Gennaio 2nd, 2025 Riccardo Fucile
ESSERE L’UNICA LEADER EUROPEA A WASHINGTON, INSIEME A ORBAN, MENTRE IL PRESIDENTE ELETTO LANCIA BORDATE ALL’UE E A KIEV, LA ESPORREBBE TROPPO RISPETTO AI COLLEGHI DELL’EUROPA
In agenda, accanto all’indicazione della possibile missione di Giorgia Meloni a Washington per l’insediamento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, spiccava fino a qualche giorno fa un segno grafico: “?”. Come a dire: viaggio ancora da confermare. Dunque, congelato
Nelle ultime ore, però, i dubbi di opportunità politica e diplomatica che la presidente del Consiglio riserva a quest’opzione sembrano essersi rafforzati. Sia chiaro: l’essere stata invitata a partecipare dal tycoon che ha riconquistato l’America l’ha lusingata.
Il gesto d’attenzione non era considerato scontato, perché arriva dopo due anni di feeling pubblico con Joe Biden. La premier è però al momento orientata a declinare la proposta. Un’intenzione che […] sarebbe stata anticipata alla diplomazia trumpiana riunita a Mar-a-Lago per salutare il nuovo anno. E che potrebbe generare anche qualche fastidiosa scoria diplomatica.
Un passo indietro: durante il G20 in Brasile, lo scorso novembre, i cronisti avevano domandato a Meloni dell’ipotesi di volare negli Usa per l’Inauguration Day, il prossimo venti gennaio.
Si tratterebbe, va detto, di una novità assoluta, oltreché di un inedito diplomatico: nella Seconda Repubblica, per dire, non è mai accaduto che un presidente del Consiglio abbia presenziato a questa celebrazione […]. Ciononostante, a Rio de Janeiro la premier non aveva escluso il viaggio: «Non so, vediamo», si era limitata a rispondere, lasciando aperto più di uno spiraglio.
Nel mese successivo, però, Palazzo Chigi ha visto mutare rapidamente il quadro. Innanzitutto, la premier ha sfruttato il canale di Elon Musk per gettare le basi per una futura collaborazione con Trump (a cui fortissimamente ambisce, dopo aver tratto benefici politici evidenti dal rapporto con Biden). Ha poi ottenuto qualche minuto di colloquio con il presidente eletto a margine dell’inaugurazione di Notre-Dame, a Parigi.
E soprattutto, si è offerta per organizzare un primo contatto informale tra il tycoon e Ursula von der Leyen. Da queste novità nascono i dubbi sull’opportunità della missione negli Stati Uniti del 20 gennaio.
Se infatti Meloni decidesse di partecipare — unica tra i leader europei, ad eccezione forse dell’ungherese Viktor Orbán — si esporrebbe molto rispetto alle Cancellerie occidentali e, soprattutto, ai colleghi Ue. Certificherebbe la sua adesione all’“internazionale trumpiana” lanciata da Javier Milei, che include anche Benjamin Netanyahu.
E si renderebbe assai meno credibile nel ruolo di pontiere tra Ursula e Trump, che è poi l’ambizione diplomatica a cui lavora Palazzo Chigi: giocare cioè da prima sponda europea per il leader repubblicano, in modo da garantirsi il massimo vantaggio sia con Washington che con Bruxelles.
Non è poi da escludersi che proprio all’atto dell’insediamento Trump possa picchiare duro sui partner europei, e contestualmente assumere una linea aspra verso Kiev. Sarebbe imbarazzante, per Meloni, mostrarsi seduta su quel palco e dover commentare queste eventuali bordate. Un rischio diplomatico che molti consiglieri le suggeriscono di evitare.
Accanto a queste valutazioni, ne pesa anche un’altra: il cinese Xi Jinping ha declinato l’invito, altri potrebbero imitarlo. Ancora più “rumorosa” sarebbe dunque la presenza della leader italiana.
