Settembre 1st, 2023 Riccardo Fucile
GIA’ DAI PRIMI POST C’E QUALCOSA CHE NON QUADRA
Era tornata. E forse, per non far insospettire più i fan dopo due
mesi di assenza, sono tornati anche gli errori. Stiamo parlando della Venere di Open to meraviglia, campagna promozionale, contestatissima, promossa dal ministero del Turismo guidato da Daniela Santanchè. Oggi il Fatto spiega come casualmente l’account Instagram del personaggio si sia risvegliata casualmente il 30 agosto, giorno in cui Repubblica rivelò l’esistenza di un’inchiesta della Corte dei Conti sulla campagna ministeriale. Sul profilo è comparsa una carrellata di foto con la Venere in vari aeroporti. Ieri, lo strafalcione: Venere a Porto Venere «dove sono nata 570 anni fa». Strano perché la nascita della dea dovrebbe esser a Cipro e il quadro di Botticelli è datato 1485, meno di 540 anni fa. A seguire, racconta il Fatto, un post a sostegno degli azzurri impegnati negli Europei di pallavolo. Puntuale, dato che la competizione è iniziata due settimane fa per le ragazze, e cinque giorni fa per i ragazzi.
Alcuni dei commenti sono impietosi. «Come quando a scuola ti davano i compiti per le vacanze, tu facevi tutt’altro per tutta l’estate e finivi per fare tutto il giorno prima. La differenza è che qui il professore è la Corte dei Conti e tu fai il collage con Paint», scrive Stefano. E ancora: «Due post in due giorni consecutivi, ma non starai a lavorà un po’ troppo?»
(da agenzie)
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Settembre 1st, 2023 Riccardo Fucile
SIAMO PIU’ BASSI RISPETTO ALLA MEDIA EUROPEA… NULLO IL CONTRIBUTO DEI CONSUMI DELLE FAMIGLIE
L’economia italiana frena più del previsto. Nel secondo trimestre del 2023 il Pil, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,4% rispetto al trimestre precedente ed è cresciuto dello 0,4% nei confronti del secondo trimestre del 2022. Lo rende noto l’Istat che ha rivisto al ribasso la stima diffusa in via preliminare il 31 luglio di una riduzione congiunturale dello 0,3% e di una crescita tendenziale dello 0,6%.
Le cause
La flessione è stata determinata soprattutto dall’andamento della domanda interna (incluse le scorte), mentre quella estera ha fornito un contributo nullo. La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,7 punti percentuali alla variazione del Pil: nullo il contributo dei consumi delle famiglie e delle istituzioni sociali private, -0,4 quello degli investimenti fissi lordi e -0,3 quello della spesa delle amministrazioni pubbliche. Le scorte hanno contribuito positivamente (per 0,3 punti percentuali).
Siamo sotto la media europea
L’Italia ha un dato più basso rispetto alla media europea e ai vicini oltralpe. A fronte del -0,4% registrato nel nostro paese il Pil è cresciuto in termini congiunturali dello 0,6% negli Stati Uniti, dello 0,5% in Francia ed è rimasto stabile in Germania. In termini tendenziali, rispetto al +0,4% italiano, si è registrata una crescita del 2,6% negli Stati Uniti e dello 0,9% in Francia, mentre si registra una diminuzione dello 0,1% in Germania. Nel complesso, il Pil dei paesi dell’area euro è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% nel confronto con il secondo trimestre del 2022.
