MEZZO MILIONE DI TAMPONI DA UN’AZIENDA DI BRESCIA AGLI USA MENTRE IN ITALIA NON SONO SUFFICIENTI
SAREBBERO BASTATI PER LE ESIGENZE DI TUTTO IL NORD, MA SONO STATI VENDUTI AGLI STATI UNITI E TRASFERITI QUATTRO GIORNI FA CON UN AEREO MILITARE A MEMPHIS… IL COMUNICATO DELL’AZIENZA
Il mondo intero dice che è una guerra. E per la prima volta nella Storia sembra essere di tutti contro tutti, senza più alleanze. Ogni nazione pensa per sè, usando ogni mezzo per garantirsi le armi vincenti contro il virus: tamponi, mascherine, respiratori.
Così gli Stati Uniti sono riusciti a comprare mezzo milione di kit per individuare il contagio a Brescia. E li hanno trasferiti a Memphis con un aereo militare.
Mercoledì l’America ha festeggiato per l’arrivo di un carico di tamponi, appunto mezzo milione di pezzi. Una scorta impressionante: nel nostro Paese dall’inizio dell’epidemia ne sono stati fatti poco più di 100mila.
Ma quella provvista sbarcata negli Usa proveniva dalla base americana di Aviano, poco distante da Pordenone. Sì, in Italia c’era una colossale riserva di test diagnostici, disponibile a poche decine di chilometri dall’epicentro del Covid-19: strumenti che le nostre regioni cercano in tutti i modi per arginare la diffusione del morbo ma che non riescono a trovare.
L’annuncio della spedizione transatlantica è stato fatto su Istagram, assieme alla foto della stiva di un quadrireattore C-17 Globemaster dell’Air Force colma di contenitori con i kit. Poi il post è stato rimosso. Ma la notizia ha trovato conferma ufficiale nelle parole del portavoce del Pentagono, Jonathan Hoffman.
“Ci sono elementi multipli per far il test – ha spiegato il generale Paul Friedrichs, del comando medico centrale – I primi sono i tamponi che servono a raccogliere i campioni dalle persone, poi c’è il liquido dove svilupparli. Questo è ciò che abbiamo portato dall’Italia”. Il generale ha detto che i materiali vengono prodotti negli Usa e all’estero, senza precisare dove fossero stati reperiti. E ha aggiunto: “Questo è un grande esempio di come le nazioni lavorino insieme per assicurare che venga data risposta alle domande globali”.
E il mezzo milione di test è stato prodotto proprio in Italia. Da un’azienda di Brescia, la città che in queste ore è in prima linea nella battaglia contro il morbo: la Copan Diagnostics.
Lo conferma a Repubblica l’ambasciatore Lewis Einsenberg: “Siamo lieti che l’azienda italiana Copan Diagnostics continui a produrre tamponi per i test del Covid-19 in quantità sufficienti per soddisfare le richieste in Italia e le vendite all’estero. Il settore privato italiano contribuisce a salvare vite nel mondo. Mi congratulo per questo sforzo”. E precisa: “Gli Stati Uniti continueranno ad acquistare questi tamponi da aziende italiane secondo le proprie necessità . Gli Stati Uniti e l’Italia continuano a lavorare insieme in strettissima collaborazione”.
La notizia è sorprendente. Una ditta lombarda aveva a disposizione una quantità di tamponi sufficiente per i bisogni di tutto il Nord ed invece è stata venduta oltre Oceano.
Ci hanno battuto sul prezzo? Circolano diverse informazioni sulle iniziative del governo americano per rifornirsi di mezzi contro il Covid-19. La Casa Bianca, ad esempio, avrebbe offerto somme altissime per ottenere l’esclusiva del vaccino sperimentato dai laboratori tedeschi CureVac: un’operazione bloccata dall’intervento di Berlino a cui è seguito quello dell’Unione Europea che ha stanziato 80 milioni per impedire la fuga del brevetto. In queste ore, ci sono aste mondiali per acquistare a prezzi crescenti anche stock di mascherine e respiratori: una sfida economica, in cui vince il più forte. Come in guerra. Ma senza più alleanze che tengano.
All’inizio si era pensato che i tamponi venissero dai depositi militari americani. Ad Aviano esiste un grande deposito di materiali medici, accumulati in vista di un conflitto. E’ il Medical War Reserve Materiel del 31mo stormo statunitense: un video dello scorso dicembre mostra un gigantesco hangar zeppo di componenti per ospedali da campo, strumentazione diagnostica e medicinali. Tutti pronti per essere imbarcati sugli aerei e arrivare ovunque in poche ore.