Di certo, dell’intenzione di Meloni di non accettare questo invito si è ragionato durante la festa di fine anno a Mar-a-Lago, la residenza di Trump in Florida. Durante l’evento, celebrato con un menù tricolore ( italian chopped salad e agnolotti), è stato lo stesso leader repubblicano a raccontare del suo positivo “contatto” parigino con la premier. E a ribadire l’intenzione di compiere al più presto passi in politica estera per mettere fine ai conflitti in Ucraina e Medio OrienteUn raduno, quello voluto dal Presidente eletto, che ha permesso allo stato maggiore trumpiano di ritrovarsi in vista proprio del varo della nuova amministrazione. C’era anche il vicepresidente J.D. Vance.
Ed è stato proprio il numero due della Casa Bianca a confidare a Paolo Zampolli — amico e collaboratore di Trump, ma anche ambasciatore presso l’Onu — di puntare molto sulle iniziative per contrastare la diffusione del Fentanyl
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2025 Riccardo Fucile
EFFETTI DEI NUOVI PROGRAMMI SCOLASTICI, CHE HANNO RELEGATO L’INSEGNAMENTO DELLA STORIA A POCHE ORE SETTIMANALI, INSIEME A GEOGRAFIA, POLITICA ED ETICA
Berlino è la città simbolo della storia nel XX secolo, dalla Repubblica di Weimar, all’avvento di Hitler, la Shoah e la morte di sei milioni di ebrei nelle camere a gas, dalla guerra perduta, alla divisone, al muro, e alla sua caduta che illuse il mondo: sarebbe iniziato una nuova éra di pace. Eppure i ragazzi nella capitale sono i più ignoranti in storia. Un record negativo in Germania.
Troppi studenti stranieri? Non è un alibi. Dovrebbero sapere in che luogo vivono. Fino a un recente passato, gli ebrei potevano vivere in pace, oggi si raccomanda loro di non farsi riconoscere come tali per strada. Le aggressioni sono state nel primo semestre dell’anno scorso 1383, più che in tutto il 2023. Molti ragazzi non sanno che cosa sia Auschwitz. La maggioranza, dei giovani fino ai 18 anni, anche tedeschi, non sa dire quando scoppiò l’ultima guerra e quando finì, e non ricordano quando cadde il muro, e tutto cambiò. Non è un problema recente, negli ultimi tempi la situazione è peggiorata.
Una decina d’anni fa, per l’anniversario dell’indipendenza italiana, fui invitato a parlarne in un liceo. Accettai, ma all’insegnate dissi che probabilmente ai suoi alunni non sarebbe importato. Lei era ottimista, ma mi richiamò giorni dopo: «ha ragione, ho cercato di convincerli, e ho fatto il paragone con la caduta del muro e la riunificazione, mi hanno risposto che neanche quella gli interessa perché nel 1989 non erano nati”.
La colpa dell’ignoranza dei giovani è colpa della scuola […]. Geschichte, storia, non fa più parte del piano di studi, viene insegnata nelle ore di Gewi, ai tedeschi piacciono le sigle, cioè ore in cui si insegna geografia, politica, etica, e infine storia, in genere per non più di quattro ore alla settimana. Il Gewi ha il fine di educare i ragazzi alla convivenza. Gli effetti si vedono a Berlino, dove a scuola si affrontano clan di diversa etnia.
I docenti sono ignoranti a loro volta. Molti professori di Gewi non hanno mai studiato storia, quelli laureati in scienze sociali non hanno mai studiato storia e geografia. È il preside a assegnare le cattedre, come vuole e come può. In tutte le scuole, a tutti i livelli, mancano i docenti, non solo a Berlino. La geografia si trascura anche in Italia.
Si è discusso, e litigato, a lungo a Berlino per il nuovo piano di studi, che riguarda anche il vicino Brandeburgo. È stata cancellata la storia antica e medioevale. Gli specialisti non sono neanche stati invitati a stilare il programma. Dopo le loro proteste, sono stati inseriti alcuni temi, ma non uno studio approfondito: i ragazzi studieranno solo la schiavitù nell’antica Grecia. Cancellata anche la storia romana, potranno scoprirla e credere di conoscere al cinema guardando «Il gladiatore».
