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LE AZIENDE ALIMENTARI CI PRENDONO PER IL CULO: ALZANO I PREZZI CON LA SCUSA DELL’INFLAZIONE MA UNA BUONA PARTE DEI RINCARI VA A INGROSSARE I LORO BILANCI

Maggio 31st, 2023 Riccardo Fucile

GLI ECONOMISTI DI “ALLIANZ” STIMANO CHE IL 10-20% DELL’INFLAZIONE ALIMENTARE IN EUROPA POSSA ESSERE ATTRIBUITO ALLA FAME DI PROFITTO DELLE AZIENDE: “UNA PARTE DELL’AUMENTO DEI PREZZI CHE VEDIAMO CHE NON SI SPIEGA”

Si tratta del più elementare degli alimenti di base: il pane bianco a fette. In Gran Bretagna, il prezzo medio di una pagnotta era del 28% più alto in aprile, a 1,39 sterline, o 1,72 dollari, rispetto all’anno precedente. Scrive il NYT.
In Italia, il prezzo degli spaghetti e di altri tipi di pasta, un elemento fisso della dieta italiana, è aumentato di quasi il 17% rispetto all’anno precedente. In Germania, la più grande economia dell’Unione Europea, i prezzi del formaggio sono aumentati di quasi il 40% rispetto all’anno precedente e le patate costano il 14% in più.
In tutta l’Unione Europea, ad aprile i prezzi al consumo dei generi alimentari sono aumentati in media di quasi il 17% rispetto all’anno prima, con un leggero rallentamento rispetto al mese precedente, in cui si era registrato il ritmo di crescita più veloce in oltre due decenni e mezzo.
§La situazione è peggiore in Gran Bretagna rispetto ai suoi vicini dell’Europa occidentale: I prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche sono aumentati del 19%, il ritmo più rapido di inflazione alimentare annuale in oltre 45 anni. A titolo di confronto, il tasso annuale di inflazione alimentare negli Stati Uniti è stato del 7,7%.
La persistente inflazione alimentare sta schiacciando le famiglie a basso reddito e preoccupa i politici europei. (In Italia, questo mese il governo ha tenuto una riunione per discutere dell’impennata dei prezzi della pasta).
Allo stesso tempo, i principali costi di produzione dei prodotti alimentari, tra cui il carburante, il grano e altre materie prime agricole, sono diminuiti sui mercati internazionali per gran parte dell’anno scorso, sollevando domande sul perché i prezzi dei prodotti alimentari per i consumatori rimangano così alti in Europa.
Con l’aumento del costo del lavoro e la possibilità di profitti, è improbabile che i prezzi dei prodotti alimentari scendano presto. Più in generale, l’aumento dei prezzi potrebbe anche esercitare pressioni sulle banche centrali affinché mantengano alti i tassi di interesse, frenando potenzialmente la crescita economica.
Dietro al prezzo di listino di una pagnotta di pane si nascondono i costi non solo degli ingredienti chiave, ma anche della lavorazione, dell’imballaggio, del trasporto, dei salari, dello stoccaggio e dei ricarichi aziendali.
Un indice delle Nazioni Unite dei prezzi globali delle materie prime alimentari, come il grano, la carne e l’olio vegetale, ha raggiunto il picco nel marzo 2022, subito dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che è uno dei maggiori produttori di grano.
La guerra ha interrotto la produzione di grano e petrolio nella regione e ha avuto un impatto globale, aggravando le crisi alimentari in alcune zone dell’Africa orientale e del Medio Oriente.
Sebbene i prezzi dell’energia all’ingrosso siano scesi di recente, i rivenditori avvertono che ci sarà un lungo ritardo – forse fino a un anno – prima che i consumatori ne vedano i benefici, perché i contratti energetici sono stati stipulati mesi prima, molto probabilmente riflettendo quei prezzi più alti.
Inoltre, la tensione del mercato del lavoro in Europa, con alti tassi di posti vacanti e bassi livelli di disoccupazione, costringe i datori di lavoro, comprese le aziende alimentari, ad aumentare i salari per attirare i lavoratori. Questo, a sua volta, fa aumentare i costi per le aziende, anche nel settore alimentare.
Tra i consumatori, i sindacati e alcuni economisti cresce il sospetto che l’inflazione possa essere mantenuta inutilmente alta dalle aziende che aumentano i prezzi oltre i costi per proteggere i margini di profitto. La Banca Centrale Europea ha dichiarato che alla fine dell’anno scorso i profitti delle imprese stavano contribuendo all’inflazione interna tanto quanto la crescita dei salari, senza specificare i settori particolari.
Gli economisti di Allianz, l’assicuratore e gestore patrimoniale tedesco, stimano che il 10-20% dell’inflazione alimentare in Europa possa essere attribuito al profitto. “C’è una parte dell’inflazione dei prezzi alimentari che vediamo che non è facilmente spiegabile”, ha dichiarato Ludovic Subran, capo economista di Allianz.
