Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile
PRESSING PER INASPRIMENTO DELLE MISURE, CONTE SI PRENDE 24 ORE PER DECIDERE
“Mi prendo ventiquattr’ore per decidere, ci riaggiorniamo domani”. E’ già stanco, Giuseppe Conte, ma è solo al briefing mattutino. Davanti ha Roberto Speranza, Francesco Boccia, Lorenzo Guerini, Luigi Di Maio e i due commissari Angelo Borrelli e Domenico Arcuri.
Davanti ma su uno schermo, giacchè Palazzo Chigi per primo ha voluto stringere le maglie dei controlli, con riunioni videoconnesse e conferenze stampa alle quali, da domani, si potranno far domande solo prenotandosi e seguendole in streaming, per evitare il più possibile contatti.
Il premier ha davanti una decisione complessa: tenere duro e aspettare che si raggiunga il picco, che la maledetta curva discenda, o privare di un altro pezzo di libertà individuali i cittadini, per spezzare la catena dei contagi?
In serata arrivano i dati della Protezione civile. L’Italia supera la Cina per numero di morti, tocca quota 3405, 4480 i nuovi contagi. I numeri fanno tremare le vene ai polsi. A Palazzo si dice che il presidente stia accelerando le decisioni, si sente l’aria di un annuncio serale.
I tecnici sgrezzano i dati: “In Lombardia la situazione è grave (300 i medici mobilitati dal resto d’Italia e mandati al fronte, n.d.r), in tutto il Nord lo è. Ma al Centro-Sud le misure sembra che funzionino”.
Fonti di governo spiegano che il parallelo Cina-Italia non è corretto, che bisogna considerare la regione di Hubei per dimensioni e misure imposte, una sessantina di milioni di abitanti, stiamo lì. Un dettaglio, che ha poco senso visto con la lente dell’oggi. Perchè tutti sanno che lì il contagio è ai minimi, qui da noi la macabra conta è destinata ad andare avanti.
E’ un pacchetto composito: c’è la chiusura dei parchi e di tutti i luoghi pubblici destinati allo svago, la proibizione dell’attività fisica al di fuori del proprio domicilio, la chiusura di ulteriori categorie di esercizi, il contingentamento degli orari anche di quelli che erogano servizi essenziali. Solo quest’ultima lascia perplessi i tecnici della Salute: incentiverebbe code e contatti, per quello che viene definito come un effetto boomerang. Su tutti gli altri c’è disco verde, con l’avallo se non le pressioni anche del ministro dello sport, Roberto Spadafora, oltre che di Roberto Speranza, titolare della Sanità , anche per evitare il caos normativo dovuto alle numerosissime disposizioni già prese in autonomia dai sindaci.
Conte soppesa gli elementi e decide di darsi un’orizzonte di ventiquattr’ore per la decisione finale. Perchè alle viste c’è un weekend che promette bel tempo, e i comportamenti di una minoranza di scriteriati può rappresentare un’impalpabile quanto pericolossissima bomba sociale prima e sanitaria poi. Le pressioni sono di tutti i tipi. Attilio Fontana è il capofila del pressing. Il governatore lombardo ha chiesto il dispiegamento dell’esercito con compiti di polizia. I
l monitoraggio del territorio è cruciale, dopo che le prime analisi delle cellule degli smartphone a Milano (quante libertà individuali, quanta privacy si dovrà cedere in nome di un bene collettivo superiore?) hanno registrato ben il 40% di cittadini non rispettare il lockdown.
Il presidente leghista è seguito dai colleghi di Campania e Sicilia, molti amministratori locali invocano un simile dispiegamento, oltre che una stretta ulteriore. Dispiegamento che, senza grandi annunci e senza dover cambiare la normativa, sta già avvenendo laddove necessario.
I prefetti fanno richiesta, il Viminale coordina e dà l’ok, le domande si moltiplicano. Forse non servirà una disposizione straordinarie, non si dovrà dire formalmente che “il governo schiera l’esercito”, ma nei fatti la direzione è già stata intrapresa.
