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SALVINI PORTA IL “GOMBLOTTO” IN PARLAMENTO, NON C’E’ LIMITE AL RIDICOLO: QUALCUNO HA FORZATO L’INGRESSO DI UNA CENTRALINA ELETTRICA DEI TRENI ALLA STAZIONE DI ROMA AURELIA E HA RUBATO UN AVVITATORE

Gennaio 20th, 2025 Riccardo Fucile

PER LA POLIZIA FERROVIARIA SI TRATTA DI UN FURTO MESSO A SEGNO DA UNA BANDA DI STRANIERI. MA IL “CAPITONE” EVOCA UN DISEGNO CRIMINALE PER SABOTARE IL MINISTERO DEI TRASPORTI

Ieri pomeriggio qualcuno ha forzato l’ingresso di una centralina elettrica dei treni alla stazione di Roma Aurelia e ha rubato un avvitatore all’interno di un furgoncino nell’area recintata.
Sono in corso indagini della Polfer che non esclude si tratti semplicemente di un furto messo a segno da una banda di stranieri.
Ma per Salvini invece si tratta di un preciso disegno criminale per sabotare il lavoro del ministro dei Trasporti.
“Alla luce delle notizie di particolare gravità emerse nelle ultime ore, con episodi sconcertanti, ritengo urgente informare il Parlamento. Confido di essere in Aula già questa settimana”, ha scritto in una nota del Mit in cui ringrazia i dipendenti Fs che, “dopo l’esposto per troppi incidenti anomali, sono mobilitati anche per presidiare i punti più delicati delle linee ferroviarie“.
Il precedente nel padovano: giovedì è stato trovato un catenaccio di bicicletta appeso alla linea elettrica, qualcuno non aveva trovato altro modo di disfarsene.
Salvini non ha esitato a rilanciare: “Se venisse confermato che la catena è stata messa lì per sabotare il transito dei treni sarebbe gravissimo. Chi c’è dietro questi atti?”.
(da agenzie)

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RAZZISTA OSPEDALIZZATO: “PER TUTTA LA PARTITA MI HA CHIAMATO ‘SCIMMIA’ E NEGRO DI MERDA” – DURANTE UNA PARTITA DI PRIMA CATEGORIA, IL DIFENSORE DELLA RUBIERESE, AFZAZ ILYAS, 25 ANNI, HA SFERRATO UN PUGNO AL VOLTO ALL’ATTACCANTE AVVERSARIO, CHE ORA E’ RICOVERATO NEL REPARTO MAXILLO-FACCIALE

Gennaio 20th, 2025 Riccardo Fucile

IL RACCONTO: “IO E I MIEI COMPAGNI ABBIAMO FATTO PRESENTE CHE MI STAVA OFFENDENDO SIA ALL’ARBITRO CHE ALL’ALLENATORE AVVERSARIO. MA NESSUNO HA FATTO NIENTE. NON MI SONO SENTITO TUTELATO. ALL’ENNESIMO INSULTO, SONO IMPAZZITO E L’HO COLPITO”

Ha sferrato un pugno ad un avversario, accusandolo di avergli rivolto insulti razzisti. L’episodio è accaduto ieri pomeriggio a Barco di Bibbiano, nel Reggiano, durante la partita di calcio dilettanti Boca Barco-Rubierese, valida per il campionato di Prima categoria (Girone C).
A riportare la notizia è il Resto del Carlino di Reggio Emilia. A metà del secondo tempo, il difensore della Rubierese, Afzaz Ilyas, 25 anni, è stato espulso dall’arbitro dopo aver sferrato un pugno al volto all’attaccante avversario Simone Costa, 24 anni.
Quest’ultimo è stato portato poi all’ospedale Maggiore di Parma, ricoverato nel reparto maxillo-facciale. Afzaz, italiano e nato da genitori marocchini a Pavullo nel Frignano (nel modenese), lo accusa: “Per tutta la partita mi ha chiamato ‘scimmia’ e negro di m… – ha raccontato – Io e i miei compagni lo abbiamo fatto presente all’arbitro e all’allenatore avversario. Ma nessuno ha fatto niente. Non mi sono sentito tutelato. All’ennesimo insulto, sono impazzito e l’ho colpito”.
“Ho reagito nella maniera più sbagliata possibile. Non sono un violento, non sono mai stato espulso in carriera. Ma la situazione era diventata pesante e ho perso la testa. Negli spogliatoi ho pianto, sono pronto a chiedergli scusa e lo chiamerò a telefono. Ma il razzismo nel calcio non deve esistere e vorrei si scusasse anche lui”.
(da agenzie)