Ma la mancanza di dati dettagliati sui profitti aziendali e sulle catene di approvvigionamento ha causato una spaccatura nelle opinioni economiche. Alcuni economisti e rivenditori di generi alimentari hanno puntato il dito contro i grandi produttori alimentari globali, che hanno mantenuto margini di profitto a due cifre pur aumentando i prezzi. Ad aprile, il gigante svizzero Nestlé ha dichiarato di aspettarsi che quest’anno il suo margine di profitto sarà più o meno lo stesso dell’anno scorso, circa il 17%, mentre ha dichiarato di aver aumentato i prezzi di quasi il 10% nel primo trimestre.
Anche tenendo conto di spese come quelle di trasporto e di ritardi nella determinazione dei prezzi dalle fattorie agli scaffali, il signor Subran ha detto che si sarebbe aspettato che l’inflazione alimentare sarebbe già scesa.
In Gran Bretagna, alcuni economisti raccontano una storia diversa. Michael Saunders, economista presso la Oxford Economics ed ex responsabile dei tassi della Banca d’Inghilterra, ha dichiarato in una nota ai clienti di maggio che la “greedflation” non è il colpevole. La maggior parte dell’aumento dell’inflazione riflette l’aumento del costo dell’energia e di altre materie prime.
Invece di aumentare, i profitti totali delle società non finanziarie britanniche, escluso il settore del petrolio e del gas, sono diminuiti nell’ultimo anno.
Il regolatore della concorrenza britannico ha inoltre dichiarato di non aver riscontrato prove di problemi di concorrenza nel settore dei generi alimentari, ma di stare intensificando le indagini sulle “pressioni del costo della vita”.
I prezzi degli alimenti hanno raggiunto il picco?
Nonostante i ben noti tagli al prezzo del latte in Gran Bretagna, è improbabile che i prezzi degli alimenti in generale scendano nel prossimo futuro.
Al contrario, i responsabili politici stanno osservando da vicino un rallentamento del tasso di aumento.
Ma il peggio è stato evitato, in parte grazie a un accordo per l’esportazione di grano dall’Ucraina. I prezzi del grano europeo sono scesi di circa il 40% dallo scorso maggio. I prezzi globali dell’olio vegetale sono scesi di circa il 50%. Ma c’è ancora molta strada da fare: L’indice dei prezzi alimentari delle Nazioni Unite ha registrato ad aprile un aumento del 34% rispetto alla media del 2019.
Oltre ai prezzi delle materie prime, l’Europa ha subito aumenti particolarmente pesanti dei costi lungo la catena di approvvigionamento alimentare.
I prezzi dell’energia sono saliti alle stelle perché la guerra ha costretto l’Europa a sostituire rapidamente il gas russo con nuove forniture, facendo lievitare i costi di produzione, trasporto e stoccaggio degli alimenti.
Ci sono timidi segnali che indicano che il ritmo dell’inflazione alimentare – l’aumento a due cifre dei prezzi annuali – ha raggiunto il suo apice. Ad aprile, il tasso è sceso nell’Unione Europea per la prima volta in due anni.
Ma il rallentamento da qui in poi sarà probabilmente graduale.
“Sembra che questa volta le pressioni sui prezzi dei prodotti alimentari stiano impiegando più tempo di quanto ci aspettassimo”, ha dichiarato questo mese Andrew Bailey, governatore della Banca d’Inghilterra.
In tutto il continente, alcuni governi stanno intervenendo limitando i prezzi dei generi alimentari di prima necessità, piuttosto che aspettare che si svolgano i dibattiti economici sui profitti delle imprese. In Francia, il governo sta promuovendo un “trimestre anti-inflazione”, chiedendo ai rivenditori di generi alimentari di ridurre i prezzi di alcuni prodotti fino a giugno. Ma il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, ha dichiarato questo mese di volere che i produttori alimentari contribuiscano maggiormente allo sforzo, avvertendo che potrebbero incorrere in sanzioni fiscali per recuperare eventuali margini ingiustamente realizzati a spese dei consumatori se si rifiutassero di tornare a negoziare.
Questi sforzi possono aiutare alcuni acquirenti, ma nel complesso c’è poco da consolare gli europei. È improbabile che i prezzi dei prodotti alimentari diminuiscano: è probabile solo che il ritmo degli aumenti rallenti nel corso dell’anno.
(da agenzie)

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IL PROGETTO DI PARMA CONTRO IL CARO AFFITTI: PIANO CASA DA 94 MILIONI PER 1.000 NUOVI ALLOGGI

