Marzo 17th, 2020 Riccardo Fucile
PENSA SOLO A SPECULARE SULL’EPIDEMIA PER CERCARE DI FAR DIMENTICARE AGLI ITALIANI TUTTE LE CAZZATE CHE HA DETTO E FATTO
A Matteo Salvini non piace per niente il Decreto Cura Italia. Comprensibile: sta all’opposizione e tutto quello che fa il Governo lui l’avrebbe fatto meglio o addirittura prima. Ad esempio quando chiedeva di riaprire tutto subito.
Ma pur nel rispetto del diritto di Salvini di continuare a fare il suo mestiere (quello di leader dell’opposizione) ci sono delle note stonate negli attacchi che il leader della Lega continua a rivolgere al Governo.
«Lo diciamo con spirito costruttivo e senza polemiche» è il mantra del Salvini che indossa i panni del responsabile, quello che è pronto a mettersi al servizio del Paese per uscire tutti assieme dalla fase di emergenza e superare l’epidemia di Covid-19.
È un Salvini che raccoglie suggerimenti da parte di agricoltori, imprenditori, artigiani, partite IVA e si prodiga nel telefonare al Presidente del Consiglio per farli pervenire al Governo. Sembra incredibile ma è lo stesso Salvini che qualche settimana fa non rispondeva al telefono quando a chiamarlo era Giuseppe Conte e non rispondeva nemmeno ai messaggini su WhatsApp.
Il Governo non sta facendo abbastanza, continua a ripetere Salvini ogni volta che gli mettono un microfono sotto al naso. E anche quando non è in televisione fa buon uso di Facebook e Twitter per continuare a dire che tutto quello che fa la maggioranza non è sufficiente, è troppo poco, non basta.
Chissà , forse Salvini vive in una realtà parallela, dove le risorse (economiche, sanitarie, di personale) non sono mai scarse anzi abbondano. Perchè è vero che avendo risorse illimitate si potrebbe fare di più, e meglio. Ma non viviamo in quel mondo. Non viviamo nel Paese dove basta stampare dei Minibot per trovare tutti i soldi necessari per compare mascherine (che scarseggiano, nella migliore delle ipotesi) o allestire istantaneamente reparti di terapia intensiva in ospedali chiusi perchè si è deciso che non c’erano abbastanza soldi per tenerli aperti.
Di fronte a questa scarsità di risorse, dicevamo, Salvini è un po’ quello che sapendo bene di non avere alcuna responsabilità di governo gioca a fare quello che sa sempre cosa si dovrebbe fare. E non è un caso che i provvedimenti del Conte 2 non sono mai quello che avrebbe fatto la Lega.
Stiamo allontanandoci qui dal problema di suggerire o aiutare il Governo ad affrontare l’emergenza (perchè anche l’opposizione ha il diritto e il dovere di farlo) ed entriamo invece nel territorio della propaganda, della strumentalizzazione di un’epidemia a fini politici quando non nel vero e proprio sciacallaggio.
Ieri a Tg2 Post Salvini dopo aver puntualizzato tutte le cose sbagliate che sono state fatte ha preso le difese dei presidenti di Veneto e Lombardia «che per primi lanciarono l’allarme, e furono da qualcuno ignorati, attaccati, e in alcuni casi DERISI».
Chissà se stava pensando a quando Attilio Fontana diceva che Covid-19 era poco più che una banale influenza oppure a tutte le giravolte di Luca Zaia che ha chiesto di riaprire le scuole già il 28 febbraio.
Solo chi non fa non sbaglia, potrebbero rispondere loro, il punto è che mentre Fontana e Zaia qualcosa lo hanno fatto Salvini che cosa ha fatto per combattere l’epidemia a parte andare a farsi fotografare mentre donava il sangue e concedersi una passeggiata assieme alla fidanzata?
Già che c’era Salvini è tornato a dire che «serve ripensare questa Unione Europea». Lo dice — a giorni alterni — da anni che bisogna “cambiare l’Europa da dentro”. E non è il solo perchè a parole tutti vogliono cambiare qualcosa.
Salvini scopre anche che Francia e Germania hanno deciso di chiudere i confini per impedire la diffusione del coronavirus. E già che c’è si mette a fianco di francesi e tedeschi per ribadire che lui l’aveva detto “per primo”.
