Gennaio 18th, 2023 Riccardo Fucile
SCRIVONO I PM DI MILANO: “E’ VEROSIMILE CHE MATTEO SALVINI FOSSE A CONOSCENZA DELLE TRATTATIVE PORTATE AVANTI DA SAVOINI, MERANDA E VANNUCCI, VOLTE AD ASSICURARE IMPORTANTI FLUSSI FINANZIARI AL PARTITO” … SUL LEADER LEGHISTA PERÒ “NON SONO MAI EMERSI ELEMENTI CONCRETI”, A PARLARE DI LUI SONO PERÒ I TRE ITALIANI E SALVINI DICE: “NON FATE IL MIO NOME PERCHE’ SONO FOTTUTO”
C’era l’urgenza di raggiungere l’accordo, di perfezionare quella compravendita da un miliardo di dollari di gas russo che avrebbe portato circa 73 milioni di dollari nelle casse della Lega e finanziato così la campagna per le Europee 2019.
Un progetto naufragato dopo che finì sui giornali l’incontro del 18 ottobre 2019 all’hotel Metropol di Mosca, dove l’ex portavoce di Matteo Salvini, Gianluca Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda (che diffonderà l’audio) e il broker Francesco Vannucci incontrarono gli uomini dell’establishment russo.
Il fallimento dell’operazione e la mancata individuazione di pubblici ufficiali russi porta così il procuratore aggiunto di Milano, Fabio De Pasquale, coi pm Giovanni Polizzi e Cecilia Vassena, a chiedere l’archiviazione del fascicolo.
«Sin dall’inizio dell’inchiesta – scrivono i pm – è dunque apparso verosimile che Matteo Salvini fosse a conoscenza delle trattative portate avanti da Savoini, Meranda e Vannucci, volte ad assicurare importanti flussi finanziari al partito». Sul leader leghista però «non sono mai emersi elementi concreti, E per questo Salvini non è mai stato indagato.
A parlare in continuazione di lui sono però i tre italiani. Esplicitano di dover «non soltanto chiudere l’accordo, ma di riuscirvi molto rapidamente, attesa la prossimità delle elezioni ».
Sei mesi prima del Metropol, è Vannucci a informare Meranda «di essere in quel momento con un “Matteo”», per i pm «identificabile nel segretario della Lega». «Decisamente più intensi – annota ancora la Gdf – i contatti e gli incontri di Savoini con il segretario della Lega», a ridosso di «momenti salienti delle trattative, come tra il 6 e il 9 luglio, immediatamente successivi al rientro di Savoini da Mosca».
In un altro resoconto, il 17 luglio, Vannucci riferisce a Meranda le parole di Savoini, di ritorno dalla Russia, dov’ era anche Salvini. «La sera dopo c’è stata la cena Kappa (che i pm ipotizzano essere l’imprenditore Konstantin Malofeev) gli ha detto… “allora, Matteo, hai bisogno di una mano?”… “eh”… dice… “sì, sa tutto lui… non mi tenete nel mezzo… non mi chiamate… non fate il mio nome perché sono fottuto… pero è una cosa che mi va bene, a cui tengo particolarmente, perché per me è la tranquillità”… e Kappa gli ha detto…”provvederemo”».
(da La Repubblica)
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Gennaio 18th, 2023 Riccardo Fucile
ALFONSO TUMBARELLO, E’ MEDICO DI BASE A CAMPOBELLO DI MARSALA
Alfonso Tumbarello, medico di base di Campobello di Mazara, il paese del trapanese dove è stato individuato il covo di Matteo Messina Denaro, è stato iscritto nel registro degli indagati con il sospetto di aver aiutato il boss di Cosa Nostra durante la sua latitanza.
Tumbarello, infatti, ha prescritto diversi farmaci ad Andrea Bonafede, la falsa identità utilizzata da Matteo Messina Denaro per curarsi presso la clinica Maddalena di Palermo dove nella mattinata di lunedì 16 gennaio è stato arrestato.
Il problema è che il medico di base di assistiti con il nome di Andrea Bonafede ne aveva due: uno era per l’appunto il superlatitante ricercato da 30 anni in tutta Italia, l’altro il “vero” Bonafede.