Maggio 31st, 2023 Riccardo Fucile

LA RISPOSTA PER STUDENTI E FAMIGLIE IN DIFFICOLTA’ CON GLI ATTUALI COSTI SPECULATIVI… QUELLO CHE DOVREBBE FARE UN GOVERNO SERIO

Un nuovo Piano Casa da circa 94milioni di euro che porterà nel giro di 3 anni fino a oltre mille nuovi alloggi di edilizia residenziale sociale (1.009) entro il 2025.
È questa una nuova risposta alle istanze sollevate dagli studenti in questi mesi, realizzata grazie al combinato disposto di 28 milioni circa dai fondi del Pnrr, da 12 milioni provenienti dall’Università e per il resto da finanziamenti della Fondazione Cariparma, Regione e privati.
L’obiettivo è rispondere alle esigenze abitative delle famiglie, in difficoltà con gli attuali costi di mercato, e delle fasce più fragili, come gli studenti universitari. Il programma si intitola Fa’ la casa giusta! Parma Abitare Sociale ed è stato annunciato ieri, 30 maggio dall’assessorato alle Politiche Sociali.
Il quadro attuale
Come riporta Il Sole 24 Ore, a Parma gli alloggi sociali gestiti da comine sono 4.321, di cui 3.988 di Edilizia residenziale pubblica (Erp) e 209 di Edilizia residenziale sociale (Ers). In tutto rappresentano il 3,7% delle abitazioni presenti nella città emiliana. Per quanto riguarda gli studenti universitari iscritti a Parma se ne contano 29.134, di cui il 40% è fuori sede. I posti letto nelle residenze universitarie sono al momento 660. Così il Comune ha previsto investimenti per 94,2 milioni per i prossimi 3 anni. Di questi, 56,4 milioni circa saranno per progetti di Housing Sociale, 24 milioni per progetti di edilizia pubblica e 13,8 milioni euro per due nuove residenze universitarie. 311 alloggi di edilizia residenziale pubblica saranno ristrutturati nel 2023, 198 nel 2024, 268 nel 2025. «La sfida principale sarà quella di azzerare lo sfitto negli alloggi pubblici e aprire un dialogo con i proprietari privati per favorire il ritorno sul mercato dei tanti appartamenti privati vuoti in città», ha dichiarato il sindaco di Parma, Michele Guerra.
(da agenzie)

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“LA STAMPA” IRONIZZA SULLA PARATA DI LEADER AL “FORUM IN MASSERIA”, A CASA DI VESPA, A MANDURIA

Maggio 31st, 2023 Riccardo Fucile

“SE GIORGIA MELONI APRE GLI INCONTRI, GIUSEPPE CONTE CHIUDERÀ LA QUATTRO GIORNI. ALL’OCCORRENZA, SE E QUANDO MELONI NE AVESSE BISOGNO C’È SEMPRE PRONTA LA STAMPELLINA DEI 5STELLE. DEL RESTO L’INTESA È STATA COLLAUDATA CON LE NOMINE RAI. E VESPA SU QUESTO È DAVVERO UN SUPER PROFESSIONISTA”

Dall’8 all’11 giugno è festa grande in Masseria. Bruno Vespa tessitore della narrativa sovranista prepara il “dinner” stellato fatto in casa per i “grandi” del governo: ci sarà Giorgia Meloni ma anche una lunga schiera di ministri.
Non mancherà quasi nessuno, perfino Matteo Salvini: tutta la destra di potere attavagliata in “Cinque minuti”. A cominciare dal cognato della leader di Fratelli d’Italia Lollobrigida, del resto per un’operazione di marketing strategico come quella del papà di “Porta Porta” che produce e vende ottimi vini tra primitivo di Manduria e Negramaro mica poteva mancare il ministro dell’agricoltura o Raffaele Fitto che di quella terra è stato anche governatore.
Tutti a correre da Bruno: non facciamo mancare nulla, perfino Pichetto Fratin . E, poi, naturalmente c’è Giorgia non la cantante ma la premier d’Italia. Lei aprirà le danze
Con la vera chicca confezionata in chiusura dal grande chef di viale Mazzini. Se Giorgia Meloni apre gli incontri, Giuseppe Conte chiuderà la quattro giorni. Il gran tessitore abruzzese non ne sbaglia davvero nemmeno una: all’occorrenza, se e quanto Meloni ne avesse bisogno c’è sempre pronta la stampellina dei 5Stelle. Del resto l’intesa è stata collaudata con le nomine Rai. E Vespa su questo è davvero un super professionista.
(da La Stampa)

