Gennaio 24th, 2023 Riccardo Fucile
LA PREMIER HA TOLTO LA GUIDA DEL PARTITO ROMANO AI “GABBIANI”, IL GRUPPO DI RAMPELLI, DOPO L’EVENTO AL TEATRO BRANCACCIO IN CUI VENIVANO “LANCIATI” I SOLI CANDIDATI DELLA CORRENTE… COME REAGIRA’ RAMPELLI, DOPO ESSERE STATO ESCLUSO DAL GOVERNO, NON CANDIDATO ALLA REGIONE LAZIO E SCAVALCATO DA MICHETTI AL COMUNE DI ROMA?
A portare la leader allo scontro definitivo con quella che è l’unica corrente
all’interno di FdI, quella appunto di Rampelli, è stato l’evento al teatro Brancaccio con i candidati Ghera e Rotondi, a cui hanno preso parte oltre mille persone.
Un appuntamento iniziato male per i due aspiranti consiglieri, rampelliani di ferro, e finito peggio. A far andare la premier su tutte le furie è stato però il particolare che l’invito alla manifestazione è stato inviato dalla federazione romana a tutti gli iscritti, come se si trattasse di un evento di partito, mentre era un appuntamento a sostegno di Ghera e Rotondi e dunque della corrente di Rampelli.
Le parole utilizzate da Giorgia Meloni sono dure. Specifica di aver sentito il coordinatore regionale Paolo Trancassini e di aver scelto come commissario Donzelli «considerata la campagna elettorale per le regionali e anche la necessità di gestire con terzietà la corsa alle preferenze». Una terzietà dunque che, secondo l’inquilina di palazzo Chigi, non avrebbero avuto i componenti della corrente dei Gabbiani.
Occorrerà vedere ora come reagirà Fabio Rampelli, che viene da una fase non felicissima. Nel giro di pochi mesi, il vicepresidente della Camera ha dovuto già ingoiare la sua esclusione da qualsiasi incarico di Governo e la decisione della Meloni di non candidarlo a presidente della Regione, scegliendo al suo posto Francesco Rocca.
Il bis dopo la mancata corsa per il Campidoglio, quando alla fine al suo posto venne scelto per candidato sindaco il tribuno radiofonico Enrico Michetti. Il presidente provinciale del partito, Marco Silvestroni: «Ricordo a tutti che sostenere i propri candidati non significa parlar male dei colleghi di partito né avere atteggiamenti faziosi e correntismi».
(da La Repubblica)
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Gennaio 24th, 2023 Riccardo Fucile
IL CAPOMAFIA HA SVELATO I DETTAGLI DELLE “REGOLE” DI COSA NOSTRA IN UNA CONVERSAZIONE INTERCETTATA DI MILITARI DELL’ARMA
“C’è lo statuto scritto … che hanno scritto i padri costituenti”: così afferma uno dei boss arrestati oggi a Palermo dai carabinieri, non sapendo di essere intercettato.
Una rivelazione che i magistrati ritengono importantissima e che conferma l’osservanza da parte dei capimafia di ferree regole, una sorta di “Costituzione” della mafia. I boss continuano a rispettare le vecchie “regole” mafiose e a imporne l’osservanza agli affiliati, dunque.
Le “cimici” piazzate dagli investigatori hanno potuto ascoltare le conversazioni degli indagati che spesso si richiamavano al rispetto di principi mafiosi arcaici, un vero e proprio “statuto” scritto dai padrini. “Principi” che i capimafia continuano a considerare il baluardo dell’esistenza stessa di cosa nostra.
Nell’ambito della conversazione registrata, definita dal gip “di estrema rarità nell’esperienza giudiziaria”, si è più volte fatto richiamo all’esistenza di un “codice mafioso scritto”, custodito gelosamente da decenni e che regola, ancora oggi, la vita di cosa nostra palermitana.
I carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo hanno arrestato sette persone con le accuse di associazione mafiosa ed estorsione aggravata. Il blitz, coordinato dalla Dda guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, ha colpito la ‘famiglia’ mafiosa di Rocca Mezzomorreale (Pa) e i suoi vertici, già condannati in via definitiva e tornati liberi dopo aver scontato la pena. In cella sono finiti anche uomini d’onore riservati, sfuggiti finora alle indagini, che sarebbero stati chiamati in azione solo in momenti di criticità per la cosca.
Per 5 indagati è stato disposto il carcere, per due i domiciliari. L’operazione, condotta tra Riesi, nel nisseno, e Rimini, ha consentito di smantellare la famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale, “costola” del mandamento palermitano di Pagliarelli, ed ha confermato, ancora una volta, le storiche figure di vertice, già in passato protagoniste di episodi rilevantissimi per la vita dell’associazione mafiosa, come la gestione del viaggio a Marsiglia del boss Bernardo Provenzano per sottoporsi a cure mediche o la tenuta dei contatti con l’ex latitante trapanese Matteo Messina Denaro.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2023 Riccardo Fucile
“CON LE CARRIERE SEPARATE PM SOTTOMESSI ALL’ESECUTIVO”
A differenza di quello che dice il ministro della Giustizia Carlo Nordio, «cambiare
le norme sulle intercettazioni non serve né a evitare abusi né a tutelare la privacy». Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ritiene totalmente «infondate» le motivazioni tirate fuori in questi giorni dal Guardasigilli.
Mettiamo da parte i reati di mafia e corruzione, che sarebbero esenti dalla modifica. Per tutti gli altri si possono fare indagini efficaci senza avere accesso agli ascolti?
«Le rispondo con un paio di esempi. Poniamo di essere davanti a un reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti. Con indagini tradizionali, come le verifiche fiscali, si può giusto arrivare ai prestanome, senza patrimonio e ignari del meccanismo. I veri registi, i professionisti compiacenti e i beneficiari dei profitti, tutti sempre coinvolti in organizzazioni di stampo criminale, senza intercettazioni non si colpiranno mai».
Ne ha pronto un altro.
«Certo, la corruzione mediante consulenze fittizie: senza intercettazioni gli inquirenti acquisiranno contratti di consulenza e pagamenti mediante bonifici apparentemente regolari. Ma non potranno dimostrare che le parcelle sono in realtà mazzette da destinare a pubblici ufficiali».
Insomma, le ritiene indispensabili.
«Lo sono».
Che tipo di inchieste sarebbero a rischio se il governo andasse avanti con la riforma prospettata da Nordio?
«Inchieste su reati contro la pubblica amministrazione, reati finanziari, bancarotte, organizzazioni dedite a furti e rapine. Estorsioni. È un lungo elenco».
La maggioranza accusa: sui giornali escono ancora intercettazioni non rilevanti, come nel caso Zaia-Crisanti.
«La riforma entrata in vigore il 1 settembre 2020 è chiara: le conversazioni non rilevanti non possono essere inserite in atti, ma devono confluire in un archivio riservato. Se chi ha accesso all’archivio le divulga, commette un reato. Nel caso che cita, se sono state divulgate, evidentemente sono state ritenute rilevanti».
Al di là delle intercettazioni, cosa pensa dell’impianto di riforma proposto dal governo?
«La separazione delle carriere è assolutamente inutile, perché di fatto una separazione già esiste, attraverso gli assai rigidi limiti territoriali e numerici di cambio di funzioni. In più, è negativa, perché fa perdere la cultura giurisdizionale al pm, come soggetto terzo nelle indagini. E spalanca le porte a qualcosa di ancora peggiore».
Cosa?
«La sottomissione del pm all’esecutivo».
Secondo Nordio è il Parlamento a essere supino rispetto ai magistrati.
«Se fosse così oggi non avremmo la riforma Cartabia, che la magistratura non ha certo voluto».
Il governo si è impegnato a correggere l’effetto pericoloso dell’improcedibilità d’ufficio per alcuni reati.
