Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
BOMBARDIERI (UIL): “DAL GOVERNO SQUADRISMO ISTITUZIONALE”
Non si ferma la polemica sullo sciopero Cgil e Uil del 17 novembre, anzi sale ancora di tono dopo la precettazione del ministro Matteo Salvini che ha ridotto a 4 ore l’agitazione del settore dei trasporti.
“Guarderemo questa mattina il testo della precettazione. Abbiamo convocato per oggi alle 15.30 una conferenza stampa con la Uil e discuteremo su cosa fare. Per quello che ci riguarda è confermato lo sciopero per tutti i settori, ma per quanto riguarda il settore dei trasporti vedremo cosa fare senza mettere in difficoltà i lavoratori, perché con la prescrizione del governo le misure riguardano anche i lavoratori, non solo i sindacati”.
Così il leader della Cgil, Maurizio Landini, intervenendo ad Agorà su Rai Tre spiega che l’agitazione di trasporti è messa in dubbio dalla precettazione voluta da Salvini. Il problema, in sostanza, è che anche i lavoratori rischierebbero una multa.
“Viene messo in discussione il diritto soggettivo, sancito dalla Costituzione, della singola persona di poter scioperare. Non lo aveva mai fatto nessun altro governo nella storia di questo Paese. E’ di una gravità assoluta”, attaccaLandini.
Un fatto che comunque non ferma la manifestazione: “Venerdì ci sarà una grande giornata di sciopero e mobilitazione. Io e Pierpaolo Bombardieri saremo in piazza del Popolo a Roma, poi gli scioperi proseguiranno: il 20 novembre in Sicilia, il 24 per le regioni del Nord, il 27 in Sardegna, il primo dicembre per le regioni del Sud. Penso ci sarà una partecipazione molto importante. Possono precettare finché gli pare, noi non ci fermiamo fino a quando non abbiamo ottenuto dei risultati”.
Lo stesso Bombardieri, leader della Uil, usa parole ancor più dure. “Risponderemo ad un atto di squadrismo istituzionale con la partecipazione ad una grande manifestazione”, dice il segretario a Rtl 102.5. Ribadisce la valutazione in corso con Landini sul settore dei trasporti – con l’obiettivo di “tutelare i lavoratori” – e attacca anche la premier: “Il silenzio assordante della premier Meloni mi dà l’idea che sia d’accordo con Salvini”, per altro in una prima storica: “E’ la prima volta che nella storia della Repubblica si interviene con la precettazione di uno sciopero generale”, sottolinea Bombardieri.
Che ne ha anche per la Commissione di garanzia sugli scioperi, che proprio in queste ore ha confermato in audizione alla Camera la sua posizione: “Ha deliberato non sulla base di una normativa ma di una valutazione fatta dai suoi componenti, che negli anni passati erano al governo con il centrodestra. Quindi – afferma ancora – abbiamo il dubbio che il giudizio della commissione sia quantomeno condizionato dalla politica e la certezza che, mentre deliberava, il ministro Salvini diceva le stesse cose”.
(da agenzie)
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
DA UN LATO HAMAS E L’IRAN PUNTANO ALLA DISTRUZIONE DELLO STATO ISRAELE, DALL’ALTRO I SEGUACI ULTRAORTODOSSI DEL RABBINO MEIR KAHANE NON VOGLIONO LASCIARE UN CENTIMETRO DI TERRA AI PALESTINESI: “NON C’E’ COESISTENZA CON IL CANCRO”
Dal fiume al mare. Il concetto è stato ribadito dal presidente
iraniano Ebrahim Raisi al vertice di Riad. Un solo Stato, palestinese, dal Giordano al Mediterraneo. Certo, nella propaganda di Teheran si specifica poi che anche gli ebrei avranno diritto a viverci, da cittadini a pieno titolo. Ma il senso non cambia, la distruzione di Israele.
