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SAPETE PERCHE’ IN LOMBARDIA MANCANO LE MASCHERINE PROTETTIVE? LA GIUNTA LEGHISTA HA FATTO UN ORDINE SBAGLIATO DI ACQUISTO

Marzo 16th, 2020 Riccardo Fucile

QUELLO CHE FONTANA E GALLERA NASCONDONO AI CITTADINI: LA REGIONE NON HA MAI AVUTO UN PIANO EMERGENZE, HA ACCENTRATO GLI ACQUISTI

Perchè in Lombardia mancano le mascherine protettive? Perchè 12 contagiati su 100 in regione appartengono al personale sanitario? Di chi è la responsabilità ?
Domande che da giorni rimbalzano nella Lombardia che lotta contro il Corona Virus. Una polemica tra Pirellone e Protezione Civile rimasta a lungo sotto traccia ed esplosa definitivamente dopo le parole pronunciate venerdì 13 marzo dall’assessore regionale al Welfare Gallera che ha attaccato frontalmente la Protezione Civile per un’inadatta fornitura di presidi medici: «A noi servono mascherine del tipo fpp2 o fpp3 o quelle chirurgiche e invece ci hanno mandato un fazzoletto, un foglio di carta igienica, di Scottex».
Tuttavia la storia è molto più complicata. Per comprenderla bisogna partire da un punto dirimente: Regione Lombardia non ha mai avuto un “Piano Emergenze” che stabilisse in modo chiaro a chi spettasse l’acquisto di presidi medici come mascherine, guanti e occhiali protettivi. Quindi, ogni singola amministrazione ha sempre agito per conto suo.
Non l’aveva prima, non l’ha neanche adesso.
Una scoperta fatta dai consiglieri regionali del Pd, che però non è mai stata confermata ufficialmente dalla giunta Fontana, anche perchè l’attività  del Consiglio regionale è paralizzata e la possibilità  ispettiva delle opposizioni sull’operato della giunta è praticamente nulla.
Tanto che il 10 marzo scorso, in una lettera a Fontana, i consiglieri Pd chiedevano formalmente se: “È stato predisposto e aggiornato periodicamente, negli anni, il Piano Emergenze dal quale tutto il personale sanitario potesse trarre le indicazioni operative omogenee per affrontare un’epidemia di queste dimensioni? Possiamo avere copia degli aggiornamenti dei piani via via predisposti?”. Una richiesta caduta nel vuoto.
Comunque, una prova della disomogeneità  operativa è che domenica 15 marzo il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha potuto annunciare sulla sua pagina Facebook che: «Da sempre Milano mantiene ottimi rapporti con le principali città  cinesi: nei giorni scorsi ho fatto un po’ di telefonate alla ricerca di mascherine, e la risposta non si è fatta attendere. Ieri sera è arrivato un primo carico: le distribuiremo ai medici di base, agli ospedali e al personale del Comune al lavoro per assicurare i servizi. Nei prossimi giorni ne attendiamo alcune centinaia di migliaia: le metteremo a disposizione dei cittadini, cominciando dalle fasce più deboli». Se fosse stato operativo un protocollo unico regionale, Milano non avrebbe potuto fare da sola.
Secondo dato certo è che Regione Lombardia, a metà  febbraio — quindi a emergenza già  in atto — ha bloccato tutti i singoli ordini di presidi medici inviati in precedenza dalle sue propaggini amministrative (Asst, ospedali, ecc…), centralizzando gli acquisti nell’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti (Aria Spa).
Una procedura che ha avuto come conseguenza un ritardo oggettivo negli approvvigionamenti, anche perchè si è subito dimostrato più difficoltoso il reperimento di grandi stock di materiale, rispetto a di ordini di minor grandezza.
Inoltre, con l’avanzare del contagio a livello globale, si è fatto sempre più difficile trovare fornitori con magazzini pieni. E infine i prezzi sono schizzati alle stelle.
In seguito — e questo lo ha scoperto l’inchiesta di Fabrizio Gatti su “L’Espresso” — è accaduto che il Pirellone ha firmato un ordine per 4 milioni di mascherine che — aveva assicurato il governatore lombardo Attilio Fontana — sarebbero dovute arrivare entro il 27 febbraio. Ma quelle mascherine non sono mai giunte, tanto che il 2 marzo il maxi ordine viene annullato dalla Regione. Secondo la versione ufficiale perchè il “fornitore non è stato in grado di adempiere agli obblighi assunti”. Secondo il giornalista perchè le aziende scelte dal Pirellone non producevano più quel tipo di presidi medici. Quindi un ordine sbagliato.
“L’ordine di quattro milioni di mascherine è stato annullato (…) dalla centrale di committenza regionale, in quanto il fornitore non è stato in grado di adempiere agli obblighi assunti. Sono stati perfezionati ulteriori ordini con una serie di altri fornitori per i quantitativi di mascherine necessari. L’acquisizione dei dispositivi sta avvenendo presso diversi operatori economici e, alla data di lunedì, abbiamo già  ricevuto e distribuito 57.440 mascherine tipo ffp2; 22.620 tipo ffp3 e 496.600 chirurgiche”, aveva risposto ufficialmente il Pirellone a L’Espresso.