«Quello dei reati a querela è solo l’antipasto, se mi consente il termine».
Cos’altro non funziona?
«Vengono appesantite le procedure, rendendo più difficoltosa l’organizzazione degli uffici piccoli e più lunghi i processi di primo grado. In più, quando si arriva in appello, dopo tutto l’impegno profuso, in molti casi arriva la mannaia della improcedibilità. Il sistema è destinato a girare a vuoto».
Ma condivide la necessità di velocizzare i processi?
«Certo, ma per farlo bisogna ottimizzare le risorse che sono mal distribuite. Nella sanità si sono chiusi importanti presidi ospedalieri sul territorio, e non si ha il coraggio di chiudere tribunali piccoli distanti 20 o 30 km da quelli più grandi, peraltro alla vigilia dell’entrata in vigore, anche nel penale, del processo telematico».
Basterebbe questo? Pura logistica?
«No, serve una depenalizzazione di reati che di fatto non hanno alcuna valenza offensiva. Si devono snellire le procedure, facendo esattamente l’opposto di quanto dettato dalla Cartabia».
E poi forse bisognerebbe alleggerire le carceri, sovraffolate, troppo spesso teatro di violenze, dove i suicidi sono in costante aumento.
«Il problema lo si risolve costruendo carceri attrezzati, potenziando le comunità di recupero dei tossicodipendenti, evitando a questi ultimi di andare in carcere».
È possibile ci sia stata una trattativa per la cattura di Matteo Messina Denaro
«Non conosco il caso e non mi esprimo su ciò che ignoro»
Riformulo. È possibile nascondersi 30 anni in “pieno giorno”, nei luoghi di sempre?
«Parlo in linea generale. Il reato di associazione mafiosa ha come elemento strutturale la valenza intimidatoria come fonte di omertà. Se in una comunità la presenza della mafia è forte, sarà meno facile per lo Stato penetrarvi».
Quindi sì, è possibile.
«Il boss dal territorio non può fuggire. Il suo allontanamento verrebbe percepito come segno di debolezza. In quel territorio Matteo Messina Denaro, figlio di don Ciccio Messina Denaro, è nato e cresciuto. Aveva molti protettori e tanti fiancheggiatori. Mi auguro che le indagini possano fare luce anche su questo aspetto».
Ma alla fine questa cattura rappresenta un successo per lo Stato o un fallimento visto il ritardo con cui ci si è arrivati?
«Godiamoci il successo, senza cercare sempre il pelo nell’uovo. È stato arrestato un latitante che apparteneva a un gruppo mafioso che è stato sconfitto. Non era il capo dei capi o il re di Cosa nostra, come è stato irresponsabilmente definito. Ma un boss che andava arrestato».
Com’è cambiata la mafia in questi trent’anni? Deve farci più o meno paura
«Una delle caratteristiche delle mafie è la loro capacità di adattamento. Oggi, sparano di meno, ma sono molto più pericolose. Attenzione a credere che con l’arresto di Messina Denaro la pratica sia stata chiusa. Ripeteremmo gli stessi errori commessi nel passato. Quello che è mancato nel tempo – e mi riferisco agli ultimi 150 anni – è stata la continuità investigativa e la volontà politica nel combattere le mafie, sempre e comunque».
Quindi, più paura.
«Se la mafia siciliana prende esempio dalla’ndrangheta, che ha mantenuto negli anni una strategia silente, evitando di far parlare di sé con atti eclatanti, e insinuandosi progressivamente nel tessuto sociale ed economico del centro nord e di importanti Stati europei, c’è poco da essere sereni».
La famosa borghesia mafiosa.
«È sempre esistita. Se n’erano già accorti Franchetti e Sonnino nella loro inchiesta in Sicilia del 1876. I “facinorosi della classe media” erano la borghesia mafiosa di oggi. Le relazioni esterne da sempre costituiscono l’ossatura del potere mafioso. Oggi professionisti senza scrupoli, al servizio delle cosche, mettono a disposizione il proprio know how, per permettere alla mafia di operare dove non è tecnicamente in grado di farlo. Pensi alle raffinate operazioni di riciclaggio internazionale».
