Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
VERGOGNOSO RITARDO DI 20 VENTI GIORNI DA QUANDO EMERGENCY SI ERA MESSA A DISPOSIZIONE CAUSATO DA RAGIONI “POLITICHE”: LA GIUNTA LEGHISTA HA BLOCCATO IL TEAM DI GINO STRADA PERCHE’ E’ UNA ONG, ALLA FINE FONTANA HA DECISO DA SOLO, MA QUANTI MEDICI E INFERMIERI SI SAREBBERO POTUTI SALVARE SE SI FOSSE DECISO PRIMA?
Ci sono voluti quasi 20 giorni — un’eternità in tempo di contagio globale —, ma ora sembra che Emergency abbia ottenuto il via libera anche da Regione Lombardia per intervenire nella regione con le sue equipe specializzate in epidemie.
La Ong di Gino Strada, già da tempo impegnata a Milano città in base a un protocollo siglato col Comune per l’assistenza dei senzatetto, inizierà a breve ad operare con 10 medici e sanitari nell’ospedale da campo di Bergamo — la zona più flagellata dal Covid-19 — e a fornire supporto didattico/logistico ai medici dell’ospedale di Brescia con altre 4 unità , al lavoro già da oggi.
Non solo, il Pirellone ha anche chiesto uno studio di fattibilità per la creazione un altro centro di emergenza, un ospedale da campo nella stessa zona.
Infine, l’accordo prevede che i medici specializzati di Emergency “insegnino” ai colleghi le tecniche di contenimento del contagio maturate durante le epidemie in Sierra Leone nel 2014 e durante l’epidemia di Ebola del 2015.
Il perchè organizzazioni come Medici Senza Frontiere ed Emergency possano adeguatamente assolvere a tali compiti, lo spiega il consigliere regionale di +Europa — e medico chirurgo — Michele Usuelli: « Le strutture sanitarie, salvo lodevoli eccezioni, non sono attrezzate per il controllo ed il contenimento delle malattie infettive in ambito ospedaliero, così come non sono preparati i medici, i quali da generazioni non hanno visto un’epidemia come l’attuale. Una delle ragioni per l’iniziale esplosione di COVID-19 in Lombardia ed in altre regioni è stato il contagio comunitario, in particolare negli ospedali. In quelle condizioni, la velocità di raddoppio del virus cresce fortemente. All’interno degli ospedali si mantiene una rapida cinetica di infezione ad alta carica virale che coinvolge e decima il personale sanitario ed i pazienti già ricoverati, aggravando la crisi epidemica. Ad oggi in Lombardia su 100 positivi, 12 sono personale sanitario. Per questo vi è un urgente bisogno di un cambio di mentalità , che coinvolga e tuteli principalmente il personale sanitario e le strutture ospedaliere».
In parole povere, le equipe di Emergency — che durante Ebola ha avuto solo due medici contagiati, un numero esiguo rispetto a quelli chiamati ad operare — dovranno diffondere il dogma della “compartimentazione” delle strutture ospedaliere.
Ogni reparto, cioè, dovrà essere pensato e gestito come una struttura a sè, totalmente indipendente dagli altri, con proprie entrate e uscite, spazi delimitati per i medici e il personale, senza alcun contatto con il resto dell’ospedale.
Una rigida divisione che gli ospedali italiani non hanno adottato — anche perchè non prevista se non in casi di emergenza — e che ha aumentato il numero dei contagi, tra i sanitari e i loro familiari.
Non a caso il protocollo preparto con la Ong mira a imporre «l’autocontenimento del personale sanitario, cui è necessario fornire strutture ricettive specifiche per ritirarsi dopo il lavoro, evitando così il fai da te domestico ed aiutandolo a non contagiare le famiglie», continua Usuelli
Personale formato da Emergency poi provvederà alla gestione della vestizione/svestizione del personale, al corretto lavaggio disinfettante, al monitoraggio degli accessi dei sanitari nelle strutture. Insomma, imporrà una gestione da fronte di guerra, com’è del resto la Lombardia in questo momento.
