Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
IL GROTTESCO BLITZ TRANSOCEANICO PER SONDARE LA REAZIONE DI TRUMP A UN RIFIUTO ALL’ESTRADIZIONE NEGLI USA DELL’IRANIANO… POI COSTRETTA A SMENTIRE L’INDISCREZIONE DI UN CONTRATTO DA UN MILIARDO E MEZZO DI EURO CON SPACEX DI MUSK
Gonfia come una mongolfiera, l’armata BrancaMeloni era decollata nottetempo per la Florida per far vedere al mondo cosa era capace di combinare l’ex Underdog della Garbatella e, dopo 24 ore, è ritornata a casa con le classiche pive nel sacco. Delusa e umiliata. Un fallimento che non potrà non avere conseguenze per il Camaleonte di Palazzo Chigi.
Oltre alla propaganda di un’immagine di donna sempre in movimento che risolve qualsiasi problema con la sua “scorza di volontà”, l’obiettivo del blitz transoceanico della “Ducetta Stars and Stripes” era di sondare la possibile reazione di Trump a un eventuale rifiuto italiano all’estradizione negli Usa dell’ingegnere iraniano-spione, arrestato a Malpensa su “ordine” americano il 16 dicembre, tre giorni prima della giornalista italiana Cecilia Sala ammanettata a Teheran.
La premier, ricostruisce oggi un articolo di Alberto Simoni e Ilario Lombardo sulla “Stampa”, sarebbe volata fino a Mar-a-Lago per informare Trump “di considerare “la liberazione di Sala una questione di interesse nazionale”.
“Meloni ha sondato Trump, nell’informalità di un incontro fuori dalle agende ufficiali si è presentata come una leader che anticipa al suo alleato un atto imminente di governo, pregandolo di chiudere un occhio e di comprendere perché lo fa. È andata di persona a Mar-a-lago come gesto di attenzione al fatto che sarà lui a subire lo strappo italiano, anche se il protocollo americano non prevede che il presidente eletto possa prendere alcuna decisione”.
A questo punto sorgono spontanee alcune domande sull’inadeguatezza di Giorgia Meloni a governare l’Italia: intanto del blitz in casa Trump ha per caso informato il capo dello Stato Sergio Mattarella e il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen?
Secondo: si è chiesta la premier se tale incontro, comprensivo di cenetta più documentario che sostiene la tesi dei brogli delle elezioni del 2020 vinte da Biden a scapito di Trump, avrebbe fatto girare i cabasisi a “Sleepy Joe”, fino al 20 gennaio corrente presidente in carica degli Stati Uniti?
Di più: l’ultimo viaggio presidenziale di Biden è in agenda il 9 gennaio Biden quando sbarcherà a Roma per incontrare il Santo Padre. E si sussurra in ambienti autorevoli che il giorno successivo il presidente in uscita degli Stati Uniti avrebbe incontrato Giorgia Meloni. Vabbè che è rimban-Biden però, di fronte a un tale sgarbo istituzionale, un “fuck you!” sarà capace ancora di spararlo.
Ancora. Prima di Meloni, l’ungherese Viktor Orban e l’argentino Javier Milei erano stati a Mar-a-Lago dopo la vittoria di novembre. Ma nessuno, secondo quanto raccontato dal Wall Street Journal, è stato accolto trionfalmente da Trump come la premier volante: “Una donna fantastica che ha davvero preso d’assalto l’Europa”. Chissà come avranno gradito Macron, Scholz, Sanchez, Tusk, per non parlare di Ursula von der Leyen, di tale endorsement…
Non è finita. Eccola la Giovanna d’Orco della Garbatella costretta a smentire, via Ansa, l’indiscrezione dell’agenzia americana Bloomberg che durante il colloquio di 90 minuti tra Trump e Meloni, oltre alla questione Sala-Iran, si è aggiunto il tema di un contratto da un miliardo e mezzo di euro con SpaceX di Musk; notizia liquidata oggi pomeriggio dalla stessa premier come “semplicemente ridicola”.
Dell’articolo di Bloomberg, però, colpisce un passaggio: “Il governo italiano sta esaminando le alternative all’opzione Starlink di Musk, tra cui la società di costellazione satellitare IRIS2 dell’UE e la costruzione di una propria costellazione satellitare. In entrambi i casi, il costo dei progetti avrebbe superato i 10 miliardi di euro” (contro il meno oneroso 1,5 miliardi di SpaceX).