Messina Denaro ha già detto che non parlerà. Pensa che comunque seguire le tracce dei suoi covi e delle sue coperture porterà nuove verità? Quelle verità che in questi giorni invocano più di tutti i parenti delle vittime?
«Le condizioni di salute di Messina Denaro non sono ottimali, da quello che ho letto sui giornali. Vorrei essere smentito, ma non mi sembra il tipo che possa decidere di collaborare con lo Stato. Se lo facesse sarebbe possibile chiudere definitivamente la stagione stragista, raccontando quello che ancora non si sa. E che in tanti vorremmo sapere»
(da La Stampa)
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Gennaio 24th, 2023 Riccardo Fucile
AMAREGGIATO DOPO ANNI DI BATTAGLIE, SI CHIEDE COME SIANO POSSIBILI LE DINAMICHE DELL’ARRESTO DI MESSINA DENARO
Baiardo, che aveva preannunciato l’arresto di Messina Denaro, ha detto che copie dell’Agenda rossa di Paolo Borsellino sarebbero nelle mani della mafia.
Ha sentito le affermazioni di Salvatore Baiardo a “Non è l’Arena” di Giletti? Dice esplicitamente che ha visto dei fogli che riproducevano l’Agenda rossa di suo fratello Paolo…
Lo ha detto altre volte. Se vuole il mio parere, io ho paura che possa corrispondere a verità. Come sono convinto che in questa cattura di Matteo Messina Denaro ci sia qualcosa… qualcosa di anomalo per come si è svolta. Neanche ammanettato, sembrava venisse accompagnato a un taxi. Anche le indagini che ora stanno venendo fuori… mah… hanno trovato qualche preservativo, delle pillole di viagra, delle calamite sul frigorifero. Poi c’è un covo, poi ne trovano un altro lì vicino. La maniera in cui la stanno conducendo, anche dal punto vista mediatico, mi dà veramente fastidio.
Le parole di Baiardo sono…
Ho il terrore e sarebbe veramente terribile, se le cose dette da Baiardo che per la premonizione su Messina Denaro si sono rivelate vere, corrispondessero a verità. Una latitanza che dura trent’anni è una sconfitta per lo Stato, non è sicuramente un successo. Ci siamo abituati alle trattative. Purtroppo in una sentenza di un processo di Palermo è stato detto che non costituisce reato trattare con la mafia, cosa per me assolutamente abnorme. A questo punto tutto è possibile, ma non vorrei che una copia dell’Agenda rossa sia stata data, in effetti, ai vertici e a Matteo Messina Denaro, o a chi per lui, come pegno, come garanzia del rispetto di certi patti che ho paura siano veramente stati stipulati, visto come stanno andando le cose. Sinceramente anche montare questa cattura di Matteo Messina Denaro come un successo dello Stato è una cosa abnorme.
Alla fine dei conti cosa pensa possa esserci dentro l’Agenda rossa di suo fratello, che idea si è fatto in tutti questi anni?