In attesa dell’ok definitivo della Regione, Emergency da giorni sta organizzando il rientro in Italia delle sue squadre disperse per il mondo. Ma non è facile, visto l’azzeramento del traffico aereo.
La prima ad arrivare sarà quella basata in Uganda, dove si sarebbe dovuto inaugurare il nuovo ospedale disegnato da Renzo Piano. «Naturalmente in Lombardia saranno impiegati solo medici e infermieri di provata esperienza», fa sapere l’ong, «non interverranno i nostri volontari».
La logica è quella della trasmissione dell’esperienza, esattamente ciò che sta già accadendo a Codogno dove il personale di Medici senza frontiere opera da giorni.
«Il team composto da medici, infermieri ed esperti di igiene, lavora ogni giorno con le èquipe della struttura, dal personale sanitario allo staff dedicato alle pulizie, al fine di condividere la propria esperienza nella gestione di un’epidemia», fa sapere la ong. «Quando abbiamo registrato il primo caso, il virus era già in circolazione. Adesso per noi è importante gestire questa epidemia ed evitare nuovi contagi. L’affiancamento di MSF è molto importante, stiamo già imparando molto», ha dichiarato il direttore dell’ospedale di Codogno, Andrea Filippin.
Ma come mai c’è voluto tanto tempo perchè la Ong più esperta di epidemie venisse cooptata? Per tempi burocratici e resistenze politiche.
I primi contatti tra Emergency e Pirellone risalgono infatti alla prima settimana di marzo, quando Emergency “offre” il proprio aiuto alla regione. Lo scrive la stessa Ong in un comunicato stampa datato 6 marzo 2020: “Abbiamo sentito questa mattina i vertici della Regione Lombardia e abbiamo offerto la nostra disponibilità a collaborare nella gestione dell’epidemia di Covid-19. Possiamo mettere a disposizione delle autorità sanitarie le competenze di gestione dei malati in caso di epidemie, maturate in Sierra Leone nel 2014 e 2015 durante l’epidemia di Ebola”.
Da allora passano i giorni senza che nulla succeda. Secondo fonti del Pirellone, per una regione a guida leghista ricevere aiuto proprio da quella Ong accusata in passato di essere “tassista del mare” è un boccone amaro da digerire.
A sbloccare la situazione è lo stesso presidente Attilio Fontana — e di ciò gli va dato atto — che venerdì 20 marzo riunisce attorno a un tavolo i responsabili di Emergency, l’assessore Gallera e il suo braccio destro Salmoiraghi. È lui che forza la mano, vincendo le resistenze e coopta le truppe di Strada. Come conferma Regione Lombardia: « Il presidente ha saputo che Emergency era disponibile a collaborare e li ha quindi prontamente fatti contattare».
(da “Business Insider”)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
ARCHIVIATA L’IMMUNITA’ DI GREGGE, IL PREMIER ANNUNCIA MISURE RESTRITTIVE CONTRO IL CORONAVIRUS, L’OPPOSTO DI QUELLO CHE AVEVA SOSTENUTO DIECI GIORNI FA
Boris Johnson ha deciso: Londra e il Regno Unito da stasera sono in “lockdown”, in blocco totale. Una decisione drammatica, mai vista nella storia recente del Regno Unito, “ma necessaria”.
Per sconfiggere il coronavirus, il governo britannico ha ora imposto misure draconiane e molto severe come quelle italiane: tutti i negozi e locali chiusi, esclusi quelli essenziali come supermercati e farmacie; libertà di movimento molto limitata, obbligo praticamente continuo di rimanere a casa; concesse brevissime uscite solo per fare la spesa, andare in farmacia o fare una corsa o una passeggiata al giorno; escluso ogni incontro in casa con persone (amici o familiari) che non abitino nella stessa abitazione; vietato ogni assembramento pubblico superiore a due persone, obbligo di lavoro da casa esclusi casi estremi e necessari; chiusi anche luoghi di culto e biblioteche.