Molti deputati e ministri hanno meno di quarant’anni, andavano alle elementari quando cadde il muro, come possono capire perché oggi nella ex Ddr, l’Afd, il partito dell’estrema destra sia al primo posto? Cancellata anche la Repubblica di Weimar e il III Reich. I punti base sono trasformazioni sociali e crisi
Solo il 32 per cento dei ragazzi studia il cristianesimo, il 72 la storia dell’Islam. I burocrati che stilano i programmi scolastici hanno stabilito che insegnare la storia in modo cronologico è un relitto del passato. Va studiata per moduli, per blocchi, senza un rapporto su quel che è avvenuto prima e dopo. In un vecchio sondaggio, alla domanda chi avesse costruito il muro a Berlino, i ragazzi risposero: Hitler. Per un cortocircuito della storia, in un certo modo, avevano ragione.
(da “ItaliaOggi”)
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Gennaio 2nd, 2025 Riccardo Fucile
“LA POLIZIA NON HA DATO ALCUNA GIUSTIFICAZIONE DEL MIO FERMO”
«Non ho ancora ricevuto alcuna giustificazione per il mio arresto». Rigetta l’ipotesi della polizia secondo cui sarebbe nella black list di Israele il calciatore ex Genoa Stephane Omeonga, che nel giorno di Natale è stato prelevato con la forza dalla polizia italiana da un volo da Roma a Tel Aviv in attesa di decollo.
Il centrocampista belga, oggi in forze alla squadra israeliana Bnei Sakhnin, riconduce l’episodio alla discriminazione razziale. «Ho aspettato cinque giorni prima di scrivere il mio messaggio su Instagram perché all’inizio non ero pronto a parlarne», dichiara ai media belgi. E ha aggiunto: «Ora però voglio denunciare queste ingiustizie chiaramente razziali».
Omeonga: «Dalla polizia nessuna spiegazione»
L’atleta 28enne racconta quello che non si vede nelle immagini, che lo ritraggono mentre un poliziotto lo strattona e lo trascina prendendolo con violenza per il collo. «Non mi era stato detto nulla al check-in, o al controllo di frontiera o al gate di imbarco. Tutto è accaduto solo poco prima del decollo, all’interno dell’aereo». Prosegue il resoconto: «Uno steward si era avvicinato e dicendomi che c’era un problema con il mio passaporto e che non potevo decollare. Convinto del contrario, gli ho chiesto di spiegarmi la situazione prima di seguirlo. Non è riuscito a farlo e così ha chiamato la polizia. Mi hanno chiesto di seguirlo senza darmi spiegazioni anche se ho domandato con molta calma perché. È lì che è degenerato tutto»
Omeonga: «Non ho potuto chiamare mia moglie»
«Sono rimasto in cella per tre ore», ha aggiunto Omeonga, «ho chiesto se potevo chiamare mia moglie ma hanno rifiutato. Ho spiegato loro chi fossi e cosa stavo facendo, ma non è cambiato nulla. Anzi, la cosa più folle in questa storia è che il poliziotto che mi ha arrestato ha deciso di esporre una denuncia contro di me perché si è fatto male, picchiandomi. Ma sono stato io ad essere picchiato e fermato con la testa bloccata a terra dal ginocchio di un poliziotto, una volta che eravamo all’esterno dell’aereo».
L’interrogazione parlamentare
Il caso rimane dunque confuso. Secondo la polizia il calciatore sarebbe sulla black list di Israele, ma molti dettagli ancora mancano. Dettagli che Filiberto Zaratti deputato di Alleanza Verdi e Sinistra intende chiedere direttamente al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in un’interrogazione parlamentare. In un nota il capogruppo di Avs in commissione Affari Costituzionali della Camera scrive dell’«ombra di un pestaggio su commissione» per «l’esistenza di una black list di Israele nella quale sarebbe segnalate persone sgradite a Tel Aviv». «Siamo diventati un Paese che esegue ordini impartiti da altri Stati o restiamo un Paese sovrano?», si chiede Zaratti. E conclude: «Non vorremmo che la destra, stordita dal sovranismo, abbia perso il senso di parole come sovranità e indipendenza», conclude l’esponente Avs.