Quel che è già deciso e aspetta solo una ratifica formale è l’estensione dei tempi del lockdown. Italia zona rossa sarà prorogata ben oltre il 25 marzo, data inizialmente prevista come fine, e quasi certamente si andrà al di là anche del 2 aprile, termine ultimo di chiusura delle scuole.
Il primo decremento, sia pur lieve e se ci sarà , lo si potrà avere solo all’inizio della prossima settimana. Ancora quattro o cinque giorni con il fiato sospeso per capire se gli effetti delle misure hanno rivelato la propria efficacia.
Una fonte di governo spiega che al momento un timing non si può dare, che le ulteriori chiusure arriveranno, e che la situazione non è superabile nei tempi inizialmente previsti, pur con le pesanti preoccupazioni sulle macerie economiche che il covid-19 si lascerà indietro. Ventiquattr’ore ancora, meno se si considera il countdown fissato nella mattinata di giovedì. Poi la decisione, se il bel tempo del fine settimana si potrà ammirare solamente dalle finestre.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: emergenza | Commenta »
Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile
17.147 POSITIVI, TREMILA NELLE ULTIME 24 ORE, OLTRE 700 I DECESSI
Un morto ogni 16 minuti. Senza contare i decessi in casa.
È il terribile bilancio delle vittime del coronavirus negli ospedali della regione di Madrid. La Spagna, dopo l’Italia, è il secondo Paese dove la nuova infezione sta correndo più velocemente in Europa.
In un giorno, spiega El Pais, si sono registrati 3.431 nuove positività , per un totale di 17.147 casi. I morti sono in tutto 767, 169 nelle ultime 24 ore.
L’area della capitale è la più colpita, subito dopo c’è la Catalogna e poi i Paesi Baschi. Con l’aumento dei casi, la tenuta del sistema sanitario è a rischio, tanto che i media locali non esitano a utilizzare il termine “collasso”. Le autorità hanno chiesto, come in Italia, ai medici pensionati di tornare in campo. Lo stesso invito è stato fatto agli studenti.
Per sopperire alla mancanza di posti nelle strutture sanitarie, un albergo a quattro stelle di Madrid è stato trasformato in ospedale per curare chi ha sintomi più lievi. Si tratta del Gran Hotel Colon (359 camere, a circa 10 minuti a piedi dall’ospedale Gregorio Maranon), uno dei più grandi della capitale spagnola.
Un altro hotel a quattro stelle, il Marriott Auditorium, dovrebbe essere operativo nelle prossime ore. Gli albergatori, ha reso noto un’associazione di categoria, hanno offerto alle autorità regionali l’uso di un totale di 40 hotel nella regione della capitale con 9 mila posti letto.
La Conferenza dei rettori ha invece messo a disposizione delle autorità sanitarie oltre 200 laboratori e 300 esperti nei test di screening di Covid-19, oltre a migliaia di dispositivi di protezione individuale. Questi ultimi scarseggiano, al punto che, come si vede in un video, alcuni medici hanno trasformato i sacchi della spazzatura in strumento per proteggersi.
I mezzi tardano ad arrivare, ma solidarietà – almeno quella – non manca. E giunge anche dai mercati municipali, che distribuiranno la frutta negli ospedali della Capitale, per ringraziare gli addetti ai lavori per ciò che stanno facendo in queste ore drammatiche.
Per arginare il diffondersi dell’epidemia, da qualche giorno il governo ha preso provvedimenti drastici. Dal 14 marzo ha dichiarato lo Stato d’emergenza e approvato misure di contenimento del contagio simili a quelle dell’Italia: scuole chiuse, aperti solo i negozi che vendono beni di prima necessità , forti limitazioni negli spostamenti. “Lottiamo contro un male silente e crudele”, ha detto ieri il premier Sanchez davanti a un Parlamento quasi vuoto. Sua moglie – come la compagna del suo vice Iglesias, e ministra delle Pari opportunità , Irene Montero – è risultata positiva al Coronavirus.