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TACI, PUTIN TI ASCOLTA! IN RUSSIA C’E’ IL BOOM DI DELATORI

Maggio 31st, 2023 Riccardo Fucile

SEMPRE PIU’ PRIVATI CITTADINI DENUNCIANO CONOSCENTI, VICINI DI CASA O PARENTI PER UN PRESUNTO SOSTEGNO ALL’UCRAINA… C’È CHI È STATO MULTATO PER AVER DETTO CHE “ZELENSKY È BELLO E INTELLIGENTE” E CHI È FINITO NEL MIRINO PERCHÉ INDOSSAVA UN GIUBBOTTO GIALLO E BLU

La settantenne Olga Slegina è stata denunciata dalle cameriere di un albergo vacanze nei pressi di Mosca: l’avevano sentita discutere con i vicini di tavolo e pronunciare la frase «Zelensky è bello e intelligente», che le è costata circa 500 euro di multa per «discredito delle forze armate russe».
L’infermiera dell’hospice per bambini Kamilla Murashova è stata segnalata alla polizia dall’uomo che viaggiava accanto a lei nella metropolitana di Mosca, e aveva notato delle spillette pacifiste sul suo zainetto: se l’è cavata con un verbale e una multa.
Al 40enne Yuri Samoilov la vicinanza con un passeggero vigile invece è costata l’arresto per 14 giorni: stava leggendo sul suo smartphone una chat di opposizione, e aveva sul salvaschermo l’emblema del reggimento Azov.
Ma la vigilanza dei cittadini colpisce anche chi non manifesta alcuna opinione politica: una moscovita in volo per Vladikavkaz è stata denunciata dalla vicina di poltrona perché stava leggendo un libro in ucraino. La cronaca non rende pubblico il titolo del libro, ma in compenso rivela il grado di paranoia raggiunto in Russia, in un campionato della delazione che sta battendo ogni mese un nuovo record.
Il «donos», la denuncia, è tornato a essere uno sport nazionale. A Ekaterinburg, gli inquilini di un condominio multipiano hanno scritto al deputato Maksim Ivanov dopo il furto dei fiori dall’aiuola piantata nei colori della bandiera russa: «Potrebbe essere opera dei demoni ucraini».
Una moscovita ha chiamato la polizia in casa della sua vicina 83enne che aveva esposto nella finestra due fogli di cartone, uno giallo e l’altro blu, per proteggere dal sole le piante sul davanzale. I colori della bandiera ucraina sono un’ossessione, tale da aver spinto perfino il vicepresidente della Duma Vladislav Davankov a chiedere al ministero dell’Interno di chiarire quali utilizzi cromatici sono da considerare criminali.
In realtà, già mesi fa la Procura generale russa aveva “depenalizzato” l’accostamento dei colori, ma il 39enne Aleksandr G., addetto alle pulizie di un manicomio moscovita, è stato appena consegnato alla polizia dai pazienti dell’ospedale per il suo giubbotto “ucraino”.
Le panchine gialle e azzurre sono state ridipinte dopo una denuncia dei passanti a Bryansk e a Omsk. La catena di supermercati pietroburghese Lenta riceve quotidianamente denunce di clienti infuriati per i colori del marchio (scelti probabilmente per imitare l’Ikea).
Molti ricorrono alla delazione per regolare dei conti con gli ex, i vicini di casa e i colleghi, o per guadagnare punti nella carriera. Altri sono vittime del terrorismo psicologico della propaganda. Ma nell’ondata di denunce c’è il ritorno di una tradizione che lo scrittore Viktor Erofeev definisce «incisa nella carne dei russi» e che perfino il portavoce presidenziale Dmitry Peskov bolla come «rivoltante».
La delazione capillare è stata uno dei meccanismi dello stalinismo, e l’amara riflessione di Sergey Dovlatov sulle «quattro milioni di denunce che qualcuno doveva pur aver scritte» torna di attualità, e riporta in superficie quella guerra civile nascosta che dura in Russia da più di un secolo.
L’antropologa Aleksadra Arkhipova è entrata in contatto con la donna che l’ha denunciata, e che ha già consegnato alla polizia più di 900 persone che segnala dopo una metodica ricerca sui media e sui social: «Ce l’ho nel sangue, mio nonno era un informatore dell’Nkvd», ha spiegato fiera, preferendo però non rivelare il suo nome.
Ma quello che per ora è una scelta, e una passione, sta per diventare un dovere: i datori di lavoro avranno l’obbligo di segnalare i dipendenti maschi al commissariato militare, e a Vladivostok e a Pietroburgo sono avvenute le prime incriminazioni per «mancata denuncia di reato» contro russi che non avevano reagito ai post “estremisti” sui social dei loro amici.
All’università di Penza il vicerettore Vladimir Shimkin ha invitato gli studenti a spiarsi a vicenda: «Analizzate la vostra cerchia, guardate chi ha un comportamento strano, chi è diventato più evasivo o taciturno. Non tacete».
(da La Stampa)