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2025 Riccardo Fucile
NEL MIRINO LA FREQUENTAZIONE CON PAOLO COLOSIMO, AVVOCATO CONDANNATO PER IL PROCESSO FASTWEB E DUNQUE PREGIUDICATO
Ex ministro dell’Agricoltura durante uno dei governi Berlusconi, ex sindaco di Roma, ma in primo luogo militante della destra — ora anche con il movimento Indipendenza da lui stesso definito «pacifista» — Gianni Alemanno, 66 anni, torna in carcere per volontà del Tribunale di sorveglianza che ritiene il suo percorso presso i servizi sociali (la comunità di accoglienza So.Spe di suor Paola D’Auria) viziato da comportamenti dubbi e illeciti inequivocabili. Lacunosa la sua osservanza delle prescrizioni che includevano obblighi di orari (divieto di uscire prima delle sette e oltre le 21).
Ma soprattutto contraria alle regole la frequentazione con Paolo Colosimo, avvocato condannato per il processo Fastweb e dunque pregiudicato. Incastrato da una serie di intercettazioni — è appena finito in una nuova inchiesta per riciclaggio — che lo mettono in relazione con alcuni condannati, Alemanno ha trascorso le ore del veglione nel carcere di Rebibbia dove, per un soffio, non era finito all’epoca della grande retata per l’inchiesta «Mondo di mezzo», quando, accusato di finanziamento illecito, scampò le misure cautelari, affrontando il processo da uomo libero.
L’ultimo messaggino è stato, appunto, per suor Paola alla quale alle 17 circa del 31 dicembre ha fatto sapere: «Non potrò partecipare alla festa di fine anno perché i giudici mi hanno negato l’autorizzazione». Notizia accolta con rammarico perché, assicura la religiosa, «Alemanno aveva trovato tra le ospiti ucraine della comunità sostegno e perfino simpatia»: lui insegnava loro l’italiano, le religiose relazionavano positivamente per il Tribunale.
Scontava 22 mesi per la più mite accusa di «traffico di influenze illecite» subentrata, in un secondo momento, alla contestazione di corruzione.
(da Corriere della Sera)
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Gennaio 2nd, 2025 Riccardo Fucile
SI VOGLIONO APRIRE LE PORTE AL PRIVATO E SI SFASCIA LA SANITA’ PUBBLICA
Se non ci sei mai stato non hai idea del livello drammatico, oggi, di un pronto soccorso di un grande ospedale pubblico. Mi è capitato recentemente di averne bisogno e ho vissuto una situazione allucinante. Tanto per essere chiari: sto parlando di un’eccellenza della Capitale e non dell’ultimo presidio medico della provincia più sperduta!
Entri in un sistema infernale di richieste di assistenza, tutte urgenti, alcune urgentissime, per fortuna poche gravissime. Un pronto soccorso che tempi addietro aveva spazi vitali e necessari per tutti i pazienti, oggi è intasato di letti e barelle nelle sale, nei corridoi (il numero del paziente attaccato alle finestre), nei ripostigli e addirittura nelle sale del triage. Una convivenza promiscua, senza nessuna privacy, codici gialli con codici verdi e codici rossi che transitano nei corridoi d’ingresso dell’ospedale senza possibilità di passaggi dedicati.
Persone, la maggior parte anziane, che si lamentano, che protestano, che sopportano senza poter far nulla, che chiedono un’assistenza e una cura difficilissime da erogare, con infermieri e medici che si divincolano tra letti e barelle e che, in quella bolgia infernale, si muovono a fatica, spostano letti e barelle per passare con strumenti e attrezzature mediche, corrono, letteralmente, tra un paziente e l’altro senza perdere l’attenzione per le terapie di ognuno.
In un pomeriggio sono giunte in quel pronto soccorso un po’ più di 200 persone, assistite da un esiguo numero di infermieri, assistenti Oss e personale medico.