Quello che la procura intende accertare è se ovviamente il medico fosse a conoscenza della reale identità del suo assistito e lo abbia quindi aiutato nella sua latitanza.
Chi è Alfonso Tumbarello
Storico medico di base di Campobello di Mazara, Alfonso Tumbarello ha 70 anni e alle spalle anche una discreta carriera politica.
Consigliere provinciale per l’Udc, nel 2006 si candidò alle elezioni regionali della Sicilia nella stessa lista, che quell’anno vide la riconferma a governatore di Totò Cuffaro, poi costretto alle dimissioni due anni più tardi dopo la condanna per favoreggiamento di Cosa Nostra.
Alfonso Tumbarello ottenne 2.697 preferenze, ma non fu eletto. Cinque anni dopo, nel 2011, si candidò a sindaco del suo paese, Campobello di Mazara, appoggiato dal Polo delle Libertà. Anche in questa occasione, però, il medico non riuscì a vincere, venendo estromesso persino dal ballottaggio.
Secondo La Repubblica, Tumbarello viene descritto come vicino all’ex sindaco di Castelvetrano, paese natale di Matteo Messina Denaro, Tonino Vaccarino, esponente di spicco della Democrazia Cristiana che collaborò con i Servizi Segreti intrattenendo col boss mafioso latitante un rapporto epistolare.
(da agenzie)
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Gennaio 18th, 2023 Riccardo Fucile
L’ESCLUSIVA DI TPI E I SEI POST SUL SOCIAL MEDIA DI UN UTENTE ANONIMO: “SI COSTITUISCE”
Con sei post sul social media TikTok, un utente anonimo ha diffuso allusioni più che evidenti alla cattura di Matteo Messina Denaro almeno nove giorni prima dell’operazione del ROS e del GIS dei carabinieri nel quartiere di San Lorenzo, coordinata dalla Procura dI Palermo. Una lunga fila di messaggi video, con riferimenti alle condizioni di salute precarie del boss di Cosa Nostra e alla sua cattura, data come avvenuta.
Il primo video della serie è stato pubblicato – secondo la data che appare nel codice – il 7 gennaio 2023, alle ore 15.08, più di una settimana prima dell’arresto, scattato la mattina del 16 gennaio scorso; sulla sfondo la foto di una cella. Con la scritta: “Prigione di Matteo Messina Denaro il boss indiscusso N.1 C. Nostra”.
Il secondo video è stato postato lo stesso giorno, qualche ora più tardi, alle 19.12; l’audio riproduce il suono di sirene, le immagini sono quelle di automobili e divise dei carabinieri, con la scritta “Cattura del superlatitante Boss C.Nostra Denaro Messina Matteo”, un riferimento diretto ad un arresto non ancora avvenuto.
Tre giorni dopo, il 10 gennaio 2023, alle ore 19.19, lo stesso utente pubblica un terzo video, con una galleria di foto di Messina Denaro che scorre e la scritta “Denaro Messina Matteo Si costituisce Pentito”. Lo stesso giorno sulla bacheca TikTok appare un quarto video, alle 20.11, con un messaggio molto simile e un nuovo riferimento al “pentimento”.
Il 12 gennaio 2023, alle ore 20.06, quattro giorni prima dell’effettiva cattura, esce il quinto video della curiosa serie, con nuovi dettagli: “Carcere di massima sicurezza/Sicurezza detenuto Denaro Messina Matteo/“U Siccu”/Sorvegliato speciale/Ha bisogno di cure giornaliere”. Per la prima volta appare anche il riferimento alle condizioni di salute del boss di Cosa Nostra.
Quando mancavano appena tre giorni all’operazione dei carabinieri, il 13 gennaio 2023, alle ore 19.12, lo stesso utente ha postato un sesto video, facendo di nuovo riferimento alle condizioni di salute: “Malore improvviso/Operato d’urgenza/Matteo Messina Denaro/“U Siccu”/“Diabolik”. Sullo sfondo l’autore del messaggio ha inserito diverse immagini del boss da giovane, accompagnate da una musica incalzante.
