Destra di Popolo.net

STUDENTE DE L’AQUILA MORTO INSIEME A TUTTA LA FAMIGLIA SOTTO LE BOMBE DEI CRIMINALI ISRAELIANI IN LIBANO

Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile

AVEVA 25 ANNI, ERA TORNATO DA QUALCHE SETTIMANA PER FAR VISITA ALLA FAMIGLIA, STUDIAVA INGEGNERIA E NON AVEVA NULLA A CHE FARE CON HEZBOLLAH

Tra gli oltre 600 morti causati dai bombardamenti israeliani sulle città libanesi c’è anche uno studente di 25 anni de l’Università de L’Aquila. Hadi Zaiter, questo il suo nome, era tornato nel “Paese dei cedri” alcune settimane fa per fare visita alla sua famiglia e presto sarebbe rientrato nel capoluogo abruzzese per proseguire li studi, se non fosse stato ucciso – insieme a gran parte dei suoi cari – da un missile dell’aviazione israeliana caduto sulla sua casa. Hadi non aveva nulla a che fare con Hezbollah. Sognava invece di diventare un ingegnere.
A dare notizia della sua scomparsa l’Università degli Studi de L’Aquila con un post pubblicato sui social: “Il rettore, Edoardo Alesse, esprime, a nome di tutto l’Ateneo, sentimenti di sgomento e di profondo cordoglio per la tragica scomparsa di Hadi Zaiter, studente UnivAQ morto nei bombardamenti della città libanese di Baalbek, nell’est del Paese, nell’ambito dell’intensificarsi degli scontri tra Israele e Hezbollah”.
“Hadi – prosegue l’ateneo – aveva 25 anni ed era un nostro studente internazionale, iscritto al secondo anno della laurea magistrale in ingegneria civile. Era andato in Libano alla fine del secondo semestre per fare visita alla famiglia e sarebbe dovuto tornare all’Aquila tra qualche giorno per la ripresa delle lezioni. Era un ragazzo ben voluto da tutti, che si era ambientato molto bene sia nella nostra comunità accademica e studentesca che in città. Hadi è deceduto a casa sua, e con lui sono morti anche la madre, il padre e due dei suoi tre fratelli. Mentre piangiamo la sua morte, come Ateneo ci uniamo agli appelli della comunità internazionale affinché cessino immediatamente, in Medio Oriente, tutte le operazioni militari e si torni il prima possibile a percorrere la via del dialogo e delle soluzioni diplomatiche. Al fratello di Hadi, Ahmed, unico membro superstite della famiglia, giungano le nostre più profonde e sincere condoglianze”.
Cordoglio è stato espresso anche dal sindaco de L’Aquila Pierluigi Biondi: “Sono profondamente dispiaciuto per la tragica morte dello studente libanese iscritto alla facoltà di ingegneria dell’ateneo aquilano, vittima del conflitto che si sta consumando in Medio Oriente, insieme ai suoi familiari. Altrettanto lo sono per la comunità di Baalbek, gemellata con L’Aquila, che abbiamo avuto l’onore di ospitare, ormai qualche anno fa, in occasione della Perdonanza. La perdita di giovani vite innocenti ci lascia sgomenti. L’auspicio è che il fuoco cessi. Il drammatico scenario geopolitico che si va delineando impone alle istituzioni mondiali tutte di continuare a operare affinché ciascuno faccia un passo indietro”.
(da Fanpage)

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CDA RAI, LE CAMERE ELEGGONO I QUATTRO MEMBRI, AVENTINO DI PD,IV E AZIONE CHE ACCUSANO CONTE DI AVER FATTO ACCORDI SOTTOBANCO CON LA MAGGIORANZA

Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile

LA MAGGIORANZA PIAZZA FRANGI E MARANO, CONTE E AVS PORTANO NATALE E DI MAJO

I rinvii, le polemiche estive, il Cda “scaduto” e la riforma sollecitata dall’Europa. Al centro, l’annoso intreccio tra Rai e politica che, a prescindere delle forze che governano, fa gridare allo scandalo chi invece siede sui banchi dell’opposizione.
Nella partita per la nomina dei quattro membri parlamentari del Cda, tuttavia, la battaglia si è consumata all’interno dell’opposizione stessa. Oggi – 26 settembre -, la Camera dei deputati ha eletto consiglieri in Rai Federica Frangi, in quota Fratelli d’Italia, e Roberto Natale, proposto da Alleanza Verdi sinistra. La prima ha ricevuto 174 voti, il secondo 45. Poche schede, rispetto al numero dei deputati, e ciò è dovuto alla decisione di Partito democratico, Azione e Italia Viva di non partecipare alle votazioni.
L’Aventino, come forma di protesta per non aver proceduto al rinnovo del Cda solo dopo l’approvazione della riforma della Rai – che recepisce il Media Freedom Act -, si è ripetuto al Senato.
Qui le votazioni sono state più lente ma, senza sorprese, gli eletti sono risultati Antonio Marano, “portato” dalla Lega, e Alessandro ci Majo, considerato espressione del Movimento 5 stelle. Il primo ha ottenuto 97 voti, il secondo 27.
È Angelo Bonelli a cristallizzare in una frase quanto accaduto: «Il campo largo non esiste». Il leader verde spiega che, «sulla Rai, – i partiti del centrosinistra – hanno una valutazione diversa. Noi pensiamo che avere ottenuto la calendarizzazione del Media Freedom Act – al Senato, in commissione VIII -, sia stato un successo delle opposizioni che lo hanno chiesto fortemente. Adesso lasciare a TeleMeloni anche il controllo totale del Cda è un qualcosa che noi riteniamo non saggio».
Ieri, Open aveva già raccolto dalla riunione in commissione di Vigilanza il segnale che, in questo passaggio parlamentare, era più allineata Italia Viva al Pd di Elly Schlein che Giuseppe Conte o Avs. E oggi Maria Elena Boschi esplicita la posizione dei renziani: «Noi abbiamo condiviso la linea di Schlein, quindi non partecipiamo al voto. Se anche il M5s avesse tenuto sulla stessa linea ora la maggioranza sarebbe in difficoltà. Invece, il M5s ha preferito fare accordi col centrodestra per i posti nel Cda della Rai. Siamo abituati a queste scelte bizzarre dei grillini, spero però che smettano di dare lezioni agli altri».
Schlein attacca Conte
Carlo Calenda assume la stessa posizione: «Azione non partecipa al voto sul Cda Rai, rispettando l’accordo preso con le altre opposizioni. Riteniamo infatti prioritario arrivare ad una riforma Rai che cancelli l’influenza dei partiti e metta la tv pubblica sotto una Fondazione indipendente. Spiace che altre forze politiche di opposizione abbiano rotto il fronte per ragioni di tornaconto del proprio partito. Quanto accaduto questa settimana sul rifinanziamento delle missioni all’estero e la Rai, dimostra che il campo largo non esiste nei fatti. Se ne prenda atto e si lavori per la costruzione di un’alternativa di governo riformista ed europeista».
Persino Schlein, la segretaria che si definisce «testardamente unitaria», arriva ad accusare i (quasi) alleati: «Sulla Rai la posizione del Pd è quella di tutte le opposizioni fino a ieri. Al massimo chiedete ad altri perché hanno cambiato quella posizione. Rimaniamo coerenti con l’idea che sia sbagliato rinnovare un Cda che è fuori legge perché il Media Freedom Act è già entrato in vigore».
(da Open)

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ALLUVIONE IN EMILIA ROMAGNA: IL RINGRAZIAMENTO DI “NONNO SHERPA” AI VOLONTARI: “MI AVETE DATO FELICITA'”

Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile

L’84ENNE ABBRACCIA UN GRUPPETTO DI GIOVANI ANGELI DEL FANGO: “E’ STATO UNO DEI MOMENTI PIU’ BELLI DELLA MIA VITA, SE MUOIO ADESSO, MUOIO RIDENDO”

«Vi voglio bene, ma tanto di quel bene che non avete idea». A parlare ad un nutrito gruppetto di giovani è l’84enne Riccardo Ceroni. La voce, oltre a visibile emozione, lascia trasparire gli accenti del dialetto romagnolo, per la precisione forlivese. Tutti, lui compreso, indossano stivali fino al ginocchio e sono completamente coperti di fango. Le campagne di Modigliana, dove Ceroni vive, sono state tra le più colpite dall’ultima alluvione. E quello ripreso dal video, diventato virale con oltre 2 milioni di visualizzazioni sui social, è il momento dei ringraziamenti finali. «È stato uno dei momenti più belli della mia vecchia esistenza, mi avete dato felicità», dice rivolto agli angeli del fango. il video, realizzato dal creator Andrea Nonni, è stato ricondiviso da tantissime persone tra cui Laura Pausini.
Il messaggio ai volontari: «Se muoio adesso, muoio ridendo»
«Mi levo il cappello davanti a voi», esordisce così “Scherpa”, il soprannome di Riccardo Ceroni. Racconta che all’età di 6 anni ha perso il padre, nel 1946. E in questi giorni «quando ho visto questa solitudine di macerie, tutto sottosopra, ho detto: “Babbo, dammi una mano”. Ma lui non mi ha dato una mano, mi ha dato una foresta di mani», dice indicando i volontari che si sono rimboccati le maniche dopo il disastro della scorsa settimana. «E grazie a questa foresta di mani attaccata a corpi di giovani siamo riusciti a fare tutto questo. È stato uno dei momenti più belli della mia vecchia esistenza. Mi avete dato molto, mi avete dato felicità perché avete espresso verso di me amore. Io cerco in qualche modo di ricambiarlo, ma non ci arriverò mai al pari vostro».
E poi Riccardo ricorda di quanto sia forte l’amore: «Perché ricordatevi bene che il sentimento di amore è il più profondo, è quello che fa star bene il mondo intero. I cattivi sono pochi, la minoranza, ma hanno molto potere. Spero che la gente capisca che il sentimento che fa stare in pace non è la guerra, ma è l’amore. È volere bene a se stessi e rimandare il bene di se stessi al prossimo, qualunque esso sia». E poi chiude, dopo un lungo abbraccio di gruppo con gli angeli del fango: «Vi voglio bene, ma tanto di quel bene che non avete idea. Mi avete dato una tale dimostrazione d’amore che se io muoio adesso, muoio ridendo. Sarei felice di morire».
(da agenzie)