Ieri, in serata, si è rivolto alla nazione anche il re, Felipe VI. Se si esclude il tradizionale discorso di Natale, non si parlava agli spagnoli dal 3 ottobre 2017, all’indomani del referendum per l’indipendenza della Catalogna. “Questo virus non vincerà . Siamo più forti come società …siamo una società in piedi di fronte a qualsiasi avversità ”, ha detto.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: emergenza | Commenta »
Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile
SAREBBERO BASTATI PER LE ESIGENZE DI TUTTO IL NORD, MA SONO STATI VENDUTI AGLI STATI UNITI E TRASFERITI QUATTRO GIORNI FA CON UN AEREO MILITARE A MEMPHIS… IL COMUNICATO DELL’AZIENZA
Il mondo intero dice che è una guerra. E per la prima volta nella Storia sembra essere di tutti contro tutti, senza più alleanze. Ogni nazione pensa per sè, usando ogni mezzo per garantirsi le armi vincenti contro il virus: tamponi, mascherine, respiratori.
Così gli Stati Uniti sono riusciti a comprare mezzo milione di kit per individuare il contagio a Brescia. E li hanno trasferiti a Memphis con un aereo militare.
Mercoledì l’America ha festeggiato per l’arrivo di un carico di tamponi, appunto mezzo milione di pezzi. Una scorta impressionante: nel nostro Paese dall’inizio dell’epidemia ne sono stati fatti poco più di 100mila.
Ma quella provvista sbarcata negli Usa proveniva dalla base americana di Aviano, poco distante da Pordenone. Sì, in Italia c’era una colossale riserva di test diagnostici, disponibile a poche decine di chilometri dall’epicentro del Covid-19: strumenti che le nostre regioni cercano in tutti i modi per arginare la diffusione del morbo ma che non riescono a trovare.
L’annuncio della spedizione transatlantica è stato fatto su Istagram, assieme alla foto della stiva di un quadrireattore C-17 Globemaster dell’Air Force colma di contenitori con i kit. Poi il post è stato rimosso. Ma la notizia ha trovato conferma ufficiale nelle parole del portavoce del Pentagono, Jonathan Hoffman.
“Ci sono elementi multipli per far il test – ha spiegato il generale Paul Friedrichs, del comando medico centrale – I primi sono i tamponi che servono a raccogliere i campioni dalle persone, poi c’è il liquido dove svilupparli. Questo è ciò che abbiamo portato dall’Italia”. Il generale ha detto che i materiali vengono prodotti negli Usa e all’estero, senza precisare dove fossero stati reperiti. E ha aggiunto: “Questo è un grande esempio di come le nazioni lavorino insieme per assicurare che venga data risposta alle domande globali”.
E il mezzo milione di test è stato prodotto proprio in Italia. Da un’azienda di Brescia, la città che in queste ore è in prima linea nella battaglia contro il morbo: la Copan Diagnostics.
Lo conferma a Repubblica l’ambasciatore Lewis Einsenberg: “Siamo lieti che l’azienda italiana Copan Diagnostics continui a produrre tamponi per i test del Covid-19 in quantità sufficienti per soddisfare le richieste in Italia e le vendite all’estero. Il settore privato italiano contribuisce a salvare vite nel mondo. Mi congratulo per questo sforzo”. E precisa: “Gli Stati Uniti continueranno ad acquistare questi tamponi da aziende italiane secondo le proprie necessità . Gli Stati Uniti e l’Italia continuano a lavorare insieme in strettissima collaborazione”.
La notizia è sorprendente. Una ditta lombarda aveva a disposizione una quantità di tamponi sufficiente per i bisogni di tutto il Nord ed invece è stata venduta oltre Oceano.
Ci hanno battuto sul prezzo? Circolano diverse informazioni sulle iniziative del governo americano per rifornirsi di mezzi contro il Covid-19. La Casa Bianca, ad esempio, avrebbe offerto somme altissime per ottenere l’esclusiva del vaccino sperimentato dai laboratori tedeschi CureVac: un’operazione bloccata dall’intervento di Berlino a cui è seguito quello dell’Unione Europea che ha stanziato 80 milioni per impedire la fuga del brevetto. In queste ore, ci sono aste mondiali per acquistare a prezzi crescenti anche stock di mascherine e respiratori: una sfida economica, in cui vince il più forte. Come in guerra. Ma senza più alleanze che tengano.