La cifra esatta è un dettaglio non irrilevante: perché solo i partecipanti alla trattativa possono conoscerla (il precipitoso Musk, futuro esponente dell’amministrazione Trump, ha contribuito a spifferare la notizia?).
Quando piove a Roma, diluvia davvero. Il papocchio della Meloni trumpizzata ha fatto scopa questa mattina con lo scoop di “Repubblica” che ha annunciato le dimissioni di Elisabetta Belloni dal Dis, organismo che coordina le due agenzie dell’intelligence italiana.
Scoop che ha fatto saltare gli otoliti del presidente del Consiglio: prima delle festività natalizie, quando la Belloni aveva presentato le sue dimissioni, anticipando di cinque mesi la scadenza del suo mandato la Ducetta aveva pregato di annunciarle dopo il 15 gennaio. Ma le notizie, si sa, non galleggiano.
E poi da un pezzo si registravano attriti e scazzi dell’ex zarina della Farnesina con il sottosegretario con tanto di delega per i Servizi Segreti, il pio Alfredo Mantovano, e con il direttore dell’Aise, generale Giovanni Caravelli.
Recentemente l’irrilevanza della gran capa delle spie è diventata lampante quando è stata tagliata fuori dalla Meloni in modalità “Qui comando io!” sia sulla scelta di Del Deo come suo vice al Dis, sia sulla nomina a vice direttore dell’Aise del generale Figliuolo, un esperto di logistica del tutto a digiuno di servizi e servizietti, al posto del belloniano Boeri.
Ma secondo un lancio dell’Agenzia Nova “la decisione di dare le dimissioni sarebbe stata presa dopo un diverbio con il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, nato attorno alla vicenda di Cecilia Sala, la giornalista italiana detenuta in Iran.
Stando a quanto riportato da “Il Fatto quotidiano”, alcuni ritardi iniziali da parte dell’intelligence nelle comunicazioni relative all’arresto della giornalista italiana avrebbero infatti complicato la situazione della giornalista italiana”.
Agenzia Nova continua: “Il ministero degli Esteri e i Servizi segreti sarebbero stati informati della sua sparizione sin dal pomeriggio del 19 dicembre, ricevendo poi conferma la mattina del 20 dicembre in seguito a una telefonata di Sala dal carcere di Evin, ma non avrebbero informato il titolare del ministero della Giustizia, Carlo Nordio, che il 20 dicembre sottoscrive la richiesta di mantenere in carcere l’ingegnere iraniano Mohammad Abedini senza sapere dunque nulla di quanto accaduto alla giornalista italiana”
Essì, il 2025 è cominciato bene per Giorgia Meloni con una calza della befana zeppa di rogne e fallimenti.
(da Dagoreport)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
IL CARROCCIO NON PUÒ PERMETTERSI DI PERDERE LA REGIONE-FORTINO TANT’È CHE QUALCUNO AZZARDA L’IPOTESI DI UN ACCORDO CON IL VENETO AL CARROCCIO E LA LOMBARDIA A FDI: COSA NE PENSA FORZA ITALIA?
La Lega non ha gradito il doppio stop di Luca Ciriani sul Veneto e ora pensa seriamente a una corsa solitaria per le regionali. Il segretario e vicepremier Matteo Salvini parla di tante cose ma tace sulla questione e i suoi, in casa di Luca Zaia, hanno preso piuttosto male le dichiarazioni che il ministro di FdI per i Rapporti con il Parlamento ha rilasciato ieri a questo giornale: in sintesi «niente terzo mandato per i governatori» ma soprattutto «sarà Fratelli d’Italia a esprimere il candidato in Veneto in ragione del maggior peso di voti». A concludere, come se non bastasse, il no secco allo slittamento delle elezioni regionali alla primavera del 2026.
È evidente che Ciriani non parli a titolo personale, osservano in molti nella Liga, e che la posizione espressa rappresenti «una linea concordata con la premier Giorgia Meloni».
Per questo, fonti vicine alla Lega Veneta non vanno tanto per il sottile e parlano apertamente di «fastidio» per le parole del ministro, ma soprattutto non fanno più mistero di una possibile scissione dagli alleati, presentandosi alle urne da soli.
La partita che intreccia le sorti del Veneto, del Carroccio e della coalizione di centrodestra, dunque, è triplice.
In primis lo stop al terzo mandato: nel cdm di domani, il governo impugnerà la legge regionale della Campania voluta da Vincenzo De Luca che gli consentirebbe di ricandidarsi per una terza volta. Questo no sbarra la strada al precedente favorevole per Zaia, anche lui interessato a una nuova corsa a governatore, forte del suo oltre 75% di consensi. «È un assist a Schlein e uno sgarbo a noi», commenta qualcuno.