L’account che ha postato i sei video con riferimenti alla cattura di Messina Denaro diversi giorni prima dell’operazione di Palermo ha iniziato a pubblicare sulla piattaforma TikTok il 29 aprile 2022, meno di un anno fa. Ha postato per diversi mesi video comuni, con immagini ironiche, spesso volgari, senza nessun particolare rilievo. Nessuna immagine sembra fare riferimento all’identità dell’utente, che nella bio riporta la frase “SHOCK IN MY TOWN”, usando come nickname “Kevin”.
Il primo video con un chiaro riferimento a Cosa Nostra appare il 14 novembre 2022, alle ore 7.43. C’è l’immagine di Totò Riina con un ghigno ed una voce in dialetto siciliano come audio: “Possono i miei figli, e può essere qualche altro Totò, e chi lo sa, io ci spero… Può essere pure qualche nipote, ci spero, potrebbe succedere che qualche cosa prendesse l’impronta del nonno”.
In alto l’utente anonimo ha inserito la scritta “U tempu di chiacchiere finiu”. Da quel momento decine di video con riferimenti ai corleonesi e a collaboratori di giustizia come Tommaso Buscetta animano la bacheca. I primi video su Messina Denaro arrivano, però, solo nove giorni prima della sua cattura.
(da TPI)
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Gennaio 18th, 2023 Riccardo Fucile
ENTRAMBI SMENTISCONO IL GOVERNO: “LE ONG SONO UTILI AI SOCCORSI”… NON DITELO AI RAZZISTI CHE LI VOGLIONO AFFOGARE
Domanda: cosa unisce il controammiraglio della Guardia costiera italiana e i vescovi italiani? Risposta: un comune giudizio sull’inefficacia, con l’aggiunta di disumanità, del decreto legge sui migranti approvato dal Consiglio dei ministri ed ora in discussione in Parlamento, a cominciare dalle commissioni Trasporti e Affari costituzionali, chiamato a trasformare il ddl in legge dello Stato.
Riportiamo un articolo de Il Tempo, giornale romano molto vicino alla sedicente destra che governa l’Italia.
“La Cei fa sentire la sua voce contro il decreto legge relativo alla gestione dei flussi migratori al momento presso le Commissioni parlamentari Affari costituzionali e trasporti e, attraverso un intervento di mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, dice che «il destino del decreto dovrebbe essere solo la sua abrogazione». «Vista la situazione della crescita di arrivi e di salvataggi via mare di migranti provenienti da almeno 60 Paesi del mondo, molti dei quali in situazione di guerra, di conflitti interni, di disastri ambientali, di miseria e rischio della propria vita, dal decreto legge del 2 gennaio 2023 – ha osservato Perego che presiede anche la Commissione Cei che si occupa di migranti – ci saremmo aspettati come Fondazione Migrantes della Cei nuovi impegni e nuove norme per la tutela e la protezione o il rimpatrio dei migranti salvati nel Mediterraneo, come anche norme più rigide sui respingimenti in mare, che il memorandum con la Libia nuovamente approvato ha aggravato, più che ribadire alcune regole d’ingaggio risapute e condivisibili, ulteriormente corrette e aggravate, in contraddizione con le Linee guida sul trattamento del soccorso in mare e alcune Convenzioni internazionali in almeno tre punti della modifica dell’art. 1 comma 2 del decreto legge del 21 ottobre 2020».
Mons. Perego va nel dettaglio e indica: «la richiesta al comandante di avviare la procedura di domanda di protezione internazionale; l’impossibilità di azioni diverse di salvataggio nel tragitto per raggiungere il porto più vicino e più sicuro; la difficoltà di sbarco, comunque, delle persone salvate in mare in una situazione emergenziale».