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L’INCHIESTA DI “REPORT” SUL RUOLO DI CARMEN ZIZZA COME CONSULENTE DI ST MICROELECTRONICS (PERCHÉ UNA SOCIETA’ PARTECIPATA DAL MEF HA BISOGNO DI LOBBISTI PER PARLARE CON UN MINISTRO, NEL CASO SPECIFICO ADOLFO URSO?), SCOPERCHIA IL DELICATO INTRECCIO SULL’AZIENDA

Maggio 31st, 2023 Riccardo Fucile

SU STM C’È UNA PARTITA CHE TOCCA ECONOMIA, INDUSTRIA, TECNOLOGIA E GEOPOLITICA: E’ UN DOSSIER SU CUI GLI STESSI 007 SI DIVIDONO

“Se una società è una partecipata dal Mef perché ha bisogno di lobbisti per parlare con il Ministro?”. Se lo chiede la trasmissione Report di Rai3 in onda lunedì 19 maggio. ST Microelectronics, una società italo-francese che si occupa di semiconduttori, con il conflitto in Ucraina è diventata ancora più strategica per renderci indipendenti dall’industria cinese – ricorda Report – Il Mef ha una quota rilevante di STMicroelectronics che a Catania ha investito sulla produzione 1 miliardo, di cui 300 milioni sono stati finanziati dallo Stato italiano lo scorso anno.
L’AZIONARIATO DI STM
Come ricordato nei giorni scorsi da Start Magazine, l’azionariato del colosso StM è articolato: Il principale azionista di Stm è Stmicroelectronics Holding Nv con una quota del 28% circa. E il socio di riferimento è partecipato al 50% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano e al 50% da Bpifrance Participations (organo di gestione delle partecipazioni statali francesi controllato dalla Cassa depositi e prestiti francese).
COSA DICE REPORT
Secondo Report di Sigfrido Ranucci, a Catania nei giorni scorsi dietro alla prima fila dove c’è seduto il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso (Fratelli d’Italia), e l’amministratore francese Jean-Marc Chery compare Carmen Zizza, manager e comunicatrice, da settimane indicata come una sorta di astro nascente nelle partecipate di Stato.
Secondo quanto hanno scritto lo scorso dicembre sia il Corriere della sera che il quotidiano Repubblica, in una riunione convocata dal governo per concordare una soluzione per la rete Tim, fra i nuovi consulenti del gruppo francese Vivendi – primo azionista del gruppo Tim – e di Rothschild c’erano Carmen Zizza e Daniele Ruvinetti (le prime mosse del consulente non pare stiano avendo successo su Palazzo Chigi).
I RUOLI DI ZIZZA E RUVINETTI
Ha scritto mesi fa Start Magazine: “Carmen Zizza – come si può leggere sui social – è “relationship presso Eats” e “consulente relationship presso Medtronic”, società attiva “in tecnologia, soluzioni e servizi medicali”. È consulente di Rothschild, in ottimi rapporti con il banchiere d’affari Alessandro Daffina (numero uno di Rothschild Italia) ed è considerata vicina al ministro Adolfo Urso. Anni fa Zizza è stata direttore generale di Asam (Azienda servizi ambientali), “holding costituita dalla Provincia di Milano nel 1995 e poi passata con la chiusura dell’ente sotto il controllo della Regione Lombardia”; incarico interrotto in un modo raccontato da un articolo del Corriere della sera datato gennaio 2015 ancora sul web“.
ZIZZA, DAFFINA E STM
“StM – ha scritto oggi il Fatto Quotidiano in un’anticipazione della trasmissione di Rai3 – si è convinta a staccarle un assegno di 6 mila euro al mese su consiglio di Alessandro Daffina di Rotschild (ex Fronte della Gioventù e vecchia conoscenza di Urso) che per Zizza ha firmato anche una lettera di referenze.
LA RISPOSTA DEL MINISTRO URSO A REPORT
Ecco che cosa ha risposto il ministro Urso (ex presidente del Copasir) alle sollecitazioni, insistite e convulse, dell’inviato della trasmissione Report: “Non parlo dell’attività del Copasir. Non parlo di quello che noi abbiamo accertato nel Comitato. È vincolo si segretezza. Quello che abbiamo accertato su Report nel Comitato non ne parlo. Non parlo di quello che abbiamo accertato sulle audizioni che abbiamo fatto del Copasir, sul Comitato non parliamo. Le ho già detto che sull’attività del Comitato su Report, o meglio le denunce fatte da un parlamentare su Report non posso parlare”. Frasi che non hanno attinenza rispetto alle domande della trasmissione, chiosa Report.
IL DOSSIER STM E LE FAZIONI NEI SERVIZI
Su Stm c’è comunque una partita delicata corso che solca, economia, industria, tecnologia e geopolitica. Un dossier su cui ambienti dei Servizi discutono e in parte si dividono. Il colosso St Microelectronics – secondo osservatori filo Usa – è abbastanza esposto rispetto alla Cina, vive con preoccupazione l’inasprimento dei rapporti tra Occidente e Cina, e continua a stringere accordi con clienti cinesi.
LE COLLABORAZIONI CINESI DI STM
L’ultima intesa è di pochi giorni fa, con la cinese Chery: il gruppo automobilistico cinese Chery Group ha infatti stretto un accordo di cooperazione strategica con STMicroelectronics: una cooperazione tecnologica tesa alla fornitura di semiconduttori da parte del gruppo italo-francese per migliorare le prestazione delle vetture del costruttore cinese che ha varato un piano di espansione verso l’Europa con i propri brand.
GLI SBUFFI FILO USA SU STM
Fra i settori dei Servizi italiani più filo Usa e Giappone ci si chiede: è un buon affare mettere in campo St Microelectronics? La domanda nasce da quanto riportato nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore: “«L’Italia è pronta a collaborare con il Giappone», avrebbe assicurato Meloni a Kishida. L’obiettivo è porre le basi di una collaborazione tra il polo italiano e le aziende giapponesi”, ha scritto il quotidiano confindustriale. Di sicuro il dossier St Microelectronics riserverà altre novità, non solo giornalistiche.
(da startmag)