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LA BACIA-PANTOFOLE MELONI STASERA PARTECIPERÀ AL GIURAMENTO DI TRUMP: SARÀ L’UNICA LEADER EUROPEA, CIRCONDATA DAI NUOVI OLIGARCHI DELLA TECNO-DESTRA E DAI NEONAZISTI DI AFD

Gennaio 20th, 2025 Riccardo Fucile

“I AM GIORGIA” SOGNA DI ESSERE IL “PONTE” TRA L’UE E GLI STATES MA IL RISCHIO È DI RITROVARSI CON IL TYCOON MENTRE FIRMA I DAZI CONTRO L’EUROPA

Tre finestre possibili. La più probabile è al termine della cerimonia di oggi al Campidoglio: dopo aver pronunciato la formula di rito che lo incoronerà presidente degli Stati Uniti, Donald Trump dovrebbe conversare per qualche minuto con Giorgia Meloni. Un colloquio rapido, ma necessario per trasformare il viaggio in qualcosa di più di un semplice omaggio, inusuale e al limite dell’azzardo.
Meglio ancora sarebbe ritrovarsi con il tycoon alla festa della Capitol Arena (ma sono attesi migliaia di ospiti, il caos non si sposa con l’obiettivo) o quando il leader firmerà i primi ordini esecutivi alla Casa Bianca. Fonti americane dicono che Elon Musk potrebbe fare il miracolo, ma i tempi sembrano strettissimi, i margini ridotti: l’opzione più quotata è dunque quella di un faccia a faccia a margine del giuramento.
È la vera incognita del viaggio. La distanza che separa un semplice atto di presenza da un presunto successo diplomatico. Quanto più durerà il contatto, il primo concesso a un big europeo, tanto più Meloni potrà vantare un risultato. Ufficialmente viene diffusa a piene mani sobrietà: il segnale è già condensato nella missione lampo. In più, fanno sapere dal suo staff, la premier dovrebbe sedere tra le prime file, ulteriore segnale di attenzione da parte del presidente.
Della missione la leader ha discusso con Ursula von der Leyen al telefono, nei giorni scorsi. Non per chiedere il “permesso” . Semmai per evitare frizioni o incomprensioni: è cosa nota che a Bruxelles la mossa ha spiazzato. Il confronto è servito a condividere una preoccupazione, forse la principale in queste ore: i dazi.
È lo spettro che tiene tutti con il fiato sospeso. È in allerta anche la premier. Il timore è che Trump firmi nelle ore o nei giorni immediatamente successivi un ordine esecutivo per imporre ai partner dell’Unione una pesante tassazione sulle esportazioni.
Sarebbe fastidioso, per Meloni. Seduta lì in platea, senza poter reagire a un colpo durissimo per le imprese italiane ed europee.
Ripartirà per l’Italia stasera. Convinta di aver portato a casa un risultato, lo stesso indicato in privato nei giorni scorsi: «Qualcuno deve parlarci, con Trump». C’è voglia di ammortizzare i rischi per l’Italia e speranza di lucrare anche nel consenso da questo posizionamento.
Con questo spirito ha sfidato il dettato diplomatico, che gli sconsigliava di venire. Ma se von der Leyen stenta a relazionarsi con il repubblicano, Macron è debole e in Germania c’è un vuoto di potere che durerà almeno fino a maggio — è stato il ragionamento — allora è giusto rischiare.
Anche per sbrogliare altri enormi nodi irrisolti: le spese militari al 5% del Pil, la guerra in Ucraina e Medio Oriente che potrebbero chiudersi danneggiando l’Europa
Certo, la presidente del Consiglio sa che arriverà il momento di dover scegliere: se Trump vuole davvero far saltare l’Unione, anche l’Italia sarà costretta a schierarsi.
(da La Repubblica)