Una sproporzione assurda con pazienti (tanti) stremati dai dolori e infermieri e medici (pochi) stremati dalla fatica fisica e mentale, ma sempre all’altezza del compito che sono chiamati a svolgere. L’attenzione, l’allerta, la cura, l’ascolto non mancano mai anche quando si ha l’impressione di essere finiti in un girone di dimenticati! Nessuno dimentica alcuno, ma con un livello di fatica immane.
Ti chiedi: ma come è possibile che un governo, un Paese possano tollerare questa situazione drammatica che coinvolge cittadini che chiedono assistenza e cura e lavoratori che erogano assistenza e cura? Come si può? Si può. Se il progetto del governo è quello di spostare la sanità verso il privato, è chiaro che deve rendere meno “appetibile” il pubblico, lo sfianca, gli toglie risorse vitali, lo pensa necessario solo per chi non può curarsi nella sanità privata.
Da un governo che “schifa” i poveri, non può arrivare nient’altro. E i poveri…. siamo tutti noi cittadini e cittadine che paghiamo le tasse per quei ricchi, anche evasori, che se ne fottono perché possono rivolgersi alla sanità privata e che ora hanno la strada spianata. E’ l’Italia oggi, bellezza!
(da il Fatto Quotidiano)
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Gennaio 2nd, 2025 Riccardo Fucile
POI SI DISSOCIA DALLA LINEA SALVINIANA: “PACE NON PUO’ ESSERE RESA ALL’AGGRESSORE, GIUSTO RAFFORZARE LA NATO”
Nessuna fronda è mai riuscita a nascere e fortificarsi nella Lega di Matteo Salvini. Il leader che ha tratto dalle ceneri il movimento fondato da Umberto Bossi ha sempre potuto contare, nei momenti decisivi, del sostegno unanime di tutti gli altri volti noti del partito. Ora però qualcosa scricchiola, anche in vista del prossimo congresso nazionale. Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato, è diventato il segretario della Lega lombarda, e ha marcato in più casi le sue posizioni differenti da quelle del capitano, anche spingendosi a criticare il governo più di quanto ci si aspetterebbe da un partito di maggioranza, ad esempio sulla Legge di Bilancio. E, anche Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, in una intervista a La Stampa, sceglie di tracciare i suoi distinguo, tra l’altro proprio sul tema più caro al leader. «Salvini al ministero dell’Interno ha ottenuto risultati importanti, i numeri sono lì a testimoniarlo, e ha mantenuto gli impegni presi con gli elettori. Ma credo che Piantedosi stia facendo un ottimo lavoro e che, al momento, il Viminale sia in buone mani», dice a freddo con un altolà arrivato, tra l’altro, racconta l’intervistatore, subito dopo che il leader via social aveva ribadito la sua ambizione di tornare all’Interno.
Le armi, l’Ucraina, la Nato
Non è l’unico passaggio delicato su cui Fedriga segna una posizione diversa dal leader. Anche sul tema delle armi all’Ucraina e dell’appello alla pace, gli accenti sono diversi. Se Salvini dice che la priorità è la pace e segna continui distinguo sulle spese, la Nato e la capacità offensiva di Kiev, Fedriga pungola: «Tutti vogliamo la pace, ma io credo in una pace giusta, che non può essere una resa all’aggressore, anche perché questa resa innescherebbe nuove tensioni. Penso che dire “non spendiamo più in armi”, come fanno i 5stelle, sia solo propaganda e che dirsi pacifisti a prescindere non porti da nessuna parte». E a proposito di spese militari: «La Lega in Parlamento ha sempre votato a favore del supporto agli ucraini, ma il tema delle spese militari è più in generale: i Paesi che non hanno una difesa ben sviluppata non riescono a essere forti nemmeno a livello economico. L’Italia è ancora sotto al 2% di spese militari in rapporto al Pil, non mi pare ci sia una corsa agli armamenti, ma penso che la Nato vada rafforzata e serva uno sforzo in questa direzione».