Anche come è stata predisposta la sottrazione dell’Agenda rossa, con qualcuno che aspettava vicino via d’Amelio e sapeva che ci sarebbe stata l’esplosione, mi lascia perplesso. Non è la mafia ad essere interessata a prendere l’agenda di mio fratello. Erano dei pezzi dello Stato che stavano trattando con la criminalità organizzata. Oggi a trent’anni di distanza di trattativa si parla come fosse una cosa quasi normale, addirittura abbiamo saputo che non è neanche un reato. Ma lei provi a immaginare cosa sarebbe successo nel 1992, con l’opinione pubblica scossa dalla strage di Capaci, se mio fratello avesse rivelato che c’era una trattativa in corso tra pezzi dello Stato e la mafia. Sarebbe scoppiata la guerra civile del nostro Paese. Allora era indispensabile che quell’agenda sparisse. Purtroppo è possibile che venga impiegata come arma di ricatto reciproco tra…
Quei pezzi dello Stato…
Sì. Io ritengo che allora ci sia stato un colpo di Stato sotterraneo che si è concluso quando non fu messo in atto l’attentato allo stadio Olimpico, a Roma, vennero sciolte le camere da Scalfaro senza che vi fosse un voto di sfiducia perché a mio avviso Scalfaro era sotto ricatto. Purtroppo il risultato oggi è questo: a trent’anni di distanza l’agenda non viene fuori e credo faccia più paura a pezzi dello Stato, che magari oggi sono in posizioni di potere, che non alla mafia. Lei ci pensi: anche l’archivio di Totò Riina è sparito. Poteva fare più male a quei pezzi dello Stato che da Portella della ginestra in poi hanno portato avanti trattative con la mafia e se ne sono serviti, in qualche maniera, come braccio armato che alla mafia stessa. Sulla sparizione dell’archivio di Totò Riina non sono neanche sicuro siano stati dei mafiosi, forse sono stati dei pezzi dello Stato a cui quell’archivio poteva fare del danno.
Sono passati 30 anni da quel ’92. Allora si sperava in un futuro diverso e che vi fosse un riscatto popolare contro la mafia. Per come è cambiato il mondo, secondo lei, che conosceva il carattere di suo fratello e il legame con Giovanni Falcone, cosa avrebbero pensato della società di oggi?
Avrebbero pensato che purtroppo si sono realizzate tante di quelle cose che venivano prospettate nel Piano di rinascita democratica di Licio Gelli. Non ne sarebbero stati contenti. Penso che per come si è evoluta la società dopo la loro morte, il loro sacrificio forse sia stato anche inutile. Ho perso la speranza che nel corso della vita che mi resta potrò avere verità e giustizia e… quindi sono piuttosto sfiduciato. Parlo ancora con i giovani per far sì che ci sia qualcuno che continui a chiedere verità e giustizia anche quando non potrò più farlo io.
(da affaritaliani.it)
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Gennaio 24th, 2023 Riccardo Fucile
“SALVATORE BAIARDO? E’ IL PORTAVOCE DELLA MAFIA”
Matteo Messina Denaro non è stato “venduto” da Cosa Nostra. Ma ha
semplicemente obbedito all’ordine di farsi arrestare.
Lo ha detto il senatore del Movimento 5 Stelle ed ex magistrato Roberto Scarpinato in un’intervista al Tg1.
Secondo Scarpinato l’ultimo dei Corleonesi «ha cominciato a commettere una serie di errori da principiante. Era inevitabile che prima o poi venisse catturato. Non è che Matteo Messina Denaro non era più il capo. Ma c’è una struttura che va al di là di Matteo Messina Denaro che dice “è chiusa, è finita, questo è il momento in cui tu ti devi fare arrestare”. E anche Matteo Messina denaro deve obbedire».
Per il senatore «i mafiosi non ostentano mai la loro ricchezza. Al contrario, si mostrano umili, non hanno mai avuto macchine lussuose. L’ostentazione del lusso, al contrario è controproducente». Invece il boss «ha avuto una bella vita, ha vissuto all’estero. Solo all’ultimo si è trovato in questo paesino. Lui conosce le stragi del ’92 e ’93. Godeva di una rete di protezione di altissimo livello, riusciva a scappare un attimo prima dell’arresto e le indagini hanno dimostrato che veniva avvertito dagli stessi investigatori che dovevano arrestarlo».
Mentre Salvatore Baiardo, che aveva parlato della sua malattia, «è il portavoce della mafia. Parla in tv e annuncia che Matteo Messina Denaro verrà arrestato. E nonostante questo lui resta dov’era. C’è qualcosa che non va».