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FUGA DAL LAVORO PER TROPPO STRESS E SALARI BASSI: 2 MILIONI DI DISMISSIONI IN UN ANNO

Gennaio 20th, 2025 Riccardo Fucile

DIPENDENTI IN FUGA DAL SOGNO DEL POSTO FISSO ANCHE PER MANCANZA DI SODDISFAZIONE

Colpa dello stress, ma non solo. Anche dei salari troppo bassi e del costo della vita che in tanti faticano a reggere. Sta di fatto che la grande fuga dal lavoro alla ricerca di un impiego migliore, la famigerata «great resignation» nata negli Usa e poi dilagata nel mondo, non si arresta: nei primi 9 mesi dell’anno passato, secondo gli ultimi dati disponibili nella banca dati dell’Inps, si sono infatti registrate ben 1 milione 566 mila dimissioni volontarie. A fine 2024 quindi si arriverà ben sopra quota 2 milioni di dimissioni, un dato in linea coi 2 milioni e 182 del 2022 e di 2 milioni e 152 mila del 2023.
Stress, eccessivi carichi di lavoro, salari troppo bassi, scarsa valorizzazione delle professionalità e la ricerca di una prospettiva migliore alla base di tante scelte. Lasciano il lavoro, insoddisfatti, provati (se non addirittura proprio esauriti), tanti dipendenti pubblici: medici e infermieri, innanzitutto, ma anche agenti della polizia locale, autisti di autobus, insegnanti e poliziotti.
A lasciare nei primi 9 mesi del 2024, in particolare, sono stati oltre 600 mila addetti del macrosettore che aggrega addetti del commercio, attività di trasporto e magazzinaggio, servizi di alloggio e ristorazione, tutti comparti dove spesso si incrociano turni massacranti e stipendi non certo eccezionali.
A seguire 281 mila addetti impegnati in attività manifatturiere, nei settori dell’energia e della gestione dei rifiuti e 278 mila persone che erano occupate nella attività professionali, scientifiche e tecniche, nei servizi amministrativi e di supporto. Anche il lavoro pubblico, in tutte le sue articolazioni, perde pezzi facendo registrare altre 102 mila dimissioni nelle amministrazioni pubbliche, a partire dai comuni (che già tra il 2016 ed il 2022 hanno subito un aumento dell’89% delle dimissioni volontarie) ed in settori come difesa, istruzione, sanità e assistenza sociale. «Un tempo il posto fisso era certezza e rifugio, oggi invece si sta spiegando un grande ripensamento sul posto pubblico» segnalano da tempo i sindacati.
Nel campo della sanità secondo Anaao-Assomed nel 2024 altri 7 mila medici hanno lasciato le corsie degli ospedali. «Ogni anno il Servizio sanitario perde pezzi importanti» commenta il sindacato, segnalando che già tra il 2022 al 2023 i medici che hanno lasciato il pubblico erano più che raddoppiati.
Anche in questo caso a pesare sono i carichi di lavoro, le responsabilità sempre crescenti e di contro le scarse soddisfazioni economiche. E lo stesso si può dire degli infermieri: in 23 mila si sono infatti dimessi negli ultimi 4 anni. «Gli infermieri sono oggi la categoria della sanità che in assoluto abbandona maggiormente, “di sua sponte”, la sanità pubblica – commenta Antonio De Palma, presidente nazionale del Nursing Up -. Le destinazioni sono i paesi stranieri, il privato, e poi c’è una percentuale di oltre il 20% che abbandona per sempre il settore cambiando del tutto vita».
Il disagio psicologico è alla base di molte di queste scelte. L’analisi dei dati raccolti dall’Inail nei primi 11 mesi del 2024 ha rivelato un aumento significativo delle denunce di malattie professionali legate a problemi del sistema nervoso e disturbi psichici e comportamentali, con quasi 9 mila denunce (+16,1% sul 2023).
L’esposizione prolungata a situazioni lavorative estenuanti, stressanti o emotivamente esaurienti sfocia poi nel burnout (termine che in italiano si traduce con «bruciato» o «scoppiato») una condizione può insorgere quando una persona si sente sopraffatta dalle richieste del lavoro, sia fisicamente che emotivamente e che nel nostro paese, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, arriva ad interessare il 16% degli occupati.
Al rovescio però ci sono tanti lavori «belli», che danno soddisfazione. E non sono poche le realtà grandi e piccole dove il lavoro non fa rima con stress e dove non ci si pensa proprio a dimettersi. Stando alla classifica dei 60 Best Workplaces 2024, stilata dalla società di ricerche e analisi Great Place to Work Italia ascoltando 219 mila collaboratori di 379 imprese, tra le grandi aziende il luogo di lavoro ideale è rappresentato dalla catena di alberghi Hilton, tra le aziende medie la prima risulta invece Cisco Systems (settore information technology e networking), tra le medio piccole al primo posto c’è Biogen Italia (settore biotecnologie) mentre Auditel (rilevazione degli ascolti tv) prevale tra le piccole.
Nel complesso una realtà su tre (30%) appartiene al settore dell’information technology, seguono attività più tradizionali come industria manifatturiera e i servizi professionali col 15%, quindi biotecnologie e farmaceutica, servizi finanziari e assicurazioni (8%), e ancora sanità (5%), media e retail (3%). Chiudono la lista edilizia, elettronica, ingegneria, alberghiero, telecomunicazioni, trasporti che si fermano al 2% e l’agricoltura all’1%.
(da La Stampa)