Così Regione Lombardia si è ritrovata a cercare affannosamente i presidi sul mercato mondiale. Che ne frattempo era andato in tilt.
Con l’esplosione globale del virus, infatti, non solo trovare i fornitori si è rivelato difficile, ma anche riuscire a far arrivare i carichi è divenuta un’impresa, visto che la fame di mascherine ha spinto numerosi paesi di transito delle navi a requisire i carichi. E il Pirellone non è sfuggito alla regola: si vede infatti bloccare un cargo in Turchia a fine febbraio e un altro, proveniente dall’Olanda, viene bloccato e requisito in Germania. E poi ci sono le truffe, come svela il consigliere regionale M5s, Dario Violi: «La Regione ha fatto un ordine da 7 milioni di euro a un’azienda che poi si è rivelata inesistente. Sembra che fortunatamente sia poi riuscita a recuperare i soldi».
È in questo marasma che è partita la richiesta di aiuto di Fontana alla Protezione Civile per una fornitura extra di mascherine e guanti. Quella stessa fornitura poi attaccata platealmente dall’assessore Gallera. A quanto risulta a Business Insider Italia la Protezione Civile ha consegnato alla Lombardia:
398.140 mascherine modello Ffp2 ed Ffp3
97.200 mascherine chirurgiche;
707.000 mascherine Montrasio;
10.800 occhiali protettivi;
930 mila guanti monouso
3.013 indumenti protettivi;
113 ventilatori polmonari intensivi;
103 ventilatori polmonari sub-intensivi 103
«La verità  è che la Protezione Civile ha consegnato alla sola Regione Lombardia in pochissimo tempo oltre mezzo milione di mascherine di diversa tipologia: ffp2, chirurgiche e simil-chirurgiche», attacca Violi, «Le mascherine contestate dagli assessori regionali lombardi sono solo una parte della fornitura e sono state acquistate con la garanzia che siano idonee all’uso per le quali sono state progettate. Ricordiamo inoltre allo smemorato assessore che sono state acquistate in tempi super celeri perchè chi era stato incaricato all’approvvigionamento di questi dispositivi, ovvero la Regione, HA SBAGLIATO L’ORDINE‼️ Questo i signori della Lega non verranno mai a dirvelo che era loro compito procedere all’acquisto di mascherine e che si sono affidati ad una ditta estera la quale ha tirato il bidone lasciandoli e lasciandoci sprovvisti. È quindi intervenuta la Protezione Civile per coprire la falla aperta da quelli “capaci” di Regione Lombardia con ordinativi urgenti e rapidi».
«Tutto quello che abbiamo, trasferiamo alle Regioni per cercare di ovviare alle carenze. Al momento non abbiamo altre mascherine, ma la Lombardia ne ha avute un numero superiore a quello delle altre proprio perchè è in una situazione drammatica», ha dichiarato domenica al “Corriere della Sera” Luigi D’Angelo, responsabile emergenze della Protezione civile, al Corriere della Sera.
«Finora alle Regioni abbiamo dato 5 milioni di mascherine. Il fabbisogno mensile è di 90 milioni e noi abbiamo contratti per 56 milioni nelle prossime quattro settimane. All’inizio dell’emergenza c’era una disponibilità  maggiore. Adesso che il virus si è diffuso in tutto il mondo i Paesi di transito fermano le forniture e le requisiscono. Ecco perchè ogni Stato deve produrle e soprattutto riuscire ad aumentare questa produzione».
Ma il fronte dello scontro Pirellone-Protezione Civile riguarda anche lo stop al previsto ospedale d’emergenza che Regione Lombardia aveva annunciato nel padiglione della Fiera di Milano. Gallera aveva infatti annunciato un accordo con la Protezione Civile per creare una maxi struttura con 500 letti di terapia intensiva, dove avrebbero operato «circa 500 medici e dai 1.200 ai 1.500 infermieri». Un’idea poi decaduta polemicamente. Sempre a causa della Protezione Civile, ha sostenuto Fontana, rea di non esser stata in grado di mantenere le promesse fatte e di non aver recapitato le forniture promesse
Anche a questo ha risposto D’Angelo: «Le tempistiche per avere le attrezzature sono lunghe, almeno 15 giorni. Per allestire un ospedale ci vuole un mese. Ma il vero problema è il personale: ci volevano almeno 400 medici e 800 infermieri e non abbiamo la possibilità  di destinare tutte queste forze per una nuova struttura. Per questo abbiamo preferito aumentare i posti letto in altri ospedali in modo da poter procedere in pochissimi giorni», ha spiegato.