Insomma: Londra e tutto il Regno Unito sono andati ufficialmente in “lockdown”, in “blocco totale”. “Dovete rimanere a casa. Perchè il coronavirus”, ha detto stasera il premier in un discorso alla nazione da Downing Street, “è una delle sfide più grandi degli ultimi decenni. La nostra sanità pubblica, come qualsiasi altra del mondo, verrebbe travolta da questo virus. Per questo ora è vitale ridurre il contagio. Se non rispetterete le regole, interverrà la polizia, anche con multe” (si parla di trenta sterline).
“Nessun primo ministro vorrebbe mai annunciare simili norme”, ammette Johnson, “immagino i disagi che creeranno. Ci aspettano tempi difficili e molti purtroppo moriranno”, ripete. “Ma ora non abbiamo scelta: tra tre settimane vedremo se potremo allentare qualche misura”.
Eppure fino a un paio di settimane fa il governo britannico, per bocca del suo massimo consigliere scientifico, aveva come “piano A” l’immunità di gregge. Ossia, far contagiare un congruo numero di residenti in Regno Unito (“circa il 60%”) per evitare una seconda ondata di contagio il prossimo inverno e “stabilizzare” la pandemia.
Poi è venuto lo studio dell’Imperial College che ha fatto cambiare idea non solo a Johnson, ma anche a Trump e Macron; infine, l’allarme rosso nel governo britannico per una sanità pubblica tanto lodata ma che rischia di essere sommersa dai pazienti sempre più numerosi per coronavirus. Così l’immunità di gregge è passata in secondo piano. Ora bisogna salvare solo più vite possibili.
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
L’ENNESIMA MENZOGNA AGLI ITALIANI: OGGI IL SENATO ERA COME SEMPRE APERTO, COME DIMOSTRANO I VIDEO DI ALTRI SENATORI
Un conto è fare propaganda, un altro è dire cose inesatte per aizzare commenti avversi al governo.
L’ultimo caso vede come protagonista Matteo Salvini che, ospite di Massimo Giletti a Non è L’Arena ha parlato di Senato chiuso. Fisicamente chiuso.
In realtà non è così: è possibile accedere a Palazzo Madama ma, vista l’emergenza sanitaria legata al Coronavirus, sono stati ridotti i lavori parlamentari nelle ultime settimane.
Eppure il leader della Lega, alla domanda specifica del conduttore, ha ribadito due volte che oggi, qualora si fosse presentato, non lo avrebbero fatto entrare.
E a smentire questo misto tra la bufala e la propaganda sono le immagini registrate quest’oggi proprio a Palazzo Madama e diffuse dal senatore del Movimento 5 Stelle Massimo Castaldi (poi riprese dalla collega senatrice del Pd Simona Flavia Maplezzi).
Nel video si mostra la risposta inequivocabile di Matteo Salvini alla domanda posta da Massimo Giletti: «Segretario, se voi andate in Parlamento, non vi fanno entrare? C’è una procedura?». E qui il leader della Lega ha risposto laconicamente: «Domani il Senato è chiuso. Domani il Senato è chiuso», concludendo il suo discorso con una risata sconcertata.
Ma non è così, come mostrato da Massimo Castaldi questa mattina, entrando in quel Senato chiuso che, in realtà , è aperto.
Insomma, Salvini ha voluto estremizzare un concetto (perchè si spera che lui fosse a conoscenza della possibilità di entrare a Palazzo Madama) per portare avanti la sua battaglia sul Parlamento da riaprire.
Ma, anche in questo caso, occorre sottolineare come Camera e Senato siano sempre aperti, ma sono state ridotte le sedute limitandole alle votazioni sui provvedimenti più urgenti.