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SEPARAZIONE CARRIERE, ANM: “MAI IN 50 ANNI STRAVOLTA COSI’ LA COSTITUZIONE”

Gennaio 20th, 2025 Riccardo Fucile

L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI: “LANCIAMO UN GRIDO DI ALLARME, ALTERATI I RAPPORTI TRA I POTERI DELLO STATO”

“Lanciamo un grido di allarme. Non c’è mai stata negli ultimi 50 anni, forse, una riforma che stravolge radicalmente la fisionomia della nostra Costituzione alterando quelli che sono i rapporti tra i poteri dello Stato e gettando le basi per un possibile condizionamento del potere giudiziario”. Lo ha detto Salvatore Casciaro, segretario generale dell’Anm, parlando ad Agorà in onda su Rai Tre , della separazione delle carriere.
Intanto è scontro anche sulla decisione dei giudici di protestare in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, in programma venerdì e sabato, e di incrociare le braccia il prossimo 27 febbraio. A contestare la scelta, oltre al governo, anche l’Unione delle camere penali.
Lo sciopero, sostengono gli avvocati, “rischia di compromettere l’immagine stessa della magistratura»”. Su questa scia anche Mario Scialla, il presidente dell’Organismo congressuale forense, “sorpreso” dalle iniziative adottate dall’Associazione nazionale magistrati soprattutto da quelle che “contrastano con lo spirito della cerimonia e la sacralità” dell’apertura dell’anno giudiziario.
(da agenzie)

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“MI ADDORMENTO A SCUOLA PERCHE’ DI NOTTE SENTO PAPA’ CHE VUOLE UCCIDRE MIA MADRE, SENTO IL RUMORE DEI COLTELLI”