(da agenzie)
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Settembre 1st, 2023 Riccardo Fucile
“SE UNA FAMIGLIA NON HA I REQUISITI PER EDUCARE, NON DEVE AVERE LA PATRIA POTESTA’, SOLO COSI’ SI PUO’ COMBATTERE IL DEGRADO MORALE E LA CAMORRA”
Franco Cutolo, regista teatrale, è il papà Gianbattista Cutolo, il
24enne, musicista della Scarlatti Young, ucciso in piazza Municipio a Napoli. Il giovane musicista sarebbe stato aggredito e ucciso nella notte a colpi di pistola, dopo una lite per un parcheggio. «Mio figlio era un talento, un musicista completo, proteso verso una vita meravigliosa, bruciata in strada, con tre colpi di pistola, così, senza un motivo. L’ho cresciuto a pane e cultura e Napoli me l’ha ucciso a 24 anni. Vado via da questa città, basta», spiega a la Repubblica. «Sì, con la mia testa, da qualche ora sono già fuggito via. Andrò in provincia, a Massa Lubrense, non resterò in una città così crudele. Mi hanno sconfitto. Da padre, da uomo di cultura, da sessantenne, sostengo che se una famiglia non ha i requisiti per educare, non deve avere la patria potestà. Solo così si può combattere il degrado morale e la camorra».
«Giogiò è stato sparato alle spalle. Solo quando ho visto il suo cadavere ho realizzato»
Secondo Franco Cutolo bisogna levare i figli alla camorra. «Il resto è tutto retorica inutile, materia per fiction. Forse tutto questo avrebbe un senso se Giovanbattista rappresentasse la conclusione di un trend criminale ma devo riconoscere, con il dolore immenso di chi ha perso un figlio, che tutto questo non si fermerà. La cultura è la medicina dell’uomo, dove non c’è cultura c’è barbarie, non ci aspettiamo niente». Spiega il dolore, lo choc di queste ore. «Solo quando ho visto il cadavere di mio figlio fuori dalla cella frigorifera, ho realizzato. Alterno stati d’animo, rifiuto l’idea, mi deprimo e poi prendo coscienza guardando una sua foto, rivedendo un video, li cerco sul telefonino. Devo impormi di pensare che ormai quelle immagini sono memoria, non più storia vibrante di chi è vicino a me, ogni giorno». «Mi hanno detto – racconta al quotidiano – che c’è stata una rissa, un alterco tra la ragazza che era vicino a mio figlio e altre persone, per un motorino parcheggiato male. Giogiò è stato sparato alle spalle, non so come sia stato coinvolto. Lui era un tipo tranquillo. Era cresciuto per la strada, sapeva intuire quando doveva scappare da situazioni pericolose. L’ho sempre allertato, “scappa – gli dicevo – appena vedi che le cose si mettono male, qui non si combatte ad armi pari”». Il ragazzo, a giorni, avrebbe dovuto fare un provino per l’orchestra di Sanremo. Sogni infranti nel giro di una notte.
(da agenzie)
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Settembre 1st, 2023 Riccardo Fucile
L’APPELLO A MATTARELLA DELL’EROE DIMENTICATO DI RAVENNA CHE FECE ALLAGARE I SUOI TERRENI PER SALVARE LA CITTA’ DALL’ALLUVIONE
«L’eroe di Ravenna». Così era stato appellato Fabrizio Galavotti, presidente della cooperativa Cab Terra dopo che finì al centro delle cronache per aver permesso di far allagare quasi duecento ettari dei suoi terreni per salvare la città nei giorni dell’alluvione dello scorso maggio. Venne acclamato da più parti, tanto che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella volle incontrarlo. Oggi, però, l’eroe (dimenticato) di Ravenna si sente tradito. «Fino ad oggi ho sentito tante promesse, ma sono passati cento giorni e non abbiamo visto neanche un centesimo. E in più dobbiamo sostenere altre spese se non vogliamo veder morire i nostri terreni», denuncia Galavotti che punta il dito contro quelle che taccia come «chiacchiere» dei politici e delle istituzioni. «Mattarella è rimasto l’unico di cui ancora mi fido. Faccio appello a lui: ora siamo noi ad avere bisogno di aiuto», dichiara in un’intervista al Corriere della Sera.