Però Salvini in realtà aveva chiesto di chiudere i confini a Sud per impedire che SARS-CoV2 arrivasse sui barconi pieni di poveracci. E al tempo stesso invitava gli stranieri (ricchi) a visitare il paese e si lamentava — come tutti i sovranisti — che gli altri paesi volessero impedire la libera circolazione delle persone.
Salvini non capisce la differenza tra chiudere un solo confine per impedire che entri una particolare categoria di persone (i migranti) e quella di chiudere tutto per evitare che l’epidemia si diffonda.
Nel primo caso si tratta di una forma di discriminazione (qualcuno potrebbe pure chiamarla razzismo) nel secondo invece di una misura di prevenzione.
Ospite da Bruno Vespa il 5 marzo dopo aver riscoperto l’orgoglio di essere italiani Salvini se la prendeva con quelli che annunciavano di voler chiudere le frontiere: «alcuni Paesi non ci vogliono?
Innanzitutto abbiamo scoperto che noi dovevamo essere generosi, solidali accoglienti fino a settimana scorsa accogliendo tutto il resto del mondo e adesso qualcuno non vuole più gli italiani. Ecco, tenerselo in buona nota e farne buona memoria».
Fino al 10 marzo (sette giorni fa) Salvini era quello che quando l’epidemia di Covid-19 era un problema prevalentemente italiano si lamentava che gli altri paesi europei «ci stanno chiudendo le porte in faccia» e approfittavano della situazione «per fare una guerra commerciale» all’Italia.
Oggi invece scopre di essere stato in qualche modo il precursore di quelle misure di chiusura dei confini che tanto criticava (mentre chiedeva di riaprire tutto), prendendosene il merito.
Lo abbiamo già detto: statisticamente è facile aver ragione quando si dice tutto e il suo contrario.
Salvini non sta lavorando per il bene del Paese, sta lavorando per far dimenticare tutte le cose sbagliate che ha detto e fare in modo che gli elettori ricordino solo di quando ha avuto ragione.
Ma se si guarda a tutto quello che ha detto ci si accorge subito del bluff.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 17th, 2020 Riccardo Fucile
ORA CHE TUTTI I PAESI PRENDONO ESEMPIO DA NOI, I “PROFESSORONI” SOVRANISTI CHE SANNO SOLO CRITICARE POSSONO TORNARE NELLE FOGNE
L’italia si è “mossa molto rapidamente” nella risposta data in tutte le fasi della diffusione del
coronavirus, fin da quando i casi erano solo pochi, e l’organizzazione mondiale della sanità “plaude al lavoro fatto”.
Lo hanno detto in conferenza stampa Hans Kluge, direttore regionale per l’Europa, e Dorit Nitzan, coordinatrice delle emergenze sanitarie dell’organizzazione, spiegando che “in Italia il Covid-19 è stato come un incendio, c’è stata una finestra molto breve nel passaggio tra pochi casi e una diffusione ampia e tutto è stato fatto nel modo giusto. Ora altri paesi stanno prendendo esempio sulle misure da prendere”.
L’Oms vuole quindi “dimostrare apprezzamento per il lavoro fatto dal ministro della sanità Speranza. Ora l’Italia è diventato il modello a cui si guarda sulle misure da mettere in campo, è la piattaforma di know how, anche per il resto dell’europa e del mondo”.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2020 Riccardo Fucile
AUMENTA IL PUGNO DURO DELLA LAMORGESE A TUTELA DELLA SALUTE DI TUTTI GLI ITALIANI
Nuovo aumento del numero delle persone controllate e denunciate per “inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità ” durante i controlli sul rispetto delle misure di contenimento del contagio da coronavirus.
Nella sola giornata di ieri, secondo l’ultimo report diffuso dal Viminale, sono state 7.890, il 13,5% in più rispetto alle 6.951 del 15 marzo.
Sempre ieri, le persone complessivamente controllate in tutta Italia sono state 172.720, quelle denunciate per “falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale” o “false dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri” 229.
Gli esercizi commerciali controllati nella giornata del 16 marzo sono stati 97.551, quindi ieri sono state fatte verifiche su 33.437 esercizi in più, mentre i titolari di esercizi commerciali denunciati ai sensi dell’articolo 650 del codice penale sono stati 217 (97 in più rispetto a domenica).