E’ il ritorno al 1948, al confronto mortale fra due nazioni nascenti, o una o l’altra. Finora la Palestina ha avuto la peggio e l’unica vera occasione per nascere è stata con gli accordi di Oslo, nel 1993. Un’intesa che Hamas ha sempre combattuto. Privata degli alleati arabi, che dopo tre grandi guerre hanno accettato l’idea dei due Stati uno a fianco l’altro, si è rivolta alla Repubblica islamica, per quanto odiato rivale sciita del jihadismo sunnita. Fino al massacro del 7 ottobre
Sull’altro lato c’era il pragmatismo di Yitzhak Rabin: «Combatto il terrorismo come se non ci fossero negoziati di pace, ma tratto come se non ci fosse il terrorismo». I movimenti ultrareligiosi e ultrasionisti guardavano al rabbino Meir Kahane e consideravano il controllo del territorio “dal fiume al mare” come diritto divino. È un estremista israeliano a uccidere Rabin il 4 novembre del 1995.
La destra torna al potere e la Seconda intifada quasi seppellisce Oslo. Ma nel 2005 è un falco del Likud, Ariel Sharon a decidere il ritiro da Gaza e lo smantellamento degli insediamenti, 8 mila abitanti. Due seguaci delle idee del rabbino Kahane, Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, preparano una rivolta interna. Ma poi non se fa nulla. Rimane però l’idea, riassunta da una frase di Kahane: «Non c’è coesistenza con il cancro», cioè gli arabi.
La proposta per arrivare alla pace è piuttosto uno «scambio di popolazioni», vale a dire l’espulsione dei palestinesi dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est. Smotrich e Ben Gvir sono al governo, centinaia di migliaia di abitanti della Striscia sono in marcia verso Sud. Dal fiume al mare è diventata una doppia minaccia. Dell’estremismo jihadista e di quello ultrasionista.
(da La Stampa)
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
LE IMMAGINI DEI CADUTI TAPPEZZANO LE CITTÀ… È TRA LE MACERIE E SOTTO LE BOMBE DI ISRAELE CHE STA AVVENENDO LA METAMORFOSI: “QUI HAMAS NON È MAI STATA DI CASA. ERAVAMO SOCIALISTI, NON FANATICI RELIGIOSI”
Pane, latte, resistenza, guerra e martirio: difficile trovare parole di pace per le viuzze strette, la sporcizia, le macerie degli ultimi raid israeliani che coprono quelle più vecchie, nel campo profughi oggi più bollente della Cisgiordania. Un’intera generazione sta crescendo nel mito collettivo della lotta armata e della necessità di morire per la libertà.
Le immagini dei loro caduti tappezzano le strade, le piazze, i muri della moschea, i memoriali improvvisati con le loro foto in cui sono ritratti col mitra in mano, la bandana verde con i motti della battaglia inneggianti ad Allah attorno al capo e le strisce di munizioni appese al petto. Jenin: qui gli scontri sono periodici, in luglio c’era stata un’operazione pesante dell’esercito israeliano, dal 7 ottobre le cose sono peggiorate e soltanto giovedì scorso negli scontri con i soldati sono morti una quindicina di ragazzi. Israele ha anche utilizzato l’aviazione, bombardando dall’alto per evitare di perdere uomini nelle imboscate.
La metamorfosi «Qui Hamas non è mai stata di casa, noi siamo parte della tradizione militare del Fatah, di Yasser Arafat e del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Una volta eravamo socialisti, non fanatici religiosi. Ma anche a Jenin le cose stanno cambiando», ci dice Mohammad Masri, dirigente del Comitato Popolare del Fatah, l’organizzazione locale che controlla la municipalità in coordinamento con il governo dell’Autonomia presieduto da Mahmoud Abbas a Ramallah.
Cosa pensi di Hamas? Chiediamo a Ibrahim, che ha 16 anni e va ancora a scuola.
«Hanno fatto benissimo, li sostengo al cento per cento, vorrei essere uno di loro, anche se mio fratello più grande ha scelto di combattere per la Jihad islamica», risponde come se fare parte di un’organizzazione della guerriglia fosse la cosa più normale della Terra.