E le condizioni meteo non aiutano
Sono trascorsi più di tre mesi e i terreni alluvionati di Galavotti sono un disastro totale, e le recenti condizioni meteorologiche non aiutano. «Sono invasi dal limo e il gran caldo delle ultime settimane, in alcuni casi, li ha trasformati in mattonelle compatte e dure come il cemento. Tutto ciò li sta soffocando, compromettendone la fertilità anche per i prossimi anni. Dobbiamo arieggiarli in profondità in modo da ricreare la flora microbica e tornare a renderli coltivabili e produttivi», spiega a colloquio con Alfio Sciacca. Tutto questo ha chiaramente un costo non indifferente. E come precisa lo stesso Galavotti si tratta di spese che «non erano previste», ma che oggi si rivelano necessarie e urgenti.
«Oltre un milione di danni, mi sento tradito»
«Non abbiamo ricevuto praticamente nulla. Ogni tanto sentiamo che sono stati stanziati dei soldi, ma noi non abbiamo visto un euro», ribadisce l’eroe di Ravenna. E i danni subiti sono ingenti: «Solo per la mia azienda ammontano ad un milione e 800mila euro, mentre per tutte le cooperative associate superano i 20 milioni», fa sapere. Ciononostante, a chi gli chiede se farebbe allagare nuovamente i terreni con il senno di poi risponde: «Lo rifarei anche domani perché noi siamo parte di questo territorio e quel gesto è servito a salvare una parte della città. Certo non avrei mai pensato – aggiunge – che, dopo averci chiesto di dare una mano quando era necessario, poi non ci avrebbero dato neppure un euro. Noi non ci siamo tirati indietro, ma ora anche le istituzioni facciano la loro parte. Noi non vogliamo un euro in più degli altri, ma almeno il giusto».
(da agenzie)
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Settembre 1st, 2023 Riccardo Fucile
MASSIMO GRAMELLINI IRONIZZA SUL MESSAGGIO DEL DIRIGENTE MELONIANO CHE HA INVITATO A MOBILITARE UNA CLAQUE PER LA DUCETTA A CAIVANO: “LA SCENA DELLA STESURA LA IMMAGINO COSÌ. DOBBIAMO MOBILITARCI PER PORTARE PERSONE. DEVONO SEMBRARE PERSONE QUALUNQUE. ‘QUALUNQUE È PLURALE?’. ‘SARÀ PIENO DI REDDITI DI CITTADINANZA’. ‘PURE MIO ZIO’” “’FA È CONGIUNTIVO?’. ‘FA, FACCIA, FAI COME VUOI…’”
Il testo della chat, purtroppo, è autentico, ma la scena della sua stesura la immagino così. Dirigente locale di Fratelli d’Italia: «Peppino, siediti al computer e scrivi. Hai scritto?… Signori, giovedì mattina ci sarà il presidente Meloni a Caivano per il grave accaduto (le cugine minorenni vittime di violenza, ndr ). Dobbiamo mobilitarci per portare persone, ma non con simboli di partito. Le persone devono sembrare persone qualunque».
«Qualunque è plurale?». «Persone qualunque che accolgano Giorgia festanti, anche per bilanciare eventuali contestatori: lì sarà pieno di redditi di cittadinanza». «Pure mio zio». «Non mi interrompere… Ovviamente, in questa forma di messaggio, non dovete farlo circolare». «Cosa?».
«Il messaggio: “lo” è maschile… In questa forma di messaggio, non dovete farlo circolare a livello di base perché altrimenti arriva ai giornalisti e sembra che Meloni si fa organizzare la claque». «Fa è congiuntivo?». «Fa, faccia, fai come vuoi. Continuiamo… Io ho scritto così a voi perché siete un livello apicale di dirigenza».
«Api che?». «Apicale: a livello di vertice, capito?… Consiglio dunque di fare la mobilitazione con chiamate dirette e organizzando macchine di fedelissimi e gente intelligente… Hai scritto “intelligente”?».
