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COME SEMPRE PAGANO I LAVORATORI PIU’ DEBOLI

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

IL SALARIO MINIMO E’ NECESSARIO PER STABILIRE UNA SOGLIA DI NEGOZIAZIONE SOTTO LA QUALE E’ VIETATO SCENDERE

Secondo il documento preparato dalla Commissione lavoro del Cnel e presentato ieri all’assemblea per l’approvazione, in Italia non è necessario introdurre un salario minimo per legge perché oltre il 98% dei lavoratori è coperto da un contratto nazionale firmato dai sindacati maggiormente rappresentativi, che “quasi nella totalità dei casi” fissano un minimo tabellare superiore ai 9 euro lordi l’ora.
Mi sembra un ragionamento che non sta in piedi per due motivi.
In primo luogo, il salario minimo per legge è inteso proprio a garantire a tutti, a prescindere dal tipo di contratto e da chi lo ha firmato, una remunerazione oraria minima decente, sotto la quale non è legale andare. Una garanzia che riguarda proprio i lavoratori e le lavoratrici più fragili, meno protetti, per lo più giovani di ambo i sessi, donne di ogni età e immigrati.
Che siano una piccola minoranza non rileva, rispetto alla necessità di stabilire quale sia la soglia minima della decenza.
Viceversa, la strenua opposizione a definire quest’ultima suggerisce che in realtà le cose stiano diversamente, che ci siano molti contratti che invece fissano minimi salariali decisamente inferiori: quelle che il documento CNEL chiama “non trascurabili eccezioni”. È il caso, ad esempio, dei contratti nel settore multi-servizi, oltre che nel lavoro domestico e in agricoltura, ovvero dei settori dove i sindacati sono molto deboli, quando non assenti, e la loro forza contrattuale minima.
Quindi, e questo è il secondo motivo per cui il ragionamento del documento Cnel non sta in piedi, non è solo una questione di “contratti pirata”, ma di forza contrattuale.
L’introduzione di un salario minimo legale darebbe anche al sindacato una base di negoziazione sotto la quale non scendere anche nei contesti dove è più debole, proteggendo i lavoratori e le lavoratrici da forme di sfruttamento indegne di un paese civile.
A queste considerazioni si aggiunga che il documento Cnel ammette che i dati disponibili sulle retribuzioni presentano diverse criticità, sia perché non vi è omogeneità tra le fonti sia perché in alcuni settori – non a caso quelli in cui maggiormente si addensano i salari molto bassi le situazioni contrattuali sono confuse e i fenomeni di elusione diffusi. Se le cose stanno così, di nuovo perché ritenere non necessaria l’introduzione di un salario minimo legale affidandosi a valutazioni su dati incerti? Così come non si capisce perché basare l’analisi solo sui contratti a tempo indeterminato e non anche su quelli a tempo determinato, che notoriamente sono quasi sempre più bassi. O si ritiene legittimo che chi ha un lavoro a tempo determinato, oltre ad avere un reddito annuo inferiore a chi lo ha a tempo indeterminato se lavora meno ore/giorni/mesi, abbia anche una paga oraria più bassa? Introdurre un salario minimo legale non è in contrasto né con il rafforzamento della contrattazione collettiva (anzi vi contribuirebbe), né con l’avvio di un lavoro sistematico di raccolta e verifica di dati sulle retribuzioni – due sviluppi che il documento Cnel pone tra quelli auspicabili.
L’introduzione di un salario minimo legale non risolverà i problemi del lavoro povero, che hanno anche altre cause (part time involontario, precarietà, squilibrio tra reddito disponibile e numerosità della famiglia per cui deve bastare). Ma almeno comincerà a risolvere quella parte del problema che ha a che fare con remunerazioni orarie troppo basse. Aggiungo che una discussione seria su quanto sia il minimo – netto e lordo – che deve compensare un’ora di lavoro sarebbe una grande operazione culturale e di civiltà. Costringerebbe non solo i politici e i sindacalisti, ma tutti noi a interrogarci e confrontarci senza ipocrisie sul valore minimo che attribuiamo al lavoro e a chi lo fa.
(da agenzie)

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TREVISO, L’IMPRENDITORE CHE HA USATO I SOSTEGNI COVID PER SPECULARE IN BORSA: INDAGATO PER MALVERSAZIONE

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

HA SPESO 25.000 EURO PER COMPRARE AZIONI DI UNA BANCA…. QUANDO SOSTENEVAMO CHE QUEI FONDI ALLE AZIENDA SONO FINITI A CANI E PORCI E NON VERRANNO PIU’ RESTITUITI