Gennaio 20th, 2025 Riccardo Fucile

IL RACCONTO DELLA TREDICENNE SVENUTA IN CLASSE A TORINO HA CONTRIBUITO ALL’ARRESTO DEL PADRE

Una bambina di 13 anni è svenuta in classe, a Torino, non per la prima volta. Dopo essersi risvegliata, non riusciva più a muovere le gambe. Una volta portata dall’insegnate all’ambulatorio psicologico della scuola, la ragazzina ha iniziato a raccontare che da tempo di notte non riusciva a dormire perché aveva paura che il padre uccidesse la madre: lo sentiva aggirarsi per casa con dei coltelli e lanciare insulti e minacce, aveva già assistito a numerose aggressioni.
Questo è successo lo scorso anno, a maggio. Il racconto della 13enne ha portato alla denuncia del padre 52enne, arrestato e portato in carcere dopo pochi giorni, e ora condannato a due anni di carcere. Per evitare la prigione dovrà frequentare per un anno un centro per uomini violenti.
Il verbale della denuncia, con le parole della bambina, risale al 15 maggio 2024. Dopo la sua testimonianza si sono attivate le procedure per i reati da codice rosso. L’indagine è stata gestita dalla pm Antonella Barbera, ed è stata la giudice per le indagini preliminari Giovanna Di Maria ad accordare l’arresto in carcere dopo otto giorni dalla richiesta dell’inquirente. Per la condanna sono serviti solo sei mesi, tempi rapidi, soprattutto per la giustizia italiana.
A raccontare l’episodio è stata la Stampa, che ha riportato alcuni passaggi delle parole della 13enne: “Sono svenuta perché ho tante cose nella testa. Tante preoccupazioni. Di notte non riesco a dormire”. E ancora: “Mio padre racconta come ucciderà mia mamma. In quale modo potrebbe tagliarle la gola. Lo sento. Verso mezzanotte gira per casa con dei coltelli in mano. Sento i rumori dei suoi passi. Va in cucina, poi in soggiorno, in camera mia e nella sua”.
C’è anche il racconto di un’aggressione: “L’ho visto prendere per il collo mamma e tirarle un calcio. Mi sono messa in mezzo se no l’avrebbe uccisa. Quella mattina a scuola stavo davvero tanto male”. E infine: “Lui dice che la ammazzerà mentre è nel sonno. E ho questa pressione. Mi risveglio molte volte la notte, con l’ansia forte. Sono sempre stata zitta, finora. A scuola andavo e facevo come se niente fosse”.
Oggi, la 13enne e la sua sorella di nove anni vivono insieme alla madre, che ha l’affidamento esclusivo. La donna lavora in ospedale dopo aver seguito un corso per operatrici socio sanitarie. Lei stessa aveva raccontato agli inquirenti la storia del padre delle bambine, che diversi anni fa era andato in Polonia per aprire un ristorante, ma dopo il fallimento aveva deciso di rientrare in Italia. Qui sarebbe “diventato violento” e “geloso in maniera ossessiva”.
Non solo: “Mi ha messo le mani addosso davanti alle bambine. Ha cercato di strozzarmi. Ha messo nel mio cellulare un’applicazione per controllare i miei spostamenti. Leggeva chi mi chiamava, chi mi scriveva”. Poi lei ha deciso di separarsi: “Mi ha detto che mi avrebbe uccisa: lo diceva anche prima. Ma questa volta era più convinto. Ho chiesto aiuto. Ci hanno messe in un luogo protetto. Lui mi ha seguita per giorni, anche dove facevo il corso di formazione. Sono tornata a denunciarlo”.
(da Fanpage)

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UNA GENERAZIONE CHE HA TUTTO, MENO CHE LA VOGLIA DI CRESCERE: I TRENTENNI DI OGGI SEMBRANO BLOCCATI IN UNA FASE ADOLESCENZIALE: NON SI SPOSANO, NON FANNO FIGLI, NON COMPRANO UNA CASA E SNOBBANO TUTTE LE TAPPE DELL’ETÀ ADULTA

Gennaio 20th, 2025 Riccardo Fucile

SE PER ALCUNI IL PROBLEMA È NON AVERE POSSIBILITÀ ECONOMICHE, PER ALTRI RITARDARE ALCUNE SCELTE SI STA TRASFORMANDO IN UN FRENO ALLO SVILUPPO