Massimo Gramellini
(da il “Corriere della Sera”)
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Settembre 1st, 2023 Riccardo Fucile
URLATORI E GENDARMI, BUONI E CATTIVI: LA “BONIFICA” SARA’ EFFETTO OTTICO
Permettete una parola? Mario, 76 anni, ci ferma all’angolo del
negozio di ferramenta di suo genero, proprio all’incrocio con i quattro palazzi che inaugurano il vialone del famigerato Parco Verde. C’è infatti un orrore nell’orrore, una devastazione in questo dente cariato della civiltà.
Mario ce lo indica dando il voi, come si usa qui: “Se voi guardate dritto, all’ultimo piano, è stata buttata giù Fortuna Loffredo, chella criatura. Più avanti, ma di poco, successe la stessa cosa per o’ piccirillo (Antonio Giglio, tre anni, volato da una finestra). Vi dico questo perché i cattivi stanno là, ma noi di Caivano siamo buoni e non meritiamo tutte queste chiacchiere”.
I buoni, sul viale che costeggia l’istituto alberghiero diretto dalla preside guerriera Eugenia Carfora, i cui cancelli sembrano quelli di un carcere, deviano verso sinistra.
Non vogliono guardare, non possono guardare, non ce la fanno più. Poliziotti da ogni parte, e chi li vede mai così attenti? E i vigili col fischietto pronto? “Ci hanno richiamati dalle ferie”, dice uno dei convocati all’incrocio del lungo tunnel dove deve sbucare Giorgia Meloni.
“La Melona quann esce?”, chiede una signora abbastanza innervosita per quell’eccesso di lampeggianti. Meloni qui la declinano al femminile e di sicuro non conoscendo che la speranza della premier fosse invece quella di vedere declinato al maschile solo il suo ufficio.
Tolti i giornalisti, allontanati i poliziotti, inquadrati la quindicina di supporter meloniani, accanto alla chiesa dove l’attende don Patriciello solo venti urlatori.
La città dell’orrore, il parco della morte, o anche la furia della malavita, il dominio della criminalità organizzata. Sono quattro, cinque le definizioni comuni che la cronaca offre alla pubblica opinione. “Venite, promettete e ve ne andate”, accusa Romualdo. Nino, triviale e spumeggiante: “Melona cacam o’ cazz (non rompermi le scatole, ndr)”.
Armando, banconista del bar al quale s’affolla tutta la gendarmeria convocata per l’occasione: “In effetti li dovete scusare, quelli nemmeno sanno che ruolo ha”. Luigi, proprietario della vicina rosticceria: “Una cosa è certa: siamo più i buoni che i cattivi (assaggiate una mozzarella di bufala, vera bufala? 13,90 euro al chilo, una delizia)”. Giovanna: “Melona viene qua a darci il lavoro? Allora sì. Viene qua a fare le sparate? Allora no”
Sembra un remake: perché ogni premier passa, promette e va via. Renzi doveva bonificare tutti gli angoli del parco, e così pure Giuseppe Conte (però, dice Angelo, “ci ha portato almeno la tenenza dei carabinieri”). Poi ecco Giorgia.
In effetti questa città di miserabili, la città degli invisibili e degli indifferenti, sorta dopo il terremoto del 1980 per sistemare il sottoproletariato urbano, ha vissuto il concentramento di ogni grande questione sociale urbana. Messi l’uno vicino all’altro i disoccupati storici, quelli di nuova fattura, e poi le leve criminali giovanili e non. Così ogni sorta di devianza ammassata, conurbata, sistemata lungo le scale dei palazzi che danno sull’asse mediano, la striscia di asfalto che taglia l’isola criminale e punta a nord verso la Pontina, è divenuta una bomboniera di efferatezze. Il garante dei minori, come ieri avete letto sulle nostre pagine, ha contato 200 bambini abusati tra il 2006 e il 2012 nel triangolo che lega Acerra, Afragola e Caivano, e nell’87 per cento dei casi erano bambini tra i 6 e i 10 anni.