Per 22 esercizi commerciali è stata disposta la sospensione. Dall’11 marzo, giorno di entrata in vigore del decreto, a ieri diventano così oltre 838mila i controlli eseguiti su tutto il territorio nazionale.
Per avre un’idea della crescita di controlli e denunce basta considerare che il 12 marzo, il giorno dopo l’entrata in vigore del decreto, erano state denunciate 2.162, e i controlli erano stati 106.659, mentre le verifiche negli esercizi commerciali 18.994, con 113 titolari di esercizi commerciali denunciati.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2020 Riccardo Fucile
UNA DEDICA SPECIALE STAMPATA SULLE SCATOLE: “ALL’ALBA VINCERO'”, CITAZIONE DAL “NESSUN DORMA” DI PUCCINI
Da Alibaba e Jack Ma una donazione di 1 milione di mascherine e 100mila tamponi per l’emergenza
coronavirus in Italia. “L’iniziativa di solidarietà è stata resa possibile anche grazie alla stretta collaborazione con il Dipartimento di Protezione Civile italiano e con il Ministero degli Affari Esteri, la cui azione è stata fondamentale per consentire la consegna rapida delle forniture mediche donate”, annuncia la Croce Rossa Italiana.
La Fondazione Alibaba e la Fondazione Jack Ma (creata dal fondatore della società tecnologica globale Alibaba Group, Jack Ma) per il tramite della Croce Rossa Italiana hanno voluto così sostenere l’Italia nella lotta contro il Covid-19.
Il carico è arrivato con una dedica speciale stampata sulle scatole, ovvero un estratto del Nessun Dorma, l’aria più nota dell’opera Turandot di Giacomo Puccini: “Dilegua, o notte! Tramontate, stelle! Tramontate, stelle! All’alba vincerò! Vincerò! Vincerò!”- un messaggio di speranza e resilienza inviato da Jack Ma agli Italiani.
L’aereo con la prima spedizione di dispositivi sanitari è partito dall’aeroporto di Hangzhou Xiaoshan, in Cina, ed è arrivato all’aeroporto di Liegi (Belgio), proseguendo poi per Roma.
Il primo lotto di mezzo milione di mascherine chirurgiche di vario tipo è stato consegnato al CONE (Centro Operativo Nazionale Emergenze) della Croce Rossa Italiana, a Roma il 17 marzo, mentre è previsto che le restanti 500.000 mascherine e 100.000 kit di rilevamento raggiungano l’Italia entro la fine di questa settimana.
La donazione all’Italia fa parte di numerose iniziative analoghe che Fondazione Alibaba e Fondazione Jack Ma hanno promosso per supportare le aree nel mondo maggiormente colpite dall’epidemia di Covid-19, procurando e inviando forniture mediche di vario tipo a Cina, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti, Spagna e Belgio, oltre che a fondi per la ricerca di trattamenti per il coronavirus stanziati in Cina e al Peter Doherty Institute for Infection and Immunity (Australia) e alla Columbia University (USA). Ulteriori donazioni verranno annunciate nelle prossime settimane.
“L’emergenza Coronavirus ha svelato il volto della solidarietà internazionale, sia da parte delle istituzioni sia da quella delle aziende”, sottolinea Francesco Rocca, Presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. “La Fondazione Alibaba e la Fondazione Jack Ma, che ringraziamo per la generosa offerta all’Italia, stanno inviando 1 milione di mascherine, oltre a diversi test kit. Una donazione sostanziale per il sistema sanitario nazionale e per il mondo del volontariato, che consente di mettere in sicurezza il lavoro degli operatori sanitari e che permetterà di ottimizzare la risposta a questa pandemia. Insieme, ce la faremo”.