All’inizio si era pensato che i tamponi venissero dai depositi militari americani. Ad Aviano esiste un grande deposito di materiali medici, accumulati in vista di un conflitto. E’ il Medical War Reserve Materiel del 31mo stormo statunitense: un video dello scorso dicembre mostra un gigantesco hangar zeppo di componenti per ospedali da campo, strumentazione diagnostica e medicinali. Tutti pronti per essere imbarcati sugli aerei e arrivare ovunque in poche ore.
Un’altra scorta dovrebbe trovarsi a Camp Darby, alle porte di Livorno, il più grande arsenale dislocato fuori dagli States. Entrambi i magazzini strategici nei documenti del Pentagono vengono indicati, seppur nell’ultimo punto delle priorità , come utilizzabili per “le nazioni ospiti”. Ossia l’Italia.
Ma nulla è stato messo a disposizione del nostro Paese. Citando Winston Churchill, nel suo libro il leggendario generale Jim Mattis, ex capo del Pentagono, ha scritto: “C’è una sola cosa peggiore che combattere assieme agli alleati, combattere senza alleati”. Era una critica alla politica estera di Donald Trump. Un monito che vale anche nella guerra contro il virus.
La realtà però è ancora più amara. I tamponi erano pronti a Brescia, nel cuore dell’epidemia, dove medici e infermieri lottano per bloccare il morbo prima che travolga Milano, dove ogni giorno migliaia di persone rischiano il contagio.
Ma nessuno ha fermato la partenza dei test. Il nostro governo ne era informato? Qualcuno era a conoscenza della spedizione?
I siti web che tracciano i voli hanno accertato che l’aereo dei tamponi è decollato da Aviano lunedì 16 marzo nel primo pomeriggio. In quel momento in Italia erano censiti quasi 30mila casi e 2.158 morti. Negli Stati Uniti i decessi erano solo 86 e i positivi 4.500. A chi sarebbero serviti di più i kit diagnostici?
(da “La Repubblica”)
La Copan Diagnostic ha pubblicato un comunicato stampa nel quale risponde all’articolo di Repubblica. Di seguito il testo:
Leggiamo con stupore e vivo rammarico l’articolo appena pubblicato da Repubblica a firma del vicedirettore, Gianluca di Feo, intitolato: ”Coronavirus, mezzo milione di tamponi da un’azienda di Brescia agli Stati Uniti”. Riteniamo sia doveroso puntualizzare quanto segue, a tutela del buon nome di Copan, dei nostri dipendenti e concittadini.
Copan Italia è un’azienda bresciana, ed è il principale produttore al mondo di sistemi di prelievo e conservazione per la microbiologia. Da anni serviamo il mondo intero con i nostri dispositivi e, in questa fase di pandemia globale, stiamo lavorando incessantemente per fornire i famosi “tamponi”, in Italia e ovunque servano. Va chiarito che il tampone è solo il dispositivo di prelievo del campione; altre aziende nel mondo si occupano di produrre e commercializzare i test diagnostici a cui i tamponi sono sottoposti in laboratorio. Nelle ultime settimane abbiamo consegnato agli ospedali italiani oltre 1 milione di tamponi; dall’inizio dell’epidemia, ad oggi, 19 marzo 2020, in Italia sono stati effettuati circa 200.000 test. È evidente che in Italia i tamponi non scarseggiano, tanto che non sono soggetti ad alcuna restrizione all’export, diversamente da altri articoli per uso medicale. Copan da decenni esporta negli Stati Uniti mediante distributori, che servono sia il settore pubblico sia il privato. A causa della scarsità di aerei-merci e dell’acuirsi della crisi Coronavirus, il governo USA ha recentemente organizzato un ponte aereo con un cargo militare per trasportare urgentemente i nostri tamponi. Altre spedizioni sono state programmate nella stessa modalità , anche perchè la quantità inviata non è certo “impressionante” rispetto alla popolazione e soprattutto al numero di test che possono essere effettuati settimanalmente nei laboratori Nordamericani. Non c’è stata nessuna operazione in sordina, la merce è stata regolarmente sdoganata e ceduta a prezzo di mercato, Copan non ha venduto ad alcun governo. E, soprattutto, nessun tampone è stato tolto ai bresciani, ai lombardi, agli Italiani o agli Europei. L’articolo di Repubblica contiene una serie di inesattezze ed allusioni e sta arrecando un grave danno all’immagine di Copan: basta dare un’occhiata alle reazioni di sdegno suscitate dallo stesso sui social media a poche ore dalla pubblicazione. Ci risulta, inoltre, che il contenuto sia già stato ripreso da altri organi di stampa e mezzi di comunicazione, ad aggravarne ulteriormente l’impatto.Per avere risposta ai tanti interrogativi sollevati sarebbe bastato consultarci. Il contraddittorio avrebbe anche consentito di comprendere quanto il ritratto a tinte fosche che emerge dalla lettura dell’articolo sia distante dall’etica che contraddistingue il nostro gruppo di persone che, con sacrifici enormi, sta dando il suo contributo alla corretta diagnosi del Covid-19, ovunque nel mondo. Copan si riserva di agire nelle sedi giudiziarie competenti per tutelare la propria immagine.