La regia di questa emergenza sanitaria, come si può intuire andando a leggere il calendario delle sedute parlamentari, è nelle mani del governo nel tentativo (poi si valuterà l’efficacia di tutto ciò) di snellire le procedure per approvare i provvedimenti più urgenti. E proprio al Senato, mercoledì, è prevista una comunicazione da parte del Presidente.
La volontà di Salvini, dunque, è quella di chiedere un coinvolgimento dell’intero Parlamento (cioè dare spazio anche alle opposizioni) nella gestione di questa emergenza. Una richiesta legittima, ma non si può andare in televisione e parlare di Senato chiuso fisicamente.
Perchè non è così.
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
SECONDO IL DECRETO CONTE POSSONO RESTARE APERTI IN DEROGA ALLA STRETTA
“Domani andremo ancora in ufficio, in 70 in una stanza”: un lavoratore del call center Distribuzione Italia (che preferisce restare anonimo per paura di ripercussioni) è molto preoccupato, gli trema la voce.
Il paese si ferma per contrastare il Coronavirus, dopo l’ultima conferenza di Giuseppe Conte anche la produzione si arresta.
Ma la regola non vale ancora per tutti: tra le situazioni più a rischio ci sono proprio i call center, ai quali non è consentito ancora lo smartworking. Sono i dimenticati, quelli che mandano ancora avanti l’Italia rischiando tantissimo.
L’azienda è una outsourcer con sede in via Faustiniana 28 a Roma, tra le varie commesse ha grandi clienti come Poste italiane (per la quale lavorano 110 persone nello stesso edificio) e 060606.
“Siamo ammassati in una stanza chiusa con pc e cuffie condivise e senza protezioni obbligatorie — spiega G. a TPI — Vogliamo davvero credere che mantenere la distanza di 1 metro ci protegga in queste condizioni?”.
È vero che sono state incrementate le pulizie ma, come racconta il lavoratore, “la sanificazione è stata fatta una sola volta“.
Le mascherine e i guanti non sono obbligatori e i responsabili di sala fanno su e giù tra le postazioni senza alcuna protezione. Molti dei lavoratori prendono anche tre mezzi pubblici per arrivare in sede e continua dunque ad essere esposti ai contatti sociali.
“È assurdo che siamo gli unici a non poter fare il televoro — denuncia G. — Dai pop-up che vediamo a terminale, l’azienda pare mostrarsi disponibile al telelavoro. L’ostacolo pare sia da parte del committente Poste Italiane che non concede l’autorizzazione. Ignoriamo tutti il motivo”.
La situazione era già complessa, ma a peggiorarla c’è stata una bruttissima notizia di domenica 22 marzo: è morto per Coronavirus a Roma un giovane di 34 anni di Cave. Emanuele Renzi lavorava nello stesso call-center di G.
Lo confermano a TPI i sindacati CGIL, CISL e Uil, l’azienda preferisce invece restare in silenzio su questo decesso. Ricoverato venerdì scorso in un ospedale romano dopo aver scoperto di essere positivo, Emanuele è morto appena due giorni dopo in seguito a un peggioramento delle sue condizioni. Il panico corre veloce nelle chat dei lavoratori, ma dall’azienda nessuna risposta.
“Più di una morte, cosa deve succedere? I miei colleghi sono preoccupati tanto quanto me ma siamo entrati in questa azienda i primi del mese in seguito a una clausola sociale. Come me tanti non possono prendersi nè malattia, nè ferie anticipate. Siamo obbligati a andare al lavoro e abbiamo paura di contagiare o essere contagiati”, spiega il centralinista.
Il decreto non si occupa nello specifico della categoria dei call-center, quindi le aziende si attengono al metro di distanza e alle protezioni in caso questo metro non sia possibile rispettarlo. Dunque, come ricorda a TPI Distribuzione Italia, “la legge è stata finora rispettata, fino a ulteriori norme”.