«Se si volesse combattere il traffico degli esseri umani si doveva portare l’attenzione sul rinnovo del memorandum con la Libia piuttosto che sull’azione delle Ong come hanno documentato tutti i rapporti Unhcr degli ultimi anni. Come pure – dice Perego motivando la richiesta di abrogazione del decreto voluto dal governo di centrodestra e in particolare dal ministro Piantedosi – il decreto non fa riferimento ai veri problemi che richiamano gli arrivi dal Mediterraneo. Una attenzione all’accoglienza sull’isola di Lampedusa, con il rafforzamento delle forme di tutela sanitaria dei migranti sbarcati, l’identificazione e all’accesso al centro, il sovraffollamento del centro che genera insicurezza anzitutto dei migranti, le misure nuove per decongestionare il centro, gli arrivi autonomi dei barchini e la loro gestione, che corrispondono al 50% di tutti gli arrivi. Non una parola di nuovi accordi con i Paesi di partenza dei migranti. Non una parola sulla situazione di questi Paesi di partenza. Nessun riferimento all’Europa e, in particolare, ad accordi con i diversi paesi per l’accoglienza dei migranti richiedenti asilo e all’ampliamento di esperienze altre di ingressi regolari, come i corridoi umanitari, purché non siano limitativi e selettivi degli ingressi». «Nessun riferimento, poi, il decreto – ha evidenziato ancora Perego – ha ai flussi via terra, che hanno gli stessi numeri e ai problemi connessi sulla tutela e la protezione dei migranti. Al fine di affrontare i problemi delle migrazioni dal Mediterraneo e della tutela dei richiedenti asilo il decreto non ha nessun valore aggiunto, anzi peggiora la situazione in ordine all’obbligo del salvataggio in mare dei migranti, alla loro tutela e protezione, generando insicurezza dei migranti in pericolo. Inoltre, il decreto indebolisce di fatto il principio costituzionale della sussidiarietà. L’articolo 118 applicato alla specifica situazione dell’azione delle navi della società civile dovrebbe vedere lo Stato favorire e non indebolire l’impegno a realizzare questo obbligo di salvataggio e di tutela dei migranti». Una gatta da pelare per il governo di Giorgia Meloni”.
Parla il controammiraglio Aulicino
Da Today: “Le navi umanitarie “sono unità che possono prestare soccorso, pertanto sono utili, così come i mercantili e i supply vessel” e “sono unicamente attive sulla direttrice che unisce la Tripolitania con l’isola di Lampedusa: nel 2022 hanno soccorso oltre 11mila migranti, pari al 34% dei migranti giunti in Italia attraverso il flusso della Tripolitania”.
A parlare è il contrammiraglio della Guardia Costiera Giuseppe Aulicino, in audizione alla Camera alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Trasporti. “Dalla Tripolitania – ha proseguito – il flusso è costante, vengono utilizzate barche in legno costruite in Libia o gommoni più o meno attrezzati, con un numero di persone che arriva a volte a sfiorare o superare le 100 persone a bordo. Su questo flusso operano le Ong”.
Quando si indaga sul presunto e mai provato pull factor delle Ong, bisogna però analizzare i dati delle partenze dalla Libia, e non quello delle persone salvate in mare. Sembra scontato, ma non lo è, e la mancanza di chiarezza su questo punto inquina spesso il dibattito.
I numeri dicono in ogni caso che meno del 10 per cento delle persone salvate sulla rotta del Mediterraneo centrale da quando si è insediato il governo Meloni, a ottobre, sono state salvate da navi umanitarie. Vari studi inoltre hanno dimostrato che a Ong che arrivano di fronte alle coste libiche non corrispondono maggiori partenze.
Prendendo in considerazione i dati del 2022 (1 gennaio – 31 dicembre) le navi umanitarie hanno salvato “solo” il 12% dei migranti approdati in Italia: tutti gli altri vengono soccorsi dall’instancabile lavoro delle motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza, che trasferiscono poi uomini, donne e bambini nei porti italiani.
“In merito al fenomeno dell’immigrazione irregolare via mare verso le coste italiane, il 2022 si è concluso con 105.290 arrivi, circa +56,4% rispetto al 2021, paragonabile alla somma degli arrivi del precedente triennio, 113mila circa”, ha anche detto il contrammiraglio Aulicino alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Trasporti.