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GIORGETTI VA COL CAPPELLO IN MANO DALLE BANCHE, MANCANO ALMENO 10 MILIARDI DI COPERTURE PER LA MANOVRA E IL RESPONSABILE DEL TESORO FA SAPERE: “CHIEDIAMO UN CONTRIBUTO A TUTTI QUELLI CHE SE LO POSSONO PERMETTERE”

Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile

MA SI AFFRETTA A ESCLUDERE UNA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI, PER EVITARE UNA NUOVA SCENEGGIATA DI TAJANI, SEMPRE PRONTO A SCATTARE IN DIFESA DEGLI INTERESSI DELLA FAMIGLIA BERLUSCONI (MEDIOLANUM)… L’ABI APRE: “DISPONIBILI A MISURE TEMPORANEE E NON RETROATTIVE”

«Il dibattito sugli extraprofitti è solo retorica, voglio chiarire che noi chiediamo un contributo a tutti quelli che se lo possono permettere, che hanno maggiormente beneficiato di condizioni favorevoli, intendiamo cercare insieme la strada migliore per raggiungere gli obiettivi».
Durante l’incontro a Palazzo Chigi con i sindacati, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti assicura che il governo non intende colpire gli utili delle banche per portare a casa qualche soldo in più da utilizzare come copertura della manovra.
La tassa sugli extraprofitti sulle banche è stata tentata già lo scorso anno, e si rivelò un buco nell’acqua, perciò stavolta la strada imboccata dal Tesoro è quella di siglare un patto, non solo con gli istituti di credito ma con tutte le imprese che in questi ultimi anni di inflazione alle stelle e tassi alti hanno ottenuto risultati record: compagnie assicurative, grandi aziende, brand del lusso, colossi dell’energia.
Una via potrebbe essere quella di una sorta di contributo di solidarietà, magari volontario, anche se discusso prima con l’esecutivo. La nota del comitato dell’Abi, che ieri mattina si è riunito a Milano, dà una traccia: «Siamo disponibili ad approfondire eventuali misure di natura temporanea e non retroattiva che possano mettere a disposizione una maggiore liquidità per il bilancio dello Stato».
Quindi, se si esclude un incremento della tassazione, sembra complicato per il governo chiedere un aumento dell’Ires o dell’Irap, mentre potrebbe essere attuato uno slittamento del credito d’imposta sulle Dta (le attività per imposte anticipate relative alle svalutazioni dei crediti).
Un altro ragionamento sul tavolo riguarda il ruolo degli istituti di credito come sostituti di imposta per i redditi di capitale: lavorare in questa direzione potrebbe proprio essere la soluzione per mettere a disposizione dello Stato una maggiore liquidità.
Lasciando Palazzo Chigi il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri lancia una provocazione: «La disponibilità dell’Abi a un “prestito” temporaneo si chiama carità».
Bisogna ricordare che il maggior gettito straordinario potrà coprire solo le misure temporanee della legge di bilancio, mentre per rendere «strutturale» il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35 mila euro e la riforma dell’Irpef a tre aliquote – come promesso da Giorgetti e dal sottosegretario Alfredo Mantovano durante l’incontro con le parti sociali – servono entrate permanenti.
Una spending review profonda, i tagli ai ministeri e la revisione delle tax expenditures sono allo studio dei tecnici del Mef. Per finanziare il pacchetto natalità l’idea è intervenire sulle detrazioni introducendo dei tetti in base al reddito, garantendo agevolazioni superiori alle famiglie con figli.
Sulle pensioni l’intenzione dell’esecutivo è quella di confermare in blocco i provvedimenti in scadenza il 31 dicembre: Quota 103, Ape sociale e Opzione donna.
Sui contratti del pubblico c’è l’impegno a recuperare i valori dell’inflazione, ovvero circa il 2% annuo, anche se il 5,8% su tre anni è già stanziato, perciò andrebbe finanziato solo lo 0,2%. Sulla sanità c’è la conferma a tenere la spesa sopra l’1,5% del Pil.
(da la Stampa)