Ma nonostante i tentativi di Matteo Salvini di alzare le barricate per opporsi, il blitz non è riuscito. E qui si apre il secondo fronte caldo: la scelta del candidato per il dopo Zaia che il partito di Giorgia Meloni vorrebbe per sé. «Queste imposizioni che arrivano da Roma, soprattutto al Veneto, non piacciono. FdI non dia ultimatum altrimenti andiamo da soli», dice senza mezzi termini Roberto Marcato, assessore allo Sviluppo Economico di Zaia e a capo della rivolta leghista contro il meloniano. «Abbiamo un esercito di amministratori apprezzati. Non vedo perché spetterebbe a Meloni scegliere – prosegue – Non sempre imporre un nome dall’alto funziona, anzi…». Il riferimento, esplicito, è alla Sardegna. E a chi gli fa notare che la rivendicazione di FdI si baserebbe sugli esiti di politiche ed europee risponde che si tratta di «due campionati diversi.
Le regionali sono un’altra cosa e lo dimostrano anche alcuni sondaggi». Marcato cita i risultati di un’indagine sul gradimento per una coalizione composta da «un tridente»: una lista Zaia, con Mario Conte sindaco di Treviso candidato presidente, una seconda lista Lega e una terza composta da civici autonomisti.
«Questa formazione vincerebbe anche contro il resto del centrodestra», assicura Marcato. E Conte, che dalla sua Treviso si dice «lusingato» di essere stato messo al primo posto nella rosa dei possibili candidati, non smentisce che potrebbe accettare: «Nella Lega siamo tutti pronti, soprattutto chi come me è in prima linea» ma precisa che non è il momento delle bandierine, «come fanno altri».
Quanto alle parole di Ciriani, «apprezzo che abbia svelato le carte rispetto alla posizione del partito, che più che ragionare in coalizione sembra voglia dettare le regole. Ma con gli alleati non si fa così». D’altronde, anche il segretario della Liga Veneta e vice segretario federale Alberto Stefani ha precisato che «le scelte si fanno in squadra» ma se la posta dovesse alzarsi da parte degli alleati «faremo valere al tavolo i nostri 159 sindaci, i nostri 1200 amministratori, le nostre 300 sezioni e i nostri 11mila tesserati: sono la nostra “riserva aurea” che ci permette di affrontare qualsiasi sfida, anche costruendo più liste». Tuttavia si dicono tutti convinti che un eventuale strappo a livello locale non si tradurrebbe necessariamente in una rottura della maggioranza di governo.
Bisognerà attendere che sul punto si esprima anche Forza Italia. Certamente, la Lega non può permettersi di perdere il fortino veneto, tant’è che qualcuno azzarda l’ipotesi di un accordo: «Dividiamoci la torta, il Veneto a noi e la Lombardia a FdI».
(da La Stampa)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
I LIBERALI AL 4%, SOTTO LA SOGLIA DI SBARRAMENTO
Il sondaggio della BIld per le prossime elezioni tedesche, il primo del 2025, segna un quadro ancora in evoluzione, ma in cui conducono i conservatori di Cdu e Csu con il 31%, uniche forze stabili rispetto ai rilevamenti di fine 2024.
Seguono gli estremisti di AfD al 21,5%, in crescita di un punto.
La Spd del cancelliere uscente si ferma al 15,5% (-1% rispetto a fine anno) e a 13,5% i Verdi (in crescita di un punto e mezzo).
La Fdp recupera invece qualcosa e si assesta intorno al 4%, è dunque ancora lontana la soglia per entrare in parlamento del 5.
Si ferma al 3% la Linke (perde così un punto), in calo anche il Bsw di Sahra Wagenknecht, dato al 6,5%, mezzo punto in meno.
(da agenzie)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
TRAFFICANTI FAVORITI DAI RESPINGIMENTI CHE I PAESI OCCIDENTALI FINANZIANO COSI’ RADDOPPIANO LE RICHIESTE DI RISCATTO
L’organizzazione Refugees in Libya ha denunciato su X un nuovo drammatico sequestro di migranti nella città libica di Kufra, dove decine di persone sono state rapite dai trafficanti e sottoposte a torture per estorcere un riscatto.