«Venite a vedere» Per cercare parole più moderate ci rechiamo dal 43enne Mustafa Sheva, che dirige il «Freedom Theater», un’istituzione culturale fondata assieme ad alcuni intellettuali israeliani nel 2006 e che ha sempre cercato il dialogo tra le sue società. Lui però reagisce subito offeso quando gli chiediamo delle atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre nelle località israeliane prospicenti Gaza.
«Sono davvero arrabbiato con voi giornalisti occidentali che, come prima cosa, mi chiedete di condannare Hamas. Certo che nessuno di noi è d’accordo con l’uccisione di civili innocenti. Però, dovete assolutamente tenere conto del contesto in cui sono avvenute. Venite a vivere un poco da noi. Venite a vedere gli abusi quotidiani commessi dai soldati, o ancora peggio dai coloni ebrei con il pieno sostegno dell’esercito. Tenete conto delle nostre terre confiscate, dei posti di blocco, delle vessazioni quotidiane, delle ingiustizie assurte a sistema di oppressione politica crescente mirata a privarci della nostra identità nazionale. E allora capirete perché tanta gente, che pure non ha mai sostenuto il fanatismo religioso islamico, oggi plaude ad Hamas», dice tutto d’un fiato.
A suo dire le simpatie per Hamas sono cresciute specialmente tra i 17 mila rimasti nel campo profughi. Ma anche i 75 mila abitanti della città sono oggi più propensi a dimenticare la vecchia lealtà al Fatah per il fronte islamico. Ibrahim Abed, che ha 46 anni, è pediatra nell’ospedale locale e si dice «davvero disperato».
«Sino a qualche anno fa speravo ancora nei due Stati. Oggi non più: o combattiamo la guerra santa o emigriamo, io sto pensando seriamente di andare negli Emirati», ammette. Tornando verso Gerusalemme proviamo sulla nostra pelle le difficoltà dei posti di blocco. In genere bastano meno di due ore di auto, ma i soldati costringono a gimcane impossibili che alla fine dureranno quasi sette ore .
(da il Corriere della Sera)
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Novembre 15th, 2023 Riccardo Fucile
UN IMPORTO VERGOGNOSO, INFERIORE ALLE SPESE DI UN SOLO GIORNO PER ALCUNI FUNZIONARI DELLE NAZIONI UNITE CHE LAVORANO NELLA CAPITALE CONGOLESE
È il più grave scandalo sessuale della storia dell’Organizzazione
mondiale della sanità. È avvenuto nella Repubblica democratica del Congo, l’ex Zaire, negli anni fra il 2018 e il 2020, quando l’Oms era impegnato nel paese africano per debellare l’Ebola. L’Associated press ha avuto accesso a rapporti interni, da cui emerge che almeno 104 donne congolesi, abusate da membri dello staff dell’Oms, sono state risarcite con 250 dollari ciascuna.
L’importo è inferiore alle spese di un solo giorno per alcuni funzionari delle Nazioni Unite che lavorano nella capitale congolese.
L’importo copre le spese di soggiorno tipiche per meno di quattro mesi in un paese dove, come rilevano i documenti dell’Oms, molte persone sopravvivono con meno di 2,15 dollari al giorno. Per ricevere il denaro, le vittime dovevano completare corsi di formazione.
Molte donne congolesi che hanno subito abusi sessuali non hanno ancora ricevuto nulla. L’Oms ha affermato in un documento riservato il mese scorso che circa un terzo delle vittime conosciute era “impossibile da localizzare”. Circa una dozzina di donne hanno rifiutato la sua offerta.
Il totale di 26.000 dollari che l’OMS ha fornito alle vittime equivale a circa l’1% dei 2 milioni di dollari del “fondo di assistenza ai sopravvissuti” creato dall’Oms per le vittime di cattiva condotta sessuale, principalmente in Congo.
Per un membro dello staff dell’Oms in visita che lavora in Congo, l’indennità giornaliera standard varia da circa 144 a 480 dollari.
(da agenzie)
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