(da Business Insider)

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SOLIDARIETA’ TRA SOVRANISTI, LA REGIONE SARDEGNA FERMA UN CARICO DI MASCHERINE DESTINATE IN LIGURIA: “SERVONO QUI”

Marzo 16th, 2020 Riccardo Fucile

ERANO DESTINATE ALLE FARMACIE E DI CONSEGUENZA AI CITTADINI LIGURI… COSI’ I SOVRANISTI SARDI COPRONO LE LORO MANCANZA NELL’ORDINARLE IN TEMPO

La Sardegna ferma un carico di mascherine destinato al mercato privato ligure: “Servono qui” Con queste parole il governatore Christian Solinas ha motivato la decisione di trattenere in Sardegna un container contenente mascherine e altri dispositivi di protezione individuale contro il coronavirus.
“È materiale necessario per i nostri ospedali. Non posso permettere che lasci l’isola. In questa fase di emergenza abbiamo il dovere di garantire i dispositivi di protezione ai nostri operatori sanitari che operano quotidianamente in prima linea”.
Con queste parole il governatore Christian Solinas ha motivato la decisiione di trattenere in Sardegna un container contenente mascherine e altri dispositivi di protezione individuale contro il coronavirus.
Era a bordo di una nave ferma al Porto Canale e il carico era diretto a Genova, destinato a una farmacia all’ingrosso (di un carico in arrivo dall’Isola aveva parlato ieri il governatore ligure Giovanni Toti). Ma in Liguria non arriverà .
I carabinieri del Nas l’hanno infatti intercettato, su disposizione del Prefetto Bruno Corda, dietro istanza della Regione Sardegna.
Il provvedimento – si legge in una nota – “è scaturito da indifferibili ed urgenti necessità  di sicurezza pubblica connesse alla salvaguardia della vita e della salute, considerata altresì la condizione di insularità  del territorio sardo che ne aggrava ulteriormente il reperimento”.
“Tale sinergia tra la Prefettura, la Regione Autonoma della Sardegna e l’Arma dei Carabinieri – si legge – ha permesso quindi di acquisire i dispositivi sanitari, consentendo alle strutture preposte di implementare il materiale di consumo in uso presso le strutture di protezione civile ed ospedaliere impegnate per far fronte all’emergenza epidemiologica in Sardegna”.
I dispositivi, spiega Villa Devoto, “saranno destinati al personale sanitario in servizio negli ospedali sardi i dispositivi di protezione individuale, tra cui mascherine, guanti e camici, già  stoccati nel container che in queste ore avrebbe dovuto lasciare l’isola dal porto di Cagliari per raggiungere Genova e rifornire il mercato privato”.
Così, però, non sarà . Si tratta, precisa l’assessore regionale della Sanità , Mario Nieddu, “di una decisione che ha posto giustamente le necessità  pubbliche di questa emergenza davanti a tutto. Le istituzioni stanno lavorando in stretto raccordo. L’intervento del Prefetto di Cagliari e dei Nas, con i quali operiamo quotidianamente e su più fronti, è stato tempestivo ed efficiente”.

(da agenzie)

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INTERVISTA A PAOLO CREPET: “GLI ITALIANI? MA QUALE SENSO CIVICO…”

Marzo 16th, 2020 Riccardo Fucile

“POPOLO GRANDIOSO PERCHE’ CI METTIAMO SUL BALCONE A CANTARE? TEMO IL DOWN TRA 15 GIORNI”