(da Open)
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Gennaio 24th, 2023 Riccardo Fucile
ANCHE UNA LETTERA DEL 2010 PARLAVA DELLA SUA PRESENZA IN ZONA
«Matteo Messina Denaro vive in zona. Non lo vogliono prendere! Qualcuno gli deve portare i vestiti e da mangiare. Dove pensate che sia se non qui?».
È il 19 novembre del 2021 quando i carabinieri di Campobello di Mazara raccolgono la denuncia di una fonte “anonima ma degna di fede”. L‘annotazione di servizio di un paio di giorni dopo è stata mostrata a Report. Ma le segnalazioni che riguardano la presenza dell’Ultimo dei Corleonesi in zona risalgono a molto prima.
E tutte puntano su un luogo ben preciso: Torretta Granitola. Era il luogo delle scorribande giovanili del figlio di Don Ciccio. Ma viene richiamato anche in una soffiata del 2017. E, incredibilmente, persino in una lettera anonima inviata alle redazioni dei giornali locali nel 2010. «Ti vedo fare la spola tra Torretta e la Tunisia con il tuo gommone a forma di pane», recitava il solito Corvo.
La fonte del novembre 2021
La segnalazione del 2021 arriva da un informatore «noto agli uffici e di provata fede». La persona parla del boss e di chi lo aiuta. «Non li avete visti quei due (con nomi e cognomi, ndr) che fanno avanti e indietro da Torretta? C’è il vedovo della ginecologa e quello del bar». Quando parla di Messina Denaro la fonte non ne fa il nome. Lo chiama Iddu e lo indica con il mignolo della mano. E di lui sembra sapere anche cose che superano le conoscenze delle investigazioni: «Ha sempre la stessa faccia ma è molto invecchiato. A Campobello è protetto, i giovani lo amano, il paese è malato». La frase serve a smentire tutti i racconti dei presunti pentiti che parlavano di una plastica facciale per sfuggire ai riconoscimenti. Oggi si scopre che Andrea Bonafede, arrestato per associazione mafiosa, ha lavorato nel parco acquatico di Torretta Granitola. E per un certo periodo ne è stato anche socio d’impresa. Da Campobello a Torretta ci sono 12 chilometri di distanza.
La lettera anonima: «Io ti vedo»
Poi c’è la lettera anonima che risale al Natale 2010. Si trova citata in tutti i libri che parlano di Matteo Messina Denaro. E la parte finale recita: «Caro Matteo, tu che vivi nel caldo tepore dei focolari domestici mazaresi sappi che io ti vedo. Ti vedo fare la spola tra Torretta e la Tunisia con il tuo gommone a forma di pane. Ti vedo in quella farmacia di Mazara lavare via i tuoi malanni. Li vedo poi quei pizzini tuoi, volare, liberi come gabbiani, al Porto Nuovo. E vedo ancora il tuo sguardo preoccupato leggere queste parole».
In poche righe l’anonimo fornisce informazioni importanti sulle abitudini del boss. I viaggi in Africa dalla Sicilia sono stati oggetto di molte indagini dell’Antimafia. La farmacia di Mazara si riferisce all’acquisto di medicinali (ma non può trattarsi del tumore al colon scoperto successivamente). Il riferimento ai pizzini che partono dal Porto Nuovo riguarda il metodo di comunicazione preferito da ‘U Siccu così come da Bernardo Provenzano.
Cos’è Torretta Granitola
Torretta Granitola è un centro che raccoglie 131 abitanti in provincia di Trapani. Nella segnalazione di novembre 2021 si diceva che in zona comanda sempre «il fratello Salvatore Messina Denaro». Il New Acquasplash invece si trova in località Tre Fontane. Proprio lì ieri è stato arrestato Bonafede. Che si trovava nell’abitazione della sorella Angela in località Tredicesima Est della frazione marittima di Castelvetrano. Al numero 3 della via del Mare in località Torretta c’è anche un’unità operativa del Consiglio Nazionale delle Ricerche. L’ente ha persino affittato da persone vicine al boss un locale ad uso foresteria. E, come ha raccontato Report, il dirigente della sede, Mario Sprovieri, confidò alla ricercatrice Laura Giuliano, nipote del super poliziotto Boris Giuliano, che il boss si trovava proprio lì (in un audio che potete ascoltare nella clip video che anticipiamo): «Tieni presente che Capo Granitola è la casa di Matteo Messina Denaro. Il boss ricercato al mondo numero uno è là».