Tra le vittime c’è Naima Jamal, una giovane etiope di 20 anni, rapita a maggio 2024 poco dopo il suo arrivo in Libia. Da allora, la sua famiglia è stata tormentata con richieste di denaro sempre più alte e telefonate cariche di terrore. L’ultima richiesta dei sequestratori ammonta a 6.000 dollari.
Questa mattina, i trafficanti hanno inviato alla famiglia di Naima un video in cui la giovane viene torturata. Le immagini, ricevute con sgomento, testimoniano la brutalità della rete della tratta in Libia. Ma Naima non è sola. In un’altra foto inviata insieme al video, si vedono oltre 50 persone sequestrate, trattate come merce in attesa di essere vendute.
A denunciare la situazione è David Yambio, attivista e sopravvissuto alla tratta, che in un duro messaggio ha descritto l’orrore di ciò che sta accadendo. «Questa è la realtà della Libia oggi. Chiamarla caotica o senza legge sarebbe un eufemismo. È una macchina costruita per ridurre i corpi neri in polvere. I trafficanti calcolano il valore di un uomo dalla forza delle sue braccia, di una donna dalla curva della sua schiena, di un bambino dal numero degli anni che potrà ancora servire».
Il caso di Naima è solo uno dei tanti. La Libia è diventata un cimitero per i migranti africani, un luogo in cui la disumanizzazione delle persone nere non è né nascosta né condannata. I trafficanti operano alla luce del sole, protetti dall’impunità e dall’indifferenza della comunità internazionale.
Yambio denuncia anche il ruolo delle politiche migratorie occidentali: «La Libia è l’ombra dell’Europa, la verità taciuta della sua politica migratoria: un inferno costruito dal razzismo arabo e alimentato dall’indifferenza europea. Lo chiamano controllo delle frontiere, ma è crudeltà mascherata da burocrazia».
Il riscatto richiesto per Naima è il prezzo della sua vita, ma anche il prezzo dell’indifferenza globale di fronte a questa tragedia. Per molte vittime, pagare il riscatto non significa ottenere la libertà, ma solo rientrare in un ciclo di sfruttamento e sofferenza senza fine.
Il destino di Naima e degli altri ostaggi a Kufra è ancora incerto. Le loro famiglie affrontano una lotta disperata: trovare i soldi richiesti dai trafficanti o rischiare di non rivedere mai più i propri cari.
La tratta degli schiavi è ancora viva in Libia. Si alimenta del silenzio delle nazioni, dell’impunità dei trafficanti e di un razzismo sistemico che continua a disumanizzare le vite nere. Come scrive Yambio, «questa non è un’eccezione. È un passato che non è mai finito».
Commenta don Mattia Ferrari, cappellano della Mediterranea Saving Humans: «Oggi, festa dell’Epifania, abbiamo ricevuto un terribile video dalla Libia. Naima Jamal è tra le decine di vittime della moderna tratta degli schiavi in Libia. Naima Jamal, una donna etiope di 20 anni di Oromia, è stata rapita poco dopo il suo arrivo in Libia nel maggio 2024. Da allora, la sua famiglia è stata sottoposta a enormi richieste da parte dei trafficanti di esseri umani, le loro chiamate sono cariche di minacce e crudeltà, le loro richieste di riscatto aumentano e cambiano con il passare delle settimane».
L’ultima richiesta: «6.000 $ per il suo rilascio. Questa mattina, i trafficanti hanno inviato un video di Naima torturata. Il filmato mostra l’inimmaginabile brutalità delle reti di trafficanti libiche. Naima non è sola. In un’altra immagine inviata insieme al video, si possono vedere oltre 50 altre vittime, i loro corpi incatenati, in attesa di essere messi all’asta come merci in un mercato che non ha posto nell’umanità ma prospera in Libia, anche grazie ai respingimenti che l’Italia e l’Europa finanziano».
(da agenzie)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
PD E AZIONE ALL’ATTACCO DEL GOVERNO: “C’E’ UN NESSO CON L’ASSEGNAZIONE DEL CONTRATTO DA 1,5 MILIARDI A MUSK”
Fonti accreditate confermano all’ANSA l’addio anticipato di Elisabetta Belloni all’incarico di direttore del Dis. L’ambasciatrice sarebbe scaduta nel prossimo maggio.
La decisione sarebbe stata comunicata da Belloni all’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano. L’ambasciatrice avrebbe smentito che la scelta di lasciare l’organismo che coordina le due agenzie di intelligence sia legata all’assunzione di un nuovo incarico in un’altra istituzione.