Un imprenditore ha usato i sostegni per le imprese in difficoltà a causa dell’emergenza Covid-19 per speculare in Borsa.
Il trevigiano, attivo nel settore del trasporto delle merci su strada, dovrà ora rispondere del reato di malversazione di erogazioni pubbliche. Che è punito con la reclusione fino a quattro anni.
A scoprirlo è stata la Guardia di Finanza del comando provinciale di Treviso. Le indagini, racconta oggi l’AdnKronos, sono partite dopo una segnalazione di operazione sospetta per riciclaggio. Il gruppo di Treviso delle Fiamme Gialle ha effettuato alcune indagini valutarie, scoprendo che un finanziamento di 25 mila euro ottenuto grazie al decreto liquidità era stato utilizzato per investimenti di Borsa.
Analizzando il conto corrente su cui era stato accreditato il finanziamento garantito dallo Stato, è emerso che quasi tutto l’importo, anziché essere impiegato per carenza liquidità e pagamento fornitori, così come dichiarato dall’imprenditore nel modulo per la richiesta della garanzia pubblica, è stato trasferito su un rapporto bancario intestato al coniuge.
Per poi essere utilizzato per l’acquisto di azioni di un primario istituto bancario. L’imprenditore ha ricevuto l’avviso di conclusione indagini, atto prodromico alla successiva richiesta di rinvio a giudizio.
(da agenzie)

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CASO APOSTOLICO, SOTTO INCHIESTA IL CARABINIERE CHE HA GIRATO IL VIDEO

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

LA PROCURA DI CATANIA APRE UN FASCICOLO… L’ARMA: “CI SONO CIRCOLARI CHE VIETANO LA DIFFUSIONE DEI FILMATI”

Il carabiniere che ha registrato e fatto girare il video della giudice Iolanda Apostolico durante una manifestazione del 2018 a Catania rischia l’iscrizione nel registro degli indagati e un’azione disciplinare.
Lui ha raccontato ai suoi superiori di averlo postato in una chat di amici. Tra cui c’erano anche molti colleghi. Lui lavora come luogotenente proprio a Catania. E sostiene di non sapere come sia finito nelle mani di Matteo Salvini, che lo ha poi pubblicato su X.
L’onorevole Anastasio Carrà, ex carabiniere catanese e oggi nella Lega, ha negato di aver avuto un ruolo nella sua diffusione. La procura di Catania ha aperto per ora un fascicolo a modello 45, cioè atti non costituenti notizie di reato. L’indagine dovrebbe procedere in parallelo con quella di Roma. Aperta dopo l’esposto dell’esponente di Avs Angelo Bonelli.
Il fascicolo disciplinare
Contestualmente, fa sapere la Repubblica, l’Arma ha aperto un fascicolo disciplinare nei confronti del carabiniere. Perché esistono circolari specifiche, alcune emanate dopo il caso Cerciello Rega, che vietano la diffusione di materiale prodotto mentre si è in servizio.
E il militare in quel momento, per sua stessa ammissione, stava lavorando.
L’uomo con la telecamera
Nei giorni scorsi alcuni giornali avevano indagato sull’«uomo con la telecamera» durante la manifestazione per la Diciotti. Che però non pare essere la persona indicata nell’immediatezza della diffusione del video. Il carabiniere ha invece sostenuto di aver girato il video con un telefonino e non con la videocamera. Il militare avrebbe deciso di riferire spontaneamente ai suoi superiori di aver registrato il video, cinque anni fa, ma «senza alcuna finalità». Video che non sarebbe «mai stato allegato ad atti interni o a informative all’autorità giudiziaria». Poi, quando è scoppiato il caso Apostolico, il carabiniere avrebbe deciso di condividere le immagini con una «ristretta cerchia di persone». Le autorità giudiziarie di Catania sarebbero state già informate su quest’ultimo sviluppo.
(da agenzie)

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TRIBUNALE DI CATANIA, IL GIUDICE CUPRI NON CONVALIDA IL TRATTENIMENTO ILLECITO DI SEI MIGRANTI