La presenza sicura dal 2020
La sicurezza sulla presenza di Messina Denaro in zona viene anche dall’ordinanza che ha mandato in carcere il suo autista. Secondo gli inquirenti Bonafede avrebbe ceduto al capomafia il proprio documento di identità affinché potesse metterci la sua fotografia. Il documento è stato utilizzato da Messina Denaro per accedere sotto falso nome alle cure del servizio sanitario nazionale almeno a partire dal 13 novembre 2020, quando fu operato all’ospedale di Mazara del Vallo. Il geometra ha inoltre consentito al boss di attivare una carta bancomat che il capo di Cosa nostra trapanese ha utilizzato per sostenere le spese necessarie per il sostentamento durante la latitanza e ha acquistato, per conto del padrino, un appartamento in vicolo San Vito con 20mila euro in contanti che Messina Denaro gli ha dato.
La donna nel covo
Intanto il mistero degli abiti femminili trovati nel covo di via San Vito o Cb31/7 va verso una soluzione. La persona che il boss ospitava, racconta oggi Il Messaggero, sarebbe una donna del luogo. Con residenza a Campobello o in un paese vicino. Il rapporto andava avanti oltre gli incontri occasionali. Alcune voci parlano di una presenza femminile anche in via San Giovanni. E c’è anche chi ricorda che negli anni a Messina Denaro è stato attribuito un secondo figlio oltre a Lorenza Alagna. Che ha fatto sapere nei giorni scorsi di non aver mai rinnegato il padre. Questo secondo figlio porterebbe il nome del padre di Diabolik: si chiamerebbe quindi Francesco.
(da Open)
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Gennaio 24th, 2023 Riccardo Fucile
ALLE ULTIME POLITICHE, DOPO UNA CAMPAGNA ELETTORALE ANTISISTEMA (NO DRAGHI, NO TAV, NO VACCINI, NO NATO, NO UE, NO SANZIONI ALLA RUSSIA), LA COALIZIONE CAPITANATA DA RIZZO (ITALIA SOVRANA E POPOLARE) AVEVA CONQUISTATO CIRCA 348.074 VOTI (1,24%)
Dopo aver detto «no» a tutto, alla fine il suo partito ha detto «no» a lui. Che,
però, non condivide tale lettura. Il «compagno» Marco Rizzo, per anni segretario del Pc — uno dei due partiti comunisti esistenti in Italia (l’altro è il Pci guidato da Mauro Alboresi e guai a confonderli) — è stato sostituito da Alberto Lombardo, docente all’Università di Palermo. Rizzo […] aveva rifondato il Pc nel 2009 e da allora ne era stato leader. Alle ultime Politiche, dopo una campagna elettorale antisistema (No Draghi, No Tav, No vaccini, No Nato, No Ue, No sanzioni alla Russia), la coalizione capitanata da Rizzo (Italia sovrana e popolare) aveva conquistato circa 348.074 voti (1,24%).
La svolta alla guida del Pc è stata avallata «a grandissima maggioranza dal Comitato centrale» del partito. Il «compagno» Rizzo ricoprirà la carica di presidente onorario. «Io epurato dai compagni? Macché, non scherziamo, questa svolta l’ho voluta io. Sono stato segretario per 13 anni, sennò poi diventa il “partito di Rizzo”».