“I flussi che hanno caratterizzato il 2022 – ha spiegato – si possono riassumere così: 1.401 migranti dall’Algeria, con una riduzione del 10% rispetto al 2021; quasi 32mila dalla Tunisia, con un aumento di oltre il 60%; 53.190 dalla Libia, con un aumento di oltre il 70%. Quando parliamo di Libia, è importante specificare che da questo territorio partono due diversi flussi: uno dalla Tripolitania, che ha visto arrivare in Italia oltre 33mila migranti, un numero invariato rispetto allo scorso anno; ma anche dalla Cirenaica, dove si è registrato un nuovo importantissimo flusso che ha visto far arrivare in Italia 20mila migranti. Dal Mediterraneo orientale abbiamo un ulteriore flusso che riguarda Turchia, Egitto, Libano e Siria, che ha portato in Italia 17mila migranti”, ha concluso Aulicino.
“Abbiamo un corpus di normative internazionali ben definite, quindi dal nostro punto di vista” l’ultimo decreto del governo su migranti, con la stretta sulle Ong, “non cambia assolutamente nulla: le nostre attività sono improntate a quello che prevedono le norme e quello noi continueremo a fare”
(da Globalist)
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Gennaio 18th, 2023 Riccardo Fucile
ALLE COMUNALI GLI HANNO PREFERITO IL CARNEADE MICHETTI. DOPO LE ELEZIONI, NEANCHE UNA POLTRONA DA SOTTOSEGRETARIO E ALLE REGIONALI NEL LAZIO HANNO DATO UNA CHANCE AL PRESIDENTE DELLA CROCE ROSSA, FRANCESCO ROCCA”
C’è un piccolo e spinoso caso dentro Fratelli d’Italia. Lui è Fabio Rampelli, Giorgia è Giorgia. Che lo incontra appena 14enne, ragazzina in bomberino e scarponcini Dr Martens, quando comincia a fare politica nella sezione del Msi.
Rampelli compie un percorso attraversando le esperienze di An e Pdl, per poi essere tra i fondatori di FdI: consigliere circoscrizionale, comunale, regionale, e infine deputato e vicepresidente della Camera.
La carriera di Meloni: ministro a 31 anni, un giorno va dal Cavaliere e lo saluta dicendogli che ha intenzione di fondare un partito tutto suo e adesso è premier. Bene: ma i rapporti tra i due? Un caso, si diceva.
A Rampelli, che s’era inventato come simbolo il gabbiano Jonathan Livingston, spezzano le ali. Tipo: c’è da scegliere il candidato sindaco per Roma? Gli preferiscono un certo Michetti. Elezioni 2022, riescono a non dargli nemmeno una poltrona da sottosegretario. Elezioni regionali: piuttosto che candidare lui, meglio il presidente della Croce Rossa, Francesco Rocca.
Mi ha detto un noto esponente di Fratelli d’Italia: «Avessi il coraggio, le chiederei: a Gio’, ma che t’ha fatto Fabio di così grave?».
(da il Corriere della Sera)
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Gennaio 18th, 2023 Riccardo Fucile
L’ARTICOLO HA SCATENATO I SOLITI INDIGNATI, MA C’È POCO DA DIFENDERE E TANTO DA INCAZZARSI: NELL’INDIFFERENZA TOTALE, A MESSINA SONO IN PIEDI ANCORA LE BARACCOPOLI DOVE LE PERSONE VIVONO STIPATE DOPO IL TERREMOTO DEL 1908
«In the heart of the down-at-heel city of Messina». L’inizio dell’articolo è… devastante. Traduzione: «Nel cuore della squallida città di Messina». Forse, le autrici del reportage, pubblicato ieri sul prestigioso “Financial Times” non volevano definire proprio “squallida” Messina, ma “down-at-heel”, in italiano, non è traducibile in altre parole se non “squallido”, “scalcagnato”, “mal ridotto”, “disastrato”, “malconcio”, “male in arnese”.
