Ottobre 27th, 2023 Riccardo Fucile
“BERLUSCONI AVEVA NEL CASSETTO LE PROVE DELLE MARACHELLE GIAMBRUNESCHE A OTTOBRE, QUANDO DISSE ‘IL SUO UOMO LAVORA A MEDIASET’. LEI RISPOSE: ‘NON SONO RICATTABILE’, E SI VEDE OGGI. LEI NON ERA RICATTABILE, MA È RICATTABILE LUI. CI SONO ALTRI VIDEO, SICURAMENTE. POI NESSUNO SI CHIEDE SE UN GIORNO PARLA GIAMBRUNO”
La versione secondo la quale i Berlusconi sapevano di questi fuorionda,
ma non sapevano il contenuto e che Ricci ha fatto tutto in autonomia.
“Ma stiamo scherzando? Berlusconi in quella famosa elezione di La Russa fu ripreso dalle telecamere con un bel foglietto scritto a caratteri cubitali in cui lui accusava la signora di tutto: “prepotente, arrogante, supponente, offensiva, con cui non si può andare d’accordo”. Lui esce da un faccia a faccia con lei: “Non c’è mai stata distanza con la signora Meloni, il suo uomo lavora a Mediaset”. Un messaggio velenoso che nasce dal fatto che già all’epoca Berlusconi aveva nel cassetto le prove delle marachelle Boccaccesche di Giambruno e lei disse, Io non sono ricattabile e si vede oggi come non era ricattabile, ma è ricattabile lui. Ci sono altri video, sicuramente, che sono anche ancora più pesanti anche per lei. Poi nessuno si chiede che se un giorno Gianbruno parla: cosa potrà succedere perché non si può trattare come un cane bastonato…Noi assistiamo a una crisi non di governo ma della maggioranza, cioè a una crisi politica. Questo rapporto con gli alleati si incancrenisce ogni giorno: il canone Rai da 90 finisce 70. E come vengono rimpiazzati i 400 milioni in meno? Allargando il tetto pubblicitario a scapito di chi? Di Mediaset. C’è il primo fuori onda. Poi in quelle 24 ore per far partire il secondo, succede di tutto, riunioni Letta Tajani per bloccare il secondo fuori onda. Piersilvio e Marina non ci stanno e lo fanno uscire.
Qual è la grande lezione che Giorgia Meloni deve ricavare da tutta questa storia?
Che il potere è come una patata. Sa delle radici lunghissime. Quelle radici, quei filamenti, sono quello che consolida il potere. Per mettere quei filamenti, Democrazia cristiana PCI ci hanno messo anni, anni e anni, infatti, anche se il Pd oggi perde, sotto ha il suo potere che resta, quando la patata, cioè il potere, non ha le radici, vedi Renzi, vedi Salvini, vedi Conte, basta un calcetto e quella buona mia. ei non media: “Qui comando io, andiamo avanti”. A Roma, dicono “Datte ‘na carmata”. O si dà una calmata, oppure come dicono altre persone che hanno studiato è unfit, è inadeguata al potere.
(da Dagospia))
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Ottobre 27th, 2023 Riccardo Fucile
DIETROFRONT SULLE PENSIONI, RESTA IL TAGLIO: GOVERNO IN CONFUSIONE
Sotto l’azione insistita della Lega, il governo lavora per aggiustare il pacchetto pensioni contenuto in manovra. Dopo il pasticcio della prima bozza che, oltre a non mantenere la promessa elettorale di abbassare l’età pensionabile, aggravava addirittura la legge Fornero e inseriva una penalizzazione per Quota 104, il Tesoro sta riscrivendo le norme.
Ieri sono circolate bozze che inseriscono un alleggerimento dei requisiti per il pensionamento. I vertici del Carroccio, però, assicurano che la definitiva sarà ancora migliore. Tra le ipotesi ci sarebbe quella di mantenere quota 103 ma con un ricalcolo contributivo. Ricapitoliamo. Martedì, otto giorni dopo l’approvazione della legge di Bilancio in Consiglio dei ministri, i testi hanno iniziato a girare. La più grossa sorpresa riguardava la previdenza: venivano appesantiti infatti i criteri per andare in pensione a 64 anni con il calcolo contributivo.