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

LE MOTIVAZIONI GIURIDICHE DELLA DECISIONE CHE EVIDENZIA L’ASSURDITA’ E GLI ERRORI DEL DECRETO CUTRO

Non si è ancora esaurito il dibattito politico sul caso di Iolanda Apostolico, la giudice che ha partecipato, nel 2018, a una manifestazione pro migranti e che non ha convalidato, il 29 settembre, il trattenimento di alcuni migranti al centro di Pozzallo.
E oggi, 8 ottobre, una situazione analoga si ripete, sempre nel Tribunale di Catania. Il questore di Ragusa, Vincenzo Trombadore, applicando una disposizione del decreto Cutro, ha firmato e inviato al Tribunale – sezione speciale in materia di immigrazione – sei provvedimenti di trattenimento di migranti. A stretto giro, il giudice Rosario Cupri ha deciso di non convalidare il trattenimento dei sei nel centro di Pozzallo.
Le motivazioni del giudice Cupri
I migranti erano assistiti tre dall’avvocato Rosa Emanuela Lo Faro e altri tre dall’avvocato Fabio Presenti. I sei distinti provvedimenti del giudice Rosaio Cupri, secondo quanto si apprende, sono sostanzialmente sovrapponibili tra loro per la similitudine dei casi. Uno dei procedimenti riguarda un 37enne tunisino sbarcato il 3 ottobre a Lampedusa e poi trasferito a Pozzallo. Nel caso specifico il giudice sottolinea, ricordando una decisione della Corte di giustizia dell’Ue, come «il trattenimento di un richiedente protezione internazionale» sia «una misura coercitiva che priva tale richiedente della sua libertà di circolazione e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare in modo permanente in un perimetro circoscritto e ristretto». «Ne discende – osserva – che il trattenimento costituendo una misura di privazione della libertà personale è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge». E ricorda che anche la Corte di Cassazione ha stabilito che «la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione va disapplicata dal giudice nazionale». Nel dispositivo si sottolinea che «la richiesta di protezione internazionale non è soggetta ad alcuna formula sacramentale» e che nel caso del 37enne tunisino la sua domanda «doveva essere esaminata al suo ingresso alla frontiera di Lampedusa» e la sua richiesta «sottoscritta a Ragusa non può essere trattata come procedura di frontiera». «Come già affermato da precedenti decisioni di questo Tribunale in procedimenti di convalida di trattenimenti riguardanti cittadini tunisini e le cui motivazioni sono condivise da questo giudicante – osserva ancora il giudice – la norma prevede una garanzia finanziaria che non si configura, in realtà, come misura alternativa al trattenimento bensì come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/Ur, per il solo fatto che chiede protezione internazionale».
(da agenzie)

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“MELONI DIA ASCOLTO AI TIMORI DEGLI INVESTITORI SUL DEBITO”: IL GOVERNATORE USCENTE DELLA BANCA D’ITALIA, IGNAZIO VISCO, INTERVISTATO DAL “FINANCIAL TIMES”, LANCIA UN MESSAGGIO FORTE E CHIARO ALLA SORA GIORGIA

Ottobre 9th, 2023 Riccardo Fucile

“NON PENSO CI SIA SPECULAZIONE CONTRO L’ITALIA. MA BISOGNA RISPONDERE AI MERCATI CON DUE COSE: UNA VISIONE DEL PIANO DI CRESCITA A LUNGO TERMINE E L’AZIONE A BREVE E MEDIO TERMINE PER QUANTO RIGUARDA GLI SQUILIBRI FISCALI”

Il governo Meloni dovrebbe ascoltare i timori degli investitori sul debito pubblico italiano. A dirlo è il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, in un’intervista pubblicata dal Financial Timescon il titolo «il governatore della Banca d’Italia sollecita Giorgia Meloni a rassicurare gli investitori rispetto ai loro timori sul debito».
L’andamento dei mercati e dei rendimenti, scrive il Ft citando brani dell’intervista, mostra che gli investitori «si stanno assicurando» contro il rischio di una spirale fatta da una crescita debole sul lungo termine.
«Non penso ci sia speculazione contro l’Italia. Penso si tratti sostanzialmente delle preoccupazioni sulla crescita dell’economia sul lungo termine», sostiene il governatore. «L’incremento nel rapporto tra debito e Pil – spiega Visco – c’è stato soprattutto a causa della deludente performance» della crescita
Il numero uno di Bankitalia riconosce al governo di Giorgia Meloni di aver «fatto meglio di quanto molti si aspettassero» sul piano delle politiche di bilancio, «ecco perché bisogna rispondere ai mercati con due cose: in primo luogo, una visione del piano di crescita a lungo termine e, in secondo luogo, l’azione a breve e medio termine per quanto riguarda gli squilibri fiscali», aggiunge Visco.
(da agenzie)

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