Professor Paolo Crepet, come sta vivendo questa fase di quarantena?
Mah, up and down. Io facevo decine e decine di conferenze per l’Italia. Tutto questo mi manca. Certo, mi riposo di più, leggo di più, faccio tante cose che prima non avrei potuto pensare di fare. Non ha un colore solo la mia giornata, ci sono dei momenti di malinconia, dei momenti di maggiori speranza. Non sto nè bene, nè male. Sto anche io come tanti a guardare la notizia, ad aspettare i numeri. E questo, a dire il vero, non aiuta.
Se non aiuta lei, figuriamoci gli italiani. Gli stessi italiani che oggi vengono definiti una “grandiosa comunità ”, parola del presidente del Consiglio, fino a cinque giorni fa non potevamo fare a meno del weekend a Cortina o dell’apericena nei centri storici delle città . Soffrono, insomma, come dei cani in gabbia.
Non c’è dubbio. Infatti io sarei più cauto. Capisco che un primo ministro debba fare propaganda. Sarei più cauto nel definire gli italiani un popolo grandioso solo perchè ci mettiamo sul balcone a cantare l’Inno Mameli. Tutto questo è avvenuto dopo i primi tre giorni di quarantena. Ecco, voglio vedere fra quindici giorni. Noi costretti dalle leggi per ora siamo abbastanza buonini in casa, cerchiamo di essere disciplinati, ma eroici non direi.
E dopo questi primi giorni di “ordine e rigore” muterà  il comportamento?
Dopo diventerà  più difficile pensare al futuro. Un conto è chiudere la propria azienda, bottega, per tre o quattro giorni, un altro sarà  quando si comincerà  a capire che non sono tre, quattro, o cinque, ma quindici, venti, trenta. Ecco, a quel punto inizia una fase depressiva. Mi occupai di disoccupazione tanti anni fa. La prima fase quando ti comunicano che sei in cassa integrazione è una fase euforica, nel senso che dici “vabbè tutto sommato sto a casa, mi faccio le cose che non ho mai avuto di fare”. Poi subentra la seconda fase depressiva, in cui si abbassa l’autostima individuale e collettiva. Occorre ricordare che fu proprio in corrispondenza con la più grande crisi economica mondiale, quella del 1929, che si contò il più alto tasso di suicidi del Novecento.
A proposito di questo, c’è già  chi come Clemente Mastella, sindaco di Benevento, corre ai ripari e predispone l’assistenza gratuita di psicologi. Può essere un aiuto?
Il punto si pone. In ogni caso la fase euforica che è quella reattiva, quella nella quale hai tutte le forze, nella quale sei contento di non avere i sintomi, ma il tuo unico problema è andare a fare spesa e comprarti sette pacchi di biscotti, dieci confezioni di Coca Cola. Poi c’è il down. La domanda che ricorre è: ma quanto può durare questa agonia?
A molti appunto fa impressione che sia una sorta di fine pena mai. Come si inganna il cervello? Si deve vivere ogni giorno come se fosse il primo e l’ultimo?
Non lo so. Di certo siamo aiutati dal fatto che a differenza dei tempi della peste veneziana oggi c’è internet. All’epoca c’era un passaparola di morte, adesso invece sappiamo tutto. Siamo informati, e questa cosa in qualche modo ti aiuta a sapere, ma ti fa salire anche l’angoscia perchè non sai quando finirà  tutto. E’ questo il problema. La gente non ha solo il terrore di prendersi la malattia. La paura inconscia nasce dal fatto di avere perso la libertà . E’ questa una cosa alla quale non siamo abituati. Voglio andare al cinema? Non lo posso fare. Voglio uscire a mangiare una pizza? Non posso, le pizzerie sono chiuse. Ed è questa una sensazione difficile da coniugare ai tempi di oggi. Non l’abbiamo mai minimamente vissuta.
C’è chi sostiene che questa quarantena da Covid-19 ci migliorerà , accrescerà  il nostro senso civico. E’ così?
Che gli italiani abbiano un senso civico mi viene da ridere. Noi siamo quelli che parcheggiano l’auto in tripla fila, in quarta fila, che ci piazziamo nel perimetro riservato agli handicappati. Oggi vedo un senso retorico nelle esternazioni collettive: ho visto un sacco di tricolori. Tutto ciò mi fa pensare.
Cosa? E’ una rivincita dello Stato nazione?
Di sicuro questo avrà  conseguenza serissime sulle politiche europee. Lei prenda i cechi, gli ungheresi che erano già  ultranazionalisti prima del virus. Ecco, loro adesso gongolano perchè non devono mettere più soldi per i filo spinati. Ma non possono vincere loro. Questa malattia è invece un’opportunità  per più Europa, più mondo. Il centro di immunologia di Napoli, dove si sta studiando il vaccino, deve mettersi in comunicazione con quello austrialiano. La scienza o è mondiale o non serve nulla. Chi si può illudere di fabbricare un vaccino a casa propria?
Un’altra questione su cui si dibatte è quella dei giovani, i quali fanno fatica ad accettare di non poter uscire. Perchè? Chi è il responsabile di questo loro atteggiamento?
Le giovani generazioni sono cresciute anche per colpa nostra con un’idea onnipotente dell’esistenza: era tutto possibile, era tutto facile, bastava prendere un aereo e volare a Londra, Parigi, New York con 40 auro. Io ho scritto un libro “Libertà ” che è uscito ad ottobre in cui dico: la libertà  si conquista e non è mai per sempre. Sono stato un facile profeta. Oggi siamo in quarantena. I siciliani non possono uscire dalla Sicilia, i veneti non possono uscire dal Veneto, non esiste più la possibilità  di andarsi a prendere un gelato. In estrema sintesi, la libertà  che noi pensavamo gratuita e per sempre non lo è più. Questa è un’importante lezione di vita. E’ fondamentale capire che può capitare, improvvisamente, di avere a che fare con delle privazioni, parola che molti giovani non sapevano fosse presente nel dizionario.
E poi ci sono gli anziani, le persone più fragili e più deboli in questa fase. Oggi Emanuele Macaluso che fra qualche giorno compirà  96 anni, in un’intervista su Repubblica, lancia un appello: “Sono i giorni peggiori per noi. Spaventoso il cinismo nei nostri confronti”.
Il virus ha colpito una cultura di onnipotenza e di protervia che ritiene che le persone deboli e fragili non servano a niente. Ma una persona anziana porta esperienza, ingegno, porta capacità  di resilienza che i giovani non hanno. C’era un vecchio detto: la sera conosce cose che il mattino non si immagina. Il senso della vita è anche questo.
Ci sono molti genitori che hanno difficoltà  a spiegare questo momento ai bambini.
Anche su questo abbiamo esagerato, noi abbiamo pensato che il mondo dell’infanzia dovesse essere solo dorato, ai bambini dovevamo solo dare tutto.
Una cultura figlia del consumismo e della globalizzazione?
Esatto. Per anni ho detto: se muore il nonno portate il bambino al funerale del nonno. Perchè un modo per spiegare al bambino che il mondo non è solo la pacchia, un gioco, ma è anche difficoltà . Mi ricordo che tanti anni fa quando ci fu la crisi economica un imprenditore mi disse: in casa cambiavamo la macchina a una volta all’anno. E adesso come faccio a dirlo ai miei figli? C’è un senso di vergogna che attanaglia i genitori. E se ora è solo limitazione di libertà , domani ci sarà  una maggiore difficoltà , quella di tipo economico.
C’è stata un’immagine che ha scatenato le ire di mezzo Paese: i ragazzi e non solo che sono scappati dal Nord verso il Sud lo scorso 7 marzo infischiandone di potere infettare parenti, amici, intere città . Cosa si cela dietro questo menefreghismo? E’ mero egoismo sociale?
E’ stato l’ultimo conato di vomito di libertà . Questo è un po’ un difetto culturale della nostra società , è un difetto adolescenziale. Non rispettiamo l’autorevolezza. Accettiamo solo l’autoritarismo.
Visto che accettiamo l’autoritarismo finirà  che lo stesso popolo dei balconi tirerà  i sassi a chi vede per strada e gli urlerà  “untore”?
La costrizione in un luogo limitato ha degli effetti psicologici. L’orso diventa più pericoloso se è in gabbia. Chiaro che possono esserci delle ripercussioni di aggressività .