argomento: denuncia | Commenta »
Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile
NEGLI ORGANICI MANCANO 56.000 MEDICI E 50.000 INFERMIERI GRAZIE AI TAGLI ALLA SANITA’ PUBBLICA… QUOTA 100 HA CAUSATO UN ALTRO BUCO DI MIGLIAIA DI OPERATORI SANITARI… “CON QUOTA 100 SONON STATI SPRECATI MILIARDI”
L’epidemia del coronavirus Covid-19 sta mettendo a nudo le fragilità del nostro Paese. Su tutte quelle di qualcosa che siamo abituati a dare per scontato visto che è “gratuito” e pubblico: il nostro Sistema Sanitario Nazionale.
Che non è fatto di strutture ospedaliere, sale operatorie e dei reparti di rianimazione e terapia intensiva di cui tutti parlano in questi giorni (a causa della drammatica carenza di queste ultime).
Il SSN è fatto in prevalenza di persone: medici, infermieri, tecnici di laboratorio e operatori socio sanitari.
Se ventilatori portatili, apparecchiature e anche intere strutture (si pensi agli ospedali da campo) possono essere rimpiazzati in modo piuttosto facile (basta avere i soldi) è invece molto più complesso fare fronte alla mancanza di personale.
Perchè le persone non possono essere sostituite o comprate, vanno formate, addestrate e preparate. Questo richiede tempo e capacità di programmazione. Nessuno, nemmeno un laureato in medicina con il massimo devi voti, si può improvvisare medico da un giorno all’altro. Soprattutto se si tratta di affrontare un’emergenza sanitaria.
Scopriamo in questi giorni che mancano migliaia di medici, infermieri e OSS.
Matteo Salvini ha chiesto di portare adesso, non a giugno “mille medici e tremila infermieri” in più in Lombardia. Il Presidente della Regione Attilio Fontana nel frattempo ha deciso di richiamare al lavoro medici ed infermieri che sono andati in pensione.
Ma non basta: mancano 56mila medici, 50mila infermieri e sono stati soppressi 758 reparti in 5 anni scriveva L’Espresso a fine febbraio spiegando che la mossa di ricorrere ai pensionati è disperata, e inutile.
La responsabilità della situazione? Della politica dei tagli, operata da tutti i governi che si sono succeduti in questi anni sia a livello nazionale che a livello regionale.
Ma c’è un elemento che ha contribuito a dare, per così dire, la spallata al sistema: Quota 100. Il provvedimento fortemente voluto dalla Lega e dal MoVimento 5 Stelle del Conte 1 per cancellare la Fornero ha consentito a parecchi medici e infermieri di andare in pensione.
A marzo del 2019 Quotidiano Sanità lanciava l’allarme: con Quota 100 sarebbero potuti uscire dal SSN 40mila operatori sanitari tra medici, infermieri, tecnici e altro personale.
