuno racconta che il signor Zucco è stato allontano perchè non gradito.
Ma la peculiarità principale del signor Zucco è quella di essere un prestanome della ‘ndrangheta, così come dice la Dda di Reggio Calabria.
Un bel soggetto il signor Zucco che accusa gli altri di poca trasparenza, dimenticandosi del suo passato e del suo vissuto.
Ora capite tutti i motivi dell’astio nei confronti di Lucano. Zucco non ha gradito la nomina a sindaco di Lucano e da allora è diventato il suo principale nemico, e indovinate a quale partito si è iscritto oggi il signor Zucco? Ve lo dico subito: Noi con Salvini.
Di seguito riportiamo l’intero comunicato stampa diramato dalla Guardia di Finanza il giorno dell’arresto del sugnor Zucco, leggete, e fatevi la vostra idea:
Nella mattinata di giovedì sono scattate le manette nei confronti di SIMONETTI Vincenzo classe 1951, MARULLA Antonio classe 1965 (entrambi di Stilo) e di ZUCCO Pietro classe 1957 di Riace e sono state sequestrate due aziende operanti nel settore del movimento terra e calcestruzzo (attività di primario interesse per le cosche mafiose) appartenenti alla cosca RUGA — METASTASIO. Altre due persone sono state denunciate a piede libero.
E’ questo il risultato di una brillante operazione compiuta dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Roccella Jonica al termine di una complessa e articolata attività di indagine.
La stessa è stata svolta interamente di iniziativa e senza l’ausilio di indagini tecniche ma avvalendosi solo ed esclusivamente dell’acume investigativo e della professionalità del personale che ha svolto l’attività
Il servizio è scaturito da una verifica specifica per il contrasto al lavoro nero eseguita nei confronti della EUROSERVIZI MA.GI.CA. a r.l. P.I. 02264630795, con sede in Stilo, Loc. Salesi, nel corso dell’anno 2006. La società cooperativa risultava affidataria di beni confiscati alla ditta individuale SCAVICAL di GUARNA Maria Luisa con provvedimento del Tribunale M.P. di Reggio Calabria. La SCAVICAL era stata confiscata perchè di fatto gestita da SIMONETTI Vincenzo, soggetto affiliato alla cosca RUGA-METASTASIO.*
In sede di accesso, nel corso delle operazioni di identificazione dei dipendenti veniva rilevata, tra l’altro, proprio la presenza del signor SIMONETTI Vincenzo, il quale per giustificare la propria presenza presso lo stabilimento della Coop. EUROSERVIZI MA.GI.CA esibiva una scrittura privata di consulenza stipulata in data 02.01.2000 con il rappresentante legale della cooperativa verificata, ZUCCO Pietro.
Le indagini, quindi, si indirizzavano nei confronti del SIMONETTI al fine di accertare il reale ruolo rivestito dallo stesso all’interno della Coop.MA.GI.CA.. Venivano perciò avviate due verifiche fiscali rispettivamente nei confronti dello stesso SIMONETTI, in quanto risultava titolare della omonima ditta individuale con sede amministrativa in Stilo (coincidente tra l’altro, con quella della medesima cooperativa) e nei confronti della citata Coop. EUROSERVIZI MA.GI.CA..
Nell’ambito degli accessi eseguiti in dipendenza delle tre verifiche effettuate, veniva acquisita una notevole mole di documentazione contabile ed extracontabile, la cui disamina poneva in risalto una situazione del tutto particolare. In sintesi:
༠Veniva dimostrata la fittizietà del rapporto di lavoro autonomo prestato dal SIMONETTI, in quanto con la stipula della scrittura privata del 02.01.2000, il SIMONETTI ha, di fatto, potuto continuare a gestire e dirigere l’impianto di produzione di calcestruzzo ed estrazione di inerti con la compiacenza del Presidente della EUROSERVIZI MA.GI.CA. S.c.a.r.l. il quale, con la dichiarazione scritta del 23.06.2004 “ufficializzava” il suo ritorno;
༠veniva appurato che il SIMONETTI per l’acquisto, a titolo personale, di vari macchinari regolava i relativi pagamenti con assegni tratti sul c/c della S.c.ar.l. EUROSERVIZI MA.GI.CA.;
༠a sua volta, la S.c.ar.l. EUROSERVIZI MA.GI.CA., al fine di onorare i debiti contratti con vari fornitori, utilizzava quali mezzi di pagamento sia assegni che numerose tratte cambiarie tratti e/appoggiate sul c/c personale di SIMONETTI;
༠veniva rilevato che il SIMONETTI aveva la materiale disponibilità degli assegni della Coop. MAGICA i quali erano solo firmati dal legale rappresentante ma compilati in ogni restante parte (compresa la cifra) dal SIMONETTI;
༠gli stessi operai della EUROSERVIZI MA.GI.CA. venivano pagati con assegni circolari richiesti e successivamente girati dal SIMONETTI Vincenzo.