(da “Huffingtonpost”)

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MENTRE LA SPAGNA REQUISISCE LA SANITA’ PRIVATA, IN ITALIA LA LOMBARDIA SOGNA LA SECESSIONE SANITARIA

Marzo 16th, 2020 Riccardo Fucile

IN ITALIA ORA SI PAGA LA POLITICA DEL TAGLIO DEI POSTI LETTO E DELLA SPESA SANITARIA PUBBLICA PER APPALTARE AI PRIVATI

In Spagna la sanità  privata viene requisita da quella pubblica. In Italia le regioni del nord accarezzano l’idea di prendersi la rivincita contro lo stato centrale sul piano ospedaliero, sognano di farsi una loro “secessione sanitaria”, dopo il fallimento di quella politica.
È questa la prima riflessione da fare mettendo insieme due notizie apparentemente separate che rimbalzano tra Italia e Spagna. Da una lato la nomina di Guido Bertolaso a supercommissario della Lombardia, con l’invito alle altre regioni del nord governate dal centrodestra a fare altrettanto (Liguria Piemonte e Veneto).
Dall’altro la mossa senza precedenti con cui la Spagna ha deciso di mettere la sanità  privata al servizio del sistema sanitario nazionale. Lo ha annunciato il ministro della Salute iberico, Salvador Illa, presentatosi alla stampa insieme ai quattro ministri designati con lui per gestire l’emergenza Coronavirus.
Da oggi in Spagna le aziende provviste di materiale sanitario e posti letto hanno 48 ore di tempo per informare l’esecutivo sulle loro dotazioni. Lo stato d’allerta in Spagna durerà  più di 15 giorni, ha dichiarato il ministro dei Trasporti. I contagiati nel Paese sono 7.900, le vittime 295. Numeri che ormai inseguono quelli dell’Italia.
Ma il riflesso opposto impone una riflessione: a parte la gaffe delle mascherine-scottex, e a parte i luttuosi bollettini mortuari del povero Borrelli, il governo Conte ha dimostrato di aver gestito molto bene l’emergenza: adesso “il modello italiano” viene copiato più o meno ovunque (con diversi correttivi Francia e Spagna lo hanno sostanzialmente implementato), e il sistema della solidarietà  infra-regionale fa sì che quaranta pazienti lombardi siano — giustamente — curati nelle regioni che al momento hanno disponibilità  per farlo.
La domanda è: dove va costruito l’ospedale per ampliare i posti letto e la capienza delle terapie intensive, e chi lo deve gestire? Con quali criteri? Con quali fondi? Chi lo deve decidere e come?
Mi pare ovvio che questa decisione debba essere nazionale, così come il coordinamento e l’ottimizzazione di tutte le risorse economiche e non.
Il secessionismo sanitario, l’ultima bandiera tardoleghista (dopo che la crisi ha obsoletizzato in un colpo solo tutte le tradizionali campagne securitarie anti-immigrati) non è solo una mossa politica, è una mossa profondamente sbagliata.
In questa epidemia che mette fine all’ideologia dell’austerità  con un semplice tratto di penna, che fa improvvisamente accendere tra i cittadini la rabbia per i tagli di migliaia di posti letto e della spesa sanitaria che tutti i governi hanno stoltamente seguito in questi anni, il ritorno dell’interesse generale e dell’interesse pubblico sono il fenomeno più interessante prodotto dal Coronavirus sulle opinioni pubbliche.
Decidete, comprate, spendete, derogate a qualsiasi procedura di gara, usate l’interesse pubblico per mettere il privato al servizio dei cittadini come fanno in Spagna (e non il contrario). Siate veloci e siate efficienti, in nome della collettività , e non certo per regalare consensi a qualche nostalgico delle piccole patrie.