La Croce Rossa Italiana sottolinea di essere “attiva in prima linea dall’inizio dell’allerta Covid-19 con molteplici ruoli, tra cui soccorso in emergenza, supporto sanitario, psicologico, logistico, informativo, di controllo e screening sanitario e sta dando un contributo importante in molte attività cruciali nella battaglia contro questa epidemia che sta mettendo in difficoltà il nostro Paese. Le persone sono al centro della vision e dell’azione della CRI che in questa emergenza ha scelto di inaugurare il #TempoDellaGentilezza, intensificando su tutto il territorio nazionale, i servizi per le persone più vulnerabili e con maggior fragilità sociali e sanitarie, tra i quali la spesa a domicilio, il trasporto sociale, la consegna dei farmaci e dei beni di prima necessità ”.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2020 Riccardo Fucile
STRETTA PER CHI E’ IN QUARANTENA
C’è una quinta voce che si aggiunge alle quattro già preesistenti nell’autocertificazione necessaria per giustificare gli spostamenti. Ed è quello con cui da oggi in poi qualsiasi cittadino dovrà dichiarare di non essere soggetto agli obblighi previsti dalla quarantena per chi è stato trovato positivo al coronavirus o per chi è entrato in contatto con una persona contagiata.
Il nuovo modello è scaricabile dal sito del ministero dell’Interno. Dovrà essere compilato e, ulteriore novità , dovrà essere controfirmato al momento del controllo dalle forze dell’ordine che avranno accertato l’identità del cittadino.
Questo per evitare di dovere allegare fotocopie di documenti. Le autocertificazioni verranno come sempre verificate a posteriori dalle forze dell’ordine.
È on line sul sito del Viminale il nuovo modello da utilizzare per le autodichiarazioni che contiene una nuova voce con la quale l’interessato deve autodichiarare di non trovarsi nelle condizioni previste dall’art. 1, comma 1, lett oc) del Dpcm 8 marzo 2020 che — come è noto — reca un divieto assoluto di mobilità dalla propria abitazione o dimora per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena ovvero risultati positivi al virus “Covid-19”. Il nuovo modello prevede anche che l’operatore di polizia controfirmi l’autodichiarazione, attestando che essa viene resa in sua presenza e previa identificazione del dichiarante. In tal modo il cittadino viene esonerato dall’onere di allegare all’autodichiarazione una fotocopia del proprio documento di identità .
Spetta al cittadino dimostrare di aver detto la verità . Se i riscontri saranno negativi scatterà la denuncia per inosservanza di un provvedimento dell’autorità che prevede l’arresto fino a tre mesi e una denuncia per reati dolosi contro la salute pubblica. La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha raccomandato nella circolare ai prefetti che le forze dell’ordine informino i cittadini sui rischi per chi mente.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2020 Riccardo Fucile
LO STATO HA SCELTO ANCORA UNA VOLTA DI METTERA UNA PEZZA A UN POZZO SENZA FONDO
Alla fine i contributi a pioggia ad Alitalia sono arrivati, come previsto. Non sono bastati i miliardi di
euro già investiti nella compagnia di bandiera, che sarebbe ormai tecnicamente fallita da tempo.
Il Governo in piena crisi Covid19, con ospedali al collasso ed economia in ginocchio, ha scelto di stanziare fondi nell’unico soggetto che non dovrebbe meritarne più, con una strategia che ricorda quella della sanatoria delle case abusive di Ischia inserita all’interno del Decreto Genova.
Per dare un’idea dell’importo, è sufficiente pensare che con 600 milioni di euro, le Regioni avrebbero potuto realizzare oltre 7500 posti di terapia intensiva (è stimato un costo di circa 80.000 euro per postazione), aumentare il numero di borse di studio per gli specializzandi o il numero di personale sanitario operativo.
Purtroppo l’ennesimo stanziamento di sussidi a beneficio di Alitalia rappresenta il problema più importante di questo Paese: la mancanza di programmazione a lungo termine.
Dalla mancata vendita ad Airfrance per ragioni “strategiche” al fallimento della cordata CAI, sono decine i fallimenti a costo pubblico che hanno scelto di intestarsi i governi che si sono susseguiti negli ultimi 12 anni.
La crisi di Alitalia è iniziata quando la società , un tempo pubblica, ha dovuto scontrarsi con le regole del mercato europeo e, per la prima volta, con la concorrenza sulle tratte nazionali, liberalizzate dall’Unione Europea. Essendo incapace di gestire la concorrenza, Alitalia ha perso passeggeri e quote di mercato.
Oggi i voli di Alitalia rappresentano circa l’8 per cento della quota del mercato da e per l’Italia. Per fare qualche confronto: Ryanair rappresenta il 22.6 per cento, Easyjet il 12.2 per cento.