Il complesso degli elementi raccolti consentiva di confermare il ruolo di SIMONETTI all’interno della EUROSERVIZI MA.GI.CA (affittuaria e utilizzatrice del patrimonio aziendale della ditta SCAVICAL di GUARNA Maria Luisa già sequestrata e confiscata al SIMONETTI) che è certamente di gestore titolare e non certo di semplice consulente amministrativo, sicchè egli tornava a rimpossessarsi dei beni, strumenti e rapporti che l’intervento dell’Amministrazione Giudiziaria imposta attraverso l’imposizione del sequestro e della misura di prevenzione gli aveva legalmente sottratto in forza del primigenio decreto di applicazione della misura di prevenzione personale e della misura di sicurezza patrimoniale.
In questo contesto di chiarissima elusione della normativa di prevenzione ad opera del SIMONETTI e con la compiacenza di ZUCCO Pietro Domenico Legale Rappresentante della Coop. MA.GI.CA., si inseriscono ulteriori evoluzioni sociali di quest’ultima compagine sociale, sempre volte a mistificare il dato dell’effettiva titolarità e in linea con il progetto criminoso in corso, e in particolare, si allude alla commistione delle sorti di EUROSERVIZI MA.GI.CA., con la TRE ESSE S.r.l. (amministratore unico MARULLA Antonio), avente identico oggetto sociale di quello della SCAVICAL di GUARNA M.L.. nonchè la stessa sede.
Veniva perciò iniziata un’ulteriore verifica fiscale che consentiva di ricondurre ulteriormente la proprietà sostanziale e la gestione al SIMONETTI, il quale risultava sempre presente nella sede delle imprese, veniva indicato in tutti i documenti commerciali quale referente responsabile delle imprese e soggetto che dirigeva i rapporti commerciali con i fornitori, risultava assunto con contratto quale consulente tecnico amministrativo, gestiva la parte economica dell’azienda attraverso il completo controllo delle uscite e delle entrate come si rilevava dall’osservazione degli assegni bancari delle ditte a volte compilati e incassati dallo stesso, delle manifestazioni di gratitudine e/o elogio che in più occasioni vengono espresse dai soci e dai dipendenti della cooperativa.
Colpisce che EUROSERVIZI MAGICA non ha mai pagato il canone di affitto di azienda pattuito, quasi a voler far capire all’esterno che l’attività economica non è colpita di fatto dall’intervenuta confisca e che il proprietario non paga per godere delle sue proprietà .
In definitiva, SIMONETTI Vincenzo, ZUCCO Pietro e MARULLA Antonio hanno rivestito un ruolo attivo, il primo nella gestione di fatto delle società controllate, gli altri due della titolarità formale finalizzata a interporre una formale barriera all’individuazione dei reali attori della vicenda. Tale considerazione vale ancora di più per MARULLA Antonio, soggetto formalmente incensurato che ben si presta a rivestire questo ruolo formale strumentale al progetto criminoso (già vice presidente della EUROSERVIZI MA.GI.CA. e amministratore unico della TRE ESSE.
Il ricorso ai prestanome, per il SIMONETTI, ha rappresentato e rappresenta a tutt’oggi una scelta operativa necessaria visto il suo costante coinvolgimento in vicende di criminalità organizzata, tenuto conto che, della sua affiliazione alla cosca RUGA vi è traccia sicura rappresentata non solo dagli organi di polizia, ma anche soprattutto dalla condanna inflittagli dal Tribunale di Locri nel 1985 e 1996 sempre per partecipazione ad associazione di stampo mafioso.
Gli elementi di prova raccolta venivano condivisi in pieno dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, D.ssa Sara OMBRA, che inoltrava apposita richiesta al G.I.P. D.ssa Cinzia BARILLà€, la quale emetteva l’ordinanza che ha disposto le misure cautelari personali e patrimoniali contestando i reati di cui agli art. 12 quinquies D.L. 306/92 con le aggravanti di cui all’art. 7 della L. 203/91 e degli artt. 110 e 81 C.P..
A tal proposito occorre riportare testualmente quanto scritto nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere redatta dal predetto GIP: “E’ evidente che ciò che era uscito per la porta torna dalla finestra (o meglio dal portone d’ingresso)”
I beni sequestrati ammontano a circa un milione di euro. I beni immobili delle due società , infatti, sono costituiti da quattro autocarri, cinque autobetoniere, un escavatore, tre motopale, un autocarro a pompa gli uffici amministrativi, il terreno, due silos, un impianto di frantumazione, un impianto di “squadra blocchi”, una pesa, un gruppo elettrogeno ed un sollevatore.