Al netto del linguaggio tecnico, è il metodo introdotto dalla riforma approvata nel 2011 dal governo Monti e permette l’uscita a quell’età a patto di aver maturato una pensione pari almeno a 2,8 il minimo, circa 1.409 euro. La bozza della manovra 2024, invece, portava quel requisito a 3,3 volte il minimo, cioè 1.660 euro. In sostanza, rendeva ancora più severa la Fornero, creando un grave problema politico. La Lega di Matteo Salvini ha basato in questi anni la sua propaganda sull’impegno di abolire la legge e permettere la pensione a 41 anni di contributi, senza minimo di età. Sarebbe insostenibile firmare una manovra che fa l’esatto contrario, rimangiando la promessa e addirittura inasprendo il già odiato provvedimento del governo Monti.
Dopo la rivolta di Lega&C. è iniziato il maquillage che vede sconfitto il ministro dell’Economia Giorgetti. Ci dovrebbe essere un nuovo sistema di calcolo. Il criterio passava a tre volte il minimo, quindi un passo in avanti rispetto alla prima bozza, ma restava comunque peggiorativo rispetto alla Fornero.
Il requisito di 2,8 volte il minimo rimaneva solo per le donne con un figlio e diventava 2,6 volte il minimo per quelle con almeno due figli. In ogni caso, fonti del governo dicono che questo nuovo schema non va considerato perché il testo finale sarà ancora migliorativo.
Per esempio, è spuntata anche l’ipotesi di posticipare al 2027 l’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita. Meccanismo che oggi è congelato fino a fine 2026, ma che la bozza di manovra anticipava a fine 2024 (con l’effetto di innalzare l’età pensionabile). Non si placano intanto i sindacati: Cgil e Uil hanno concordato una serie di scioperi territoriali da 8 ore: si inizia il 17 novembre al Centro e si chiude il 1º dicembre con il Sud.
Intanto se il governo Meloni con una mano ridà, con l’altra continua a togliere, come nel caso del taglio alle pensioni di maestri, medici, infermieri, dipendenti comunali e ufficiali giudiziari che hanno iniziato a lavorare prima del 1996.
Si tratta di circa 300 mila lavoratori sul milione totale di iscritti alle relative casse che dal prossimo anno si vedranno ridimensionare le future pensioni fino a 7 mila euro, secondo la Confsal-Unsa, pari a un risparmio di 1 miliardo. A prevederlo è l’articolo 33 della nuova bozza della manovra. Ipotizzando uno stipendio di 1.800 euro, se si hanno 10 anni di lavoro prima del 1995 la pensione si abbasserebbe di circa 100 euro, mentre se gli anni sono solo 5 la pensione rischia di essere tagliata anche di 200 euro.
Ad esempio, per 10 anni di lavoro si scende dal 31% al 25%, mentre per 5 anni si passa dal 27% al 12%. Una mattanza che si sta per abbattere su chi è quasi vicino alla pensione (chi ha iniziato a lavorare dagli inizi degli anni 80) o a chi mancano meno di una decina di anni al buen retiro. Già lo scorso anno si era palesata la possibilità di introdurre il taglio, ma poi non se ne fece più nulla. Ora sembrerebbe che a spingere per la sua introduzione sia la Ragioneria generale dello Stato. Se la norma non cambierà nelle prossime bozze, si annunciano proteste. Ieri l’Anaao ha attaccato il governo: “Via le mani dalle tasche dei medici e dirigenti sanitari. Si stimano perdite tra il 5 e il 25% di tutto l’assegno pensionistico. Così si faranno scappare i pochi colleghi rimasti in corsia”. E pensare che per gli ex senatori si è ripristinato il vitalizio tagliato perché è un “diritto acquisito”. Mentre non ci sono ostacoli a tagliare le future pensioni degli altri.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 27th, 2023 Riccardo Fucile
I SALARI LORDI FERMI AL 1990, DISEGUAGLIANZE IN TUTTI I SETTORI TRA NORD E SUD E CON L’EUROPA… UN PAESE IN DECLINO DOVE L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA ACUIRA’ LE DISTANZE
Tutti i dati disponibili ci dicono da tempo che l’Italia è una nazione in
lento e costante declino. Ogni giorno, una statistica in più ci ricorda quanti punti in meno vale la nostra economia in Europa e nel mondo. Sembra essersi esaurita, almeno dalla crisi del 2008, la spinta propulsiva della nostra creatività, la capacità di superare in avanti i momenti difficili, ripartendo dopo crisi strutturali o eventi drammatici. Come se tutti i fattori di debolezza, attenuati per un lungo tratto storico dalla lunga fase di espansione, improvvisamente si fossero trasformati in un ostacolo strutturale per una ripresa duratura.