Secondo l’ANSA tra il 2019 e il 2021 utilizzando Quota 100 la platea dei medici che potrebbe andare in pensione è di 38 mila camici bianchi su 105 mila.
Secondo Anaao Assomed invece ad uscire dal SSN tra il 2019 e il 2021 dovrebbero essere effettivamente 24 mila medici, 8 mila all’anno (metà dei quali grazie a Quota 100).
Ci sono poi gli infermieri, secondo le stime di FNOPI a beneficiare di Quota 100 potrebbero essere 22 mila persone su un totale di 280 mila infermieri del Servizio sanitario nazionale (ai quali vanno aggiunti gli undicimila che vanno in pensione “normalmente”). Ma quanti sono davvero andati in pensione con il provvedimento tanto richiesto dalla Lega? In un’intervista di qualche giorno fa a Quotidiano Sanità il presidente dell’ANAAO Carlo Palermo ha dichiarato:
Con ‘Quota 100’ sono stati sprecati miliardi e si è rischiato di affossare il Servizio sanitario nazionale. Questa misura ha interessato una platea enorme di medici attualmente in servizio: ossia i nati dal 1954 al 1959, considerando il triennio 2019-2021. Parliamo di 35.000 camici bianchi. Se tutti avessero accettato di uscire, riesce ad immaginare le possibili ripercussioni sul Ssn? È stata una misura sciagurata. Per fortuna pochi colleghi hanno aderito a questa possibilità . Ma anche solo 600-800 colleghi all’anno che accettano questa uscita, in una condizione generale di depauperamento importante a livello di personale, producono ripercussioni non indifferenti sulla tenuta generale del sistema. Se avessero usato gli stessi fondi per rinforzare il Ssn avrebbero di certo fatto un qualcosa di socialmente più utile.
E il SSN non gode certo di buona salute: «ad oggi mancano circa 46.000 operatori. Di questi, 8.000 sono medici. Solo questo ha un valore economico di circa 2,5 miliardi di euro in termini di risorse risparmiate dalle Regioni».
Insomma, avere pochi medici e operatori si traduce in un gran bel risparmio per i bilanci regionali (inutile dire che questo si faccia sentire soprattutto nelle regioni del Sud, più in difficoltà sul quel versante).
Ma non serve certo ricordare che l’anno scorso Giancarlo Giorgetti, il numero due della Lega, diceva che non era poi un problema la prevista mancanza di 45mila medici di base.
I medici in pensione richiamati in servizio però non bastano. Dice Palermo: «è curioso che vengano richiamati in servizio degli over 65, magari polipatologici, che potrebbero essere i primi a rischiare in termini di conseguenze gravi per il possibile contagio». Cosa serve? Avere il coraggio di spendere più soldi per la Sanità .
(da “NextQuotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile
UNA FAMIGLIA CINESE HA FATTO TROVARE A OGNUNA DELLE TRENTA FAMIGLIE DEL PALAZZO DOVE ABITANO UNA BUSTA NELLA CASELLA DELLA POSTA: ALL’INTERNO TRE MASCHERINE E UN MESSAGGIO DI INCORAGGIAMENTO… GLI ITALIANI COMMOSSI DAL GESTO
La solidarietà della Cina all’Italia non è solo quella delle istituzioni, degli ospedali e delle grandi aziende.
A Vigevano, in provincia di Pavia, una famiglia di ristoratori cinesi ha fatto trovare a ognuno dei vicini di casa una busta nella casella della posta.
Ciascuna delle trenta famiglie che abitano nel palazzo, a 200 metri da piazza Ducale, all’interno hanno trovato tre mascherine a uso medico. E un messaggio di speranza, scritto in penna sulla carta bianca: “Dilegua, oh notte. All’alba vincerò!”, dal testo del Nessun Dorma di Giacomo Puccini.
Il gesto della famiglia Wang, trasferitasi nell’edificio solo da pochi mesi, ha commosso gli altri condomini, che si preparano a ricambiare il regalo donando ai nuovi vicini una bandiera italiana e una cinese (non facili da trovare, in tempi di negozi chiusi) accompagnate da lettere di gratitudine e vicinanza.