Gli americani trentenni non sono mai sembrati meno adulti di ora. Tra forti cali nell’acquisto di case, nei matrimoni e nei tassi di natalità, gli economisti hanno da tempo avvertito che i giovani stanno lottando per raggiungere le tappe dell’età adulta. Sebbene alcuni trentenni stiano consapevolmente scegliendo un percorso meno tradizionale, molti affermano che questi obiettivi sono semplicemente fuori portata.
«Sembra che le istruzioni su come vivere una bella vita non siano più valide – afferma Cody Harding, 38 anni, single e con tre coinquilini a Brooklyn – E nessuno le ha aggiornate».
Ora, poiché un insieme di fattori sociali ed economici frena un’intera generazione, ciò che un tempo i ricercatori chiamavano ritardo sta iniziando ad assomigliare sempre più a uno stato permanente di arresto dello sviluppo.
Stiamo passando dal più tardi al mai» afferma Richard Reeves, presidente dell’American Institute for Boys and Men. Egli nota che più tempo le persone impiegano per lanciarsi in un’età adulta più convenzionale, meno probabilità hanno di farlo.
Un terzo dei giovani adulti di oggi non si sposerà mai, prevede il think tank conservatore Institute for Family Studies, rispetto a meno di un quinto di quelli nati nei decenni precedenti. La quota di adulti senza figli sotto i 50 anni che affermano di avere poche probabilità di averne, nel frattempo, è aumentata di 10 punti percentuali tra il 2018 e il 2023, dal 37% al 47%, secondo il Pew Research Center.
«Si può rinviare la questione, ma solo fino a un certo punto» afferma Reeves. La spiegazione convenzionale di ciò che blocca i giovani adulti è che non possono permettersi di crescere, data l’inflazione crescente e i costi delle case in aumento . Eppure questo non spiega esattamente cosa sta succedendo.
È vero che i trentenni hanno avuto una serie di sfortune economiche. Molti di loro sono entrati nel mercato del lavoro durante la Grande recessione, hanno superato la pandemia tornando a vivere con i genitori e ora stanno affrontando il peggior mercato immobiliare degli ultimi 40 anni. Ma i numeri dipingono un quadro più complicato.
Gli stipendi medi per i lavoratori a tempo pieno di età compresa tra 35 e 44 anni sono aumentati del 16% tra il 2000 e il 2024, da $ 58.522 a $ 67.652 aggiustati per l’inflazione, secondo il Dipartimento del Lavoro. Anche la ricchezza complessiva dei trentenni è aumentata del 66% tra il 1989 e il 2022, secondo la Federal Reserve di St. Louis, da $ 62.000 a $ 103.000.
Per molti versi, questa fascia d’età è in una posizione finanziaria migliore, in media, rispetto ai genitori a questa età. Il problema è che non sembrano saperlo. Solo il 21% degli adulti trentenni ha valutato l’economia complessiva come buona o eccellente l’anno scorso, secondo la Federal Reserve, e gli economisti affermano che i giovani adulti sono significativamente più pessimisti sul futuro rispetto alle generazioni precedenti.
«Vedono il mondo in cui vivranno tra 20 anni come fottuto» afferma Carol Graham, economista del Brookings Institute, che studia il benessere. Sottolinea come il cambiamento climatico, la polarizzazione politica, l’intelligenza artificiale e un crescente risentimento verso il potere aziendale abbiano reso il futuro più incerto.
Secondo un sondaggio condotto dal Wall Street Journal/NORC a luglio, i giovani adulti sono molto meno propensi degli americani over 50 a dire che realizzare il sogno americano del successo con il duro lavoro è ancora una possibilità. Ma anche qui la realtà è più complicata. Almeno parte di ciò che sta ostacolando la crescita di una generazione di giovani sono sogni smisurati di come dovrebbe essere una bella vita.
«Le nostre aspettative sono molto più alte oggi – afferma Melissa Kearney, economista presso l’Università del Maryland la cui ricerca si concentra su bambini e famiglia – Le generazioni prima di noi non si aspettavano di avere grandi case in cui ogni bambino aveva una camera da letto e c’erano più vacanze».