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URSULA HA RIFILATO UN BIDONE ALLA MELONI: LA DUCETTA HA ESULTATO PER LA NOMINA DI FITTO NELLA COMMISSIONE UE. MA IN REALTÀ L’ITALIA SI RITROVA IN POSIZIONE DI DEBOLEZZA RISPETTO A FRANCIA E SPAGNA, CHE HANNO OTTENUTO VICEPRESIDENZE DI PRIMA FASCIA

Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile

MELONI, SALVINI E TAJANI HANNO PRODOTTO PER L’ITALIA UNA SCONFITTA, SCARSA INFLUENZA, DELEGHE MINORI, DANNI E RISCHI. FITTO PUÒ OCCUPARSI ANCHE DEL PNRR (MAL GESTITO DA MINISTRO), PERÒ INSIEME AL CONFERMATO DOMBROVSKIS, CHE INTENDE VIGILARE DA “FALCO” SUI DISASTRATI CONTI PUBBLICI ITALIANI

Le complessità dell’Unione europea avrebbero dovuto consigliare alla premier Giorgia Meloni di aspettare i fatti prima di definire un successo la designazione del suo ministro Raffaele Fitto tra i vicepresidenti di seconda fascia nella nuova Commissione europea, riaffidata alla discussa tedesca Ursula von der Leyen.
Al momento Meloni e i suoi vice, Matteo Salvini e Antonio Tajani, hanno prodotto per l’Italia una sconfitta, scarsa influenza, deleghe minori, danni e rischi. La sconfitta scaturisce dal non aver ottenuto una adeguata compensazione per l’Italia sotto rappresentata nelle precedenti euro-nomine rispetto agli altri due grandi Paesi membri, Germania e Francia, che hanno guidato (e continueranno a guidare) Commissione e Banca centrale europea.
Meloni&C. avevano ereditato un maxi credito con solo Fabio Panetta nel board della Bce. La premier aveva poi peggiorato la situazione: richiamando Panetta in Bankitalia, sostituito a Francoforte dal meno esperto Piero Cipollone, e perdendo la corsa alla presidenza della banca Bei addirittura con la Spagna, che già vantava gli Esteri Ue (con Josep Borrell) e il numero due Bce (Luis de Guindos).
L’Italia poteva così puntare al vertice della Commissione. Erano emersi possibili candidati, pur con controindicazioni: l’ex presidente Bce e premier Mario Draghi, troppo gradito da lobby della grande finanza e il modesto berlusconiano Tajani, appoggiato nel suo europartito Ppe dai critici della collega Von der Leyen.
Ma Meloni, che con il suo gruppo conservatore Ecr è fuori dalla maggioranza in Europa, indicando il fido Fitto, improponibile per la presidenza, ha di fatto aiutato il bis di Ursula. In cambio chiedeva un ruolo di peso. Ma la tedesca l’ha bidonata con le vicepresidenze di prima fascia alla Spagna (la socialista Teresa Ribera) e alla Francia (il liberale Stephane Sejourné, che si aggiunge a Lagarde alla Bce).
Il Consiglio europeo era andato al portoghese Antonio Costa e gli Esteri alla estone Kaja Kallas. Meloni resta con Cipollone marginale in Bce e Fitto nella Commissione gestita in modo collegiale da 15 membri del Ppe, 4 socialisti e 5 liberali (sui 27 totali), quindi o isolato o asservito alle maggioranze pilotate da Berlino.
Le sue deleghe per Coesione e Ricerca provengono da una commissaria uscente secondaria (la portoghese Elisa Ferreira). Può occuparsi anche del piano Pnrr (mal gestito da ministro a Roma), però insieme al confermato Dombrovskis, che intende vigilare da “falco” sui disastrati conti pubblici italiani.
Meloni, inviando Fitto, si è sottomessa alla “dottrina Merkel”, imposta dalla cancelliera tedesca nella sua lunga leadership in Europa. Consiste nel nominare nell’Ue politici di basso livello, che non facciano ombra ai principali leader nazionali e ubbidiscano alle maggioranze dei governi e dei partiti.
Mediocri e a volte imbarazzanti sono risultati i presidenti merkeliani della Commissione (il portoghese José Barroso, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, Von der Leyen) e del Consiglio (il belga Herman Van Rompuy, il polacco Donald Tusk e il liberale belga Charles Michel, l’unico non del Ppe, concordato con il presidente francese Emmanuel Macron). L’apice della “dottrina Merkel” fu proprio riciclare Ursula, bruciatasi per la politica interna da ministro della Difesa in uno scandalo di consulenze.
Le conseguenze per l’Ue e per l’Italia sono risultate disastrose soprattutto nelle grandi crisi (da quella finanziaria fino alla pandemia e alle guerre in Ucraina e Palestina), che avrebbero richiesto personalità con ben altre capacità e visioni. In più Von der Leyen, scivolata sui vaccini anti-Covid, ora è comandata a ridurre la parte sana del Green deal sulla transizione ecologica per privilegiare un Bloody deal (“accordo sanguinario”), che sviluppa l’industria delle armi e la spesa militare
(da il Fatto Quotidiano)