“Gli Wang sono molto riservati e rispettosi. Oltre ai genitori, nell’appartamento vivono i due figli e la nonna. La loro generosità ci ha commosso e non vediamo l’ora di poterla ricambiare”, racconta Matteo Zorzoli, giovane giornalista sportivo che abita al piano di sopra. E che ha raccontato la vicenda in un tweet.
(da agenzie)
argomento: radici e valori | Commenta »
Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile
FRANCO FAELLA FU IN PRIMA LINEA NEL PERIODO DELL’EPIDEMIA DI COLERA
Richiamato dalla pensione e di nuovo operativo: Franco Faella, primario emerito dell’ospedale Cotugno di Napoli, in prima linea nel periodo dell’epidemia di colera, è tornato in trincea ed è diventato coordinatore del reparto allestito per i pazienti contagiati dal Covid-19 all’ospedale Loreto mare.
Al Mattino ha detto: “Si tratta di una struttura mirata, su cui sono stato disponibile e pronto a fornire l’apporto della mia esperienza. Mi sarei sentito un vigliacco a non dare una mano alla mia città ”
“Io sarò il consulente infettivologo, in un’attività che dovrà alleviare il carico di lavoro ai colleghi del Cotugno. Ora, qualche paziente potrà essere trasferito anche qui, dove ci saranno colleghi rianimatori, che affronteranno le insufficienze respiratorie provocate dal virus, e tutta la struttura sanitaria assegnata a questa emergenza”.
Il medico afferma che bisogna essere ottimisti e rigorosi nell’affrontare l’emergenza.
“Bisogna esserlo, affronteremo questa epidemia con tutto il rigore possibile come si è fatto finora, in attesa di raggiungere maggiori certezze sui farmaci. Per ora, su questo virus utilizziamo quei farmaci già usati per altre patologie infettive. Parlo dell’Hiv o dell’Ebola, ma anche del farmaco sperimentato dai colleghi del Cotugno adoperato di solito per l’artrite reumatoide”
Ma, al momento, le cure procedono tentando varie strade.
“Non si può pensare a nuove terapie certe, senza conoscere con sicurezza sperimentata le eventuali contro indicazioni dei singoli trattamenti farmacologici. L’unica strada da seguire, per ora, è provare farmaci usati per altre infezioni. Credo, lo hanno detto in tanti, che la prevenzione migliore sia l’isolamento, evitare i contatti sociali per non diffondere i contagi”
(da agenzie)
argomento: radici e valori | Commenta »
Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile
AUMENTANO CONTROLLI E DENUNCE, MA CI SONO TROPPI DEMENTI IN CIRCOLAZIONE
In questi giorni Arma e Polizia stanno fermando sempre più cittadini per verificare le ragioni per cui si trovano fuori casa. Le denunce per l’inosservanza delle regole poste dal decreto #IoRestoaCasa sono in crescita e non si fatica a capire perchè, viste le scuse che certi cittadini hanno accampato una volta fermati.
Da chi viene beccato a bere una birra nel punto di ristoro dell’area di sosta perchè sta facendo benzina senza una macchina a chi afferma di essere fuori per “andare a scopare”, l’idiozia del popolo italico è stata messa nero su bianco sulle autocertificazioni con le più assurde scuse per uscire.
Come riporta Il Fatto Quotidiano, alcune persone sono state beccate in giro dalle forze dell’ordine e denunciate perchè impossibilitate a fornire un’adeguata ragione per essere lì. Le scuse sono veramente fantasiose, seppur ovviamente inutili.
C’è chi, in provincia di Macerata, è stato denunciato perchè pizzicato dai carabinieri mentre beveva una birra nel bar di una stazione di rifornimento. La ragione per essere lì? Fare benzina alla macchina. Peccato che non avesse la macchina con sè.
In provincia di Padova un uomo di è fatto prendere dalla mentalità dell’americano medio che fa file per le armi in tempi di coronavirus; l’individuo è uscito di casa per comprare l’arma e si è recato dai carabinieri per denunciarla. Beccandosi lui la denuncia per essere uscito senza giustificata ragione.