Ma comunque si tratta di media. Una quota considerevole di questa generazione sta peggio dei propri genitori. I giovani uomini in particolare stanno lottando nel mercato del lavoro. E alcuni degli obiettivi tradizionali dell’età adulta sono diventati davvero più difficili da raggiungere. Il debito studentesco è più che raddoppiato negli ultimi due decenni, eppure una laurea non è garanzia di un lavoro ben pagato. L’aumento dei tassi di interesse e la diminuzione dell’offerta hanno anche reso la proprietà della casa fuori dalla portata di una quota crescente di americani. L’età media dei primi acquirenti di case ha raggiunto un record di 38 anni quest’anno, secondo la National Association of Realtors, rispetto ai 35 anni del 2023 e ai 29 anni del 1981.
Tuttavia, crescere con meno pressione nel seguire lo stesso stretto percorso verso l’età adulta imposto ai genitori e ai nonni (carriera, coniuge, casa e figli, tutto entro i 35 anni) ha alzato l’asticella di come si presentano queste tappe fondamentali, se si sceglie di raggiungerle. Bloccati da questo mix di grandi aspettative e difficili circostanze economiche, molti trentenni sembrano disorientati e incerti su cosa significhi essere un adulto di successo oggi
Dopo aver visto i genitori crescere tre figli e comprare una casa con gli stipendi nel commercio al dettaglio e nella produzione, Cody Harding ha pensato che essere il primo della sua famiglia a conseguire una laurea triennale gli avrebbe garantito una qualità di vita ancora migliore. Sebbene ora guadagni circa il doppio di quanto guadagnavano i suoi genitori all’apice della loro carriera messi insieme, è deluso da ciò che gli offre a New York City.
Harding afferma che laurearsi nel 2008, proprio mentre le aziende di tutto il paese stavano licenziando lavoratori, è stato il primo segnale che sembrava destinato a un’età adulta economicamente precaria. Quando non è riuscito a mettere a frutto la sua doppia specializzazione in inglese e storia, ha fatto il cameriere e ha lavorato nell’edilizia.
«Non sono mai riuscito a recuperare» dice. Harding è entrato alla facoltà di giurisprudenza per aspettare la fine del rallentamento del mercato del lavoro ma ne è uscito con un debito di 180.000 dollari per prestiti studenteschi. Ora deve più di 200.000 dollari, dopo aver effettuato solo i pagamenti minimi.
Invece di riuscire a mantenere una famiglia o almeno a vivere da solo come avvocato a tempo pieno, paga 1.700 dollari di affitto mensile per vivere con dei coinquilini a Brooklyn. Quando è diventato chiaro che i suoi sogni di possedere una casa non erano realizzabili a New York, ha recentemente ricevuto aiuto dai suoi genitori per chiudere un contratto di ristrutturazione nella sua città natale di Easton, Pennsylvania. Come molti dei suoi coetanei, guadagna un reddito extra da un’attività secondaria: nel suo caso, gestendo un negozio di mobili vintage.
Harding spera ancora di sposarsi e avere figli, ma è diventato disilluso da una cultura degli appuntamenti che, secondo lui, premia le avventure a breve termine rispetto all’impegno a lungo termine. Preferirebbe anche restare single piuttosto che scendere a compromessi con la persona sbagliata. La maggior parte dei suoi amici si trova nello stesso stato di adolescenza sospesa, dice, il che a volte fa sembrare che il tempo si sia fermato.
«Va bene provare a reinventare l’aspetto di una vita moderna, ma sono un po’ deluso da tutto ciò che manca – dice Harding – Sono stufo di fare festa. L’ho già fatto. Voglio crescere.