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VI RICORDATE DI JAKE ANGELI, LO SCIAMANO CHE ASSALTÒ CAPITOL HILL? CONDANNATO A 41 MESI DI CARCERE, HA AVUTO UNO SCONTO DI PENA

Maggio 31st, 2023 Riccardo Fucile

DOPO ESSERE USCITO DI PRIGIONE, SI È MESSO A VENDERE LEGGINGS, MAGLIETTE E TAZZE LEGATE ALLA SUA IMMAGINE

È stato uno dei primi a dare l’assalto al Campidoglio di Washington il 6 gennaio 2021 e, adesso, dopo aver scontato la condanna a 41 mesi di carcere, Jacob Chansley ha voltato pagina. Non nelle sue convinzioni, ma quantomeno nella vita di ogni giorno. Lui, meglio noto come QAnon Shaman, davanti a giudici si era detto davvero dispiaciuto per quanto avvenuto, tanto da aver convinto i togati a dargli un grande sconto di pena.
La seconda vita dello sciamano QAnon
Dopo aver ricevuto lo sconto di pena ed esser stato rilasciato Chansley ha fatto capire di non aver cambiato idea su alcuni argomenti. Sul suo profilo Twitter, infatti, ha subito dichiarato di voler continuare a combattere la «corruzione globale» e di cercare ti trovare la «verità».
Ma poco dopo ha deciso anche di dare una svolta alla sua vita aprendo una linea di merchandising che vende online. Gran parte del suo merchandising, che ovviamente si lega alla sua immagine, sta andando a ruba negli Stati Uniti. La America’s Shaman, così si chiama la sua linea, spazia da magliette, felpe e altri abiti come i leggings che vanno letteralmente a ruba, ma comprende anche tazze e altri oggetti per la casa come bottoni e tappettini per mouse.
(da Leggo)

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LA STRADA DELL’ALLEANZA TRA POPOLARI E CONSERVATORI IN EUROPA, CALDEGGIATA DA GIORGIA MELONI E MANFRED WEBER, È LASTRICATA DI INCOGNITE

Maggio 31st, 2023 Riccardo Fucile

LE DUE PRINCIPALI SONO LE ELEZIONI IN SPAGNA E QUELLE IN POLONIA. A MADRID, GLI OCCHI SONO PUNTATI SULL’EVENTUALE ALLEANZA TRA I POPOLARI E I FRANCHISTI DI VOX (CHE STANNO CON DONNA GIORGIA). A VARSAVIA, L’ALLEATO PIÙ IMPORTANTE DELLA PREMIER, IL PIS, DOVRÀ VEDERSELA CON IL POPOLARE TUSK