(da Iacchite.com Cosenza)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
E ORA LA POLEMICA CON BERLINO RENDE ANCORA PIU’ DIFFICILE LA TRATTATIVA CON LA TUNISIA
C’è un’intesa non scritta che mirava a consentire il rientro in Italia dei profughi fuggiti in Germania, senza alcun attrito tra i due Stati.
Finora per trasferire gli stranieri vengono sempre utilizzati gli aerei di linea e al momento dell’arrivo a Fiumicino è la polizia italiana a prelevarli per portarli nei centri di accoglienza.
Giungono a piccoli gruppi, massimo cinque o sei. Ma nelle ultime settimane, per cercare di razionalizzare l’uso delle scorte e organizzare al meglio il trasporto nei centri di accoglienza, era stato ipotizzato di usare i charter per il trasferimento di 25 stranieri per volta.
E infatti il volo concordato per giovedì 11 ottobre con arrivo nello scalo romano, prevedeva esattamente questa cifra e questa modalità .
Se la notizia non fosse filtrata tutto sarebbe filato liscio.
Il trattato di Dublino obbliga infatti lo Stato di primo ingresso a gestire il richiedente asilo fino al termine della procedura per l’eventuale riconoscimento dello status di rifugiato. E dunque se lo straniero viene rintracciato in un Paese diverso da quello che l’ha registrato per primo, deve essere riportato da dove è andato via
Finora tra Roma e Berlino c’è sempre stata collaborazione, anche per quanto riguarda le scadenze da rispettare. Quando il migrante viene fermato in Germania, ci sono due mesi di tempo per controllare l’identità e scoprire – attraverso la banca dati europea – da dove proviene e dunque formalizzare la richiesta di trasferimento.
A quel punto lo Stato di provenienza (nel caso specifico l’Italia) ha altri due mesi per effettuare i controlli e rispondere all’istanza. Se non lo fa, scatta una sorta di silenzio assenso e viene attivata la procedura per il trasporto.
Si tratta di persone che hanno chiesto asilo e dunque non possono essere tenute in stato di detenzione.
E infatti nei mesi scorsi è capitato spesso che molti di loro, alla vigilia del trasferimento in Italia, siano andati via dai centri di accoglienza tedeschi e siano diventati “irreperibili”. Anche per questo – nel corso dell’ultimo vertice europeo – le delegazioni tecniche di Roma e Berlino avevano valutato la possibilità di utilizzare i charter con un massimo di 25 persone a bordo.
In questo modo, si fa notare adesso, sarebbe stato più agevole organizzare sia la registrazione alla frontiera, sia il successivo trasporto nelle strutture di accoglienza. Luoghi dove i profughi rimangono sempre in stato di libertà e dai quali spesso si allontanano proprio perchè ritengono l’Italia un Paese di transito, una tappa obbligatoria prima di raggiungere i familiari che si trovano nel nord Europa.
Dopo le tensioni delle ultime ore, sembra davvero difficile che si riesca a raggiungere un’intesa per cooperare con Berlino.
Anche se questo rischia di ritorcersi contro l’Italia che sta provando a trattare con gli Stati africani – Tunisia in testa – l’aumento dei voli charter per riportare in patria i migranti irregolari.
Dopo aver deciso di seguire la linea dell’intransigenza in Italia, sarà infatti arduo ottenere che altri collaborino accettando i voli “dedicati” per rimpatriare gli espulsi.
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
MENZOGNE PRESENTI ANCHE NEL DECRETO: IL COMMISSARIO BUCCI DENUNCIA UN BUCO DA 200 MILIONI
Gli applausi del giorno dei funerali, in meno di un paio di mesi, si sono trasformati in fischi e contestazioni.
Il passo fiero e deciso del ministro dei Trasporti Danilo Toninelli è stato azzoppato da un corteo di commercianti e sfollati di Genova che questa mattina gli è andato incontro gridando: “Non raccontateci bugie”.
E il concentrato di bugie, secondo i manifestanti, è nelle pagine del decreto che non rispetterebbe le promesse fatte sull’onda dell’emotività dopo il crollo del ponte Morandi.
Decreto criticato anche, ironia della sorte, dal commissario straordinario per la ricostruzione Marco Bucci oggi in audizione alla Camera che ha lamentato i pochi soldi stanziati e anche le promesse disattese tra cui le assunzioni che sono state dimezzate.
Davanti agli abitanti sempre più sfiduciati, il governo giallo verde sta pensando a modifiche sostanziali da apportare in Parlamento. I gruppi M5s e Lega stanno già studiando le proposte da presentare ma bisogna fare i conti con le coperture finanziarie, ci sono state già mille difficoltà affinchè la Ragioneria licenziasse il provvedimento, e con il pericolo dei ricorsi.