Ma G. sottolinea: “Penso che sia l’azienda per la quale lavoro sia Poste Italiane possano fare molto più che attenersi rigidamente a ciò che è previsto nel decreto che mi sembra chiaro non prenda in considerazione situazioni come la nostra. Quel metro di sicurezza non è sufficiente se comunque stiamo ammassati in 70 senza protezioni”.
Domani è un altro giorno, si torna a telefonare e a rispondere ai clienti: quei milioni di italiani che stanno a casa per il Coronavirus, mentre G. è costretto a stare seduto alla sua postazione.
(da TPI)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
OGGI SCIOPERO IN LEONARDO E NELL’AEROSPAZIO… MOBILITATI METALMECCANICI, CHIMICI, TESSILI E BANCARI
C’è chi ha deciso nella notte che bisognava muoversi subito, senza aspettare mercoledì, quando entrerà in vigore il decreto sulla serrata del Paese.
Perchè tergiversare avrebbe significato legittimare la linea del Governo, quella che tiene aperte qualcosa come 80 attività industriali e commerciali.
È stata la lunga notte dei lavoratori delle aziende dell’aerospazio. Si sono ritrovati anche loro nella lista. Loro, al lavoro, devono continuare ad andarci. Meglio, dovevano. È sciopero. Otto ore, oggi, negli impianti del colosso Leonardo. Parliamo di 36mila lavoratori. Ma incrociano le braccia anche quelli dei compagni di classe: Ge Avio, Mbda, Dema, Cam e Dar. È il là che dà inizio a un raffica di annunci di scioperi: metalmeccanici, chimici, tessili, bancari.
La mappa della protesta esplode sul pasticcio del Governo, su un decreto che in 24 ore ha cambiato contenuto, rompendo il confine tra servizi essenziali e non che era stato tracciato già in modo affannato.
Le braccia incrociate dei lavoratori si inseriscono in questo vulnus. “Conte ci spieghi perchè noi dell’aerospazio dovremmo continuare a lavorare, cosa c’è di così essenziale nel nostro lavoro tale da farci rischiare la nostra salute”, racconta un lavoratore del comparto a Huffpost.
E la mappa dice che nel tessuto lavorativo e sociale del Paese qualcosa si è rotto non solo nella Lombardia che conta il maggior numero di fabbriche e anche quello dei morti e dei contagiati dal virus.
Qui la pressione è evidentemente più forte perchè più forte è il rischio. E infatti mercoledì sciopereranno i metalmeccanici, ma anche le aziende del settore chimico, il tessile e chi produce gomma e plastica.
Tutte attività che i sindacati collegano ad attività che “non hanno produzioni essenziali e di pubblica utilità ”. Ma, come si diceva, la protesta è trasversale a tutto il territorio nazionale. Si muovono le organizzazioni sindacali della Toscana, in altre Regioni si pensa alla mobilitazione.
C’è chi ha già deciso di fermarsi, chi l’ha annunciato e chi sta valutando. Come chi lavora nella siderurgia. Tra le voci omnibus del decreto c’è anche il punto G, quello che dice che “sono consentite le attività degli impianti a ciclo produttivo continuo”. Stanno pensando anche loro allo sciopero. Tutto quello che sta avvenendo in queste ore dice che è esploso il bubbone della frattura sociale, preannunciato dai leader di Cgil, Cisl e Uil al presidente del Consiglio nel momento in cui stava cedendo al pressing di Confindustria.
La lista allargata, mal digerita, si è trasformata in un detonatore. La grande questione è sempre quella: tutelare la salute dei lavoratori a fronte di attività che vanno avanti, anche se non indispensabili.
“I dipendenti del settore non operano in condizioni di sicurezza”, scrivono i sindacati bancari all’Abi per annunciare la loro protesta. E così scrivono Fiom, Fim e Uilm per lanciare il blocco della Lombardia metalmeccanica: “Le scelte del Governo piegano, ancora una volta, la salute delle persone alle logiche del profitto, noi non ci stiamo!”.