Verranno i militari, appalti in deroga, le Fiamme oro che si prendono cura del centro sportivo recuperato e pronto per la primavera. Sarà fiore all’occhiello per la prossima campagna elettorale. Sistemato il Parco Verde si dirà. E invece e purtroppo, sarà un tremendo effetto ottico.
“Ho 76 anni e 580 euro di pensione sociale. Facevo il custode in un palazzo di Posillipo, mi hanno deportato qua. Ma non ho l’automobile e non c’è un bus che mi porta a Napoli e nemmeno un treno. Niente di niente. Vivo carcerato ma devo dire che nessuno mi disturba perché io mi faccio i fatti miei. Voi a chi appartenete?”, chiede Luigi in cerca di un passaggio per andare in città.
(da agenzie)
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Settembre 1st, 2023 Riccardo Fucile
UNA SEDICENTE DESTRA LONTANA DAL POPOLO E CHIUSA NEI PALAZZI DEL POTERE
Le passeggiate al mercato di San Basilio o il volantinaggio a Tor Bella Monaca sono un lontano ricordo. Al Parco Verde di Caivano, teatro dello stupro nei confronti di due cuginette di 12 anni, Giorgia Meloni dimentica il passato da militante della sedicente destra sociale.
Arriva nella parrocchia di don Patriciello con l’auto blindata, attraversa i 200 metri che portano alla scuola “Francesco Morano” senza mai vedere la luce del giorno, si rinchiude con le autorità e le fasce tricolori per il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza e infine organizza un comizio di venti minuti per dire che lo Stato a Caivano c’è, ma senza rispondere a una sola domanda dei cronisti.
A fine giornata la premier, che si vanta dei suoi trascorsi da militante politica nella periferia romana, annovera un record negativo: zero strette di mano tra la gente del posto.
Il timore di una sola domanda – per non dire di una contestazione – sul caso del compagno Andrea Giambruno (“Se eviti di ubriacarti, eviti di incorrere in determinate problematiche, perché poi il lupo lo trovi…”) o di fischi dagli ex percettori di Reddito di cittadinanza fanno il resto. “Motivi di sicurezza”, spiegano da Palazzo Chigi, giustificando la trasferta blindata.
I cittadini del Parco Verde, ghetto di Caivano ispirato al colore sbiadito dei suoi casermoni (“qui ogni voto costa 30 euro”, dice Eduardo), la accolgono con la stessa moneta: l’indifferenza. Nessuno si affaccia dai balconi, non c’è curiosità, nemmeno per il codazzo di persone famose viste solo in tv. Indifferenza mista a fastidio. “Quando se ne va la Meloni?”, chiedono gli abitanti che non sopportano le misure di sicurezza e i piantoni all’uscio.
E allora tutto si svolge secondo un copione già scritto e prestabilito nei giorni scorsi a Palazzo Chigi. La premier arriva intorno alle 12 alla chiesa di Caivano. Ad accoglierla, davanti al cordone di polizia, ci sono una ventina di persone arrabbiate per il taglio al reddito che provano a urlarle: “Vergogna!”, “Vogliamo il lavoro, venga a parlare con noi”. Poche, sparute voci di dissenso coperte dagli applausi della claque di militanti di Fratelli d’Italia precettati con una chat dei dirigenti meloniani che hanno chiesto di “sembrare cittadini normali” e “senza bandiere di partito”. Applaudono, intonano: “Giorgia, Giorgia!”.