A conti fatti l’esecutivo ha capito che servono 200 milioni in più per rispettare gli annunci, risollevare le aziende in ginocchio, dunque non solo risarcirle ma farle anche ripartire, e far riavere agli sfollati una casa.
Bucci parla di “120 ai 140 milioni in più” di cui “90 milioni circa servono per gli sfollati mentre la demolizione del ponte viaggia sui 300/350 milioni”. Ma fonti ben informate parlano di una cifra più alta.
A proposito di demolizione c’è un problema che riguarda i tempi. “Quel che resta del ponte Morandi è ancora di Autostrade per l’Italia. O lo espropriamo o si revoca la concessione ad Aspi. Una volta che la legge spiegherà come riavere il ponte, potremo operare”, ammette il sindaco-commissario.
Una data dunque non c’è, se non quella di ottobre prossimo annunciata sul palco di Genova quando il 14 settembre scorso sono state ricordate le 43 vittime a un mese dal crollo del ponte. È sotto gli occhi di tutti che non sarà possibile ricostruire l’intera struttura in un anno e i paletti così stretti messi nero sul bianco nel decreto complicano anche l’inizio dei lavori e aumentano la possibilità di sanzioni.
Di certo nell’immediato servono i soldi per gli espropri per entrare in possesso delle aree su cui fare la ricostruzione, ma per far questo è necessario che il decreto stanzi subito le risorse. Parola di Bucci. Ecco perchè il costo lieviterà e un altro scontro con la Ragioneria è pronto ad aprirsi.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
OCCULTAMENTO DEGLI SOS, TRAPPOLE E DEPISTAGGI PER EVITARE I SOCCORSI A CHI MUORE IN MARE… NON VOGLIONO TESTIMONI DEI LORO REATI
Mancano solo i colpi di mortaio e la contraerea. Per il resto, quella che si può vedere da qui, dal ponte di comando della Astral, il veliero di Open Arms che assiste questa prima missione italiana nel cuore del Mediterraneo, assomiglia in tutto e per tutto a una piccola, insensata, battaglia navale.
Una paradossale miniatura di guerra, con le ong internazionali da una parte e un’inconfessata ma piuttosto evidente alleanza sull’asse Roma-Tripoli-Valletta dall’altra.
Lunedì mattina l’equipaggio del Mare Jonio che pattuglia una zona di mare lontana 80 miglia dalla Astral è stato svegliato di buon’ora dal volo indiscreto di un Seagull, un aereo dell’operazione europea Sofia (l’iniziativa di pattugliamento anti trafficanti) che continuava a sorvolare il rimorchiatore a bassa quota.
Dopo alcuni minuti, via radio, è cominciato uno strano interrogatorio, con il pilota che chiedeva tutti i dati dell’imbarcazione, dell’equipaggio, della rotta, persino dell’agenzia marittima a cui era appoggiata la logistica dell’imbarcazione. “Mancavano solo il segno zodiacale e il colore preferito del comandante”, scherzano dal ponte raccontando l’accaduto.
Domenica mattina più o meno alla stessa ora gli ospiti dell’Astral — tra cui, occasionalmente, la manciata di giornalisti internazionali al seguito del Progetto Mediterranea — erano stati sorpresi dal frastuono di un Hercules dell’aeronautica spagnola in missione Sar (search and rescue) che ha passato due ore buone a volare a bassa quota in cerchio intorno alle quattro imbarcazioni che in quel momento partecipavano alla spedizione italiana (oltre al veliero Astral e al rimorchiatore Mare Jonio c’era lo Jana, un Bavaria 50 a vela, mentre il Burlesque, la quarta imbarcazione, era tornato a terra per sbarcare una troupe di Bbc).
Che tipo di attività abbiano svolto per davvero i due aerei militari non è immaginabile. Sia gli attivisti di Open Arms sia quelli di Mediterranea danno per scontato che si sia trattato di manovre ostili e dal sapore vagamente intimidatorio.
“Scattano foto e girano video”, spiegano, “vogliono documentare, per qualsiasi evenienza, i movimenti delle imbarcazioni in acque di competenza libica”.
Le informazioni, a quanto pare, sono infatti l’arma d’elezione di questa strana battaglia. Il cui ultimo obbiettivo, contrariamente a quello che si possa pensare, non è evitare che i migranti raggiungano le coste europee, chè questo — come gli italiani hanno avuto modo di documentare in questi pochi giorni di missione – accade quotidianamente: per dire, quattro giorni fa, a nemmeno dieci ore dalla partenza, la Burlesque, aveva incrociato un barchino — quello, sì, un vero “taxi del mare” — che trasportava tranquillamente una quindicina di persone dalla Tunisia a Lampedusa.
Il vero obbiettivo della battaglia navale che si sta combattendo in queste ore davanti alle coste libiche, è piuttosto un altro.