Qual è la zavorra che appesantisce la nostra economia e ci trascina sempre più giù nelle statistiche del malessere? A mio parere l’Italia è malata essenzialmente di diseguaglianze (territoriali, sociali, di genere, di salute, di dotazioni di servizi essenziali) e questa sua malattia si rispecchia senza più attenuazioni sulla sua base produttiva. È dimostrato che in Europa i Paesi economicamente più forti sono quelli più coesi socialmente e le nazioni con minori differenze territoriali reagiscono meglio alle crisi. Le società e le economie più diseguali stanno dando dei risultati peggiori di quelle più paritarie. L’Italia è all’apice dei Paesi più diseguali.
Annoveriamo 4 territori fra i primi in Europa per reddito (provincia di Bolzano, Lombardia, provincia di Trento, Valle d’Aosta) ma anche 4 regioni tra le peggiori 50 d’Europa (Puglia, Campania, Sicilia e Calabria). Nel 2000, però (appena 23 anni fa) l’Italia contava ben 10 regioni classificate tra le prime 50, e nessuna regione italiana compariva nella classifica delle 50 peggiori. Nel giro di un ventennio, mentre accrescevano le disparità tra Nord e Sud cresceva anche la distanza tra regioni italiane e le altre regioni europee. Le diseguaglianze interne troppo marcate sono ormai un fattore di scarsa competitività del nostro sistema produttivo.
La lotta alle diseguaglianze non è solo un entusiasmante programma politico ma una grande strategia di crescita dell’economia. L’Italia è un Paese lungo geograficamente, corto economicamente e storto socialmente. Gli egoismi territoriali, l’esasperazione delle disparità sociali, di genere e di salute rappresentano un danno economico per il nostro Paese, perché gli squilibri oltre un certo limite diventano un handicap economico, rallentano il motore dello sviluppo, ne inficiano la potenza, e addirittura sono in grado di incepparlo.
Se il Pil rappresenta la ricchezza di una nazione, è ovvio che questa ricchezza non aumenta se non quando essa si propaga in tutte le sue parti. Se in un insieme una parte non cresce, è l’insieme a subirne le conseguenze, anche se una singola sua parte è cresciuta. Una nazione è come un corpo. Se si cammina su di un solo piede, sarà difficile mantenersi in piedi, ed è già un miracolo fare qualche passo. Il convincimento che l’Italia possa continuare a prosperare anche facendo a meno di una sua parte è, dati alla mano, destituita di ogni fondamento. Non regge alla lunga una nazione con una economia dimezzata. Lo hanno dimostrato Alberto Quadrio Curzio e Marco Fortis in uno studio di qualche anno fa per la Fondazione Edison. La loro tesi fondamentale è questa: se l’Italia scommettesse sullo sviluppo industriale del Sud, accompagnando alcune sue eccellenze produttive già presenti, in pochi anni la nostra nazione diventerebbe economicamente più forte di Francia e Germania. Con il Meridione sviluppato ai livelli di alcune aree del Nord, la nostra diventerebbe la prima economia in Europa.