Un gruppo di dirigenti e parlamentari del centrodestra prova a entrare nella Chiesa per partecipare all’incontro, ma viene respinto. Nemmeno loro possono avvicinarsi alla premier. Un’ora di incontro con il parroco e i ministri Piantedosi, Valditara, Abodi e il sottosegretario Mantovano. “Meglio di così non poteva andare”, esulta il parroco perché Meloni si è presa “impegni concreti”. Don Patriciello ha chiesto alla premier regole più stringenti per la pornografia online. Poi, all’ora di pranzo, dopo essere stata accolta da qualche coro di protesta (“fascista, vattene, non vogliamo passerelle”), Meloni presiede il comitato di Ordine e Sicurezza nella scuola Morano della preside Eugenia Carfora con cui parla di dispersione scolastica da colpire con sanzioni più dure (“sono ridicole”). “Servono gli insegnanti più bravi d’Italia”, le dice la preside. Meloni promette un investimento di 1 milione per quattro scuole (20 docenti in più e scuole aperte il pomeriggio). Alla fine si presenta davanti alle telecamere e vuole dimostrare che dopo che lo “Stato qui ha fallito”, adesso “c’è”, nelle “tante Caivano d’Italia”: “Dobbiamo trasformare Caivano da modello a esempio”. L’area sarà bonificata, idem il centro sportivo delle violenze e verranno aumentate le forze dell’ordine. “Non possono esistere zone franche – conclude la premier – dirò a tutti i ministri di venire qui”. Poi conclude citando Sant’Agostino: “Inizia a fare il necessario, poi il possibile, alla fine può darsi che arriverai a fare l’impossibile”. Ci sarebbe pure San Tommaso secondo cui “se non vedi non credi”, ma questo la premier preferisce non dirlo.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 1st, 2023 Riccardo Fucile
COSA C’E’ DIETRO LA MORTE DEI 5 OPERAI NELLA STAZIONE DI BRANDIZZO
Non doveva passare nessuno. Quei binari, dove cinque operai
sono stati travolti e uccisi da un treno regionale senza passeggeri vicino alla stazione di Brandizzo, sulla linea Milano-Torino, dovevano esser liberi. E invece, come racconta Repubblica, il semaforo era verde. Non solo, prima dell’inizio dei lavori doveva arrivare un’autorizzazione che pare invece non ci sia mai stata per una «mancata comunicazione per il nulla osta» precisano gli atti dell’inchiesta. Per la strage di Brandizzo ci sono due inchieste aperte. La prima dalla procura di Ivrea e, parallelamente, dal ministero dei Trasporti. Per accertare sia responsabilità ma anche mancata vigilanza.
I fatti
Alla Stazione di Brandizzo, linea ferroviaria Torino-Milano, due binari corrono paralleli, uno a pochi metri dall’altro. I tecnici li chiamano “dispari” e “pari” per distinguerli. Rfi ha due cantieri aperti: il primo lo gestisce una ditta di Chivasso. Il secondo, sul binario “pari”, è appaltato invece alla Sigifer, ditta di Borgo Vercelli – 250 lavoratori – che lavora da anni con le ferrovie e ha preso un appalto da Rfi per la sostituzione dei binari. Gli operai morti lavoravano per questa ditta. Nella notte tra mercoledì e giovedì dovevano togliere circa sette metri di rotaie. Sul posto c’erano Kevin Laganà, Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Andrea Girardini Gibin. Con loro anche Antonio Massa, il referente di Rfi. Gli operai sapevano che il binario dispari chiudeva dalle 23.08, quando la linea tra Settimo e Chivasso avrà un’interruzione tecnica. Sul “pari” invece si potrà lavorare dopo la mezzanotte, quando il treno 2044 da Milano a Torino, con partenza da Chivasso alle 23.42 sarà già passato. Quella maledetta sera il 2044 passa puntuale, a dieci minuti dalla mezzanotte. Il gruppo è convinto di aver visto l’ultimo treno della giornata, come da prassi iniziano a lavorare. Massa, l’uomo di Rfi che supervisiona il cantiere, sta di lato. Una posizione che