Sono dichiarazioni che descrivono un confine tra salute e lavoro che è labile, confuso, frutto di un tira e molla tra gli industriali e i sindacati finito male. Malissimo.
Intanto i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, hanno scritto una lettera al ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri e al ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, per richiedere “con estrema urgenza” un incontro in relazione al Dpcm emanato il 22 marzo. I sindacati confederali vogliono che sia compiuta una revisione delle attività industriali e commerciali per le quali è previste la sospensione, ritenendo che non abbiano carattere di indispensabilitò o essenzialità .
L’allegato al decreto – spiegano nella lettera i leader sindacali – contiene una serie di attivita industriali e commerciali per le quali si dispone la sospensione fino al 3 aprile 2020: “Tale allegato prevede un elenco molto consistente di attivita industriali e commerciali aggiuntive, per gran parte delle quali riteniamo non sussistere la caratteristica di indispensabilità o essenzialità ”.
“In questa fase difficile del Paese, Cgil Cisl e Uil – prosegue la lettera – hanno sempre messo in evidenza la necessita di mettere al primo posto, rispetto a qualunque altra valutazione, la salute e la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici e si sono assunte la responsabilità di definire le regole – contenute nel protocollo del 14 marzo scorso – per garantirla. Cgil Cisl e Uil credono che siano obiettivi comuni del Governo oltre che delle parti economiche e sociali, il contenimento del virus, la garanzia delle attività essenziali alla collettività e oltre che ovviamente, in primis, la sicurezza e la salute di chi lavora”.
“Questa e la ragione – concludono – che ci fa ritenere inadeguata rispetto a questi importanti obiettivi la definizione delle attività non indispensabili e queste sono la ragioni che ci portano a chiedere con urgenza un incontro finalizzato alla revisione delle attività di tale elenco che – come previsto dall’articolo 1, comma 1, lettera a) del predetto DPCM – “puo essere modificato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze”.
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
APPENA 551 PASSEGGERI CONTRO I 2760 DI DIECI GIORNI FA E I 1384 DELLA DOMENICA PRECEDENTE… DI QUESTI 551, 136 ERANO APPARTENENTI ALLE FORZE DELL’ORDINE, GLI ALTRI 415 ERANO CITTADINI LEGITTIMATI A TRAGHETTARE… LA SOCIETA’ ARMATRICE CONFERMA I DATI DEL VIMINALE: “SONO STATI TUTTI CONTROLLATI”
Un’interminabile fila di auto agli imbarcaderi di Messina, nonostante i divieti di spostamento del governo per l’emergenza coronavirus.
A denunciarlo è il governatore della Regione Sicilia Nello Musumeci: “Mi segnalano appena adesso che a Messina stanno sbarcando dalla Calabria molte persone non autorizzate. Non è possibile e non accetto che questo accada. Il governo intervenga: non siamo carne da macello!”.
Il Ministero dell’Interno, in serata, ha smentito la vicenda: “Non rispondono al vero le accuse del presidente Musumeci – mosse per di più in un momento in cui le istituzioni dovrebbero mostrarsi unite nel fronteggiare l’emergenza – secondo le quali sarebbe in atto un flusso incontrollato verso le coste siciliane, tant’è che, ieri, tutte le persone che hanno traghettato sono risultate legittimate a farlo”, si legge in una nota diffusa dal Viminale.
A quanto risulta al Ministero, ” “i transiti giornalieri per la Sicilia hanno fatto registrare una costante diminuzione dai 2.760 di venerdì 13 marzo ai 551 di ieri, domenica 22 marzo. La domenica precedente, 15 marzo, il traffico era consistito in circa il doppio di auto e quasi il triplo di passeggeri, rispettivamente 469 e 1384.