Un altro esempio: in un recente libro di Ferruccio Pastore (Migramorfosi) si fa notare che il salario lordo annuo degli italiani, a parità di potere d’acquisto, è stato nel 2021 di 29.694 euro rispetto ai 29.341 del 1990. Nello stesso periodo gli spagnoli i francesi sono passati da 29.000 a 40.000 dollari e i tedeschi da 30.000 a 43.000. L’Italia è rimasta ferma al 1990! Anche in questo caso, i vantaggi sarebbero enormi se si riducesse la disparità delle retribuzioni con il resto d’Europa. Altro esempio: in Italia il divario di genere è impressionante. Se in Europa la differenza tra il tasso di occupazione femminile rispetto a quello degli uomini è di 10,7 punti, nel nostro Paese è di ben 20 punti. Ma questa pur notevole differenza non è uniforme: nel Sud appena il 35% delle madri con figli in età prescolare lavora rispetto al 64% delle mamme del Centro-Nord. Se si portasse il tasso di occupazione femminile meridionale ai livelli del Centro-Nord, ciò comporterebbe un vantaggio economico per l’Italia intera oltre che un passo in avanti notevole in materia di diritti civili.
Si vive, dunque, in due Italie nettamente distinte. Dove l’economia è meno sviluppata c’è meno ricchezza da distribuire, si muore prima, ci si cura peggio, si apprende di meno, si emigra in massa, si hanno minori possibilità di trovare lavoro, più probabilità di restare a casa se si è donna. Ecco perché l’Autonomia differenziata è un veleno per la nostra base produttiva perché impedisce di allargarla. La sua approvazione potrebbe avere gli stessi effetti che la Brexit ha avuto per l’economia inglese. Così come l’avversione per il salario minimo (e per ogni forma di riduzione delle differenze salariali) è un ulteriore freno per la migliore distribuzione della ricchezza nazionale. E aver tolto il reddito di cittadinanza porterà solo all’aumento della povertà e una riduzione dei consumi. Colmare le distanze, ridurre le disparità, ricucire le fratture vuol dire allargare i polmoni alla nostra economia.
(da La Repubblica)
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Ottobre 27th, 2023 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DI UN OPERATORE SANITARIO A PIAZZA PULITA
Sembra la scena di un ospedale di guerra ma è il pronto soccorso del Ruggi D’Aragona di Salerno quello dove si vedono pazienti legati ai letti, alcuni con pannolini sporchi da giorni e «senza che nessuno gli dia da bere e da mangiare».
Questa è la denuncia di un operatore sanitario che chiede di rimanere anonimo alla trasmissione di La7 Piazzapulita.
Nella video inchiesta sullo stato della sanità italiana si vedono numerosi anziani sui lettini negli spazi più angusti della struttura dove rimangono privi di assistenza, spiega ancora l’operatore, a causa del risicato personale in corsia.
Condizioni insostenibili, mostrate anche nelle immagini, tanto che «i pazienti in pronto soccorso scappano fuori senza pantaloni con il catetere vescicale inserito». «Bisogna assumere personale, bisogna che la smettano di fare straordinario su straordinario, gli infermieri sono stremati», aggiunge ancora l’operatore.
«Casi eccezionali»
Le immagini mostrano anche pazienti anziani, che in preda alle sofferenze chiedono antidolorifici che non arrivano. L’Oss parla di «120 persone, tutte buttate nei corridoi» che «sono in attesa di reparto» mentre «continuano a ridurre i posti letto».
Gli effetti della mancanza di personale si vedono anche quando, immortalato nel video, un signore chiede di andare in bagno, ma non riceve aiuto dalle sei. Si vede un paziente in codice rosso legato al lettino. Non lontano un paziente oncologico e un paziente Covid, che da una giornata ha lo stesso pannolone sporco. Stanno «legati in modo che non diano fastidio per ore, senza che nessuno gli dia da bere o da mangiare». Al riguardo l’azienda sanitaria ha spiegato, secondo una nota letta in studio, che si tratta di casi eccezionali finalizzati a tutelare l’incolumità del paziente.