Evitare che i migranti fuggiti dalla Libia finiscano a bordo di imbarcazioni ong e che dunque si ritrovino in condizione di testimoniare cosa accade quotidianamente da questa parte del Mediterraneo.
A tale scopo – spiega Riccardo Gatti, comandante italiano della Astral — si prodiga quotidianamente la suddetta alleanza, dispiegando in acqua tutto un sofisticato armamentario di informazioni e disinformazioni, rimandi e trappole via radio, che servono semplicemente a ostacolare il lavoro delle ong.
Una sorta di guardia e ladri, insomma, ma alla rovescia.
Le tecniche sono le più svariate, sì va dall’occultamento degli sos, al depistaggio vero e proprio.
In soli tre giorni di missione il giochino è riuscito già due volte, secondo quanto sono riusciti a testimoniare i giornalisti a bordo.
La prima, il 5 ottobre. Quando, alle 18, il Colibrì — un aereo biposto che collabora con Sea Watch — segnala la presenza di un gommone con 20-40 persone a bordo. La Mare Jonio contatta subito il Maritime rescue coordination center (Mrcc) italiano che però non emette nessuna segnalazione di “distress”, imbarcazione in pericolo, limitandosi a dire molto prontamente che “il coordinamento dell’intervento era già stato assunto dalla Guardia Costiera libica”.
Arrivati comunque sul posto (le ong internazionali non ritengono la Libia un porto sicuro) gli attivisti di Mediterranea non hanno trovato nessun gommone: era già stato riportato indietro dai libici.
Cosa della quale la Mrcc italiana ha dato notizia solamente alle 22.10, quando buona parte della giornata di ricerche era stata buttata via.
Il giorno successivo, la replica. Più o meno allo stesso orario, via radio, la Mare Jonio riceve un messaggio di “distress” da Malta, a cinquanta miglia di distanza nella direzione opposta a quella in cui sta navigando.
Erano mesi che Malta non inviava segnalazioni del genere. Immediatamente la nave italiana inverte la rotta. Ma dopo un paio d’ore di navigazione arriva, sempre via radio, il contrordine: la capitaneria di Malta ha già fatto l’intervento salvando 120 persone.
Nel frattempo però l’intera spedizione aveva deviato dalla rotta originale di più di una ventina di miglia e aveva compromesso l’intera giornata di ricerche.
La chiave di tutto, come si vede, è cercare di non far arrivare informazioni utili alle Ong.
In quattro giorni di attività la radio di bordo non ha segnalato niente, nella pur vastissima zona. Sono arrivate segnalazioni da ogni parte del Mediterraneo (una persino dalla Manica) ma dal Mar Libico, nulla.
Le leggi internazionali prevedono che per ogni imbarcazione in pericolo venga emessa una comunicazione a tutti i naviganti. Consultando le sole fonti ufficiali, invece, si contano sette interventi da parte delle autorità libiche, maltesi e tunisine, ma nessun messaggio radio.
“Da un lato — spiega Riccardo Gatti — c’è da rammaricarsi pensando ai tempi, nemmeno troppo lontani, in cui lavoravamo quotidianamente gomito a gomito con la Guardia Costiera italiana che ci coordinava, condivideva informazioni e si appoggiava a noi per svolgere il proprio ruolo nel Mediterraneo. Dall’altro c’è da essere contenti, era moltissimo tempo che Malta non era così attiva su questo fronte, evidentemente l’arrivo degli italiani ha risvegliato qualcuno”.
Anche solo questo è già un discreto risultato.
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
IN SEI MESI SU 8847 PERSONE CONTROLLATE DALLA GDF, BEN 5435 NON ERANO IN REGOLA PER ACCEDERE ALLE AGEVOLAZIONI… E PARLARE DI REDDITO DI CITTADINANZA SENZA CONTROLLI A MONTE FA RIDERE
Ci sono sei “finti poveri” ogni dieci soggetti controllati nei primi sei mesi dell’anno, il 60%. E’ il bilancio delle verifiche mirate effettuate dalla Guardia di finanza sui beneficiari di prestazioni sociali agevolate ed esenzione dai ticket sanitari
Un dato allarmante in vista dell’intorduzione del reddito di cittadinanza fortemente voluto dal vicepremier Luigi Di Maio.
Secondo i dati diffusi dal Sole 24 Ore, su 8.847 persone controllate nei primi 6 mesi dell’anno dalle Fiamme gialle, 5.435 non avevano le carte in regola per ricevere agevolazioni che sono state già richieste o addirittura incassate
Le criticità maggiori si registrano analizzando il dettaglio dei ticket sanitari dove le irregolarità raggiungono il 90% (3.367 su 3.611 verifiche).
In calo, invece, i “furbetti” delle prestazioni sociali agevolate.