“La presidente Meloni sì è spinta molto più in là delle più pessimistiche previsioni. È il caso che riferisca in Parlamento, e chiarisca alla Nazione, le ragioni per cui la tutela della tanto amata sovranità nazionale dovrebbe essere affidata a un privato cittadino americano dalle cui imprese satellitari dovrebbero dipendere alcuni servizi di telecomunicazioni crittografate e, in particolare, quelle relative alle forze armate.
Il contratto da 1,5 miliardi fra lo Stato italiano e la società SpaceX non si capisce da chi è stato deliberato, approvato e autorizzato. Siamo di fronte alla nuova frontiera dell’antieuropeismo, accantonato da Meloni il tempo necessario per spedire Fitto alla Commissione?
Il sistema Iris2, sistema pubblico europeo, e dunque sotto il controllo dei governi, può rendere servizi di qualità non inferiore, così assicurano gli esperti del settore. Come si può credere a Bruxelles che l’Italia vuole una difesa europea dopo un atto simile come il contratto con SpaceX?
Mi chiedo se esista un legame fra le dimissioni di Elisabetta Belloni, dalla guida del Dis, e la notizia del contratto da 1,5 miliardi di euro con Elon Musk”. Lo scrive in una nota Osvaldo Napoli, della segreteria nazionale di Azione.
Enrico Borghi Pd: “Primi effetti politici di una cenetta con proiezione in quel della Florida”
Primo: il ministro degli Esteri italiano lasciato all’oscuro di tutto, e messo da parte come un maggiordomo silente.
Secondo: il portavoce di una azienda straniera diventa il punto di riferimento del governo sovranista italiano, che si compiace dello status affibbiatogli senza accorgersi della trasformazione in succursale.
Terzo: come conseguenza, si prenota un assegno da staccare da parte del governo italiano a favore del nuovo leader americano (i leader democristiani andavano negli States a incassare gli assegni, oggi evidentemente si è invertito il flusso…);
Quarto: incidentalmente, filtra la notizia che il capo dei servizi segreti italiani si è dimesso. Tu chiamale, se vuoi, emozioni da resort
(da agenzie)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
COLPEVOLI DI AVER SOCCORSO TRE GIOVANI STREMATI IN IPOTERMIA IN UN BOSCO… DI FRONTE A QUESTI ABUSI, IL MINISTRO DEGLI ESTERI TAJANI NON INTENDE INOLTRARE UNA PROTESTA UFFICIALE AL GOVERNO BULGARO?
«Arrestati per aver salvato vite umane». Inizia così il lungo post-denuncia di un insegnante di Torino, Simone Zito, che il 24 dicembre è stato arrestato in Bulgaria – assieme alle colleghe Lucia Randone e Virginia Speranza – per aver soccorso alcuni migranti.
I tre, che fanno parte del «Collettivo Rotte balcaniche», una organizzazione non governativa che opera nei Balcani, avevano approfittato delle vacanze natalizie per andare in Bulgaria a fare volontariato.
«Dopo 40 ore di viaggio e 12 ore fermi in Croazia per via di un ingorgo epico, a poche ore dal nostro arrivo riceviamo una richiesta di soccorso – racconta -. È il 24 dicembre pomeriggio. Tre ragazzi marocchini sono stremati nel bosco, uno è ormai semi-incosciente e in iniziale stato di ipotermia».
In quindici minuti «prepariamo cibo, vestiti, acqua, the caldo, mantelline termiche e borsa di primo soccorso», si legge nel post. «Facciamo lunghi giri in strade sconnesse e a tratti pericolose. L’intento è evitare di essere fermati dalla polizia di confine che nella migliore delle ipotesi ci fermerebbe per ore facendoci perdere tempo prezioso o ci impedirebbe di recarci sul posto (questo accadrà due giorni dopo causando la morte di almeno tre adolescenti). Troviamo rapidamente i tre ragazzi – continuano -, uno è in condizioni gravi, gli altri due sembrano stare meglio. C’è il terrore nei loro occhi quando diciamo che per chiamare l’ambulanza e salvare il loro amico, arriverà sicuramente la polizia bulgara. Ci vuole molto tempo per rassicurarli che, grazie alla nostra presenza, non verranno picchiati, ma condotti in un centro di detenzione per due settimane e poi in un campo aperto dove sarà loro possibile chiedere asilo in Bulgaria».