Renata Leo, 31 anni, vive nella casa della sua infanzia con i suoi genitori a Glassboro, nel New Jersey, da quando si è laureata nel 2015. Poco più della metà degli americani tra i 30 e i 40 anni erano sposati l’anno scorso, secondo un’analisi dei dati dell’American Community Survey condotta dall’economista Luke Pardue dell’Aspen Economic Strategy Group . Questo dato è in calo rispetto a oltre due terzi del 1990, quando nacquero coloro che si trovavano nella fascia media della coorte. La quota di donne in questa fascia di età che avevano partorito è scesa di 7 punti percentuali solo tra il 2012 e il 2022, come mostrano i dati del Current Population Survey, dal 78% al 71%.
Anche lasciare il nido, a lungo considerato un prerequisito per raggiungere l’età adulta negli Stati Uniti, si sta rivelando sempre più difficile.
Quando i genitori di Renata Leo avevano 31 anni, la sua età attuale, si erano sposati, avevano acquistato una casa e l’avevano avuta. Eppure lei dorme ancora nella sua cameretta da bambina, guardando la stessa carta da parati con gli unicorni che avevano messo prima che lei nascesse.
«Ristrutturare significherebbe accettare il fatto che non me ne andrò» afferma Leo, che è tornato a casa a Glassboro, nel New Jersey, dopo essersi laureato nel 2015 con un debito di 20.000 dollari per prestiti studenteschi. Era sul punto di andarsene nel 2020, ma l’impennata dei prezzi delle case dovuta alla pandemia ha fatto saltare i piani di acquistare una prima casa con il suo allora fidanzato. (Lui si è trasferito nella sua camera da letto d’infanzia con lei prima che si lasciassero l’estate scorsa.) Da quando ha perso il suo lavoro a tempo pieno in una startup nel 2021, lavora part-time e si sente bloccata, incerta su cosa fare dopo. «Mi sento una fallita» dice.
Secondo l’analisi dei dati del censimento condotta da Pardue, circa il 9% delle persone di età compresa tra 30 e 40 anni vive ancora con i genitori, contro il 6% circa del 1990.
I genitori di Renata, Ed e Paula Leo, affermano di volere che la figlia abbia la libertà di perseguire la vita che desidera, anziché sentirsi, come loro, costretta a sottomettersi a qualsiasi lavoro purché fornisca qualcosa in cambio.
«Non esiste più un percorso giusto e certo» afferma Paula, un’insegnante di matematica in pensione di 61 anni, che ammette di non aver mai pensato se voleva sposarsi o diventare madre, ma di aver semplicemente dato per scontato che lo avrebbe fatto. Tuttavia, Paula riconosce che operare in un’atmosfera con meno pressione a conformarsi o ad accontentarsi ha i suoi costi. Avere più opzioni, dice, “rende più difficile sapere cosa fare”.
Renata riconosce che è un privilegio poter aspettare per un lavoro che ama piuttosto che accettare qualsiasi cosa le venga offerta. Ma ammette che più a lungo resta in disparte, apparentemente spettatrice della sua vita, più si sente disperata all’idea di lanciarsi. «Mi sento ancora una bambina» dice.
Quando la madre di Semira Fuller aveva la sua età, 39 anni, era proprietaria di casa e madre single di due figli. Ma anche se lo stipendio di circa 100.000 dollari di Fuller come responsabile delle paghe è più di quanto sua madre abbia mai guadagnato quando Fuller era piccola, è rimasta delusa da quanto poco si possa comprare a Los Angeles, dove vive con una coinquilina. «Tutto sembra una lotta» dice.
Sa che il suo stipendio sarebbe più redditizio nella sua città natale, Philadelphia, ma preferisce restare a Los Angeles. L’inflazione ha fatto aumentare il prezzo dei piccoli lussi, come l’abbonamento a Spotify, ma non vuole rinunciarvi. «Non c’è un aspetto della mia vita che non mi sembri più costoso di due anni fa» afferma
Fuller dice che le piace incontrare gli amici e svegliarsi quando vuole, il che rende poco attraente lo sconvolgimento dei figli. La maternità, dice, è un “non-starter”. «I bambini diventano una priorità – dice Fuller – Sto ancora cercando di capire come essere una priorità».
(da Washingtonpost)

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