In questo campo il miglioramento è forse dovuto al nuovo Isee che prevede controlli preliminari dell’Agenzia delle Entrate e dell’Inps su informazioni dichiarate dai cittadini.
La rilevazione della giacenza media sul conto corrente, inoltre, ha diminuito il fenomeno di chi “dimenticava” titoli e investimenti
I controlli fin qui effettuati negli ultimi anni dalla Guardia di finanza coprono meno dello 0,05% dei potenziali beneficiari del reddito di cittadinanza.
Il sottosegretario all’Economia, Laura Castelli, ha già annunciato che le verifiche potrebbero essere effettuate tramite incrocio di banche dati. Questa soluzione potrebbe essere efficace ma è soggetta al vaglio della privacy, come testimoniano le esperienze con redditometro e precompilata.
I database, comunque, non sono efficaci contro i finti poveri che incassano redditi in nero e fanno la spesa con i contanti
In base alla normativa attuale, le sanzioni per chi dichiara il falso su condizioni personali o reddito per avere benefici assistenziali consistono nella reclusione da 6 mesi a tre anni e nella multa tra 51 e 1.032 euro.
Come dire che in galera non ci finisce nessuno.
(da Globalist)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
HA OSATO CRITICARE LA MANOVRA ECONOMICA DEI DUE FUORICORSO
Sabato Piero Angela è stato ospite di Massimo Gramellini a Le parole della settimana. Il popolare conduttore e divulgatore televisivo ha parlato anche (ma non solo) della situazione italiana ed in particolare dell’intenzione — più volte annunciata dal governo — di fare nuovo debito pubblico per finanziare la manovra economica del governo Conte-Di Maio-Salvini.
Angela prima ha ricordato che chi viene ad investire nel nostro paese non trova una condizione favorevole e dicendo che «è molto grave» che lo Stato crei debito pubblico.
Piero Angela non ha detto che è grave o sbagliato il fatto che lo faccia il governo gialloverde, ha parlato della creazione del debito da parte dello Stato.
Ma è chiaro che dal momento che al governo ora ci sono quelli del Cambiamento la responsabilità sia anche dell’attuale esecutivo.
Di fatto Piero Angela non ha detto nulla di rivoluzionario, solo un discorso di buonsenso (altra parola chiave del governo Conte): ovvero che fare troppo debito non è una cosa che l’Italia e gli italiani possono permettersi.
E non è certo la prima volta che Angela interviene in televisione per parlare del debito pubblico. Lo aveva già fatto nel 2015 a Ballarò.
All’epoca al governo c’era Matteo Renzi e il creatore di Super Quark usò lo stesso esempio della famiglia che fa debiti fatto da Gramellini «se stendi banconote da 100 euro la lunghezza del debito pubblico italiano è 5 volte la distanza Terra-Luna. La politica distribuisce ricchezza, non la crea» chiedendosi «come si fa a indebitarsi così».
Non è però un buon periodo per criticare chi sta al potere perchè si viene tacciati di essere al soldo dei Poteri Forti.
Ed infatti la folla dei patridioti ha subito attaccato Angela, reo di diffondere le solite panzane sullo spread.
I nostri eroi dell’Internet hanno scoperto che Angela non è un economista (non che lui abbia mai sostenuto di esserlo) e che il fatto che sia un divulgatore non significa che abbia capito tutto.
Per la verità Angela è un giornalista ed autore di molti libri, e come tutti i giornalisti (e i cittadini) ha le sue opinioni. Quando viene intervistato in televisione Piero Angela parla di quello che pensa. Quando va in onda con il suo programma invece invita degli esperti a spiegare quello che succede. Da Gramellini Angela non era ospite in quanto esperto ma in quanto autore e conduttore di numerosi programmi di successo.
Improvvisamente però il popolo di quelli che un giorno sì e uno pure rinfacciano a “quelli di prima” di essere competenti e di aver prodotto il disastro in cui viviamo scopre che Piero Angela non solo non è un economista, ma non è nemmeno laureato. Il che in teoria non dovrebbe essere un grande problema visto che nè Luigi Di Maio nè Matteo Salvini hanno mai conquistato il famoso pezzo di carta.
E a dirla tutta nemmeno Beppe Grillo, guru, padre spirituale, Capo Politico e Garante del MoVimento 5 Stelle non è mai laureato.
Eppure sul suo vecchio blog e nei suoi spettacolo teatrali ha dato spesso spazio a teorie non-scientifiche. Gli italiani che non hanno alcun problema ad affidarsi a leader di questo tipo però non accettano che Piero Angela possa dire quello che pensa (da diversi anni) in televisione.piero angela spread laurea – 6
Negli ultimi dieci anni un movimento poi diventato partito politico ha messo costantemente in discussione il parere degli esperti.