Un’altra scorta dovrebbe trovarsi a Camp Darby, alle porte di Livorno, il più grande arsenale dislocato fuori dagli States. Entrambi i magazzini strategici nei documenti del Pentagono vengono indicati, seppur nell’ultimo punto delle priorità , come utilizzabili per “le nazioni ospiti”. Ossia l’Italia.
Ma nulla è stato messo a disposizione del nostro Paese. Citando Winston Churchill, nel suo libro il leggendario generale Jim Mattis, ex capo del Pentagono, ha scritto: “C’è una sola cosa peggiore che combattere assieme agli alleati, combattere senza alleati”. Era una critica alla politica estera di Donald Trump. Un monito che vale anche nella guerra contro il virus.
La realtà però è ancora più amara. I tamponi erano pronti a Brescia, nel cuore dell’epidemia, dove medici e infermieri lottano per bloccare il morbo prima che travolga Milano, dove ogni giorno migliaia di persone rischiano il contagio.
Ma nessuno ha fermato la partenza dei test. Il nostro governo ne era informato? Qualcuno era a conoscenza della spedizione?
I siti web che tracciano i voli hanno accertato che l’aereo dei tamponi è decollato da Aviano lunedì 16 marzo nel primo pomeriggio. In quel momento in Italia erano censiti quasi 30mila casi e 2.158 morti. Negli Stati Uniti i decessi erano solo 86 e i positivi 4.500. A chi sarebbero serviti di più i kit diagnostici?
(da “La Repubblica”)
La Copan Diagnostic ha pubblicato un comunicato stampa nel quale risponde all’articolo di Repubblica. Di seguito il testo:
Leggiamo con stupore e vivo rammarico l’articolo appena pubblicato da Repubblica a firma del vicedirettore, Gianluca di Feo, intitolato: ”Coronavirus, mezzo milione di tamponi da un’azienda di Brescia agli Stati Uniti”. Riteniamo sia doveroso puntualizzare quanto segue, a tutela del buon nome di Copan, dei nostri dipendenti e concittadini.
Copan Italia è un’azienda bresciana, ed è il principale produttore al mondo di sistemi di prelievo e conservazione per la microbiologia. Da anni serviamo il mondo intero con i nostri dispositivi e, in questa fase di pandemia globale, stiamo lavorando incessantemente per fornire i famosi “tamponi”, in Italia e ovunque servano. Va chiarito che il tampone è solo il dispositivo di prelievo del campione; altre aziende nel mondo si occupano di produrre e commercializzare i test diagnostici a cui i tamponi sono sottoposti in laboratorio. Nelle ultime settimane abbiamo consegnato agli ospedali italiani oltre 1 milione di tamponi; dall’inizio dell’epidemia, ad oggi, 19 marzo 2020, in Italia sono stati effettuati circa 200.000 test. È evidente che in Italia i tamponi non scarseggiano, tanto che non sono soggetti ad alcuna restrizione all’export, diversamente da altri articoli per uso medicale. Copan da decenni esporta negli Stati Uniti mediante distributori, che servono sia il settore pubblico sia il privato. A causa della scarsità di aerei-merci e dell’acuirsi della crisi Coronavirus, il governo USA ha recentemente organizzato un ponte aereo con un cargo militare per trasportare urgentemente i nostri tamponi. Altre spedizioni sono state programmate nella stessa modalità , anche perchè la quantità inviata non è certo “impressionante” rispetto alla popolazione e soprattutto al numero di test che possono essere effettuati settimanalmente nei laboratori Nordamericani. Non c’è stata nessuna operazione in sordina, la merce è stata regolarmente sdoganata e ceduta a prezzo di mercato, Copan non ha venduto ad alcun governo. E, soprattutto, nessun tampone è stato tolto ai bresciani, ai lombardi, agli Italiani o agli Europei. L’articolo di Repubblica contiene una serie di inesattezze ed allusioni e sta arrecando un grave danno all’immagine di Copan: basta dare un’occhiata alle reazioni di sdegno suscitate dallo stesso sui social media a poche ore dalla pubblicazione. Ci risulta, inoltre, che il contenuto sia già stato ripreso da altri organi di stampa e mezzi di comunicazione, ad aggravarne ulteriormente l’impatto.Per avere risposta ai tanti interrogativi sollevati sarebbe bastato consultarci. Il contraddittorio avrebbe anche consentito di comprendere quanto il ritratto a tinte fosche che emerge dalla lettura dell’articolo sia distante dall’etica che contraddistingue il nostro gruppo di persone che, con sacrifici enormi, sta dando il suo contributo alla corretta diagnosi del Covid-19, ovunque nel mondo. Copan si riserva di agire nelle sedi giudiziarie competenti per tutelare la propria immagine.
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