E, quindi, Amy Kazmin e Giuliana Ricozzi, le due giornaliste inviate dal quotidiano economico londinese, di proprietà del colosso nipponico Nikkei, per introdurre lo scenario dove andrebbe a collocarsi il Ponte sullo Stretto, non hanno trovato altro aggettivo per definire la città di Messina, se non “down-at-heel”. E d’altra parte, siamo o non siamo sotto il tacco dello Stivale (?!), nel più profondo dei Sud d’Europa…
Ma proseguiamo nella lettura: nel cuore della (ecc. ecc.) città di Messina «si trova il terminal della Caronte&Tourist, dove auto, pullman e camion si imbarcano sui traghetti per il viaggio in nave di 20 minuti dall’isola di Sicilia alla terraferma italiana. Oltre ai voli costosi, i traghetti sono l’unico modo per i siciliani o le loro merci di raggiungere il Continente, una dipendenza che contribuisce a un senso di isolamento e abbandono in una delle regioni più povere e meno sviluppate d’Italia.
Ma la nuova coalizione di Governo di destra spera di ravvivare le fortune della Sicilia resuscitando i piani abbandonati per un controverso Ponte multimiliardario di 3,3 km sullo Stretto di Messina. Il governo della premier Giorgia Meloni vede il Ponte come la chiave per rafforzare l’influenza dell’Italia nella regione del Mediterraneo e posizionare il Paese come una porta per l’Africa. Nella stessa Sicilia, parlare di rilancio del progetto infrastrutturale sta generando sia un cauto ottimismo che uno stanco scetticismo».
(da La Gazzetta del Sud)
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Gennaio 18th, 2023 Riccardo Fucile
INVECE DI TAGLIARE NASTRI, QUALCUNO DEL GOVERNO MUOVA IL CULO E VADA A STRINGERE LA MANO A QUESTA RAGAZZA, VITTIMA DI UNO STATO CHE NON E’ CAPACE NEANCHE DI TUTELARE CHI HA VOGLIA DI LAVORARE
Ha 29 anni ed è stata assunta in un liceo milanese, dove lavora dal lunedì al sabato dalle 10,30 alle 17: così prende il treno ogni mattina alle 5 e torna a casa alle 23,30: “Con il mio stipendio mi conviene il treno, una stanza non costa meno di 650 euro”
La sveglia suona alle 4, il treno Frecciarossa da Napoli Centrale parte alle 5,09 e non si può perdere. L’arrivo a Milano è – ritardi permettendo – alle 9,24. Poi i mezzi pubblici e l’ingresso a scuola alle 10,30, dove resta fino alle 17. A quel punto una sosta al supermercato per comprare qualcosa per cena e di nuovo in treno, per il percorso inverso: treno alle 18,20 con arrivo a Napoli alle 22,53 e rientro a casa alle 23,30. Giuseppina Giuliano, 29enne napoletana, fa questa vita dal lunedì al sabato, ogni giorno, da settembre: 800 chilometri ogni giorno per raggiungere il posto dove lavora come operatrice scolastica in un liceo milanese, l’artistico Boccioni di piazzale Arduino. Una scelta che può sembrare folle, ma che a conti fatti – racconta – le conviene dal punto di vista economico: perché con il suo stipendio trovare anche solo una stanza in affitto a Milano vuol dire spendere più di quanto non costi un abbonamento al treno.
“Lo so che la mia sembra una follia, però facendo i conti ho valutato che economicamente mi conviene. Certo, mi costa tanto sacrificio, considerato che tutte le mattine, sabato compreso, prendo il treno per Milano alle cinque. Però ormai mi sono abituata e per il momento va bene così”: Giuseppina Giuliano ha raccontato al quotidiano Il Giorno la sua routine. E i conti che ha fatto: con uno stipendio di 1.165 euro al mese ha iniziato subito a cercare una sistemazione, scontrandosi con il caro affitti che a Milano, come testimoniano ogni giorno studenti, lavoratori, famiglie, è un problema sempre più diffuso. Per una camera singola la spesa media non va sotto i 650 euro, a cui aggiungere bollette, cibo, trasporti pubblici, con un costo della vita altrettanto caro rispetto alla sua città. “A conti fatti ho realizzato che, tra affitto, bollette e spesa, avrei consumato tutto il mio stipendio se mi fossi trasferita a vivere al Nord e molto probabilmente avrei anche dovuto chiedere alla mia famiglia di aiutarmi economicamente. Invece così, continuando a vivere a Napoli, riesco anche ad avere dei risparmi”, racconta al quotidiano. Il treno, tra biglietti acquistati in anticipo e sconti con i punti accumulati, le costa 400 euro circa al mese. Il resto dello stipendio quindi, al netto del biglietto della metropolitana e di quello che compra per cena, diventa risparmio netto.