(da agenzie)

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CORONAVIRUS: LA SPAGNA “REQUISISCE” LA SANITA’ PRIVATA

Marzo 16th, 2020 Riccardo Fucile

ENTRO 48 ORE LE AZIENDE DEVONO METTERSI A DISPOSIZIONE DELLA SANITA’ PUBBLICA, ANCHE CONSEGNANDO APPARECCHIATURE MEDICHE IDONEE ALL’EMERGENZA VIRUS

Il governo spagnolo ha deciso di mettere la sanità  privata al servizio del Sistema Nacional de Salud, il sistema sanitario nazionale.
Il ministro della Salute, Salvador Illa, lo ha annunciato comparendo di fronte alla stampa domenica notte insieme ai quattro ministri designati per la gestione dell’emergenza creata dal dilagare del coronavirus SARS-COV-2 e di COVID-19.
Le aziende con materiale sanitario avranno 48 ore di tempo per informare l’esecutivo su cosa hanno a disposizione. E saranno le comunità  autonome, l’equivalente delle regioni italiane, che potranno disporre di “tutti i mezzi” necessari del sistema privato per far fronte all’epidemia.
C’è di più: tutte le apparecchiature mediche come maschere chirurgiche, guanti e occhiali protettivi tenuti in stock da aziende o individui devono essere consegnate nelle prossime 48 ore, secondo le richieste del governo mentre gli studenti di medicina all’ultimo anno saranno assunti per aiutare gli ospedali a gestire il numero di pazienti affetti dalla malattia.
All’inizio della settimana, il governo di Madrid ha dichiarato che potrebbe cercare di utilizzare gli hotel come ospedali di fortuna. Secondo il ministero della Salute spagnolo, nelle ultime 24 ore i casi di Covid-19 sono aumentati di quasi mille, arrivando a quota 8.744, mentre il numero dei decessi è cresciuto di 9 unità  a 297. In ogni caso, la crescita dei contagi tra domenica e lunedì è stata inferiore a quella avvenuta tra sabato e domenica, quando si sono registrati 2 mila casi.
Anche la Spagna ha adottato misure drastiche come l’Italia, chiudendo il Paese. Al momento è il secondo focolaio in Europa, i decessi sono già  288, la gran parte a Madrid (tre su quattro rispetto all’intero Paese). I casi solo ieri sono stai 2000 in più, per un totale di 7753. E intanto sette Stati membri dell’Unione Europea più la Svizzera hanno notificato alla Commissione l’introduzione di controlli alle frontiere nell’ambito della crisi del Coronavirus.
Lo ha annunciato un portavoce della stessa Commissione, Adalbert Jahnz, sottolineando che altre notifiche potrebbero arrivare nelle prossime ore. I sette Stati membri sono Austria, Ungheria, Repubblica ceca, Danimarca, Polonia, Lituania e Germania. La Spagna e altri paesi non hanno presentato notifiche “per il momento”, ha detto il portavoce.

(da agenzie)

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I MEDICI MILANESI LANCIANO L’ALLARME: “UNA MAREA DI CASI SOMMERSI, IL NUMERO VERO DEI CONTAGI NON LO SAPPIAMO”

Marzo 16th, 2020 Riccardo Fucile

“STANNO MALE NELLE LORO CASE. CON LE LORO FAMIGLIE CHE STANNO INFETTANDO”