Cacciato o invitato all’uscita? Di certo le tensioni erano da tempo esasperate. Tanto è vero che a luglio, in piena campagna elettorale, Rizzo fu «espulso» simbolicamente dal partito con un’uscita della Federazione di Milano, che lo accusava di aver preso decisioni non autorizzate dal «Comitato centrale», organo supremo dei comunisti. Aveva siglato accordi abbracciando sia la destra complottista di esponenti come l’ex eurodeputata leghista Francesca Donato, sia la sinistra radicale di Azione civile di Ingroia. Per non parlare poi di un accordo, in Sardegna con Il popolo della famiglia di Adinolfi. Un potpourri politico che alla fine ha fatto saltare il banco.
(da il Corriere della Sera)
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Gennaio 24th, 2023 Riccardo Fucile
LE DIMISSIONI NEL SUO STAFF E NEL GOVERNO DI KIEV
Il vice capo dell’ufficio presidenziale ucraino Kyrylo Tymoshenko si è dimesso. Tymoshenko ha scritto su Telegram di aver chiesto al presidente Volodymyr Zelensky di sollevarlo dalle sue funzioni. Sul sito web presidenziale è stato pubblicato un decreto che accetta le dimissioni di Tymoshenko. Anche il vice ministro della Difesa dell’Ucraina, Vyacheslav Shapovalov, ha rassegnato le sue dimissioni citando «accuse di corruzione» provenienti dai mezzi di informazione.
Secondo i media ucraini nelle prossime ore potrebbero arrivare altri cambiamenti nel governo di Kiev. Nei giorni scorsi erano emersi fatti di corruzione nell’ambito dei rifornimenti alimentari per l’esercito.
Nel suo discorso serale di ieri lo stesso Zelensky aveva annunciato una riorganizzazione: «Ci sono già decisioni – alcune oggi, altre domani – che riguardano il personale, funzionari a vari livelli nei ministeri e in altre strutture del governo centrale, così come nelle regioni e nelle forze dell’ordine». Nel fine settimana scorso, la polizia anti-corruzione ha dato notizia dell’arresto del vice ministro per le infrastrutture, sospettato di aver percepito una tangente di 400mila dollari per l’importazione di generatori, accusa respinta dall’interessato.
Un’inchiesta giornalistica ha intanto fatto emergere l’accusa nei confronti del ministero della Difesa di aver pagato prezzi eccessivi per le razioni di cibo dei soldati. Il fornitore ha risposto parlando di errore tecnico ed ha escluso passaggi di denaro.
(da agenzie)
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Gennaio 24th, 2023 Riccardo Fucile
SI TRATTA DI DEGENTI, CHE SI TROVANO IN CONDIZIONI DI INCAPACITÀ O DI INFERIORITÀ FISICO-PSICHICA, RICOVERATE NEL REPARTO FEMMINILE E HANNO TUTTE TRA I 40 ED I 60 ANNI
Con le accuse di maltrattamenti e abusi sessuali nei confronti di 25 pazienti
psichiatrici ricoverati nella struttura socio sanitaria Don Uva di Foggia ,15 tra operatori sanitari, infermieri e ausiliari sono stati arrestati e altrettanti sono stati raggiunti da misure cautelari (obbligo di dimora e divieto di avvicinamento alle vittime).
L’indagine, coordinata dalla Procura di Foggia, è stata condotta da carabinieri Nucleo Investigativo e del Nas. Le accuse sono di maltrattamenti aggravati, sequestro di persona, violenza sessuale, favoreggiamento personale nei confronti di almeno 25 pazienti ricoverati.
Sono 25 le persone che, secondo gli investigatori, avrebbero subito abusi dagli indagati. Si tratta di degenti che si trovano in condizioni di incapacità e o di inferiorità fisica o psichica ricoverate nel reparto femminile di psichiatria di lunga degenza ed hanno tutte tra i 40 ed i 60 anni. Le indagini sono state avviate la scorsa estate.
Perquisiti, oltre alle abitazioni dei 30 indagati, anche gli uffici ed i locali della struttura sanitaria oggetto di indagini. I vertici della struttura non risultano indagati.
(da agenzie)
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