Persino Lufthansa batte la compagnia di bandiera italiana in quota di mercato. Negli ultimi 12 anni Alitalia ha già sprecato quasi dieci miliardi di euro pubblici. Paradossalmente con questi soldi, lo Stato Italiano avrebbe potuto comprare AirFrance-KLM, Lufthansa, SAS, Finnair, Norwegian e Turkish Airlines. Tutte quante queste compagnie insieme.
L’importo stanziato all’interno del decreto di emergenza, probabilmente permetterà alla compagnia di sopravvivere per altri due o tre mesi, dopodichè però, si tornerà alla situazione di origine.
Una situazione che vede i contribuenti italiani pagare per gli errori di manager ed azionisti evidentemente incapaci di far sopravvivere un’azienda.
Un trattamento di disparità e di profonda discriminazione rispetto alle migliaia di imprenditori ed investitori italiani che ogni giorno rischiano i propri capitali e la propria reputazione per portare a termine iniziative aziendali.
Un giorno ci guarderemo indietro e i miliardi saranno diventati quindici, venti. Una cifra che, assegnata agli stessi dipendenti della compagnia, avrebbe permesso a questi di poter essere formati e accompagnati verso nuove posizioni professionali.
Ancora una volta lo Stato italiano ha scelto di non guardare lontano, e di mettere una pezza, il cui valore, oggi, non sarà calcolabile solo in moneta, ma, probabilmente, anche in vite umane.
(da TPI)
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Marzo 17th, 2020 Riccardo Fucile
HANNO OPTATO DA SUBITO PER L’AUTOISOLAMENTO E I RISULTATI SI VEDONO
Quella di Prato è la comunità cinese più numerosa di Italia. Da settimane ha optato per la quarantena volontaria, l’autoisolamento e il controllo reciproco
Autodisciplina e stoicismo da vendere per la comunità cinese più grande d’Italia, quella di Prato in Toscana, che da settimane, e cioè da ben prima che il premier Conte varasse i decreti per il contenimento della pandemia da coronavirus, ha optato per la quarantena volontaria, l’autoisolamento e il controllo reciproco. Il risultato? Scientifico: zero contagi da Covid-19.
Sono partiti dalla fascia più debole, quella dei bambini, tenendoli a casa da scuole e asili. La comunità cinese in Italia chiedeva una chiusura delle strutture educative già da tempo. «Abbiamo osservato con preoccupazione il mancato rispetto delle regole nelle zone rosse», spiega al Fatto Quotidiano Marco Wong, consigliere comunale di Prato, «le persone cinesi, alcune di loro già alla terza o alla quarta quarantena, sono spaventate dagli episodi di mancanza di responsabilità , come le fughe dal nord Italia oppure le persone che sono andate a sciare nel fine settimana o che hanno affollato i bar. Non capiamo perchè il virus sia stato preso così alla leggera. Nella comunità cinese prevale il senso di compattezza sociale e di autocontrollo per la tutela della salute della comunità ».
«Adesso, la comunità cinese è spaventata dalla situazione in Italia», conclude Wong, «alcune persone stanno iniziando a tornare in Cina, dove l’emergenza sta rientrando, andando incontro a un’ulteriore quarantena all’arrivo». A Wuhan, focolaio del contagio, è stato appena chiuso l’ultimo ospedale allestito per l’emergenza.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2020 Riccardo Fucile
“NON CI SONO STATI DATI MEZZI DI PROTEZIONE IDONEI, MANCANO PROTOCOLLI CHIARI PER EVITARE IL RISCHIO DI CONTAGIO”
E’ un atto di diffida e messa in mora quello divulgato ieri sera dalla Federazione Italiana Medici di
Medicina Generale Lombardia.
Il Segretario Regionale Lombardia, la dottoressa Paola Pedrini, denuncia dunque la mancanza di protocolli chiari e mezzi di protezione idonei.
Si tratta di una denuncia che pone chi di dovere di fronte alle proprie responsabilità .
Già da novembre — secondo il documento — si sarebbe dovuto provvedere ad informare in modo efficace gli addetti ai lavori limitandone quindi il rischio di contagio. Numerosi i casi di medici di famiglia contagiati ed inizia ad esserci purtroppo qualche vittima.