Il terzo mandato
Non è una posizione sovrapponibile a quella di Romeo, perché ad esempio sulla manovra Fedriga dice di non aver nulla da rimproverare al governo. Ma il segnale che anche dalle parti del Friuli non tutto è tranquillo. Fedriga ha anche detto di condividere la legge regionale di Vincenzo De Luca che vorrebbe dare il via al terzo mandato. Per il Friulano la scadenza è lontana, è stato rieletto nel 2023, ma il segnale c’è.
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2025 Riccardo Fucile
PER REPRIMERE LA CANNABIS, SI MANDA IN FUMO UN INTERO SETTORE, CHE IN EUROPA VALE MEZZO MILIARDO DI EURO
Il Financial Times racconta oggi dei piani del governo Meloni per “sradicare la rinascita della canapa in Italia”: “La pianta promossa da Mussolini rischia il divieto, scatenando l’ira dei coltivatori di colture destinate all’industria”, titola il quotidiano finanziario.
§”Benito Mussolini, dittatore fascista italiano, promosse la coltivazione della canapa per ridurre la dipendenza del suo paese dalle importazioni di corde e tessuti prima e durante la seconda guerra mondiale – scrive l’Ft -. Ma il partito Fratelli d’Italia del Primo Ministro Giorgia Meloni, le cui origini risalgono al movimento neofascista del dopoguerra fondato dai fedelissimi di Mussolini ancora in vita, sembra ora intenzionato a sradicare la rinascita della canapa in Italia nel tentativo di reprimere l’uso di droghe ricreative.
Indignato per la proliferazione di negozi di cannabis, il governo Meloni si sta muovendo per vietare la produzione, la lavorazione, il trasporto e il commercio di qualsiasi varietà di fiori di cannabis, compresi quelli derivati; da canapa industriale non psicotropa”.
Il quotidiano della City racconta quindi che le restrizioni del ddl sicurezza sono già state approvate alla Camera e andranno al voto del Senato a inizio dell’anno segnalando la ‘rivolta’ dei coltivatori del settore e alcune delle posizioni politiche sulla riforma.
Il settore in tutta Europa nel 2023 ha generato 500 milioni di euro di fatturato. L’Italia, ricorda l’Ft, nel Medioevo era importante coltivatore di canapa, le cui fibre resistenti venivano utilizzate per corde, vele, tessuti e carta e i cui semi erano considerati un alimento nutriente, mentre Mussolini spinse per espanderne la coltivazione nel tentativo autarchico di sostituire i tessuti di cotone, portando l’Italia ad essere all’epoca il secondo produttore mondiale di canapa dopo l’Unione sovietica.
Dopo gli anni del boom delle fibre sintetiche, nel 2016 Roma ha legalizzato la coltivazione di canapa industriale, promossa dall’Ue come materiale ecologico, soprattutto nel settore edile.
Soffermandosi poi sul dibattito sulla cannabis light, il quotidiano riporta anche la posizione di Andrea Giametta, co-fondatore di Weedzard, una piattaforma online che commercializza prodotti al cannabidiolo, che nel caso di restrizioni si dice pronto a un reclamo alla Commissione Ue. E ricorda anche che Coldiretti ha dichiarato di essere in trattative con il governo Meloni per trovare una soluzione che vieti l’uso ricreativo dei fiori di canapa, pur consentendone la produzione per altri scopi.
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2025 Riccardo Fucile
NELLA CUFFIA LA SCRITTA XX25: “CON QUELLA DOPPIA X, SEMBRA FATTA PER ME”… “NEL NUOVO ANNO FAREMO IL BOTTO, CRESCERÀ LO TSUNAMI DELLE NOSTRE IDEE”
Un bagno in mare, a dispetto di nuvole e acque decisamente fredde, come segno di buon auspicio per un «nuovo anno col botto, che vedrà crescere lo tsunami delle nostre idee». È stato l’europarlamentare della Lega Roberto Vannacci la star del tuffo di Capodanno di ieri a Viareggio, tradizionale appuntamento che ha richiamato oltre 700 persone di fronte a piazza Mazzini.