«Un agente cerca di intimidirci chiedendo i passaporti»
Venti minuti dopo la chiamata al 112, arriva la polizia di confine: «Dopo aver urlato e intimidito i presenti, ci viene chiesto di andare verso la loro auto. Lì, aspettiamo per 3 ore sotto pioggia e neve: i tre ragazzi sono esausti e assiderati, faticano a camminare, scarpe e giacche sono zuppi d’acqua. Ci chiedono insistentemente di non lasciarli da soli con la polizia. Sono ancora molto spaventati. Chiediamo alla polizia di confine se almeno il ragazzo in condizioni più critiche possa ripararsi nella loro macchina. Non trema per il freddo, sembrano quasi convulsioni. Il poliziotto ci risponde sorridendo che non fa freddo e ci provoca dicendo che se ci teniamo possiamo dargli una delle giacche che stiamo indossando».
E poi ancora: «Un agente cerca di intimidirci chiedendo i passaporti, che come sappiamo non sono necessari. Le carte d’identità verranno richieste più volte durante le successive 3 ore. Dopo una lunga attesa finalmente arriva un’ambulanza e fa un rapido controllo medico a tutti, ma se ne va presto vuota». Durante l’attesa, le condizioni del ragazzo ferito peggiorano, «contrae il volto in espressioni di dolore intenso – continua il racconto -: ha i piedi con piaghe e congelati, quindi glieli puliamo, disinfettiamo e mettiamo delle bende prima di indossare calzini asciutti. Due di noi per ore staranno fisicamente attorno, abbracciandolo cercando di non far scendere la sua temperatura. Le barrette energetiche vengono distribuite più volte. I telefoni dei tre ragazzi vengono presi dalla polizia di confine».
L’arresto
Dopo lunghe ore di angoscia, tensione e gelo, un ufficiale della polizia bulgara comunica ai tre insegnanti che saranno arrestati. «Arriva una terza auto della polizia di confine con un agente presentato come ‘il capo’. Ci comunica che saremo in stato di arresto per 24 ore – precisa il docente -. Perquisiscono a fondo la nostra auto senza trovare nulla di interessante. Due di noi vengono ammanettati. Condotti alla stazione di polizia di Malko Tarnovo veniamo reclusi in una stanza spoglia, molto sporca e con la finestra senza infissi e, quindi, impossibile da chiudere». Due di loro vengono interrogati, ma gli agenti non rilasciano alcun verbale. «Vogliono sapere chi ci dà le informazioni, se siamo una organizzazione e molte altre cose. Le condiscono con intimidazioni tipo: “Qui in Bulgaria sappiamo come far tornare la memoria”, minacce di arresti per traffico illegale di migranti e provocazioni becere tipo: “Voi aiutate? Bene aiuta me, dammi cibo, dammi dell’acqua ora!” oppure “Voglio una macchina, perché non mi regalate una macchina?”. Ci chiedono di lasciare le impronte digitali e la foto segnaletica, ma ci rifiutiamo. Il fatto che non ci abbiano obbligato e che usciremo da quella caserma senza averle date, ci fa pensare che sia l’ennesimo abuso di un potere esecutivo sempre più indisciplinato alla legge (oltre che, neanche a dirlo, alla giustizia)», afferma Zito.
La permanenza nel carcere bulgaro e la liberazione
Il racconto si sposta sulla difficile permanenza all’interno del carcere: «Cerchiamo di dormire per terra e su sedie puzzolenti. Quando chiediamo di andare in bagno ci portano in un sotterraneo. C’è un largo corridoio buio e spoglio con ai lati una decina di lastre di ferro chiuse con pesanti lucchetti. Capiamo solo dopo che, verosimilmente, sono i luoghi dove vengono reclusi i migranti. Le ‘porte’ ci colpiscono perché non hanno una maniglia, né uno spioncino, solo una lastra pesante di metallo leggermente convessa. Cerchiamo di allontanare il pensiero di quello che può accadere in quei luoghi quando non ci sono testimoni. Arrivati al fondo del corridoio il poliziotto fa un sorriso e ci indica una porta. Aperta, troviamo uno sgabuzzino mefitico con piscio e merda ovunque. Un secchio a lato del WC rotto che tracima di carta e fazzoletti sporchi pieni di feci. Quell’espressione sul volto del poliziotto stona proprio, è la seconda volta che sorridono facendo qualcosa di crudele. Tornando dal bagno siamo ‘felici’ di vedere i tre ragazzi marocchini spaventati, infreddoliti ma nella stessa stazione di polizia. Siamo ormai praticamente certi siano ‘salvi’». Il mattino seguente, 25 dicembre, i tre vengono liberati: «Ci chiedono di firmare dei fogli in bulgaro ma ci rifiutiamo. Siamo abbastanza sicuri di aver salvato stanotte tre persone e di aver dovuto fare un po’ di galera per questo. Oggi, in Europa, va così».