Il comunicato suona tuttavia come un ultimatum di settantadue ore per le ATS lombarde, Regione Lombardia ed il Ministero della Salute.
L’atto di diffida e messa in mora divulgato questa sera ha i connotati di un vero “diario di bordo” della situazione emergenziale che stiamo vivendo. Una nota che si aggiunge a quella dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Bergamo di venerdì che lamentava la mancanza di coordinamento. Per non parlare della lettera aperta ad ATS Bergamo scritta dai presidenti dell’Ordine dei Medici e dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bergamo.
La dottoressa Paola Pedrini, in qualità di Segretario Regionale Lombardia del FIMMG, denuncia le gravi mancanze che hanno portato al contagio di numerosi medici di famiglia che ancora oggi non hanno un protocollo da seguire e mezzi idonei di protezione. Il documento è indirizzato al Ministero della Salute, a Regione Lombardia, alle ATS, ai Procuratori della Repubblica ed ai Prefetti di tutte le Province lombarde.
Si tratta di un atto di diffida dunque che pone chi di dovere di fronte alle proprie responsabilità . Già da novembre — secondo il documento — si sarebbe dovuto provvedere ad informare in modo efficace gli addetti ai lavori limitandone quindi il rischio di contagio. Ad oggi — in piena emergenza — i medici di famiglia si ritrovano a lavorare in condizioni di alto rischio. Il comunicato suona tuttavia come un ultimatum di settantadue ore per le ATS lombarde, Regione Lombardia ed il Ministero della Salute per provvedere
Rischio biologico da novembre
Io sottoscritta Dr.ssa Paola Pedrini (C.F. PDRPLA82A60D952S) nella mia qualità di Segretario Regionale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) Lombardia, sindacato rappresentativo dei medici di medicina generale (assistenza primaria, continuità assistenziale, medicina dei servizi ed emergenza territoriale)
Faccio presente quanto segue:
– Il Ministro della Salute e la Regione Lombardia, nonostante le notizie internazionali che, fin dalla fine del mese di Novembre 2019, evidenziavano un rischio biologico per l’intera popolazione mondiale e la presenza, in Regione Lombardia, di tre aeroporti internazionali non hanno predisposto alcun piano dei rischi, alcuna sorveglianza sanitaria all’accesso agli ospedali e non ha previsto un protocollo di sicurezza per l’acquisto di dispositivi di protezione idonei a scongiurare la propagazione del rischio biologico attraverso i suoi sanitari. Nonostante quest’obbligo di valutazione del rischio biologico sia chiaramente indicato anche nell’art. 271 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. L’obbligo di valutazione della condizione di rischio e, per conseguenza, l’anticipazione delle misure necessarie per affrontarlo erano chiaramente indicate anche dalle Organizzazioni Internazionali, prime tra tutte l’OMS
Senza coordinamento e dispositivi di protezione
– Non solo, non risultano inviate ai medici ed alle loro organizzazioni alcun protocollo e/o elenco di dispositivi medici idonei a proteggere dal rischio i medici e il personale di studio ove presente in una situazione di pandemia.
– I medici di medicina generale sono qualificati come presidi del servizio sanitario nazionale come indicato dall’art. 1 della Legge 833/78 (Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale e leggi speciali successive). E’ compito del servizio sanitario e delle aziende sanitarie territoriali assicurare il collegamento ed il coordinamento con le attività e con gli interventi di tutti gli altri organi, centri, istituzioni e servizi, che svolgono nel settore sociale attività comunque incidenti sullo stato di salute degli individui e della collettività . L’art. 22 del DPR 28 luglio 2000, n. 270 qualifica lo studio di assistenza primaria un presidio del Servizio sanitario nazionale e al quale concorre, quale bene strumentale e professionale del medico. In tal senso, la distinzione tra medici dipendenti e convenzionati, doveva essere superata dall’obiettivo di tutela non del singolo paziente ma dell’intera collettività , perseguita attraverso il coordinamento dei servizi facenti parte del servizio sanitario nazionale.
– Tali mancanze hanno fatto in modo che i medici tutti si trovassero ad affrontare un rischio catastrofico senza misure di sicurezza adeguate, trovandosi nella condizione di essere involontari potenziali vettori dell’infezione con caratteristiche prime inedite.