Così la decisione è stata, almeno per adesso, di continuare a vivere con i suoi genitori, sua nonna, i suoi cani, anche se alla fine il tempo trascorso assieme è poco, soltanto quello della domenica, unico giorno senza levatacce, colazioni e cene consumate in treno, 800 chilometri per due e nove ore totali. Una quotidianità che Giuseppina assicura di non voler però continuare a lungo: ha cercato pensionati, ostelli e soluzioni temporanee a prezzi meno cari, ma finora non ha trovato nulla. Continua a cercare e, intanto, fa su e giù per l’Italia ogni giorno.
(da Il Giorno )
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Gennaio 18th, 2023 Riccardo Fucile
LA FREDDEZZA DELL’ELISEO SULLE QUESTIONI MIGRATORIE: MACRON NON VUOLE DARE ALCUNA SPONDA A MELONI
Alla fine Giorgia Meloni ha preso il telefono e ha chiamato Emmanuel Macron. Meloni ha bisogno di Macron. E ne ha bisogno in vista del Consiglio europeo del 9 febbraio, quando i leader dovranno esprimersi sulle politiche migratorie e sulla proposta di riforma degli aiuti di Stato, ideata dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per rispondere al piano di sussidi anti-inflazione di quasi 400 miliardi di dollari messo in campo dal presidente americano Joe Biden. L’Ue è terrorizzata dagli squilibri di mercato.
Ma non tutti i Paesi membri hanno in mente la stessa ricetta da contrapporre a Washington. O meglio: l’obiettivo è lo stesso. Il modo per arrivarci è differente. Von der Leyen propone un allentamento immediato delle regole, per permettere un deciso sostegno alle imprese. I Paesi che ne gioverebbero di più sono quelli con uno spazio fiscale – cioè una capacità di spesa – maggiore. Su tutti, la Germania, patria della presidente della Commissione. L’Italia invece guida il fronte di chi, avendo meno agibilità finanziaria e un debito pubblico enorme, vorrebbe maggiori garanzie, attraverso un fondo comune europeo, da attivare subito, contestualmente all’alleggerimento dei vincoli. Magari, sul modello del Next Generation Eu e del Sure, due strumenti di debito comune nati durante la pandemia, e citati esplicitamente ieri da Giancarlo Giorgetti.
Durante la riunione con i colleghi, all’Ecofin, il ministro dell’Economia italiano è stato netto: andare nella direzione immaginata da Von der Leyen potrebbe essere «un autogol» e «aggraverebbe le divergenze economiche all’interno dell’Ue». Il semplice allentamento delle regole in Italia potrebbe tradursi in debito che si aggiunge a debito, mentre ancora non è chiaro che fine faranno le vecchie regole di bilancio europee, sospese prima per il Covid e poi per la guerra in Ucraina. Giorgetti aveva in programma un bilaterale a Bruxelles con il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, ma non se n’è fatto nulla per gli impegni che hanno costretto quest’ ultimo a tornare in patria. Il governo italiano ha capito che non può fare a meno della Francia, se vuole minimamente sperare di non far prevalere le ragioni dei tedeschi al vertice di febbraio.
Ma spezzare la storica alleanza tra Parigi e Berlino non è semplice, tanto più che tra quattro giorni i due Paesi festeggeranno assieme i 60 anni del Trattato dell’Eliseo. Macron è da sempre un sostenitore del rafforzamento dell’autonomia industriale europea, senza il quale l’Unione non sarà mai in grado di competere con gli altri giganti globali. Agevolare le imprese è necessario, si può discutere su come farlo. «Sui meccanismi da mettere in atto per rafforzare gli investimenti e il sostegno ai progetti industriali strategici» Macron non è stato sordo alle lamentele di Meloni.