(da Open)
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Ottobre 27th, 2023 Riccardo Fucile
IL TRADITORE AVREBBE DOVUTO GUIDARE IL GOVERNO FANTOCCIO
L’ex parlamentare ucraino Oleg Tsaryov, figura filo-russa che sarebbe
stata designata da Mosca per guidare un’amministrazione fantoccio a Kiev dopo l’invasione russa, è in terapia intensiva dopo essere stato colpito da un proiettile a Yalta, ha dichiarato un funzionario russo.
Il funzionario, Vladimir Rogov, non ha precisato dove sia avvenuta la sparatoria.
«Le condizioni di Oleg sono molto gravi. È attualmente in terapia intensiva», ha dichiarato Rogov, un alto funzionario russo installato nell’Ucraina meridionale. “Oleg è stato colpito”, ha dichiarato su Telegram, chiedendo ai credenti cristiani ortodossi di pregare per Tsaryov.
L’anno scorso, alcune fonti hanno riferito alla Reuters che la Russia aveva schierato Tsaryov a capo di un governo fantoccio a Kiev dopo l’invasione delle forze di Mosca il 24 febbraio 2022. Tsaryov stesso ha respinto questa possibilità quando il Financial Times l’ha riportata, citando l’intelligence statunitense, prima dell’invasione.
All’epoca disse al FT che l’idea era “piuttosto divertente” perché lui gestiva solo un’attività di benessere in Crimea e non era “abbastanza importante”.
In precedenza Tsaryov era stato membro del parlamento ucraino e poi speaker del parlamento di “Novorossiya”, un’entità formatasi dopo che i separatisti sostenuti dalla Russia nell’Ucraina orientale si sono staccati nel 2014 e hanno iniziato a combattere le forze ucraine.
(da agenzie)
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Ottobre 27th, 2023 Riccardo Fucile
GLI EX FEDELISSIMI SONO PRONTI A TESTIMONIARE CONTRO IL TYCOON E A FAR CROLLARE LA SUA TESI DIFENSIVA… FA SCALPORE IL “PENTIMENTO” DI SIDNEY POWELL, L’AVVOCATO CHE SOSTENNE LE PIÙ INVEROSIMILI TESI COSPIRATIVE SUL “VOTO RUBATO DA BIDEN”
Con le ammissioni dell’ex avvocata di Donald Trump, Jenna Ellis, sono quattro (su 18) i coimputati nel processo sul tentativo dell’ex presidente di alterare il risultato delle elezioni del 2020 in Georgia che si sono dichiarati colpevoli e pronti a testimoniare contro il leader
Ha fatto, in particolare, scalpore il «pentimento» di Sidney Powell, l’avvocatessa che subito dopo il voto presidenziale sostenne le più inverosimili tesi cospirative sulle «elezioni rubate da Biden» (macchine elettorali della Dominion truccate per una congiura architettata dai servizi segreti del Venezuela) e che ora si è dichiarata colpevole di ben sei reati commessi nel tentativo di alterare i risultati del voto in una parte della Georgia, la contea Coffee.
Sbugiarda Trump in cambio di una pena relativamente mite: sei anni di libertà vigilata, varie sanzioni pecuniarie, servizi sociali e scrittura di una lettera di scuse al popolo della Georgia per i danni provocati dai suoi crimini.
Ieri, poi, la rete ABC ha sostenuto, senza essere fin qui smentita, che nelle tre testimonianze rese quest’anno da Mark Meadows davanti al procuratore federale Jack Smith e davanti a un grand jury, l’ex capo di gabinetto di Trump, un suo fedelissimo da lui definito «amico speciale» e «grande capo dello staff» della Casa Bianca, avrebbe capovolto la sua narrativa su quanto accaduto durante e dopo il voto del 3 novembre di tre anni fa dopo aver ricevuto dai giudici l’immunità per i crimini commessi e confessati: mai viste prove di frode negli scrutini, nessuna «elezione rubata».
Trump fronteggia con piglio spavaldo le quattro incriminazioni penali e i due processi civili ai quali è sottoposto. Trump, che continuando così rischia l’arresto, non se ne cura e liquida gli ex alleati che ora lo accusano come gente pronta a tutto per non finire in prigione.