Negati controlli per addetti asintomatici
– Fin dall’inizio dell’epidemia, i medici segnalarono alle Ats di competenza di essere venuti a contatto con pazienti potenzialmente infetti e richiesero un test di controllo dell’avvenuto contagio. Ancora oggi le Ats lo rifiutano fino alla manifestazione della sintomatologia ed, anzi, molti medici nonostante la malattia manifesta sono sottoposti a test dopo molti giorni per assenza di tamponi.
– Senza entrare nel merito, nella situazione epidemiologica attuale, della opportunità e dell’estensione dell’effettuazione dei tamponi, agli operatori sanitari tale verifica è stata negata anche nelle fasi iniziali, nelle quali poteva avere un’importante funzione profilattica. Si consideri che in tale fase venivano eseguiti controlli a tappeto su personalità politiche e amministrative. Questi ritardi comportano il rischio che pazienti, famigliari e/o colleghi di lavoro siano infettati senza che alcuno provveda al loro isolamento.
– Se ciò non bastasse, nonostante tali rischi fossero stati segnalati ripetutamente e insistentemente sia da organizzazioni sindacali, ordini dei medici e singoli medici, ancora oggi non sono state fornite protezioni adeguate a fronteggiare il rischio, ove si eccettuino risibili quantità di mascherine chirurgiche monouso del tutto insufficienti a far fronte anche in minima parte alle esigenze.
Atto di diffida e ultimatum di 72 ore
Con la presente DIFFIDO le Aziende di Tutela della Salute della Lombardia, la Regione Lombardia nonchè il Ministero della Salute a provvedere, entro 72 ore dal ricevimento della presente a:
– provvedere all’immediata erogazione a tutti i medici di medicina generale e medici di continuità assistenziale, di kit completi ed in numero adeguato di dispositivi di protezione di qualità idonea a contenere sia il rischio di contrarre il virus che di esporre la popolazione ad involontario contagio.
– provvedere, nello stesso tempo, a sottoporre tutti i medici, infermieri e personale di studio e, nel caso di positività , famigliari e conviventi ad adeguato test di valutazione dell’avvenuto contagio.
– concordare con le OO.SS. rappresentative di categoria le modalità di arruolamento dei professionisti, di organizzazione e di operatività delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA). Si fa presente, che i medici non opereranno e non potranno proseguire senza idonei dispositivi di protezione e senza protocolli predefiniti. Ritengo, fin da ora, i destinatari della presente responsabili dei danni che il sopra richiamato comportamento omissivo ha prodotto agli operatori sanitari e alla popolazione.
E’ nostro compito assistere la popolazione rispettando il dettato deontologico del dovere di protezione nei confronti dei cittadini che serviamo e che vogliamo servire, soprattutto in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo. Ma per farlo dobbiamo essere, prima di tutti, protetti per non divenire noi stessi fonte di contagio.
Distinti saluti
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2020 Riccardo Fucile
VANNO VIA OLTRE 3600 MEDICI
Passo dopo passo, a Wuhan si iniziano ad allentare le misure di contentimento del virus. Nella città focolaio dell’epidemia ieri è stato segnalato un solo caso di coronavirus e, gradualmente, riprenderanno i matrimoni.
Il primo gruppo di personale sanitario di 3.675 unità , tra medici e infermieri, sta facendo rientro a casa dopo aver lavorato nell’Hubei per il contenimento del contagio. Lo riportano i media cinesi, secondo cui a Wuhan, è operativa da oggi la quarantena obbligatoria di 14 giorni e a proprie spese per tutti gli arrivi dall’estero. Il problema per la Cina, infatti, ora sono i cosiddetti contagi di ritorno. Nella giornata di ieri ce ne sono stati venti.
Secondo gli aggiornamenti della Commissione sanitaria nazionale (Nhc), i morti sono stati 13, di cui 12 nella provincia dell’Hubei e uno in quella di Shaanxi. Nove le vittime a Pechino, tre a Shanghai e nel Guangdong, e uno nelle province di Zhejiang, Shandong, Guangxi, Yunnan e Shannxi. I contagi di ritorno sono così saliti a 143.
(da agenzie)
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