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GENOVA, BILANCIO DELLA GUERRIGLIA ANNUNCIATA: 36 FERITI TRA LE FORZE DELL’ORDINE, 12 TRA I TIFOSI, SEQUESTRATE DECINE DI MAZZE DI FERRO, COLTELLI E CASCHI

Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile

UN INTERO QUARTIERE HA DOVUTO ASSISTERE A SCONTRI FINO ALL’1 DI NOTTE PERCHE’ NON SI E’ IN GRADO DI NEUTRALIZZARE 300 ULTRAS CHE NON HANNO DI MEGLIO CUI PENSARE

E’ stato scarcerato con l’obbligo di firma tre volte alla settimana il tifoso sampdoriano che ieri sera è stato arrestato in flagranza dalla polizia in corso De Stefanis dorante gli scontri post derby. L’uomo, operaio 50enne, è accusato di resistenza.
In corso De Stefanis enorme disparità numerica tra ultras e forze dell’ordine
Quella di corso De Stefanis è stata la fase più dura dei tafferugli con la polizia andati in scena ieri sera. I poliziotti dei reparti mobili si sono improvvisamente trovati di fronte oltre centocinquanta ultras doriani che avevano sfondato i tornelli della Sud e volevano andare a cercare gli avversari. La partita era pienamente in corso ma gli ultras – come ampiamente prevedibile – hanno visto come uno sfregio l’esposizione al contrario dei vessilli del club Ultras Tito Cucchiaroni, rubati dai rossoblù la notte tra il 5 e il 6 maggio mentre la sede era vuota, dopo l’assalto dei doriani in piazza Alimonda.
E così meno di trenta tra poliziotti e carabinieri – alcune squadre erano andate a mangiare visto che il match era ancora in corso – si sono trovati a fronteggiare un gruppo di tifosi cinque volte più numeroso e pronto a tutti. Infatti è proprio in questa fase ha le forze dell’ordine hanno riportato il numero più alto di feriti, una dozzina in una manciata di minuti.
Da lì a poco anche la frangia più violenta dei tifosi rossoblù ha abbandonato la Nord ed è stata tenuta a bada dagli altri reparti schierati. Le due tifoserie non sono quindi praticamente mai venute a contatto.
I marsigliesi portati in Questura: due sono stati arrestati
Sono due invece i tifosi violenti arrivati da Marsiglia che quasi allo scadere del termine per il cosiddetto fermo per identificazione sono stati arrestati grazie ai filmati della polizia scientifica e delle telecamere della zona che li immortalerebbero tra i protagonisti degli scontri di via Canevari. Stanotte, dei tifosi francesi arrivati a supporto del Genoa, ne sono stati fermati sette a bordo di un’auto. Avevano passamontagna, bastoni, petardi coltelli e sfere d’acciaio. Cinque di loro sono stati invece denunciati con decreto di allontanamento del prefetto.
Trentasei i feriti tra le forze dell’ordine
Il bilancio dei feriti tra gli operatori delle forze di polizia è di 36 su 39 in totale: 19 Polizia di Stato, 16 Carabinieri, 1 Guardia di Finanza, che hanno riportato lesioni con prognosi dai 7 ai 35 giorni, perché colpiti da lancio di oggetti contundenti e bombe carta e dall’uso di bastoni, mazze e cinghie. Le lesioni più gravi riguardano la frattura di una mano, che ha comportato un intervento chirurgico di urgenza, la frattura di più costole e un trauma cranico, numerose le ferite lacero contuse suturate. Tanti i medicati sul posto grazie al pronto intervento del 118 che, completato il servizio, si sono recati presso gli ospedali cittadini. Feriti 5 tra dirigenti e funzionari della Polizia di Stato.
Denunce e sequestri prima e dopo il derby
Già la notte precedente il dery tre tifosi di 21, 29 e 50 anni, già destinatari di Daspo, erano stati denunciati perché a bordo di un’auto in via Duca D’Aosta erano stati trovati in possesso di una mazza di legno, due bastoni di plastica dura, 4 caschi da moto, 36 fumogeni e un coltello a serramanico.
Dopo gli scontri delle 14 erano stati sequestrati 17 tra mazze e bastoni, un manganello telescopico e un coltello con una lama di 20 centimetri. E a fine serata, dopo l’ultima fase di tafferugli in via Bobbio le forze dell’ordine hanno trovato nascoste e sequestrate 3 aste di legno, 4 di metallo pesante e 7 di plastica dura.
Oltre ai marsigliesi altri sette tifosi genovesi di cui sei minorenni sono stati denunciati per porto di oggetti atti a offendere.
L’arresto differito e le indagini per identificare i violenti
I successivi strumenti per individuare i responsabili dei tafferugli che hanno tenuto in ostaggio per tutto il giorno (basti pensare agli scontri delle 14) e fino a notte fonda il quartiere di Marassi sono il cosiddetto arresto differito, che consente un arresto ‘in flagranza’ fino a 48 ore dopo il fatti, oppure quello delle successive analisi delle immagini video per identificare i violenti che possono portare a denunce ma anche a misure cautelari.
L’allerta della Questura ai pm sui possibili scontri
Ci sono almeno due elementi su cui al momento non è stata fatta chiarezza dalle fonti ufficiali rispetto quanto accaduto ieri sera e stanotte. In primo luogo resta il nodo di una partita che probabilmente non doveva proprio giocarsi o almeno non a Marassi e non alle 21 di sera visto che di notte, con il favore del buio, è evidente che i rischi per l’ordine pubblico siano più elevati. La scelta sul consentire o meno di svolgere la partita, sugli orari e sulle condizioni dipende dal comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. La Questura aveva tra l’altro informato con un’annotazione la Procura di Genova sul fatto che c’era un’alta probabilità di scontri.
Ma la scelta è stata quella di giocare prevedendo un massiccio impiego di forze dell’ordine. Circa 400 uomini con reparti e mezzi arrivati anche da fuori Genova, nonché l’impiego di strumenti come gli alari (portati e non utilizzati) e cani da ordine pubblico.
Il giallo degli striscioni rubati entrati al Ferraris
L’altra questione, che poi è all’origine del caos che si è scatenato nelle strade è quella degli striscioni ‘rubati’ fatti entrare allo stadio Luigi Ferraris nonostante quelli che erano stati annunciati come maxi-controlli all’ingresso. Non è chiaro se i vessilli fossero già dentro lo stadio ma in ambienti di tifoseria circola la voce che siano entrati ieri sera, insieme ai tifosi. Occorre precisare che i controlli all’ingresso sono compito degli steward alla presenza comunque delle forze dell’ordine, ma non si tratta di una vera perquisizione. E’ probabile – si dice in ambienti investigativi – che gli striscioni grandi siano entrati ‘spezzati‘ e poi rimessi insieme dentro lo stadio. Dopo l’esposizione da parte della gradinata Nord degli striscioni dell’Ultras Tito, esposti al contrario, la Sud ha risposto con il vessillo portato via in piazza Alimonda.
Nelle scorse settimane la Digos avrebbe cercato una mediazione per impedire il gesto clamoroso ma evidentemente il dialogo questa volta non ha funzionato. E il fatto che gli striscioni della Samp siano ancora in mano ai genoani è un elemento che preoccupa perché potrebbe portare a nuove vendette.
(da Genova24)