Si definisce perseguitato politico e non teme di cadere nel ridicolo quando dice di essere pronto, per «salvare la nazione», ad andare in galera come Nelson Mandela (27 anni dietro le sbarre battendosi contro l’apartheid).
Seguito ciecamente da un gran numero di fan che lo hanno trasformato nel loro messia, The Donald non vuole essere credibile ma suggestivo, entusiasmante per il suo popolo.
Ma, anche se ha scelto di indossare i panni della vittima di accuse pretestuose, il crollo della diga di avvocati, un tempo stretti e fidati collaboratori, che passano dal ruolo di scudiero a quello di accusatore, non può non preoccuparlo: per le conseguenze giudiziarie, ma anche per l’impatto su quella tesi dell’elezione rubata da Biden che è l’architrave della costruzione politica dell’ex presidente.
Se a dichiarare infondata quella tesi sono il fido Meadows e legali che l’hanno sostenuta con ardore, la costruzione di Trump crolla. Confessioni estorte con la minaccia del carcere, si difende lui: ma gli sconti di pena per chi collabora con la Giustizia sono la regola negli Stati Uniti, e non solo.
(da il Corriere della Sera)
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Ottobre 26th, 2023 Riccardo Fucile
TI PAREVA CHE PER UNA VOLTA CHI HA DEBITI VERSO L’AGENZIA DELLE ENTRATE (E MAGARI DECINE DI MIGLIAIA DI EURO SUL CONTO IN BANCA) FOSSE COSTRETTO A PAGARE QUELLO CHE PAGANO GLI ITALIANI ONESTI
Giorgia Meloni intende far saltare dalla legge di Bilancio 2024 la norma
che concedeva alla Agenzia delle Entrate la possibilità di pignorare direttamente i conti correnti di chi ha un debito non saldato con lo Stato. Secondo la norma l’agente della riscossione avrebbe potuto inviare alla banca su cui il debitore aveva il conto corrente un ordine immediato di pagamento, comunicando al debitore il “prelievo” entro un mese, altrimenti quei soldi non avrebbero potuto essere trattenuti.
Lette le indiscrezioni sulla stampa secondo quello che risulta ad Open il presidente del Consiglio ha fatto sapere al Mef la sua contrarietà alla disposizione, facendo saltare anche una sua riformulazione apparsa in bozze successive, in cui il prelievo forzoso sarebbe stato possibile solo per debiti superiori ai mille euro.
Dopo l’intervento della Meloni la norma non sarà più inserita nel testo originario della legge di Bilancio.
La prima bozza aveva sorpreso proprio sul pignoramento dei conti correnti perché proprio Giorgia Meloni nel 2019 si era detta indignata per analoga ipotesi circolata nelle bozze della legge di Bilancio presentata dal governo giallorosso di Giuseppe Conte.
Intervenendo in tv da Massimo Giletti su La7 la Meloni aveva attaccato la norma sul “Grande fratello fiscale” dicendo: «Vergogna, su questo io faccio le barricate. E su questa cosa devono passare sopra il gruppo di Fratelli di Italia alla Camera e al Senato». Anche allora però la norma saltò.
(da Open)
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Ottobre 26th, 2023 Riccardo Fucile
FINALMENTE QUALCUNO CHE USA IL CERVELLO E NON ISTIGA ALL’ODIO
«Tutti stiano lontani dalla violenza, sia fisica che verbale, perché è una questione di vita o di morte». Sono i più importanti rabbini di Gerusalemme a rivolgere un appello pubblico per denunciare il recente aumento di aggressioni e molestie di matrice nazionalistica nei confronti dei lavoratori arabi.
In una lettera pubblicata oggi, giovedì 26 ottobre, alcuni capi spirituali della città rivolgono un duro rimprovero a chi si è macchiato di aggressioni o minacce nei confronti di cittadini arabi a Gerusalemme.
Un comportamento, scrivono i rabbini, che è contrario agli insegnamenti della Torah. «Vogliamo mettere in guardia gli anziani dai giovani, affinché non ci sia nessuno che litighi con questi lavoratori. E tutti devono avvertire i membri della propria famiglia e i giovani, il cui sangue scorre caldo, di stare lontani dalla violenza, Dio non voglia, perché è una questione di vita o di morte», si legge nella lettera, rilanciata anche dal Times of Israel.