(da La Stampa)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
CALENDA: “NON SI PUO’ METTERE LA NOSTRA SICUREZZA NELLA MANI DI UN PAZZO FUORI CONTROLLO”… CONTE: “NE VA DELLA SICUREZZA DELLA NOSTRA NAZIONE, DELLE NOSTRE AZIENDE E DELLA IDENTITA’ PERSONALE DEGLI ITALIANI”
Elon Musk è pronto «a fornire all’Italia la connettività più sicura e avanzata!». Lo scrive su X lo stesso imprenditore dopo le indiscrezioni lanciate da Bloomberg su un possibile accordo tra lo Stato italiano e SpaceX per la fornitura di servizi avanzati di sicurezza nelle telecomunicazioni per un valore di 1,5 miliardi di euro.
Secondo l’agenzia di stampa economico-finanziaria, l’intesa – della durata di 5 anni – avrebbe già ricevuto l’approvazione dei servizi segreti italiani e del ministero della Difesa.
Le reazioni delle opposizioni
Dura la reazione della segretaria del Pd Elly Schlein alla notizia del presunto accordo per Starlink: «Non pensi di cavarsela con qualche riga affidata alle agenzie di stampa e ai giornali amici. Giorgia Meloni e il suo governo vengano immediatamente a riferire in Parlamento sulle trattative con Musk. Se 1.5 miliardi di soldi degli italiani per portare i satelliti del miliardario americano nel nostro Paese è il prezzo che dobbiamo pagare per la sua amicizia noi non ci stiamo, l’Italia non si svende».
Critico anche il leader di Azione Carlo Calenda: «Trovo estremamente pericoloso siglare contratti con Starlink mettendo pezzi della nostra sicurezza in mano ad un pazzo sempre più fuori controllo, che si intromette puntualmente e violentemente nelle questioni europee di politica interna. C’è un ruolo di ponte che il Governo italiano può svolgere tra Usa e Ue, a patto che non dimentichi la sua appartenenza all’Europa».
Mentre per Giuseppe Conte (M5s) «i “patrioti” al Governo stanno mettendo la nostra sicurezza nazionale nelle mani di Musk alla modica cifra di 1,5 miliardi pubblici? Alla Presidente Meloni e a tutto il Governo chiediamo immediata trasparenza di fronte al Parlamento sulle insistenti indiscrezioni di stampa di queste ore. Si tratta di questioni della massima rilevanza: tutela delle nostre aziende, protezione dei dati personali, della privacy, della identità personale, cybersicurezza. E tante altre questioni che coinvolgono direttamente la qualità dei nostri processi democratici. Tutto questo può essere deciso sulla base di rapporti personali tra la nostra Premier e uno degli aspiranti padroni del mondo?», conclude.
(da agenzie)
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
“IL TG2 SEMBRA TORNATO AI TEMPI DELLE CORRISPONDENZE DA MOSCA DI MARC INNARO, QUANDO SI SOSTENEVA LA TESI PUTINIANA DELL’ALLARGAMENTO A EST DELLA NATO COME CAUSA SCATENANTE DELL’INVASIONE IN UCRAINA”
Nel primo si dà conto del discorso di fine anno di Putin con toni e immagini agiografiche. «“Tutto andrà bene, tutto andrà avanti”, afferma Putin fiducioso», dice Mistretta.
Si parla dei primi venticinque anni di potere di Putin che, a proposito della guerra contro l’Ucraina, non fa nessun riferimento alla pace ma omaggia i militari al fronte: «Veri eroi che garantiscono pace e sicurezza al Paese».
Nel secondo, vengono intervistate persone per strada nelle cui risposte si colgono timori, incertezze e un gran desiderio che la guerra finisca. Commenta Rosenberg: «Mentre la Russia entra nel nuovo anno, la mia impressione generale è questa: quando ero uno studente a Mosca nel 1989-1990, ricordo che c’erano molte persone allora che credevano di avere il potere di cambiare le loro vite, di cambiare il loro Paese in meglio. Adesso tutto questo è finito. Che sia per paura o per fatalismo o perché ci sono ancora molte persone che credono nella narrazione degli eventi fatta dai media di Stato, molti russi vogliono lasciare all’uomo al comando le decisioni sul loro futuro».