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COSTANO CARO A MAMMA RAI I NUOVI REUCCI DEL SERVIZIO PUBBLICO: PER MASSIMO GILETTI CONTRATTO DA 1,1 MILIONI DI EURO, OLTRE I 48MILA EURO A SPECIALE, AL QUALE SI AGGIUNGONO I 360MILA EURO A PUNTATA

Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile

L’EX IENA ANTONINO MONTELEONE SI METTERÀ IN TASCA 327MILA EURO ALL’ANNO CHE SALIRANNO FINO A 360MILA PER IL PROGRAMMA DEL GIOVEDÌ DI RAI2 “L’ALTRA ITALIA”

Massimo Giletti, fatto fuori dall’arena de La7 di Urbano Cairo, riparte da “Lo Stato delle Cose”, il nuovo programma di Rai Cultura in onda da lunedì 30 settembre in prima serata su Rai3. Per lui Telemeloni ha apparecchiato un contratto da 32mila euro a puntata per 34 puntate.
A questo gruzzoletto si aggiungono 48mila euro per gli speciali. Facendo un rapido calcolo parliamo di circa 1,1 milione di euro (più gli speciali) che Giletti si metterà in tasca per la stagione 2024/2025. Il costo di ogni puntata di “Lo stato delle cose” si aggira sui 360 mila euro.
Un altro bel gruzzoletto finirà direttamente sul conto in banca dell’ex iena Monteleone che, supportato da un manager onnipresente come Beppe Caschetto, andrà a occupare la prima serata del giovedì di Rai2 con la trasmissione “L’altra Italia”.
Per lui è previsto un contratto di 327mila euro all’anno che saliranno fino a 360mila. Calcolatrice in mano, stiamo parlando di 120mila euro in più dello stipendio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Senza contare che, al suo ingaggio, vanno aggiunti i 180mila a puntata. Una cifra enorme se si considera che allo stesso Monteleone tremano le vene e i polsi all’idea di un clamoroso flop in una serata che è già affollata con Formigli su La7, del Debbio su Rete4 e Insider delle Iene su Italia1.
Temendo di intercettare solo i telemorenti rimasti col telecomando in mano, Monteleone avrebbe chiesto un cambio di collocazione. Spostamento che non gli sarebbe stato accordato.
(da Dagoreport)