L’Eliseo fa una ricostruzione più fredda. E liquida «le questioni migratorie», lasciandole in coda ai punti toccati durante il colloquio, senza aggiungere dettagli in più. Macron non vuole dare alcuna sponda a Meloni e alla destra italiana su quale sia la strada migliore per affrontare l’enorme tema dei migranti, anche se è d’accordo sul fatto che la soluzione debba essere europea e che sia giusto rafforzare i confini esterni. Proprio per questo, per cercare più alleati possibili in vista del Consiglio, Meloni volerà a Stoccolma.
(da la Stampa)
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Gennaio 18th, 2023 Riccardo Fucile
PARLA TERESA PRINCIPATO, GIÀ PROCURATRICE AGGIUNTA A PALERMO: “IL BOSS HA VIAGGIATO MOLTO, ANCHE ALL’ESTERO. MA È STATO SEMPRE PROTETTO” … LA RETE DI AFFARI: DALLA GRANDE DISTRIBUZIONE ALLE PALE EOLICHE
Teresa Principato, ex procuratrice aggiunta di Palermo, in un’intervista rilasciata a Repubblica si rallegra per l’arresto di Matteo Messina Denaro. Ma al tempo stesso si dice turbata. Perché durante la sua fuga l’ultimo dei Corleonesi ha potuto contare «su una rete di copertura di carattere massonico che lo ha protetto in tutto il mondo».
Principato era convinta che Messina Denaro non si sarebbe mai fatto prendere. «Da quello che ho potuto verificare con le mie indagini, arrivate fino al 2017, Messina Denaro era proprio inafferrabile. Non stiamo parlando di una persona nascosta in un casolare, che mangiava pane e ricotta come Bernardo Provenzano. Tutt’altro. Oltre ad essere abbastanza colto, amava la bella vita, era un maniaco del lusso. E non rimaneva troppo a lungo fermo nello stesso luogo. Ha viaggiato molto, anche all’estero», sostiene.
La loggia “La Sicilia”
Principato ha seguito le tracce di Messina Denaro «dalla Sicilia al Venezuela, dall’Inghilterra alla Spagna. Attraverso le rogatorie abbiamo trovato tracce della sua presenza. Ma non lui». E spiega: «In Venezuela, ad esempio, c’è una larghissima, intricata, realtà massonica. E sicuramente gli ambienti frequentati da Messina Denaro, siciliani trapiantati che gestivano un negozio di mobili molto fiorente, erano massonici. In Inghilterra, la massoneria è addirittura uno status.
In Spagna invece ho qualche dubbio sul carattere massonico dei rapporti intrecciati da Messina Denaro con coloro che lo hanno ospitato. Ma c’è dell’altro». Ovvero: «Un collaboratore di giustizia massone ha parlato di una loggia coperta costituita proprio da Messina Denaro che si chiamava “La Sicilia”. Ci sono altri esempi di logge coperte, come la “Scontrino”, di cui facevano parte persone di ogni livello sociale. Lo stesso si può dire per “La Sicilia”. Questi suoi rapporti, ne sono convinta, lo hanno messo al riparo dal pericolo di essere rintracciato».
La “borghesia mafiosa”
Principato parla di una grossa rete di carattere massonico che lo proteggeva. Ma il procuratore capo dell’epoca non era convinto della pista: «Il collaboratore non era ritenuto credibile. Non lo era su molti versanti, ma la sua qualità di massone, il fatto che fosse stato cooptato in una delle logge di Castelvetrano mi fa ritenere più che attendibili le sue dichiarazioni su questo aspetto».
E la protezione non poteva essere soltanto massonica perché il boss «per il territorio rappresentava una gallina dalle uova d’oro. I suoi affari andavano dalla grande distribuzione alle pale eoliche. E Principato dice che c’è stato un momento era davvero vicina ad arrestarlo: «Tra il 2016 e il 2017 Messina Denaro aveva ripreso i suoi rapporti con un vecchio sodale, Leo Sutera, condannato per associazione mafiosa. Che era stato scarcerato. Sentivamo di essere a poca distanza dal risultato finale, ma l’allora procuratore ritenne di far arrestare Sutera in un’altra indagine»
(da Open)
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