Esistono pazienti affetti da Covid-19 “sconosciuti”? Secondo due medici di base, con studio in zona San Siro e Lambrate, intervistati dal Corriere della Sera, sì.
E quanti saranno? Risposta del primo medico di base: “Una marea. Stanno male nelle loro case. Con le loro famiglie, che stanno infettando. Il numero vero non lo sapremo mai”.
Un secondo medico aggiunge: “Se i pazienti non arrivano a una crisi respiratoria grave, non entrano ospedale. E così non saranno mai registrati. Ma hanno il coronavirus, questo è certo”.
Entrambi sostengono: “Sono certezze che vengono dall’esperienza. Là  fuori, in città , esiste un numero enorme di malati di coronavirus che se la “sfangheranno” da soli. Noi li sentiamo al telefono, sono tanti”.
Eccoli, i “malati sommersi” di Milano. Non si tratta di pazienti “asintomatici”: i sintomi ci sono, ma il servizio sanitario è saturo, quindi, secondo le linee guida diffuse ai medici di famiglia, con una decisione dettata dalla necessità , si sta scegliendo di tenere il più possibile i malati a casa.
I «sommersi» esistono perchè il servizio sanitario, già  stremato, non potrebbe occuparsene.
Spiega una dottoressa: “Le indicazioni dell’Ats sono chiare. Se avete pazienti con sintomi da Covid-19, trattateli come tali, considerateli “positivi”, monitorateli, stiano isolati come da legge. Ma segnalateli solo se hanno avuto con certezza contatti con un contagiato. Ma molte persone non lo sanno neppure se hanno avuto un contatto “a rischio”, e dunque stanno passando giorni e giorni in casa con la febbre a 39, con il terrore di peggiorare. Questo sento nella loro voce, quando li chiamo ogni mattina, il terrore”.
I malati entrano in ospedale soltanto quando sono in condizioni gravi, “in alcuni casi vicini al punto di non ritorno – riflette un altro medico di zona Ripamonti –. A quel punto il sistema si attiva col massimo sforzo, ma ormai può essere troppo tardi”.
Un’altra dottoressa intervistata dal Corriere della Sera, con studio in centro, ha avuto anche la controprova che molti malati “sommersi” siano casi di coronavirus che il sistema non intercetterà  mai.
“Ho una dozzina di pazienti con sintomi identici, febbre alta e tosse. Cinque di loro prima del decreto di chiusura sono andati in Engadina e lì sono rimasti. Hanno chiesto di fare il tampone, in Svizzera pagando è possibile. Per tutti e cinque, l’esito è stato quel che per me era già  scontato: “positivi””.
I casi che emergono, dunque, sono solo la punta dell’iceberg. La pensa così anche Irven Mussi, altro medico di base, con studio in via Palmanova
“Il tampone ora si fa praticamente solo a chi va in ospedale perchè già  grave. Ma noi medici di base sentiamo tanti pazienti con sintomi più sfumati, che potrebbero essere malati di Covid-19. I numeri dei malati quindi non sono reali. Senza contare i portatori sani. Già  a gennaio avevamo notato uno strano aumento di polmoniti interstiziali, anche a Milano. Noi medici stiamo ancora aspettando una nuova fornitura mascherine e guanti. Mi ha appena chiamato un collega, che ha la polmonite e dovrà  stare a casa”.
Anche il professor Massimo Galli, responsabile Malattie infettive del Sacco, si è espresso a proposito del problema dei sommersi.
“Difficile dire quanti sono i positivi al virus non conteggiati. Se si tiene come riferimento il numero di morti in Lombardia e lo si confronta con quello di altri posti dove sono stati fatti tamponi a tappeto, ci immaginiamo che ci siano tante persone con infezione che non abbiamo registrato e che stanno contribuendo a diffondere il virus. Magari sono già  stati malati e guariti. Il punto sarebbe poter ricostruire i contatti degli infetti almeno nelle zone ancora non sconvolte dall’epidemia, per cercare di circoscrivere il contagio. Penso alle altre Regioni, ma anche a Milano, per poter vincere la battaglia in città . Aprire più laboratori e fare più tamponi? Per Milano è un problema che va preso in considerazione”.

(da Globalist)

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CORONAVIRUS, MODELLO VIETNAM, SOLO 53 CASI

Marzo 16th, 2020 Riccardo Fucile

RAPIDA RISPOSTA ALL’EMERGENZA E MODELLO DI TAMPONE CHE RENDE NOTO IL RISULTATO IN UNA SOLA ORA

Dopo che l’Oms ha dichiarato il coronavirus una pandemia globale, con l’Europa diventata il focolaio mondiale del coronavirus, in Asia la diffusione del virus è rallentata inaspettatamente. Tra i Paesi più virtuosi c’è il Vietnam, la cui gestione della crisi è stata per molti versi un miracolo. Il Paese da anni nell’orbita di Pechino, con cui condivide il suo confine settentrionale, è stato colpito dal virus lo scorso 23 gennaio quando due cittadini di nazionalità  cinesi sono risultati positivi al Covid19 nella città  di Ho Chi Minh. Nel giro di due settimane, il primo febbraio, il Vietnam ha dichiarato il coronavirus un’epidemia nazionale quando il numero di contagiati era solo a sei. Ed è stato uno dei primi Paesi al mondo a farlo.
«La diagnosi, l’isolamento precoce e il trattamento attivo sono estremamente importanti. Le prime azioni del Vietnam hanno fermato l’ulteriore diffusione della malattia, salvando migliaia di vite », ha detto l’Oms sottolineando il successo del Paese nell’arginare il virus dopo che lo scorso 13 febbraio con l’apparire di 11 nuovi casi l’intero villaggio di Son Loi è stato messo in quarantena totale. I suoi 10.600 abitanti sono rimasti isolati per 20 giorni, e nessun nuovo caso è stato registrato alla fine di questo periodo.
Funzionari ed esperti sanitari dell’Organizzazione mondiale della sanità  (OMS) hanno lodato la rapida risposta del governo all’emergenza, cruciale nel contenere la crisi nella fase iniziale. Tanto che a inizio Marzo Hanoi ha annunciato di aver debellato completamente il virus, come confermato dall’Oms.
Ma ha messo in guardia da possibili contagi di ritorno: «Se combattere il COVID-19 è stata una guerra, noi abbiamo vinto il primo round, ma non l’intera guerra perchè la situazione può essere molto imprevedibile», ha dichiarato alla Nazione il Ministero della Salute del Vietnam citando il vice primo ministro Vu Duc Dam. E infatti il 14 marzo il totale dei casi positivi è salito nuovamente, arrivando a 53.
Un grande lavoro è stato fatto dal governo in materia di sensibilizzazione all’importanza dell’igiene e dei comportamenti da tenere. Le norme di igiene sono state prese sul serio e adottate in materia ferrea da bambini ad adulti anche grazie al brano e cartone virale V-Pop «Ghen Co Vy». Ma non solo.
La School of Biotechnology and Food Technology di Hanoi ha anche messo a punto un kit test che fornisce risultati in 70 minuti anzichè quattro ore, diventando cosi il secondo Paese al mondo dopo la Cina a fornire tamponi che offrano risultati in tempi rapidi.
Mentre la risposta degli Stati Uniti è stata lenta e confusionaria, e in Europa la situazione si fa sempre più critica con l’Italia in prima linea in questa emergenza, il Vietnam con meno risorse e tempo a disposizione è riuscito a giocare d’anticipo. Ma, come dichiarato dal responsabile dell’Oms in Vietnam, Kidong Park, la lotta contro il virus nel Paese è «tutt’altro che finita», sottolineando i rischi delle crescenti trasmissioni globali.