poi gli salverà la vita. Ed ecco che arriva il treno, improvviso, non previsto. Il convoglio 14950, da Alessandria, vuoto, con i suoi 11 vagoni da portare in deposito. Passa a Chivasso alle 23,42. Alle 23,49 arriva sul punto dell’impatto, a Brandizzo, a 160 chilometri orari. Kevin Laganà, 22 anni, di Vercelli; Michael Zanera, 34 anni, di Vercelli; Giuseppe Sorbillo, 43, nato a Capua e residente a Brandizzo; Giuseppe Saverio Lombardo, 52 anni, nato a Marsala e residente a Vercelli; Giuseppe Aversa, 49, di Chivasso perdono la vita. Andrea Girardini Gibin si lancia di lato e si salva, Antonio Massa, il referente Rfi era a pochi metri dalla scena. Quado il treno arriva stava compilando dei documenti. Sarà lui a chiamare i soccorsi. Sul posto, tra chi è morto e chi è sopravissuto c’è anche un semaforo. Verde. Il 14950 è passato con l’ok. «Quello che non dovevano esserci, in quel momento, erano i lavori in corso», spiega a Repubblica uno dei tecnici che sta seguendo il caso. Grande assente il nullaosta che dovrebbe servire per far partire quei lavori. L’indagine affidata alla Polfer è coordinata dalle pm Giulia Nicodemo e Valentina Bossi. Sono stati sequestrati documenti e soprattutto i registri del sistema informatico e delle comunicazioni avvenute quella notte, tutte registrate. Mentre contestualmente il ministero dei Trasporti, su richiesta del ministro Matteo Salvini, ha avviato un’indagine interna.
Il nullaosta mancante, l’ipotesi dell’errore umano
La risposta alla strage di Brandizzo potrà arrivare soprattutto dall’esame della documentazione già sequestrata. L’ufficio diretto dal procuratore capo Gabriella Viglione ipotizza sia il disastro ferroviario che l’omicidio plurimo colposi. Punto chiave – spiega oggi il Corriere – è la comunicazione tra la sala circolazione di Rfi e il funzionario della stessa che affianca la squadra. Ed è lui, una volta ricevuta la decisione dal dirigente a consegnare il «nulla osta» al responsabile di cantiere e dell’impresa. Quegli 11 vagoni passeggeri vuoti che hanno travolto gli operai erano autorizzati. Chi non ha comunicato a chi?
(da Open)
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Settembre 1st, 2023 Riccardo Fucile
RAFFAELE GUARINIELLO, EX PM DELL’INCHIESTA THYSSENKRUPP DI TORINO, NEL 2007, COMMENTA L’ENNESIMA STRAGE SUL LAVORO, A BRANDIZZO: “NON SONO PER NULLA SORPRESO. NON ESISTE UNA STRUTTURA DELLA GIUSTIZIA PENALE DEDICATA A QUESTI REATI. C’È UNO SCONQUASSO DEGLI ORGANI ISPETTIVI E LA PREVENZIONE È DIVENTATA DIFFICILE”
“Non sono per nulla sorpreso” della strage sul lavoro a Brandizzo, afferma Raffaele Guariniello, ex pm dell’inchiesta sul rogo alla ThyssenKrupp di Torino del 2007, in un’intervista al Fatto Quotidiano. “Il messaggio che avevamo dato al paese, con il processo Thyssen, ormai è andato smarrito”, sostiene.
La causa del ripetersi degli incidenti sul lavoro, secondo l’ex magistrato, è che “la giustizia penale, in tema di sicurezza sul lavoro, non fa più paura a nessuno”. “Sempre di più quei processi, per omicidio colposo o lesioni personali colpose – spiega Guariniello -, finiscono con la prescrizione. E tutto ciò perché non esiste una struttura della giustizia penale dedicata a questi reati. Con magistrati preparati ed esperti su quei temi”.
L’ex pm punta il dito anche sullo “sconquasso degli organi ispettivi”. “La prevenzione – dice – è diventata difficile, così come la mancanza di deterrenza delle condanne per chi viola le norme”. Secondo Guariniello serve “una procura nazionale per la sicurezza sul lavoro”. “Ho mandato questa proposta all’attuale governo e anche a quelli precedenti – rivela -, la risposta è sempre stata la stessa: il silenzio”.
(da agenzie)
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