In particolare, ieri, sono traghettati da Villa San Giovanni a Messina 551 viaggiatori e 239 autovetture”. Inoltre, “tutti i viaggiatori sono stati controllati prima di salire a bordo. Dei 551 viaggiatori, 136 sono risultati appartenenti alle Forze dell’ordine che giornalmente attraversano lo stretto per motivi di lavoro; i restanti 415 sono tutti risultati appartenenti alle altre categorie legittimate ad effettuare il traghettamento”.
“Oltre a personale medico e sanitario e alle forze dell’ordine – spiega Tiziano Minuti, che coordina l’informazione per Caronte & Tourist – è tornato in Sicilia chi aveva un domicilio in una delle nove province”. Sono state 239 le auto imbarcate, secondo i dati di Caronte & Tourist.
Sabato, invece, le auto erano state 319 per 739 passeggeri. A tutti i viaggiatori è stata misurata la temperatura. Dal 13 marzo a ieri, secondo i dati diffusi da Caronte & tourist, sarebbero stati 12.265 i siciliani rientrati su 3.869 auto. Nel medesimo periodo, sono partiti per Villa San Giovanni 8.877 passeggeri su 2.407 auto.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
IL CAPO DELLA POLIZIA GABRIELLI HA INVIATO UNA CIRCOLARE AI PREFETTI
Cambia di nuovo il modulo per l’autocertificazione dei cittadini che intendono fare spostamenti. Lo prevede una circolare inviata ai prefetti dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, alla luce del nuovo decreto del presidente del Consiglio pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale e contenente ulteriori misure contro la diffusione del Coronavirus.
Il nuovo modulo non è ancora disponibile sul sito del ministero dell’Interno, dove sono stati pubblicati nei giorni scorsi i precedenti moduli. L’ultima modifica risale al 17 marzo.
Come nei giorni scorsi, il modulo si potrà scaricare dal sito del Viminale, oppure, se non si ha la stampante a casa, si potrà anche ricopiare a mano. Il modulo deve essere presentato in caso di controllo. In ogni caso, gli spostamenti sono concessi soltanto per motivi di lavoro, emergenze e provate necessità . L’ultimo decreto ha vietato gli spostamenti per il rientro al comune di residenza.Nel nuovo modulo il dichiarante deve indicare oltre alla residenza anche il domicilio. Nella prima parte, tra i provvedimenti di cui deve dichiarare di essere a conoscenza, ci sono anche il Dpcm del 22 marzo e l’ordinanza del ministero della Salute del 20 marzo “concernenti le limitazioni alle possibilità di spostamento delle persone” nel territorio nazionale.
Nel nuovo modulo occorre inoltre indicare da dove lo spostamento è cominciato e la destinazione.
Per quanto riguarda i motivi, restano le “comprovate esigenze lavorative”, i “motivi di salute” e la “situazione di necessità “, mentre la voce “assoluta urgenza” sostituisce quella del “rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”, in quanto viene recepito il dpcm del 22 marzo che vieta i trasferimenti da un Comune all’altro.
Infine rimane la “situazione di necessità ” per spostamenti all’interno dello stesso comune, come già previsto dai Dpcm dell’8 e del 9 marzo.
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
IL GOVERNO STUDIA POSSIBILI CONTRAVVENZIONI… IN CAMPO ANCHE I DRONI… ANCHE DOMENICA 10.000 DENUNCIATI, SIAMO ARRIVATI A 94.000 CON DUE MILIONI DI PERSONE CONTROLLATE
Droni, polizia, militari e soprattutto multe. Le regole cambiano di nuovo, per meglio dire ancora una volta. L’ennesima.
Il governo prepara una nuova stretta, con multe salatissime per punire coloro che non rispettano le norme anti-Coronavirus. Chi uscirà da casa senza una giusta motivazione andrà incontro a una contravvenzione. Quindi il “furbetto” riceverà subito il verbale e potrà decidere se pagarlo entro cinque giorni con una riduzione oppure a cifra piena. Dal momento che la denuncia non stava avendo i risultati sperati, e poi chissà quando saranno celebrati i processi, ecco quindi un altro deterrente.