(da Globalist)

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LA LAUREA IN MEDICINA DIVENTA ABILITANTE: COSI’ SUBITO 10.000 MEDICI PER LA SANITA’

Marzo 16th, 2020 Riccardo Fucile

IL PROVVEDIMENTO DEL GOVERNO PER FAR FRONTE ALLA CARENZA DI PERSONALE

La Laurea in Medicina definitivamente abilitante alla professione medica. E’ quanto stabilisce il Cura Italia approvato dal governo. “Questo significa liberare immediatamente sul Sistema sanitario nazionale l’energia di circa diecimila medici fondamentale per far fronte alla carenza che lamentava il nostro Paese. Cogliamo questo momento di difficoltà  per adeguarci per sempre e con positività  anche alle esigenze di una società  che cambia”, commenta il ministro dell’Università  Gaetano Manfredi.
Con il decreto viene inoltre istituito per l’anno 2020 un fondo denominato “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’Università , delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca” con una dotazione pari a 50 milioni di euro, che sarà  ripartito successivamente con uno o più decreti.
“Fronteggiare l’emergenza Coronavirus significa dare risposte immediate ma con una visione che consentano all’Italia di guardare in prospettiva al medio-lungo periodo”, commenta ancora il ministro.
Più in generale, spiega Manfredi, “l’Università  rappresenta il motore dello sviluppo del Paese, la testa che guida verso il cambiamento e deve saper dare l’esempio a tutti gli altri. Il sistema universitario ha sin dall’inizio mostrato grande collaborazione e capacità  di adeguarsi rapidamente alle nuove esigenze poste da questa emergenza, e di questo ringrazio la Crui e tutti i rettori. In questa direzione, mi sono sentito di chiedere un ulteriore sforzo, sempre nell’interesse dei nostri studenti, a cui stiamo assicurando la continuità  didattica, proponendo di posticipare anche il pagamento delle tasse universitarie al 30 maggio”.

(da agenzie)

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RALLENTANO I NUOVI CONTAGI

Marzo 16th, 2020 Riccardo Fucile

I DATI DELLA PROTEZIONE CIVILE: TREND AL RIBASSO, ANCHE SE MANCANO ANCORA I DATI DELLA PUGLIA E DI TRENTO… OGGI 349 DECESSI, I GUARITI SALGONO A 2749, I MORTI TOTALI A 2158

“Il numero dei nuovi casi positivi è 2470”, il totale è di 23.073, quello complessivo di 27.980. Nell’ultimo aggiornamento giornaliero sui casi di coronavirus in Italia, Angelo Borrelli ha diffusi i nuovi dati sul covid-19 nel nostro paese. Si tratta di “un numero a ribasso, ma non sono pervenuti i dati di Puglia e Trento”.
Sono 349 i deceduti di oggi, che portano il totale a 2.158.“I pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 1.851, circa il 10% dei pazienti positivi”, ha specificato il capo della Protezione Civile. “I guariti sono 414 oggi”, che nel complesso arrivano a 2749.
Nonostante la mancanza di alcuni dati, “Come vedete anche dai dati della Lombardia il trend è in ribasso, registriamo questo dato”, ha detto Borrelli. Per quanto riguarda la costruzione di strutture pre-triage: “Siamo arrivati a 600 tende”.
Il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità , ha spiegato che ci serve ancora qualche giorno per capire l’efficacia delle misure di contenimento del virus: “Quello che stiamo vedendo oggi riflette la diffusione del contagio che avevamo 12-14 giorni fa. Per vedere compiutamente in termine di riduzione soggetti contagiati, e auspicabilmente riduzione marcata dell’impatto clinico sui pazienti, c’è bisogno ancora di qualche giorno per vedere l’efficacia delle misure di contenimento”.
Inoltre, ha cercato di frenare gli entusiasmi sulle notizie riguardanti l’efficacia di alcuni farmaci contro il covid-19: “L’efficacia dei farmaci va comprovata. No all’emotività ”.

(da agenzie)

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    • LA MONTAGNA MELONIANA HA PARTORITO UN TOPOLINO, NELLA CONFERENZA DI ROMA PER LA RICOSTRUZIONE UCRAINA LA DUCETTA HA RACIMOLATO APPENA 10 MILIARDI, MENO DEI 16 MILIARDI RACCOLTI DALLA STESSA CONFERENZA L’ANNO SCORSO A BERLINO
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