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IL MOTORE-FRANCO-TEDESCO È ANDATO FUORI GIRI, E ANCHE L’EUROPA SI È INCEPPATA. L’ECONOMISTA WOLFGANG MUNCHAU INTONA IL DE PROFUNDIS PER L’UE: “STA ENTRANDO IN UN’EPOCA DI DECLINO SECOLARE, LASCIATA INDIETRO DA STATI UNITI E CINA. SOTTO LA GUIDA DI VON DER LEYEN È REGREDITA

Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile

“DRAGHI HA DETTO LA VERITÀ QUANDO HA INVITATO L’UE AD APRIRSI”

Si tratta di una classica storia di intrighi politici, ma, in fondo, è anche la storia di una rottura nelle relazioni franco-tedesche. Ursula von der Leyen, presidente tedesca della Commissione europea, si è sbarazzata di Thierry Breton, commissario francese per l’industria.
Si è dimesso lunedì. Nella sua lettera di dimissioni ha scritto che von der Leyen si era rivolta a Emmanuel Macron per chiedergli di nominare un altro candidato. La von der Leyen aveva minacciato, in caso contrario, di degradare Breton. Dopo le dimissioni, Macron ha seguito l’ordine della von der Leyen e ha nominato Stéphane Séjourné, il ministro degli Esteri francese uscente.
Per Marine Le Pen e il suo Rassemblement National, la storia dell’umiliazione della Francia per mano di un “kommissar” tedesco è un regalo. Sembra confermare tutto ciò che ha sempre detto sull’UE – la versione francese della storia di un’Unione gestita come un racket tedesco.
Jean Quatremer, il più longevo dei corrispondenti da Bruxelles, twitta di non aver mai visto nulla di simile nei suoi oltre quarant’anni di esperienza
Nemmeno io. Ci sono stati molti disaccordi franco-tedeschi in passato. Ma mai una tale mancanza di rispetto.
Ho visto un’intera generazione di corrispondenti esteri a Bruxelles non assistere ad alcuna prova tangibile della cooperazione franco-tedesca, per poi sorprendersi quando improvvisamente si è risvegliata, come nel 2020, quando Emmanual Macron e Angela Merkel hanno proposto congiuntamente un fondo di recupero per aiutare gli Stati membri a superare la pandemia.
La relazione è stata per lo più tranquilla, ma sempre in agguato sullo sfondo. I leader si sono trattati con rispetto anche quando non erano d’accordo.
Ricordo una conversazione con Wolfgang Schäuble, il defunto ministro delle Finanze tedesco sotto la Merkel, che criticava le politiche fiscali dei Paesi dell’Europa meridionale, ma escludeva esplicitamente la Francia.
Il motivo era interamente politico. Qualsiasi atteggiamento diverso sarebbe stato considerato un cattivo stile diplomatico.
L’era della moderazione bilaterale è finita. L’attuale ministro delle Finanze, Christian Lindner, ha recentemente avvertito la Banca Centrale Europea di non salvare la Francia in caso di crisi finanziaria. Per chi segue le questioni finanziarie e monetarie, è come se stesse cercando di innescare una corsa ai titoli francesi.
La manovra di Von der Leyen è di tipo più classico: una battaglia di potere per sconfiggere un avversario
C’è un retroscena nella loro rivalità. Breton ha avuto un ruolo determinante nel fallimento della von der Leyen nel far nominare uno dei suoi più stretti alleati come inviato dell’UE per le piccole e medie imprese
Breton ha fatto un commento cinico su X quando von der Leyen ha ricevuto solo un tiepido sostegno dalla CDU per la sua nomina.
Forse la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il suo tweet di agosto, in cui suggeriva che l’intervista di Elon Musk a Donald Trump avrebbe potuto costituire una violazione del Digital Markets Act dell’UE. La Von der Leyen ha fatto sì che la Commissione pubblicasse una ritrattazione formale.
Io stesso penso alla von der Leyen e a Breton come Henry Kissinger pensava all’Iran e all’Iraq. Perché non possono perdere entrambi? Trovo che i due abbiano sbagliato in modo equidistante.
Insieme, sono stati responsabili delle politiche più sbagliate nei 66 anni di storia dell’UE.
Sotto la loro guida l’UE ha approvato regolamenti che la tengono intrappolata nell’età della pietra digitale, in particolare la legge sui mercati digitali e il regolamento sull’intelligenza artificiale.
Insieme al regolamento sulla protezione dei dati, un atto di zelo normativo approvato dalla Commissione precedente, la lotta dell’UE contro tutto ciò che è digitale sta iniziando ad avere effetti macroeconomici. Poiché le vecchie industrie europee non possono più competere con la Cina, non ci sono nuovi settori in cui l’UE possa diversificarsi, perché la Commissione ha eretto grandi barriere normative.
Altri potenziali conflitti si prospettano per Francia e Germania. Se Friedrich Merz diventerà cancelliere tedesco, come sembra sempre più probabile, la sua principale priorità politica europea sarà quella di annullare la scadenza del 2035 per la vendita di auto a carburante, di annullare i dazi sulle auto cinesi e di rimandare gli incombenti obiettivi di riduzione delle emissioni dell’UE.
L’industria automobilistica rischia di incorrere in multe per 15 miliardi di euro, poiché è in procinto di violare gli obiettivi di emissione del 2025. I tedeschi faranno di tutto per tenere a galla la loro industria automobilistica in difficoltà. L’unità dell’UE non è la loro priorità. E nemmeno lo sono le relazioni franco-tedesche.
Sospetto che la von der Leyen sosterrà Merz. La Francia si opporrà, insieme all’Italia. Questa è la linea del futuro conflitto. Mario Draghi, l’ex primo ministro italiano, ha detto la verità al potere la scorsa settimana quando ha invitato l’UE a rivedere la sua regolamentazione e ad aprirsi alle tecnologie del XXI secolo. Le recenti leggi dell’UE non sono solo invasive e onerose, ma anche incoerenti e semplicemente mal redatte.
Vedo l’UE entrare in un’epoca di declino secolare, lasciata indietro da Stati Uniti e Cina, le due superpotenze del XXI secolo. Forse è troppo chiedere all’UE di partecipare alla competizione. Ma sotto la guida della von der Leyen l’UE è regredita. Il rapporto di Draghi ha un tono più educato di quello che ho io in questa sede, ma non per questo è meno severo nel suo verdetto.
La Von der Leyen definisce la priorità politica dell’UE come il sostegno all’Ucraina, il che mi sembra fuorviante. L’UE non è una potenza militare e non può fornire armi. Non ha nemmeno il potere di aumentare le tasse o di emettere debito. Se non aggiusta l’economia, non sarà un luogo in cui valga la pena di entrare.
Per gli europei che si sentono felici di vedere Breton andare via, fate attenzione a ciò che desiderate. Questa è in definitiva una battaglia tra due perdenti, uno dei quali è stato messo al tappeto e l’altro zoppica per altri cinque anni senza una strategia. Non ci sono vincitori.
(da agenzie)