Non si tratterà più di una denuncia bensì sarà emessa immediatamente una sanzione amministrativa, quindi una contravvenzione, che può raggiungere anche i 2000 euro. Ma la cifra è ancora oggetto di discussione. Non solo, nel caso in cui si venga fermati a bordo di un veicolo, ci sarà anche il sequestro della macchina o del motorino.
La decisione potrebbe passare dal Consiglio dei ministri previsto domani alle 15. La scrittura del testo vede impegnati, in prima linea, Viminale e ministero della Giustizia
Attualmente, tra le sanzioni, è ad esempio prevista un’ammenda di 206 euro per chi si sposta ingiustificatamente. Ma l’ammenda, che è normata dal codice penale, a livello legale è più farraginosa.
Ecco perchè, spiegano fonti di governo, si ragiona sull’introduzione anche di multe, di importo di gran lunga più elevato, così da far desistere chi vuole violare il giro di vite anti-Covid19.
Stesso discorso per la confisca del mezzo, che potrebbe indurre i ‘furbetti’ a desistere da salire in moto o in auto per finalità diverse da motivi di salute, comprovate esigenze lavorative o altre attività indifferibili previste dalle norme.
Sono state oltre 10.000 ancora ieri le denunce effettuate dalle forze dell’ordine su tutto il territorio nazionale, erano state 11.000 sabato. Un numero che, riportato all’aumentato numero di controlli, più di 200.000 al giorno, porta la percentuale dei disubbidienti circa al 5 per cento. Percentuale che – incredibilmente – quasi raddoppia a Milano dove su 5.000 controllati ieri sono state denunciate 425 persone per inottemperanza ai decreti relativi all’emergenza Coronavirus.
Dall’inizio dei controlli, l’11 marzo sono state più di due milioni le persone controllate, di queste più di 94.000 sono state denunciate. Dei 974.000 esercizi commerciali controllati, 2.277 i titolari sanzionati.
(da agenzie)
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Marzo 23rd, 2020 Riccardo Fucile
IL BOLLETTINO DELLA PROTEZIONE CIVILE
È ancora presto per parlare di frenata nel numero dei contagi da Coronavirus in Italia ma continua per il secondo giorno ad abbassarsi la curva delle nuove positività . L’ultimo bollettino ufficiale della Protezione civile, comunicato nel consueto appuntamento quotidiano dal capo della Protezione civile Angelo Borrelli, parla di 601 nuove vittime, il che porta il totale dei morti a 6.077.
Il numero delle persone attualmente positive sale intanto a 50.418 pazienti, con 3.780 nuovi contagiati.
Complessivamente sono state colpite dal virus 63.927 persone. Quanto alle guarigioni, nelle ultime 24 ore sono guariti 408 pazienti, per un totale di 7.432.
I pazienti ricoverati in strutture ospedaliere con sintomi sono 20.692, di cui 3.204 in terapia intensiva. 26.522 sono invece le persone in isolamento domiciliare in tutta Italia.
Fino a ieri erano 46.638 i pazienti positivi al virus, per un totale di 59.138 persone colpite dall’infezione.
Le guarigioni registrate erano 7.024 , i deceduti 5.476.
In base ai dati ufficiali della Protezione civile, il numero di persone al momento positive al SARS-CoV-2 è così distribuito di regione in regione:
18910 in Lombardia
7220 in Emilia Romagna
4986 in Veneto
4529 in Piemonte
2358 nelle Marche
2301 in Toscana
914 a Trento
688 a Bolzano
1553 in Liguria
1414 nel Lazio
929 in Campania
771 in Friuli Venezia Giulia
862 in Puglia
605 in Abruzzo
556 in Umbria
681 in Sicilia
343 in Sardegna
379 in Valle d’Aosta
280 in Calabria
89 in Basilicata
50 in Molise
(da Open)
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