Anche quando alcuni di loro hanno spiegato che, ad esempio sui vaccini, le cose non stanno come dicono loro ci sono stati ex deputati e consiglieri regionali che hanno sostenuto l’esatto contrario.
Insomma è molto semplice: se chi “critica” il M5S è un esperto dice qualcosa che non vogliamo sentire è pagato da qualcuno che vuole difendere i propri interessi. Se invece non è laureato allora non bisogna prestare attenzione a quello che dice. Anche se queste cose le diceva tre anni fa “contro” il famigerato governo precedente.
Ecco quindi che gli avvocati d’ufficio del governo Salvini-Di Maio spiegano che non solo Piero Angela non è il luminare che tutti credono (?) ma che non è nemmeno uno scienziato «insomma non parliamo di Einstein o di Fermi».
E anche se lo fosse sarebbe in ogni caso al soldo di chi trama contro il bene del Paese. Non come i non laureati, non scienziati che guidano i due partiti della maggioranza.
C’è chi protesta e dice che la legge di bilancio non è ancora stata approvata e dimentica però che Angela non sta parlando di quella ma del tema — più generale — del debito pubblico.
Altri invece annunciano di voler “ritirare” tutti i complimenti fatti per i programmi televisivi di Angela. Altri ne chiedono le dimissioni.
Oppure sperano che alla Rai “parta la più spietata delle epurazioni”.
Chissà , magari sono sempre quelli che fino a sei mesi fa ci facevano una testa così con la storia della classifica della libertà di stampa e di come per colpa del PD il nostro Paese fosse finito al 77° posto.
Non mancano le ipotesi più complottiste. Come il commento di chi ci rende noto che “sulla Luna non siamo mai andati” (l’ha detto anche il noto scienziato e luminare Carlo Sibilia). Ma l’attacco più duro è quello di chi rinfaccia ad Angela di essere “figlio di un massone del 33esimo grado del rito scozzese antico e accettato” e di non voler divulgare la truffa della moneta a debito (il famigerato signoraggio bancario).
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
ENTRO FINE MESE IL VERDETTO DI STANDARD & POOR’S E MOODY’S
La spada di Damocle del rating sta arrivando.
Il giudizio sulla capacità di una società o di uno Stato di restituire i soldi che chiede in prestito arriverà ad ottobre per l’Italia e sarà decisivo per la sorte del governo Lega-M5S.
Venerdì 26 ottobre arriverà il verdetto di Standard & Poor’s, entro la fine del mese si aggiungerà quello di Moody’s, Fitch e DBRS daranno il loro responso probabilmente il prossimo gennaio.
Al momento il rating del debito sovrano italiano è BBB per Standard & Poor’s, Baa2 con outlook negativo per Moody’s, BBB con outlook negativo per Fitch e BBB High per DBRS (il che — al di là delle metriche diverse utilizzate dalle due agenzie — vuol dire che il debito italiano è appena due livelli sopra i Junk Bond, i titoli spazzatura ad alto rischio, per le prime tre e tre livelli sopra per DBRS).
Ed è inutile dire che le aspettative non sono positive e ci si aspetta un declassamento che potrebbe scatenare un effetto domino irreversibile sulla distribuzione della mappa del potere italiano.
A fine agosto Fitch ha confermato il rating sull’Italia ma ha rivisto al ribasso l’outlook da «stabile» a «negativo». Subito dopo lo spread è schizzato a 293 punti.
Un segnale del fatto che i mercati (che siamo noi) potrebbero voltare pesantemente le spalle al governo dopo un declassamento.
Le agenzie di rating (che hanno una storia e una tradizione non esente da errori, anche clamorosi) preparano un declassamento che potrebbe avere effetti importanti: rischiamo la fuga dei grandi investitori, peraltro già iniziata da mesi, dall’acquisto dei nostri titoli di Stato.
Aumenterà lo spread, ovvero il differenziale di rendimento tra i Btp e Bund. In pratica per convincere gli investitori a continuare a prestarci i soldi dovremo alzare i tassi di interesse.
E non finisce qui. Nel 2019 si prevedono collocamenti per almeno un valore di circa 380 miliardi di euro.
Secondo le simulazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio, con uno spread stabile a 300p unti base la spesa per interessi aumenterebbe di 9 miliardi (in pratica il reddito di cittadinanza) nel 2019 per superare i 13 miliardi nel 2020. Secondo Goldman Sachs invece la spesa per interessi potrebbe lievitare fino a 20 miliardi di euro; ovvero due redditi di cittadinanza.
Ma l’effetto più importante è quello sui BtP: la Banca Centrale Europea non può comprare titoli che le agenzie di rating valutano negativamente. Almeno una deve avere un giudizio positivo: se arrivasse un declassamento unanime, la BCE non potrebbe più acquistare BtP interrompendo il flusso di liquidità nel sistema bancario e dando il via a un ritorno del credit crunch. Con conseguenze disastrose sull’economia italiana.