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SCORIE NUCLEARI, NESSUN COMUNE VUOLE IL DEPOSITO

Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile

IL MINISTRO PICHETTO: “NE FACCIAMO TRE: UNO AL NORD, UNO AL CENTRO E UNO AL SUD”

Nessun Comune d’Italia vuole il deposito per le scorie nucleari. E «allora ne facciamo tre: uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud». Mentre i rifiuti più radioattivi, quelli delle vecchie centrali, «li lasciamo all’estero: a pagamento». È questa la soluzione che il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica dell’Italia, Gilberto Pichetto Fratin, sta valutando per risolvere l’annoso problema di dove mettere i rifiuti nucleari italiani. Lo ha spiegato a margine di un convegno di Confindustria a Roma: «Tutti i giorni produciamo scorie nucleari a bassa e media intensità», ha precisato Pichetto, riferendosi ai rifiuti radioattivi prodotti dagli ospedali e dalle industrie. «In questo momento abbiamo 30 e più siti di stoccaggio – ha continuato -. La cosa bella sarebbe ridurli a uno. Altrimenti, uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud». Sul deposito geologico, quello per le scorie ad alta radioattività, provenienti dalle centrali dismesse, «possono esserci soluzioni diverse. Possiamo anche lasciarle in Francia, facendo pagare noi e i nostri figli a vita», ha concluso.
Nessun «sì» dalle 51 aree idonee
La Sogin, società pubblica per lo smantellamento delle vecchie centrali, lo scorso 13 dicembre, aveva individuato 51 aree in 6 regioni (Basilicata, Puglia, Lazio, Piemonte, Sardegna, Sicilia) dove si potrebbe costruire il deposito. Ma nessuno dei Comuni interessati ha detto «sì». Per questo motivo, il ministero dell’Ambiente, dovrà ora decidere dove realizzare la discarica, su pressione (anche) dell’Ue che da anni chiede all’Italia di trovare un sito dove conservare in sicurezza i suoi rifiuti radioattivi. Oggi quelli più pericolosi sono, a pagamento, nel Regno Unito e in Francia. Quelli meno pericolosi sono sparsi in una trentina di siti nel nostro paese, in condizioni precarie. «L’Unione europea non ci dice di fare “un” deposito – ha continuato il ministro -. Ci dice che deve esserci “il” deposito dei rifiuti, in particolare per quelli a bassa e media intensità. In questo momento in Italia i depositi sono decine». In ogni caso, ha concludo il ministro, «va avanti la procedura di Valutazione di impatto ambientale sui 51 siti», quelli individuati nella Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) preparata dalla Sogin.
(da la Repubblica)

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