Il Tg2 sembra tornato ai tempi delle corrispondenze da Mosca di Marc Innaro, quando si sosteneva la tesi putiniana dell’allargamento a Est della Nato come causa scatenante dell’invasione in Ucraina.
Eppure quando Mosca aveva ordinato l’arresto della bravissima Stefania Battistini, accusata di essere entrata illegalmente nella regione di Kursk, Viale Mazzini aveva reagito con durezza [Se da Mosca la Rai ha tutte queste reticenze, non sarebbe meglio chiudere la sede?
Aldo Grasso
per il “Corriere della Sera”
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Gennaio 6th, 2025 Riccardo Fucile
NEI MESI DA GENNAIO A NOVEMBRE 2024 HA POTUTO CONTARE SU QUASI 15 ORE DI TEMPO DI PAROLA, IL DOPPIO DI MATTARELLA… SUL SOLO TG5 LA LEADER RACCOGLIE OLTRE 4 ORE (IN CONFRONTO IL TG1 È LA BBC). E SKYTG24 FA PURE PEGGIO
Sul perché il consenso della premier non scenda parallelo alle deficienze del governo e ai litigi in maggioranza ampia sarebbe la ricerca. Una volta gli imputati erano i media e la tv, oggi si tende, non del tutto a ragione, a ridimensionarli.
Per cercare lumi abbiamo ripescato i dati Agcom degli ultimi due anni e i risultati ci dicono che siamo alle solite: la tv conta, nel bene o nel male, di più o di meno, ma conta. Analizzando i mesi da gennaio a novembre del 2024, esclusi aprile e maggio per i quali mancano i tempi di parola dei politici, emerge che Meloni gode di un parlato dilatato oltremisura rispetto agli altri leader.
La Presidente spadroneggia: nei tg realizza quasi 15 ore di tempo di parola, cifra con la quale doppia, triplica e quadruplica le distanze dagli altri. Mattarella di ore ne ha la metà, Schlein ancora meno, a Conte vanno 4 ore, non parliamo di Bonelli, Calenda e Renzi cui vanno circa 40 minuti per ciascuno, o di Fratoianni che per i tg è un semiclandestino (17 minuti per nove mesi esaminati nel 2024!). Va invece di lusso a Tajani che con 8 ore è subito dopo Meloni quanto a visibilità nei tg (ma ci sarà o no un rapporto con la ripresa elettorale di F.I.?).
C’è da aggiungere un paio di cose: che sempre nei tg Meloni quasi eguaglia Draghi degli stessi mesi del 2021, quando però il paese lottava contro il Covid, con tutta l’informazione centrata su superMario, e che una buona metà del vantaggio Meloni la riceve in omaggio dal Tg5, il secondo tg più seguito, al confronto del quale il fazioso Tg1 sembra la BBC.
Infatti delle 15 ore totali di parlato di cui Meloni come detto gode, sul solo Tg5 la leader ne raccoglie oltre 4, quantità abnorme se guardiamo all’ora o poco più concessa a Mattarella o a Schlein, ai tre quarti d’ora a Conte.
Sembra impossibile ma SkyTg24 riesce a fare pure peggio: Meloni qui si mangia quasi tutto il parlato, tre volte il tempo di Schlein, nove volte quello di Conte; il governo si avvantaggia anche della formidabile copertura che il tg offre a Tajani, Salvini, Crosetto, Piantedosi, Nordio e compagnia governando, nonché della cancellazione (quasi) degli altri leader della minoranza, Renzi compreso.
A questo punto piuttosto che soffermarci sui talk, che questo vantaggio lo moltiplicano e lo amplificano, è più interessante guardare al 2023 dove l’esposizione di Meloni fu ancora più sfacciatamente sbilanciata a suo favore. Ma la cosa davvero sorprendente è che, addirittura, ella fa meglio dello stesso Conte nell’anno del lockdown, mentre giunge solo ad una spanna dal lanciatissimo Renzi del 2015 (22 ore e mezza contro 23 ), cioè dal politico che fece della tv la sua arma più forte.
Insomma nel primo biennio la premier si è garantita sui tg e sulle reti grazie alla compiacenza di reti pubbliche e private una presenza in voce da record. Un primato insospettabile forsanche da chi ripete che la tv ormai non conta. Intanto la riforma Rai langue: più che ‘incardinata’, incatenata. Di quella del sistema tv, poi, nemmeno a parlarne.
(da Il Fatto Quotidiano)
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