Cuffia blu d’ordinanza in testa fornita dagli organizzatori con la scritta XX25 («con quella doppia X sembra fatta apposta per me», scherza Vannacci) e costumino a strisce nere, bianche e rosse, l’esponente del Carroccio ha rinnovato una sua vecchia abitudine.
«Partecipo a questa iniziativa sin dal 2012 — spiega —, anno in cui è stato inventato il tuffo. Tranne che per motivi di lavoro e missioni all’estero, non sono mai mancato»
All’uscita dal mare, ad aspettarlo, un accappatoio e un nugolo di giornalisti
(da agenzie)
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Gennaio 2nd, 2025 Riccardo Fucile
UNO DEI DUE HA RIPORTATO TRAUMA CRANICO, NASO ROTTO, VOLTO TUMEFATTO E 25 GIORNI DI PROGNOSI – GAYNET: “CHI AVRÀ IL CORAGGIO IN PARLAMENTO DI AMMETTERE LE PROPRIE RESPONSABILITÀ? COME AVER AGITATO LA BUFALA DEL GENDER PER ANNI BLOCCANDO QUALUNQUE TIPO EDUCAZIONE A DIVERSITÀ E RISPETTO NELLE SCUOLE”
Camminavano mano nella mano tornando a casa dopo il Capodanno, quando sono stati aggrediti da dieci ragazzi con botte e insulti omofobi, per il solo motivo di essere una coppia omosessuale. È successo a Roma, in zona Malatesta. A renderlo noto l’associazione Gaynet, che ha supportato i due ragazzi nel processo di denuncia. L’aggressione è avvenuta Intorno all’una di notte.
Scesi dal primo piano di un palazzo i dieci – a quanto riferisce Gaynet- si sono accaniti con calci e pugni soprattutto contro uno dei ragazzi della coppia , Sthepano, residente a Roma e originario del Perù. “Dopo 15 minuti di botte e minacce, i due hanno dovuto camminare fino al pronto soccorso con Sthepano sanguinante, perché non c’erano ambulanze disponibili.Trauma cranico, naso rotto, volto tumefatto e 25 giorni di prognosi, ma soprattutto tanta rabbia e paura”.
“Io ho saputo difendermi in qualche modo, ma mi hanno aggredito in 10 in modo tale che altri ragazzi non sarebbero sopravvissuti- racconta Sthepano- Abbiamo denunciato e vogliamo che la nostra storia sia da esempio. Vogliamo che tutto questo finisca, tenersi per mano o scambiarsi uno sguardo romantico deve essere un gesto normale per tutti. Vogliamo reagire alla paura, perché con la paura di essere se stessi non si vive”.
L’episodio segue di pochi giorni quanto avvenuto a Milano, con una dinamica simile, ricorda Gaynet che cita un dato europeo secondo il quale Il 53% delle persone Lgbtqia+ evita ancora oggi di tenersi per mano in pubblico.Le istituzioni locali si sono subito attivate una volta informate dei fatti, mentre le realtà Lgbtqia+ si stanno coordinando con le associazioni del territorio per organizzare un presidio in zona Malatesta sabato 4 gennaio alle 17
“Quello che è successo a Sthepano – commenta Rosario Coco, presidente di Gaynet – è il risultato di tutte quelle leggi di uguaglianza che ancora non ci sono, visto che l’Italia registra un vergognoso 36° posto sulla parità Lgbtqia+ nella Rainbow Map di Ilga Europe, nonché della peggiore maggioranza parlamentare sui diritti civili che l’Italia ricordi, dal disastro nei consultori alla persecuzione di famiglie arcobaleno e persone trans.ù
Oltre alle classiche lacrime di coccodrillo, chi avrà il coraggio in Parlamento di ammettere le proprie responsabilità? come aver agitato la bufala del gender per anni bloccando qualunque tipo educazione a diversità e rispetto nelle scuole, aver applaudito all’affossamento della legge contro l’omolesbobitransfobia, aver attaccato i Pride o essersi schierati con Orban in Europa. La solidarietà non basta più e per ammettere di aver sbagliato, o di non aver fatto abbastanza, non è mai troppo tardi”.
(da agenzie)
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