Anche le vittorie sono medaglie a due facce. E i risultati elettorali, in Italia come in Spagna, contengono delle insidie che Giorgia Meloni intravede sulla strada che porta alle Europee. L’appuntamento potrebbe cambiare la geografica politica del Vecchio Continente. E se è vero che Popolari e Conservatori partono con i favori del pronostico, è altrettanto vero che fino al voto del 2024 le forze rivali faranno il possibile per contrastare questo disegno.
Lo si scorge a Bruxelles, dove — racconta un ministro — «la tecnostruttura si aggrappa a cavilli senza fondamento per metterci il bastone fra le ruote sul Pnrr». E lo si nota dalla postura di certe cancellerie, a Parigi come a Madrid, dedite da tempo ad attaccare la premier italiana.
Perciò «poniamo sempre attenzione», ripete Meloni su ogni iniziativa di governo: «Non dobbiamo offrire pretesti». Al punto che il ruolo da frenatore assunto dal sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano sta creando tensioni anche in FdI. Ma la sfida europea sarà un passaggio strategico per la premier.
Meloni vanta oggi una posizione dominante in Italia anche sugli alleati. Su Matteo Salvini, per esempio, che dovrà fare una «scelta di campo» in vista delle Europee. La premier è pronta ad accoglierlo nell’Ecr, se solo lo chiedesse: ma visti gli attuali rapporti di forza con FdI, il capo del Carroccio ufficializzerebbe il ruolo di junior partner di Meloni.
L’altra opzione è aprirsi un (difficile) passaggio verso il Ppe, soluzione caldeggiata dai governatori regionali e da Giancarlo Giorgetti. È in questa chiave che il segretario della Lega ha discusso l’altra sera con Silvio Berlusconi di una lista comune alle Europee, che gli offrirebbe una scorciatoia e al contempo equilibrerebbe un po’ i valori con Meloni: ma nei due partiti cova un’ostilità al disegno che rende impraticabile il piano.
Meloni è a conoscenza delle manovre in atto, ma non si espone. Anche perché, prima del voto del 2024, ci saranno due test nazionali importanti: le elezioni di luglio in Spagna e quelle di ottobre in Polonia, dove i suoi alleati del Pis dovranno fronteggiare il popolare Tusk.
«Quello sarà lo snodo della futura alleanza con il Ppe», sottolinea un autorevole dirigente di FdI. Insomma, nulla è scontato. Certo, la crisi del Pse, le difficoltà di Emmanuel Macron in Francia e quelle di Olaf Scholz in Germania, lasciano prevedere che al Consiglio europeo ci sarà uno spostamento a destra degli equilibri politici.
Ma è possibile che in Parlamento possa servire una maggioranza larga, alla quale punta Ursula von der Leyen per essere confermata alla guida della Commissione. «Lei e Giorgia l’altro giorno in Romagna sembravano due amichette», dice chi le ha viste da vicino. Meloni si tiene aperta a tutte le soluzioni. In ogni caso sarà complicato per i suoi avversari in Europa tenerla fuori dalla stanza dei bottoni.
(da agenzie)

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LETIZIA MORATTI VUOLE RILANCIARE IL TERZO POLO: “IO CON RENZI E CALENDA ALLE EUROPEE”

Maggio 31st, 2023 Riccardo Fucile

ORA SIAMO TRANQUILLI, SE NE SENTIVA LA NECESSITA’

L’ex ministra e candidata del Terzo Polo in Lombardia Letizia Moratti ha l’obiettivo delle elezioni europee del 2024. E vuole allargare il campo. Tanto che lunedì ha radunato popolari, riformisti e liberali da Giuseppe Fioroni ad Alessandro Quagliarello. Ma c’erano anche il nuovo sindaco di Taormina Cateno De Luca e Gianfranco Librandi. Oltre a Renzi. Mentre Calenda ha dato forfait. C’era invece Mariastella Gelmini. L’idea è di dare vita a una nuova rappresentanza: «Non la definirei un’area di centro, tantomeno in riferimento al Terzo polo. Quella che si è riunita ieri è una rappresentanza molto ampia che fa riferimento a importanti formazioni civiche, a movimenti e partiti di ispirazione popolare, liberale, riformista. Uno schieramento più ampio e diverso rispetto a ciò che viene normalmente definito Terzo polo o centro».
L’incontro
Moratti dice oggi in un’intervista al Corriere della Sera che «con Calenda ho condiviso lo spirito dell’incontro e siamo stati in contatto». Mentre non è stato difficile convincere Renzi: «Perché è d’accordo nell’aprire a una formazione decisamente più ampia del Terzo polo». Per adesso è «una piattaforma». A breve ci saranno le elezioni europee. «Sono uno degli obiettivi. Personalmente il mio riferimento restano i popolari europei». Dice che non sa se si candiderà: «Non è questo il tema. Il tema è costruire una rete di alleanze cha sia capace di dare risposte a una società sempre più complessa. Abbiamo delle sfide epocali davanti a noi: una guerra che continua alle porte dell’Europa, i conflitti per le risorse, le diseguaglianze che crescono. Ci sono sfide locali, nazionali ed europee. La necessità di rafforzare l’Europa ma anche la difesa degli interessi nazionali».
Le europee
Con l’intenzione di pescare nell’area che va da Meloni a Schlein: «Sì, l’obiettivo è anche quello di ricostruire un patto di fiducia con in cittadini che in questo momento non si ritrovano, e lo dico con grande rispetto, nelle formazioni politiche attuali. Il tema dell’astensionismo c’è e sottolinea la lontananza dei cittadini dalle istituzioni. Per questo, il civismo è uno dei tratti essenziali di questa rete».
(da agenzie)