Proprio per questo un aumento del rischio paese porta a catena effetti già conosciuti in un annus horribilis come il 2011, con l’esplosione dello spread e la conseguente caduta del governo Berlusconi.
Oggi siamo ancora sulla soglia di uno scenario come questo. Scrive Marco Panara su Repubblica Affari e Finanza oggi che se non si governa la complessità gli effetti collaterali possono essere anche molto gravi.
Per rimanere solo a quelli finanziari, il rischio è di spendere una cifra per realizzare le proprie politiche e il doppio per l’aumento dei tassi di interesse.
(da “NextQuotidiano“)
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Ottobre 8th, 2018 Riccardo Fucile
E’ INCLUSO NELLA LISTA DELLE SANZIONI CHE SALVINI VUOLE TOGLIERE…. COINVOLTO IN OMICIDI, RICICLAGGIO DI DENARO SPORCO, CORRUZIONE E RACKET
Gli Stati Uniti sigillano i beni dell’uomo che è considerato vicino sia alla mafia russa che a Vladimir Putin. I federali hanno congelato tutti i beni nel Paese dell’oligarca russo Oleg Deripaska.
Lo racconta il New York Post spiegando che all’oligarca è stato sequestrata anche una casa nell’Upper East Side, a New York. Il nome di Deripaska è incluso nella lista delle sanzioni perchè accusato di essere coinvolto in omicidi, riciclaggio di denaro sporco, corruzione e racket.
Nel libro paga dell’oligarca russo ha incluso per anni anche Paul Manafort, ex capo della campagna elettorale di Donald Trump condannato per diversi reati tra cui riciclaggio di denaro.
Secondo il quotidiano newyorkese Deripaska ha però fatto in modo che nella townhouse di Manhattan, acquistata nel 2008 per 42,5 milioni di dollari, vivessero al suo posto i figli e l’ex moglie del socio in affari Roman Abramovich.
Quest’ultimo recentemente ha trasferito circa 92 milioni di dollari in proprietà all’ex consorte Dasha Zhukova, che ha indicato come indirizzo attuale la villa sulla 64esima Strada. Secondo i funzionari del Tesoro, quando il governo blocca i beni di una persona, chiunque faccia affari con questo individuo può essere soggetto a misure restrittive.
Considerato tra i più ricchi magnati del mondo nel campo dell’alluminio, Depiraska è stato coinvolto anche nell’inchiesta della procura anticorruzione di Madrid. Come ha raccontato ilfattoquotidiano.it nell’inchiesta sulla mafie unite d’Europa, a concentrarsi sugli affari dei russi in Spagna era stato Jose Grinda Gonzales, magistrato della Fiscalia contra la corruption e la criminalidad organizada.
Nel 2017 Grinda ha inviato nell’ex Unione Sovietica un’informativa lunga più di 500 pagine sui Vory v Zakone: significa ladri nella legge, ed è il nome che hanno dato alla loro organizzazione i capi dei capi della mafia russa. In quelle pagine non ci sono solo i nomi di gangster e malavitosi ma anche quelli personaggi d’alto livello. Come quello di Michael Cherney che di Deripaska è socio.
Citato nei Panama Papers, titolare di un patrimonio multimiliardario, nel 2014 per Cherney era stato spiccato un mandato di cattura da parte dell’Interpol sulla base delle accuse contestate dal procuratore Grinda. “Partendo dagli affari di un’azienda di ferro ad Alicante siamo riusciti a dimostrare che Cherney è colpevole di associazione a delinquere e riciclaggio di denaro. Abbiamo spedito il nostro fascicolo di indagine alla procura russa: siamo fiduciosi”, spiegava Grinda al fattoquotidiano.it.
Secondo un cablogramma inviato a Washington dall’ambasciata statunitense a Madrid, Grinda avrebbe rivelato ad un funzionario dell’Fbi che la Russia è ormai “uno stato mafioso virtuale, in cui è impossibile distinguere le attività del governo da quelle delle organizzazioni criminali”.
Dall’esito delle indagini del magistrato spagnolo — si legge nel cablogramma svelato da Wikileaks e pubblicato dal The Guardian il 3 gennaio del 2010 — “la Russia e le sue agenzie di intelligence stanno utilizzando boss mafiosi per effettuare operazioni criminali come il traffico d’armi”.
La strategia di Mosca, sempre secondo le parole accreditate a Grinda, è di usare “gruppi della criminalità organizzata per fare tutto ciò che il governo non può fare ufficialmente”, come tutta una serie di operazioni per destabilizzare la Turchia o per insediare in Cecenia, Bielorussa e Ucraina personaggi fedeli a Vladimir Putin.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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