Ancora, a Torino un uomo che abita in provincia è stato beccato in giro con una birra in mano. Testuali parole sull’autocertificazione: “Ho tre ragazze. sono venuto a Torino per scopare”.
Tra chi fa picnic in dodici perchè “ha bisogno di aria” a Napoli, chi afferma che sta “andando a correre” ma va in giro in giacca e cravatta a Palermo, chi va a fare la spesa in un supermercato a 25 km di distanza dal domicilio perchè “ha la tessera e i punti in scadenza” in provincia di Alessandria, possiamo veramente dire che tutta in tutta Italia ci sono individui a cui le regole stanno proprio strette.
Al di là delle risate inevitabilmente amare che ci si fa leggendo queste storie, il punto è uno solo. In un momento in cui sembra sempre più chiaro che il 3 aprile non potremo tornare a vivere le nostre vite facciamoci un esame di coscienza e smettiamola di agire in maniera sconsiderata.
Perchè magari ci sentiamo bene, perchè magari non conosciamo nessuno che abbia contratto il coronavirus. Magari, appunto. Impegniamoci tutti per evitare di essere parte di quella popolazione che vanifica gli sforzi di medici e infermieri in prima linea, di commessi, farmacisti e di tutti i lavoratori che tengono aperto e anche di quelle persone che realmente stanno vivendo in isolamento.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile
C’E’ UN’ITALIA CHE SOFFRE E UNA DI CUI VERGOGNARSI E CHE METTE IN PERICOLO TUTTI
Scene da film di serie B a via Garigliano, un quartiere popolare di Cassino.
Un gruppo di trenta persone, tutti vicini di casa, aveva organizzato una grigliata sul tetto del palazzo di casa, con carne, vino e ogni sorta di prelibatezza e stava pasteggiando in allegria come se niente fosse.
E non ci sarebbe nulla di male in questa scena da buon vicinato, se non fosse che non è possibile organizzare assembramenti nel periodo dell’emergenza coronavirus (solo oggi nel Lazio sono stati registrati 117 contagi in più rispetto alla giornata di ieri).
Ad allertare le forze dell’ordine sono stati altri residenti di via Garigliano, che hanno visto la grigliata sul terrazzo dei vicini di casa.
E così, poco dopo, sono giunte sul posto una decina di pattuglie tra polizia, carabinieri e guardia di finanza. Che, ovviamente, hanno scatenato un fuggi fuggi generale.
Venti delle trenta persone che stavano partecipando al barbecue sono riusciti a nascondersi nelle proprie abitazioni.
Non sono invece riusciti a evitare la denuncia dieci sfortunati, che sono stati denunciati per aver violato il decreto del presidente Conte che vieta di uscire di casa se non per motivi di lavoro, salute e necessità .
Ma l’episodio non è finito qui: perchè dopo essere stati denunciati, i dieci che non sono riusciti a fuggire hanno deciso di farsi giustizia contro i vicini di casa gamba lesta, tirandoli fuori dalle loro abitazioni e prendendoli a calci e pugni per vendicarsi.
(da Fanpage)
argomento: denuncia | Commenta »
Marzo 19th, 2020 Riccardo Fucile
LA MOGLIE DOVRA’ TERMINARE IL PERCORSO DI RIABILITAZIONE
Una buona notizia: la coppia cinese, primi casi ital
iani di Coronavirus, sono stati dimessi dallo Spallanzani, completamente guariti. Usciti dall’ospedale dove sono rimasti in isolamento per più di un mese la coppia ha commentato: “Ci avete salvato la vita. Amiamo lo Spallanzani, amiamo l’Italia”.
Da qualche settimana sono clinicamente guariti, ma la moglie in particolare dovrà terminare il percorso di riabilitazione. Nel pomeriggio hanno lasciato l’istituto per le malattie infettive della Capitale diretti all’ospedale San Filippo Neri
Per loro è stato predisposto il trasferimento con una ambulanza in biocontenimento, precauzione non necessaria essendo la coppia guarita, ma adottata per non impegnare un’ambulanza usata per le emergenze.
(da agenzie)
argomento: emergenza | Commenta »