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LE PRIGIONI ITALIANE SONO SOVRAFFOLLATE (CI SONO 9 MILA PERSONE DI TROPPO), IN MOLTE STRUTTURE NON CI SONO I BAGNI E MANCA L’ACQUA CALDA

Maggio 31st, 2023 Riccardo Fucile

I DETENUTI SI SUICIDANO: 85 NEL 2022, 23 DALL’INIZIO DEL 2023… A TUTTO QUESTO SI AGGIUNGONO LE VIOLENZE CHE I PRIGIONIERI SUBISCONO: NEL 2022 LE CONDANNE INFLITTE ALLO STATO DAI TRIBUNALI PER LE CONDIZIONI DISUMANE DELLE CARCERI SONO STATE 4514… SOLO IL 35,2% DEI CONDANNATI LAVORA

Sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie impossibili, suicidi, violenze, torture. Le carceri italiane sono invivibili. È quanto emerge dall’ultimo rapporto di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale che ogni anno fa una ricognizione puntuale sulla situazione nelle prigioni in tutto il Paese.
Le criticità sono moltissime e le misure messe in campo sempre poche, sempre insufficienti e inadeguate. Il rapporto si intitola “È vietata la tortura”: ci sono tredici procedimenti a carico di poliziotti penitenziari per violenze e torture, tra quelli attualmente in corso, in cui l’associazione Antigone si è costituita parte civile. «Inchieste e processi che rischiano di saltare se fossero approvate le proposte presentate in Parlamento dalla maggioranza di centrodestra», scrive la Stampa in un articolo firmato da Grazia Longo. «Ce n’è una di Fratelli d’Italia per l’abrogazione del reato di tortura, mentre il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha annunciato una proposta di modifica». Ma il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, non ci sta: «Ci batteremo affinché la legge non venga toccata. Anche perché altrimenti finirebbero in un nulla di fatto i processi in corso, prima di tutti quello di Santa Maria Capua Vetere con oltre cento imputati».
Le carceri italiane sono anche estremamente affollate, molto più di quel che gli spazi consentirebbero: ci sono novemila detenuti in più rispetto alla quota limite (il 30 aprile erano 56.674), con un tasso medio del centodiciannove per cento, si legge sulla Stampa. Numeri peggiori in Europa li registrano solo Cipro e Romania.
Tra le regioni, la Lombardia ha un tasso di riempimento delle carceri del 151,8 per cento, seguita da Puglia (145,7 per cento) e dal Friuli-Venezia Giulia (135,9 per cento). Tra gli istituti, il più affollato è quello di Tolmezzo, con un tasso di riempimento del centonovanta per cento, seguito da Milano San Vittore (185,4 per cento), Varese (179,2 per cento) e Bergamo (178,8 per cento).
La conseguenza è una vita in condizioni non sostenibili, a maggior ragione se si considera che «in metà delle carceri italiane non c’è neanche l’acqua calda, in alcuni istituti non funziona nemmeno il riscaldamento», scrive Grazia Longo nel suo articolo. «Innanzitutto ci sono strutture dove nelle celle i detenuti vivono con meno di 3 metri quadrati calpestabili a testa. Non è un caso che nel 2022 siano state 4.514 le condanne inflitte allo Stato dai tribunali per condizioni di detenzione inumane e degradanti, legate soprattutto all’assenza di spazio vitale».
Da qui emerge l’emergenza suicidi, con già ventitré casi dall’inizio dell’anno e ottantacinque registrati nel 2022. In altri casi, invece, dietro le sbarre c’è il rischio di morire per lo sciopero della fame: per questa ragione il dossier dedica un capitolo all’anarchico Alfredo Cospito che ha interrotto la sua protesta lo scorso 19 aprile dopo averla iniziata il 20 ottobre 2022 per opporsi al regime del 41 bis. La decisione è avvenuta il giorno dopo la sentenza a lui favorevole della Corte Costituzionale che ha aperto a una possibile pena diversa dall’ergastolo. «Il caso Cospito – dice Patrizio Gonnella – ci fa riflettere sullo sciopero della fame che ogni giorno viene iniziato da almeno 30 detenuti. Occorre capire l’importanza di ascoltare, non di assecondare ma di ascoltare. La morte di due detenuti nel carcere di Augusta, dopo 41 e 60 giorni di sciopero della fame, è un fallimento delle istituzioni».
(da agenzie)

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