L’appello dei rabbini (e del sindaco)
L’appello – che porta la firma dei rabbini sefarditi e ashkenaziti di Gerusalemme, Yitzhak Yosef e David Lau, e di altri capi spirituali ebraici – arriva dopo diversi episodi di aggressione da parte di giovani israeliani ai danni di lavoratori arabi della capitale. Una situazione che paradossalmente sta creando problemi anche a diversi cittadini israeliani, dal momento che molti impiegati municipali si stanno rifiutando di andare al lavoro per paura di essere aggrediti.
«Stiamo monitorando tutti i nostri lavoratori e assicurandoci che non esprimano sostegno al terrorismo», ha fatto sapere il sindaco di Gerusalemme Moshe Lion. «Tuttavia – aggiunge il primo cittadino – la maggior parte di loro sono lavoratori manuali che cercano di sostenere le proprie famiglie e non sono coinvolti in queste questioni. La chiamata dei rabbini di Gerusalemme obbliga tutti noi a preservare la pace e la tranquillità nella nostra città».
Nei giorni scorsi ha cominciato a circolare un video sui social media in cui si vedono tre uomini prendere a calci e pugni un lavoratore alle prese con la pulizia di un marciapiede. L’aggressione avviene davanti agli occhi di una piccola folla di curiosi, che assiste alla scena senza intervenire. Quando l’operaio cade in ginocchio, i tre assalitori fuggono e un soldato armato dell’Idf si avvicina per aiutare l’uomo. Oggi i pubblici ministeri di Gerusalemme hanno identificato i responsabili – rispettivamente di 18, 19 e 20 anni – e li hanno incriminati.
(da agenzie)
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Ottobre 26th, 2023 Riccardo Fucile
IL GENERO EBREO DI DONALD TRUMP, INSIEME AL PREMIER ISRAELIANO FURONO GLI “ARCHITETTI” DEGLI “ACCORDI DI ABRAMO’’. INTESE BILATERALI CONCLUSE TRA ISRAELE ED EMIRATI ARABI, BAHREIN, MAROCCO E SUDAN… MA AL TAVOLO DELLE TRATTATIVE MANCAVA PROPRIO IL CONTRALTARE PIÙ IMPORTANTE DI TEL AVIV: LO STATO PALESTINESE, UNA DIMENTICANZA NON CASUALE
“Un’altra missione a Riad per Matteo Renzi”, scrive il Corriere. “Stavolta
l’ex premier è volato in Arabia Saudita per un confronto con Jared Kushner, «architetto» degli Accordi di Abramo, per discutere proprio di una possibile via d’uscita dalla guerra tra Israele e Hamas”.
Ecco: uno tra i responsabili dell’attuale stato di guerra a Gaza è proprio il genero ebreo di Trump, marito di Ivanka, che si inventò all’epoca una nuova professione, quella del ‘’diplomatico”, causando un disastro che oggi sta travolgendo l’ordine mondiale.
Infatti, gli Accordi di Abramo, che furono firmati il 13 agosto 2020, furono intese bilaterali concluse tra Israele ed Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan. Ma al tavolo delle trattative mancava proprio il contraltare più importante di Tel Aviv: lo Stato palestinese.
Una dimenticanza non casuale. La Striscia di Gaza era stata tagliata fuori perché Netanyahu, per favorire la colonizzazione israeliana della Cisgiordania, aveva messo nel mirino colui che politicamente la controlla, il presidente dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) Abu Mazen.
Una missione, quella di Netanyahu, che ha lasciato liberi i miliziani di Hamas, avversari da sempre di Mazen, di intascare i pingui finanziamenti che dal Qatar e dall’Algeria che finivano in tasca all’organizzazione paramilitare palestinese islamista, sunnita e fondamentalista.
E se oggi ci troviamo davanti alla tragedia di Gaza, gran parte della responsabilità politica appartiene alle scelte del duo Kushner-Netanyahu.
(da Dagoreport)
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